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14.1.20

hammamet di G. Amelio un film che riesce a parlare di politica senza fare politica


Quel mio amico    che  mi ha  " costretto  "a rivedere  tolo  tolo di checco zalone  ,  ha  accettato di venire     a  vedere  .
 Da  il trailer    del  film  credevo  che    fosse  :noioso  e  pesante  ,  come Il divo il cui   titolo esteso   che  compare  all'inizio del film  è  Il divo - La spettacolare vita di Giulio Andreotti, film biografico del 2008 scritto e diretto da Paolo Sorrentino, sulla vita del senatore a vita Giulio Andreotti fino agli anni novanta.  E  che  ci fosse più  storia    , più biografia  .  Ed  non solo    gli ultimi mesi di vita  di Craxi  . 
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E'  forse per  questo    che a chi non conosce ( o non ricorda ) la storia di tangentopoli e dell'italia rampante degli anni 80 ( la milano da bere ) ovvero uno spaccato scottante della nostra Storia recente può sembrare  ( nonostante vi si riportino le diverse versioni )  : troppo apologetico e filo craxiano , Giustificazionista  quasi assolutorio ,  qualunquista .
Ma  man  mano  che  si procede  nella  visione  ricca  di pathos   dato  che    in sala  c'era  un silenzio  tombale  è   evidente che Amelio sia   più interessato a un ritratto più privato che politico.
Infatti, il film si concentra sugli ultimi mesi di vita di Craxi (che morì il 19 gennaio del 2000), nel suo rifugio ad Hammamet, in Tunisia « Non lo definirei né esule, visto che parliamo di un uomo che, all'epoca, aveva due condanne passate in giudicato, né latitante, visto che tutti sapevano dov'era: i giornalisti avevano il suo numero di telefono, lo chiamavano per intervistarlo, e i magistrati avrebbero potuto benissimo raggiungerlo là ».
Hammamet - la recensione
una  delle scene  del  film
Il regista, inoltre, si è preso varie libertà. A cominciare dai nomi. Craxi non viene mai chiamato per nome, ma con il titolo di «presidente» e la figlia, nella realtà Stefania, nel film si chiama Anita. « Come la moglie di Giuseppe Garibaldi, perché Craxi aveva una venerazione per Garibaldi», ha detto Amelio  sempre  su https://www.vanityfair.it  qui  l'articolo integrale   « È vero, ho cambiato il nome della figlia, ma non l’ho chiamata Mafalda. Le ho dato un nome che avesse un senso ». Ugualmente, il regista non ha voluto dare un’identità precisa al tesoriere del partito socialista (interpretato da Giuseppe Cederna e presente nella sola scena iniziale), e lo stesso per il politico democristiano  (    Renato Carpentieri  )  che lo va a trovare e che cerca di convincerlo a rientrare in Italia dove avrebbe potuto fasi curare meglio (e probabilmente sopravvivere più a lungo) e per l’ex amante (Claudia Gerini). Inoltre, Amelio ha inserito un personaggio di finzione: Fausto il figlio del tesoriere di partito morto suicida durante le inchieste. «Avevo bisogno di un antagonista, il figlio di qualcuno che in vita aveva cercato di far capire al presidente che la situazione stava precipitando. È come se Fausto voglia ottenere da lui le risposte che non ha potuto avere dal padre ».
Ora   viene  da  chiedersi  questo intreccio tra finzione e realtà è riuscito? seconda men in parte. Il rischio è stato  duplice. Da una parte c’è il pericolo che i più giovani non capiscano i riferimenti alle inchieste, ai giudici, che non comprendano il senso usato  nel  film  di  “finanziamenti pubblici ai partiti”, e così via. Dall'altra, chi ricorda le vicende giudiziarie può rimanere perplesso dal fatto che le affermazioni del presidente, la sua convinzione di essersi adoperato per il bene del Paese e ingiustamente punito, rimangano senza un contraltare  se non vago   nella  figura   dell'esponmente  politico  che  ha collaborato  con  la  giustizia  e  che   va a trovare  C . Infatti  Amelio si è «difeso» dicendo: « Quello che dice Craxi non è il mio punto di vista, se lui tuonava contro i giudici non avrei potuto fargli dire cose diverse, sarebbe stato un falso storico ». Ha ragione. Ma se l’intento era quello di risvegliare l’attenzione su un a caso di rimozione collettiva della memoria, come ha detto lo stesso regista, l’efficacia del film è ancora tutta da dimostrare. Ma Fa paura, scava dentro memorie oscure, viene rimosso senza appello. Basato su testimonianze reali, il film non vuole essere una cronaca fedele né un pamphlet militante. L’immaginazione può tradire i fatti “realmente accaduti” ma non la verità. La narrazione ha l’andamento di un thriller, si sviluppa su tre caratteri principali: il re caduto, la figlia che lotta per lui, e un terzo personaggio, un ragazzo misterioso, che si introduce nel loro mondo e cerca di scardinarlo dall'interno. Amelio  non vuole fare cronaca e neppure fantacronaca, bensì reinventare - poeticamente - gli ultimi mesi di un colosso caduto  e sembra     riuscirci ,  come testimoniano  mote persone  vicino  a  Craxi  n particolare  il  suo      fotografo     ma  non riesce    a  portarlo  a compimento   definitivo  . Infatti    secondo  questo articolo    del settimanale l'espresso

