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30.3.17

nuovi robin hood , lo yoga a 85 anni , Donna torna a casa 40 anni dopo la sua morte


Per  i nostalgici   della categoria \   tag  le storie  eccone alcune prese   da  http://www.supereva.it/storie/?ref=virgilio


Nel ristorante Robin Hood di Madrid i ricchi pagano per i poveri
Robin Hood è un ristorante di Madrid dove i ricchi pagano il pasto ai più poveri

Fonte: Twitter


Si chiama Robin Hood, si trova a Madrid ed è un ristorante molto particolare. Come svela anche il suo nome qui i ricchi pagano per i poveri. Il locale è gestito da Ángel García Rodriguez, un prete cattolico che ogni sera offre la cena a oltre cento senzatetto. Per farlo segue una politica molto particolare: i clienti più ricchi, che possono permettersi di pagare pranzo e cena, pagano una piccola quota in più, che viene utilizzata per servire un pasto a chi ne ha più bisogno.
L’iniziativa, a dir poco lodevole, ha fatto il giro del mondo e oggi Robin Hood è uno dei locali più frequentati di Madrid. I clienti arrivano da tutta la Spagna attirati dagli chef di alto livello e dal personale specializzato che lavora nel locale, convinti di poter gustare un ottimo pasto e fare anche del bene.
“Quello che desidero è restituire la dignità a questi uomini e a queste donne – ha spiegato il sacerdote -. Meritano come tutti di consumare una cena seduti a tavola. Devono magiare buon cibo in piatti di ceramica e bere da bicchieri di cristallo”.
I senzatetto vengono divisi ogni giorno in due turni da cinquanta persone. Tutti si siedono a tavola e vengono serviti come normali clienti solo che, a differenza degli altri, non pagano. A rendere speciale il ristorante sono anche i prezzi decisamente economici pure per chi paga. Un menù fisso, con piatti gourmet, costa solamente 11,80 dollari a testa. Per questo motivo chi consuma un pasto non ha difficoltà a pagare qualcosa in più e il locale è sempre pieno. Persino ora che è bassa stagione, i posti risultano prenotati sino alla fine di maggio.
L’iniziativa di Padre Angel ha avuto un enorme successo e ora il religioso medita di poter esportare questa nuova forma di carità in altri paesi della Spagna. Non solo: a poca distanza dal Robin Hood si trova una chiesa, dove Padre Angel offre rifugio a chi ne ha più bisogno, soprattutto quando fa freddo e fuori piove. Un riparo sicuro e all’asciutto con letti e tv, aperto a tutti coloro che chiedono aiuto e vivono per strada.







A 85 anni Anna Pesce ha iniziato a praticare yoga e in soli due anni il suo corpo è completamente cambiato


Fonte: Instagram


A 85 anni ha deciso di iniziare a fare yoga e il suo corpo è cambiato completamente. Questa è la storia di Anna Pesce, un’allegra vecchietta che per anni ha sofferto di forti dolori alla schiena a causa della scoliosi, dell’osteoporosi e di altri problemi legati all’età che avanza.
Schiena incurvata e difficoltà a muoversi: Anna si era ormai arresa al tempo che passa e ai dolori che non le davano pace. Tutte le difficoltà però sono scomparse quando ha iniziato a fare yoga. Dopo aver conosciuto Rachel Jesien, una bravissima insegnante, la sua vita è cambiata completamente. L’anziana ha infatti scoperto che la sua situazione non era cosi irreversibile come credeva e la sua schiena è miracolosamente rinata. In passato infatti aveva provato tanti rimedi per combattere il dolore, dal’agopuntura alla chiropratica, passando per la fisioterapia e i massaggi: nulla però aveva dato buoni risultati e il più delle volte le fitte scomparivano sul momento per poi ritornare poco dopo.
Con lo yoga però le cose sono andate diversamente. Il suo percorso con questa disciplina è durato due anni e oggi che ha 87 anni, Anna si sente benissimo. Tutto merito di Rachel Jesien e del suo modo di affrontare i problemi alla schiena con lo yoga. La personal trainerinfatti ha provato sulla sua pelle cosa significa, visto che anche lei soffre di scoliosi e per combatterla si è specializzata nella cura del problema con lo yoga.
La donna ha seguito Anna lungo il suo percorso di formazione attraverso lezioni personalizzate. Con l’uso di cuscini e supporti, seguendo la pratica della Restorative Yoga, ha insegnato all’anziana le posizioni migliori per la schiena.
Dopo due mesi aveva già imparato le principali posizioni yoga per tenere a bada le fitte e si sentiva già molto meglio. Il suo recupero è stato prodigioso ed Anna si è rivelata un’ottima allieva.
Dopo due mesi Anna aveva imparato le posizioni Yoga, il suo apprendimento è stato molto rapido, proprio come il miglioramento del suo stato di salute. Con il tempo ha iniziato a fare le cose per cui prima aveva difficoltà e bisogno d’aiuto, rendendosi molto più indipendente.Con il passare delle settimane non è cambiato solo il suo corpo, ma anche il atteggiamento nei confronti della vita.





