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22.9.25

Angela Mura A 88 anni nei tunnel sottoterra «Così tengo vivo il ricordo di mio padre minatore e mia madre cernitrice



leggi anche

Ecco  dopo il post  preceente : << la giornata dei minatori >>  ecco  un altra storia   mineraria  . 


unione  sarda  22\9\2025
A 88 anni nei tunnel sottoterra  «Così tengo vivo il ricordo di mio padre minatore e mia madre cernitrice

I

nnamorarsi del proprio passato e divenire la memoria storica delle miniere. È la vita di Angela Mura, di Iglesias, nata nel 1938 nell’antica laveria di San Giovanni Miniera. La sua mamma, Efisia Mura, era una cernitrice e diede alla luce la figlia proprio fra le mura dell’antica laveria. Suo padre, Antioco Mura, era un minatore e lavorava nella galleria di San Giovanni Miniera, dove purtroppo perse la vita quando Angela aveva soltanto tre mesi. Cresciuta dalla mamma, insieme ad altri sei figli, lei è la più piccola e ha conosciuto il sacrificio e la fatica. Eppure ad Angela quella vita piaceva perché le ha insegnato valori autentici che l’hanno aiutata a superare tante difficoltà.
Il ritorno
Legata fortemente al suo passato, ha deciso di riviverlo trascorrendo le sue giornate, quando gli impegni lo permettono, fra escursioni e visite guidate nelle miniere e nelle gallerie che hanno segnato la sua vita. Durante le visite anche lei, che ha una memoria invidiabile, racconta quei luoghi con aneddoti di vita reale. La sua ultima escursione risale al 31 agosto scorso, quando ha visitato Pozzo Sella, in compagnia delle guide di Iglesias turismo e, in particolare, con la sua accompagnatrice preferita, Maria Laura Mocci. «Il primo marzo è il mio compleanno e compirò 89 anni – racconta Angela –. Visito con piacere questi luoghi della memoria, mi ricordano il mio passato, l’amore e gli affetti più profondi di una vita fatta di sacrifici e fatica, ma anche e soprattutto di legami autentici con le persone. La povertà ci insegnava a venirci incontro e ad aiutarci. Racconto volentieri il mio passato fra le miniere perché mi piace sperare che i giovani possano imparare la genuinità e la semplicità di quel periodo storico e possano capire quanto sono fortunati».
Le tappe
Nonostante le difficoltà nel camminare non si arrende e con la sua sedia a rotelle ha già visitato la galleria di Porto Flavia, a Masua, la Miniera di Monteponi, Villa Marina, il Villaggio Norman, e persino in gommone Porto Flavia e il Pan di Zucchero, soffermandosi proprio dove le antiche bilancelle dei Galanzieri, giunti dal porto di Carloforte, sostavano per caricare il minerale nelle stive. «È stata una esperienza bellissima – commenta – un viaggio nel passato. Ricordo mia madre e i suoi sacrifici, lei era una cernitrice e finiva di lavorare alle undici di sera. La sorella più grande si occupava dei più piccoli. Mamma per mandare avanti la famiglia faceva anche altri lavori, come lavare la biancheria alle persone che lavoravano in miniera ma arrivavano da lontano, ricordo che lavorava anche nella casa del direttore: tutto era utile per aiutare a crescere sette figli». Anche se piccola, Angela, aiutava in casa, cercava la legna, il carbone, andava a prendere l’acqua che riversava in grandi brocche e portava a casa. «Ricordo con piacere quando mamma preparava il pane, per noi era una festa. E poi, non dimenticherò mai come lei, nonostante la nostra povertà, aiutasse chi aveva bisogno».

14.9.25

la giornata dei minatori

   canzone  suggerita  \  colonna  sonora 
  sfiorisci  bel  fiore  - enzo janacci 


miniera  di porto flavia  

Rischi di crolli, esplosioni e pochi diritti. Queste erano le condizioni di lavoro dei minatori fino all’inizio del Novecento: siamo stati in Sardegna per ripercorrere la giornata tipo del minatore.

per chi vuole approfodire Storia mineraria della Sardegna - Wikipedia oppure  il  video   qua  sotto 






 ⁕ Il fiore di campo nasce in miniera, luogo di sofferenza e simbolo della fatica e dello sfruttamento dell'uomo, e diventa l'inciso che sottolinea le altre situazioni drammatici che propone la canzone: la guerra e la morte per amore.Sarà un fiore vero e proprio o un fiore smbolico (non appare molto probabile che un fiore possa nascere in una miniera sotto terra), per esempio una giovane o giovanissima donna che porta luce e amore per un breve periodo nella vita di un minatore, come Arletty-Clara nel film Alba tragica innamorata dell'operaio Jean Gabin? (è un film del 1939 di Marcel Carnè sceneggiato da Jacques Prevert, un capolavoro).In ogni caso una immagine molto forte che illumina questa bella canzone, molto diversa dal resto della produzione di Enzo Jannacci, e che si iscrive pienamente nel campo delle canzoni di miniera. da   Musica & Memoria / Enzo Jannacci - Sfiorisci bel fiore  