 Con poche concessioni alla scena politica di quegli anni (il 49° congresso del Psi, con lo schermo triangolare di Panseca un po’ Star Trek e un po’ Scientology). E molte scene che ricreano in chiave intimista la parabola del grande decisionista. Per cui Sigonella diventa un gioco di soldatini del nipotino, Tangentopoli una macchinazione, il Raphaël uno spauracchio agitato dai turisti
Hammamet, un grande Pierfrancesco Favino per un piccolo film
 . E Berlusconi appare solo in un vecchio tg, come un rimorso. Per alludere ai danni provocati dalle tv del Cavaliere, meglio una scena da “Secondo amore” di Douglas Sirk. Anche se sarà proprio un varietà stile Mediaset, beffarda nèmesi, a uccidere il Presidente.Il quale però, malgrado la superba prova di Favino e di tutto il cast, resta sempre un poco astratto. Un concentrato di grandezza e bassezze destinato a scontrarsi, come re Lear, con la figlia che vuole aiutarlo (Livia Rossi), o con l’ex compagno che ha deciso di collaborare coi giudici (Renato Carpentieri). E magari a sognare, fellinianamente, il padre scomparso (Omero Antonutti, alla sua ultima apparizione purtroppo). Ma anche a restare ostaggio di un film sempre un po’ troppo obliquo e calcolato per avvincere. Raccontare Craxi senza il craxismo era un’idea seducente. Ma per farne un personaggio a tutto tondo la cornicetta del discolo in collegio non può bastare.


Però   tirando le  somme     fra

 i lati positivi  
L'interpretazione da Oscar di Pierfrancesco Favino: il suo Craxi crepuscolare, decadente e umano ha una potenza rara.Tanto da far rimpiangere anche ai suoi nemici è da considerarlo migliore rispetto ai nostri politici attuali .
La regia di Gianni Amelio che decide di concentrarsi sugli ultimi mesi di vita del leader del Psi. Non c'è mistificazione, ma solo l'urgenza di indagare la dimensione più umana e privata di una delle pagine più controverse della nostra storia, come solo l'arte può fare.
  I lati    negativi  
Una commistione di realtà e fantasia, in cui i toni del noir si alternano a quelli onirici e grotteschi  tipica   del  cinema  Italiano  pre   riflusso   atteggiamento  che  ha     caratterizzato     tutti  gli anni  80  ed   gli anni  90   escludendo il breve  periodo  fra  il  1992\94