Donna torna a casa 40 anni dopo la sua morte
A 40 anni dalla sua morte per un morso di serpente, una donna è tornata a casa, lasciando tutti a bocca aperta

Fonte: Twitter


Quaranta anni dopo la sua morte, avvenuta per un morso di cobra, è tornata a casa, lasciando tutti a bocca aperta. Non stiamo parlando di una fantasma, ma di una donna in carne ed ossa, che ha fatto ritorno dai suoi familiari, dopo che tutti l’avevano creduta morta. La protagonista di questa straordinaria storia si chiama Vilasa e nel lontano 1976 era stata data per morta. I suoi familiari avevano organizzato un funerale e l’avevano pianta, consegnando il suo cadavere alle acque del fiume Gange.
In realtà però la donna non era morta e si è ripresentata alla porta dell’abitazione delle sue due figlie, creando un vero shock alle ragazze, che inizialmente non sono nemmeno riuscite a riconoscere l’ottantaduenne. Quando avvenne l’incidente e la sua morte, Vilasa aveva solo quarantadue anni. Era estate e la giovane era uscita a cercare del foraggio per gli animali, proprio come faceva ogni giorno. Camminando nell’erba però non era riuscita a vedere il cobra che, spuntando all’improvviso, l’aveva morsa ad una gamba.
La sua famiglia l’aveva trovata agonizzante e l’aveva trasportata da un guaritore. L’uomo però non era riuscita a guarirla e poco dopo Vilasa era morta. O almeno così credevano i suoi parenti. Poco dopo il decesso, come da tradizione, il suo corpo era stato avvolto in una stoffa pregiata e posizionato in una zattera, che era stata lasciata andare alla deriva nel Gange. Solitamente gli indù praticano la cremazione, ma nel caso di morti avvenute a causa dei serpenti, il corpo deve essere gettato integro nel fiume perché le sue acque possano ripulirlo e riportarlo in vita.
La leggenda in questo caso ha superato la fantasia e Vilasa è tornata in vita. Il morso del serpente infatti non era stato fatale e il suo corpo poche ore dopo era stato ritrovato da alcuni pescatori. Vilasa era stata quindi portata in un tempio, dove i sacerdoti, nonostante fosse in fin di vita, erano riusciti a salvarla. Dopo aver perso la memoria la donna era rimasta nel tempio per quaranta anni, sino a quando un anziano del villaggio non l’aveva riconosciuta, affermando di essere stato al suo funerale. “L’abbiamo immediatamente riconosciuta da una voglia” ha raccontato la figlia minore, che non credeva ai suoi occhi quando se l’è trovata di fronte.

20.3.17

la storia di Veronica Puggiioni dalla depressione al canto


da l'unione sarda  CRONACA » CAGLIARI 20\3\2017  12:21 - ultimo aggiornamento alle 12:53

"Io, miracolata da padre Puggioni": la storia di Veronica, dalla depressione al canto


Veronica Pisano
Diventare una cantante era il suo sogno più grande: "Fin da piccola - racconta Veronica Pisano, cagliaritana - ogni occasione in cui stavo con la mia famiglia era contornata da momenti di canto, fino a quando tutti i miei sogni si sono infranti".A "salvarla" da una depressione profonda è stato un "miracolo", come lo definisce, da parte di padre Giovanni Puggioni."I miei genitori si sono separati, e questo ha determinato il tracollo economico e affettivo della famiglia. Sono passata da una situazione agiata a una di povertà e sono caduta in uno stato di solitudine e sconforto".Tra i suoi ricordi di fine anni Novanta, l'immagine di sua madre "distrutta dal dolore e dalla disperazione nell'impossibilità di provvedere al sostentamento mio e della mia sorellina"; pensieri cupi, "non riuscivo a vedere il mio futuro", accompagnavano Veronica ed era sopraggiunta "una brutta depressione, per cui credevo che la soluzione migliore fosse fuggire da questo mondo".
Poi qualcosa è cambiato, "mi sono guardata intorno e mi sono resa conto che tante persone avevano più bisogno rispetto a me, e ho iniziato a frequentare l'associazione onlus Operazione Africa di padre Giovanni Puggioni".
Veronica ha riscoperto così "l'impegno e la forza di vivere aiutando il prossimo. Padre Giovanni è stato capace di leggermi nel cuore, spalancando una finestra sulla mia vita futura, profetizzando la mia carriera di cantante".
A vent'anni Veronica ha cominciato a studiare canto e la "profezia" del sacerdote si avvera nel 2014 "con l'incontro con il chitarrista e compositore Maurizio Gastaldi".
"Voglio raccontare questa mia esperienza per tutte le persone che si sentono sole e vittime dello sconforto - spiega Veronica - La vita, anche se a volte è ingiusta e ingrata, merita di essere vissuta perché il futuro ci riserva cose bellissime".