17.7.22

Morto dopo aver salvato un amico rivive la storia del minatore Rassu . La tragedia avvenne nel 1960 a monteCanaglia. argentietra ( sassari ) Consegnata una medaglia al figlio

  dalla nuova  sardegna  del 17\7\2022

L’11 aprile del 1960 Dionigi Rassu e Gavino Milia entrarono in una galleria della miniera di Canaglia per liberarla dai detriti causati da alcune esplosioni Milia si sentì male per via delle esalazioni Fu salvato dal collega Rassu, che invece morì poco dopo La loro storia è stata raccontata in un incontro all’Argentiera. 
 Il convegno «Argentiera, una miniera di ricordi», promosso dal presidente del consiglio 
comunale Maurilio Murru, ha richiamato numerose persone. I relatori sono stati due figli di 
Nella foto grande Maurilio Murru con Angelo e Costanza Rassu
Accanto Dionigi Rassu
minatori: Gianfranco Madarese, che ha parlato della figura del minatore, e Claudio Demontis, che si è concentrato sugli aspetti sociali della vita dei minatori, sull'organizzazione del lavoro e sul concetto di “famiglia”. «È stato un incontro particolarmente bello e commovente – commenta Maurilio Murru –. La nostra intenzione è quella di lavorare sull’identità dell’Argentiera e della vita in miniera.
 Una vita che voleva dire sofferenza e fatica. Ci   siamo concentrati anche sull’aspetto sociale di quella realtà. Credo proprio che quella di  venerdì sia solo la prima iniziativa di questo genere, ne organizzeremo altre». Presente  all’Argentiera anche l’assessora comunale alla Cultura, Laura Useri, mentre il sindaco Nanni Campus non ha potuto partecipare per via di un di un impegno. Presente, tra gli altri, anche Mario Antonio Faedda, primo cittadino di Olmedo

 Sassari  
Il buio profondo e opprimente della terra appare come il punto più vicino all’inferno. La testa che scoppia, le gambe che tremano, le orecchie che avvertono soltanto un fischio affilato e continuo: nell’oscurità di una galleria della miniera di Canaglia, Gavino Milia è ormai allo stremo. Ma con lui c’è un collega, Dionigi Rassu, che nel corpo conserva ancora un po’ di energie: così prende l’amico per un braccio, lo tranquillizza, lo aiuta ad arrampicarsi sulle scale che portano verso l’uscita del tunnel. Gavino Milia, raggiunta la pensilina su cui poggia la scala superiore, a un certo punto perde i sensi:
da  https://www.sassarioggi.it/sassari
sviene, ma si salva. Invece Dionigi Rassu  (  foto a  sinistra  ) , dalle profondità di Canaglia, non uscirà vivo. Le esalazioni di gas prodotte dalle esplosioni di alcune mine non gli lasciano scampo. E così muore da solo, senza che nessuno possa in qualche modo dargli una mano. È l’11 aprile del 1960 e alla lunga storia delle miniere si aggiunge il capitolo nero di una nuova tragedia. Un fatto che venerdì sera, a 62 anni di distanza, è stato raccontato nei dettagli in un incontro organizzato nella miniera dell’Argentiera davanti a un pubblico composto in particolare da familiari di minatori. E per  l’occasione c’erano pure loro, i figli di Dionigi Rassu e Gavino Milia, stretti in un grande abbraccio che ha commosso chi ha ascoltato in gran silenzio la storia dei loro padri. Il ricordo È stato il presidente del consiglio comunale Maurilio Murru a organizzare il convegno «Argentiera, una miniera di ricordi». Un modo per raccontare la storia delle persone che hanno lavorato in miniera e della comunità che ruotavano attorno. E così si è parlato anche di Dionigi Rassu, originario della frazione sassarese La Pedraia, morto dopo aver salvato un collega. Insieme erano entrati in una galleria della vicina miniera di Canaglia per liberarla dai detriti causati dallo scoppio di alcune mine. Le esalazioni, però, furono fatali. Rassu morì a 34 anni lasciando così una moglie di 29 anni, Natalina Zingo, e sei figli: Lorenzo, Angelo, Graziella, Costanza, Antonio e Amelia,
il primo di 10 anni e gli ultimi due, gemelli, di neanche uno. «Ai tempi avevo 7 anni, quindi ho pochi ricordi di mio padre – racconta uno dei suoi figli, Angelo Rassu, presente all’iniziativa di venerdì –. I miei familiari, però, mi hanno sempre parlato di lui. Era un grande uomo, volenteroso e altruista. Mi sono emozionato nel vedere tutta quella gente all’Argentiera. Tanti parenti di minatori proprio come me. Ringrazio Maurilio Murru e tutta l’amministrazione per aver organizzato un convegno così importante per noi». L’incontro E infine il momento più toccante. Nel corso del convegno di venerdì all’Argentiera, Angelo Rassu, insieme alla sorella Costanza, ha anche incontrato Salvatore e Nino Milia, i figli di Gavino, il minatore che Dionigi Rassu salvò poco prima di morire asfissiato nella galleria della miniera di Canaglia. «È stato un momento ricco di emozioni – confessa Angelo Rassu –. Rivedersi lì, in una miniera, per ricordare quella tragedia: mi ha fatto un certo effetto. Sono grato a tutti». All’Argentiera il presidente del consiglio comunale, Maurilio Murru, ha raccontato passo dopo passo la storia dei due minatori basandosi basandosi sulle cronache di  allora, pubblicate sulle pagine della Nuova Sardegna. E poi, durante la serata, ha anche consegnato ad Angelo  Rassu una medaglia in memoria del padre Dionigi e, simbolicamente, in ricordo di tutti i lavoratori che, nelle  oscurità delle miniere, hanno  lasciato  la  vita 

BIBLIOGRAFIA
"L'ARGENTIERA il giacimento, la miniera, gli uomini" di Luciano Ottelliqui alcuni estratti 

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   dopo a  morte    di  Maurizio Fercioni ( foto   sotto  a  centro ) , fondatore del Teatro Parenti a Milano e primo tatuatore d’Italia Gia...