Posso dire che è stato un buon film . Ed il regista è riuscito , come ho già detto nel titolo a fare un film politico senza fare politica. Un Craxi crepuscolare e decadente quello di Amelio . Egli : << non è una vittima e non è un farabutto. È il grande e importante uomo politico che ha segnato la storia del nostro paese, e allo stesso tempo quello dalle grandi e riconosciute colpe: colpe che nel film lo perseguitano sotto forma di fantasma shakespeariano in carne e ossa, e lo costringono a fare i conti con la sua storia, la sua vita, la sua eredità. Il ritratto è complesso come il personaggio che dipinge, e non ci sono giudizi facili né sommari, ma solo la voglia di ragionare sulla storia di questo paese. Straordinario Favino, mimetico eppure personale, che non cede mai alle sirene della maniera. ....  continua  qui  >> (Federico Gironi - Comingsoon.it) .Ecco quindi che quello su Craxi è un film più attento al versante privato della sua vicenda che a quello pubblico, anche se alcune indiscrezioni , farlocche ed aprioristiche (  perchè  si ci sono  ma    sono contestualizzate  ala  personaggio di  craxi   e   che  accusava  la magistratura  ) vorrebbero Hammamet essere un film "garantista" che non risparmia le critiche alle modalità utilizzate dalla Procura di Milano durante Tangentopoli.

Approfondimenti  e   Colonna  sonora   








13.6.18

quando la politica d'allora era politica non come oggi



premetto che cronologicamente non ho conosciuto la prima repubblica , avevo 16 anni quandocrollo tutto . Ma se dovessi tornare indietro tornerei a quei tempi dove nonostante il fortissimoscontro politico \ ideologico ed parlamentare ci si rispettava , nfatti

da  



33 anni fa fece scalpore l’omaggio di Almirante al “nemico” Berlinguer
di Redazione venerdì 9 giugno 2017 - 11:24



Trentatre anni fa, l’11 giugno 1984, moriva Enrico Berlinguer, colpito da un ictus durante un comizio per le elezioni europee. Come Giorgio Almirante, aveva guidato il Pci nei difficili anni Settanta. Simile l’ondata emotiva e la commozione popolare che accolsero la sua scomparsa come quella, quattro anni dopo, del leader missino. E qui certo i paragoni devono arrestarsi, perché i due erano avversari e nemici e mai si piegarono a compromessi tra loro pur riconoscendosi lealtà reciproca. Forse anche per questo, dinanzi allo spettacolo che offre oggi la classe politica, sono due leader anche molto rimpianti.
Fece scalpore all’epoca la decisione di Giorgio Almirante di mettersi in fila alla camera ardente per Berlinguer in via delle Botteghe Oscure, che ospitava la storica sede del Pci. Almirante era solo, e si mise in fila come gli altri. Pochi anni separavano quel momento dalle asprezze degli anni di piombo. Eppure non venne contestato. Poco dopo fu raggiunto da Giancarlo Pajetta e Nilde Iotti che lo accompagnarono all’interno per rendere omaggio alla salma del suo avversario. Furono gli stessi Pajetta e Iotti alla morte di Almirante a recarsi in visita a via della Scrofa per ricambiare l’omaggio.
Berlinguer era un avversario con cui Almirante aveva frequenti colloqui: un particolare che emerse solo negli anni Novanta grazie alle confidenze dell’ex portavoce del leader missino Massimo Magliano al giornalista Sebastiano Messina: “La prima volta ebbi l’impressione che si incontrassero per caso, che non ci fosse un appuntamento. Era un venerdì sera, la Camera era ormai deserta e in quel corridoio che portava alla commissione Esteri eravamo in quattro: Berlinguer e Tonino Tatò da una parte, Almirante ed io dall’altra. I due segretari si avvicinarono lentamente, si strinsero la mano con un sorriso un po’ timido e poi si appartarono dietro una porta su un divano di pelle”. Il tema del colloquio? Il terrorismo, argomento che ossessionava sia Almirante sia Berlinguer.
Seguirono altri incontri, tutti di lunedì o venerdì e rimasero segreti ai più. Almirante non raccontò neppure a Magliaro che cosa si dicevano in quegli incontri. Al termine del primo colloquio il commento di Almirante fu: “Quell’uomo è un avversario leale e corretto”. Gli incontri riservati tra Berlinguer e Almirante sono stati confermati anche dalla moglie di quest’ultimo, donna Assunta, la quale ha specificato che il tema era proprio il terrorismo. Vale la pena aggiungere, a questo proposito, che sia Almirante che Berlinguer erano considerati dai terroristi neri e rossi “traditori” da eliminare.

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