Veronica Pisano: "Volevo dire addio, Padre Puggioni mi ha salvato"

La bravissima cantante sarda Veronica Pisano racconta su Cagliari Online la sua storia più sofferta: "Nel 1997 per problemi familiari, senza soldi nè amici, pensai di buttarmi dalla finestra:Padre Puggioni con una profezia mi salvò: mi disse che sarei diventata una cantante. Vorrei dire a tutti i giovani che in questo momento si trovano nel buio e soli, di avere pazienza, che tutto arriva prima o poi, anche la felicità"

Autore: Redazione Casteddu Online il 13/03/2017 16:22 
Veronica Pisano: "Volevo dire addio, Padre Puggioni mi ha salvato"
Nel 1997 si separarono i miei genitori, morirono i miei nonni paterni e mia madre perse il lavoro. All' inizio non mi rendevo conto, ma ero sempre più triste. Solo la musica e la speranza che sarei diventata una cantante mi consolava. A 19 anni in preda alla disperazione pensai di buttarmi giù dalla finestra; non avevo amici, ne soldi, ne più una famiglia unita. Mi sentivo sola e in preda alla disperazione.L' anno successivo , nel 1999 conobbi Padre Giovanni Puggioni, che mi raccontò i miei pensieri cattivi, nonostante non gliene avessi mai parlato,mi predisse il futuro ,dicendomi che sarei diventata una cantante, avrei inciso dei dischi e avrei imparato e cantato in un' altra lingua. Dopo quel colloquio andai via felice e iniziai a studiare francese e spagnolo. Ma niente, più passavano gli anni e più perdevo la speranza. Nel frattempo studiavo canto. Nel 2011 mi sono iscritta alla Scuola Civica di Musica di Cagliari in Canto Moderno, nello stesso anno ho conosciuto Maurizio Gastaldi (chitarrista e compositore ), improvvisamente è nata in me la voglia di ascoltare musica sarda. Nel 2014 nasce la nostra collaborazione fino ad oggi, con due album in attivo e un singolo. Se Padre Giovanni Puggioni quel giorno non mi avesse consolato a quest' ora non sarei qui a raccontarlo. Vorrei dire a tutti i giovani che in questo momento si trovano nel buio e soli, di avere pazienza, che tutto arriva prima o poi, anche la felicità. 













merita di essere vissuta perché il futuro ci riserva cose bellissime".

5.3.17

Il miracolo di Scampia






La baracca del campo rom di Scampia dove vive la donna della storia con i suoi quattro figli

Grazie alla segnalazione di padre Domenico Pizzuti, 80 anni, Scampia

Lavoro a Scampia da anni, mi scrive padre Pizzuti, seguo le famiglie del campo rom spontaneo di via Cupa Perillo. E’ una piccola storia questa, dice: magari non interessa. Non interessano i rom, in generale. Lo spirito del tempo è quello di scatenare gli ultimi contro i penultimi, alimentare le paure, costruirci sopra carriere e profitti. Non sono mai i penultimi ad avvantaggiarsi della cacciata e dell’ostracismo degli ultimi, però: sono sempre i primi, fateci caso.
Gli sfruttatori, i caporali, gli scafisti, i corrotti. Alcuni esponenti politici che fondano le loro fortune sull’odio e sul disprezzo che coltivano. Parlare di Scampia non porta voti né consenso, in genere non se ne parla se non per alimentare l’epica degli scugnizzi pistoleri. Il crimine che ha la meglio sullo Stato. Poi però, dice questo anziano gesuita, chi vive a Scampia “a volte vede accadere qualche miracolo, e questo è uno”. Magari si potrebbe di tanto in tanto dare voce anche a qualcosa di buono che accade. Magari, infatti. Dunque ecco il piccolo miracolo di Scampia.
C’è una madre con quattro figli. Otto, sei, quattro anni e 18 mesi. Il marito è in carcere. Vive nel campo rom di via Cupa Perillo. “L’ho ascoltata, negli ultimi due anni ho dato l’aiuto che potevo perché i figli andassero a scuola e avessero i libri, spesso l’ho accompagnata nei suoi tragitti: ho visto che, secondo le sue possibilità, sempre pensava prima ai figli che a se stessa. Solo ai figli, direi”. Lunedì 2 gennaio il maggiore, otto anni, raccatta da terra un fuoco d’artificio che gli esplode in mano. Ferite gravi, ospedale. Al Santobono il medico del Pronto soccorso fa, come di dovere, una relazione agli assistenti sociali.
Arriva un primo controllo alla baracca di lamiera dove la donna vive. Lei capisce che le possono togliere i bambini. “In due giorni trasforma, da sola, la baracca. Vi allego la foto”. Lo spiazzo ripulito, tende colorate alle finestre, un tavolo a cui far sedere le assistenti sociali, lo spazio interno – non lo vediamo, lo descrive padre Pizzuti – “diviso da una parete di legno colorato, un letto grande per i più piccoli e un ambiente separato per i due maschi più grandi. Tappeti a terra, rimediati, e un divano”.
E’ stato sicuramente il timore di perdere i figli, dice il gesuita, a metterla in moto nel tentativo di “mostrare di essere all’altezza di quello che pensa che il mondo del benessere si aspetti da lei”. Non è l’unica: “Molte donne al campo cercano di dare ai figli una vita dignitosa che è quello che più conta nella vita di tanti, forse di tutti: non lasciamole sole”.
I bambini non hanno colpe. Trovo di seguito la mail di Gioia Cesarini, presidente dell’associazione “A Roma, insieme”, che invita a sottoscrivere una raccolta di fondi per consentire fino a giugno il proseguimento del servizio di trasporto dei bambini di Rebibbia a nidi esterni. Per un complicato motivo (mancano i soldi, certo: è sempre una questione di priorità) da due anni il IV municipio non rinnova il contratto per il trasporto pubblico. Servono 3600 euro, non i milioni di certi appalti portatori di voti e consenso. Qui come donare. Il commento di Salvini lo do per noto, può almeno in questo caso risparmiarselo.

18.2.17

senso civico , fortuna \ culo , amore ed altre storie

la  prima è una  storia  stavolta (  ma  anche  se non lo  fosse stata è  sempre importante  e dimostra  che il senso civico  ancora non è , anche se   sempre più raro  , morto completamente )  a  lieto fine che << contrasta >> --  il  http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2017/02/17 da cui  ho tratto la storia  -- << con episodi di cronaca, anche recenti, nei quali sono stati proprio il coraggio e il senso civico a venire meno.>>



Bambina piomba nel Tergolino, un papà-eroe la riporta a riva

Camposampiero, il genitore di un suo compagno d’asilo si getta in acqua e la salva: “Devo cambiarmi, sono pieno di fango”

di Martina Mazzaro




CAMPOSAMPIERO
 Una bambina dell’asilo cade nel canale e il papà di un suo compagno di scuola materna non ci pensa due volte: si getta in acqua e la salva. Riaffidata la bimba alla mamma, se ne torna a casa con il figlioletto.
È successo in centro. Erano le 15.40 quando la piccola, sporgendosi dal parapetto mentre tornava a casa, è caduta nelle acque del Tergolino che scorre a fianco della Sr 307. Vani i suoi tentativi di aggrapparsi con le manine alla riva, mentre la corrente la trascinava oltre il ponte che dà accesso ad alcune abitazioni.
Sono state le grida disperate della madre a catturare l’attenzione dei passanti e dei negozianti, in particolare del papà eroico che, senza pensarci due volte, è sceso nel canale per soccorrerla.
«Quando ho sentito gridare, mi sono precipitato in strada per prestare aiuto, è stato allora che ho visto un uomo che, senza esitazioni, è sceso in acqua raggiungendo la bambina e prendendola in braccio» racconta un maestro della scuola primaria Parini.
«Una volta afferratala, il soccorritore, con l'acqua fin sopra la cintola, ha passato la piccola a un altro ragazzo e a quanti poi l’hanno riportata a riva». Una catena umana in cui ognuno formava un anello.
Risalito a riva dopo il gesto coraggioso, l’uomo che ha salvato la piccola è tornato nell'ombra e ogni tentativo per rintracciarlo è stato vano: «Non appena la bambina è tornata tra le braccia della mamma, che cercava in tutti i modi di tranquillizzarla, l’uomo se ne è andato per la sua strada», raccontano i testimoni.
«La bambina sta bene, fortunatamente non ha riportato ferite, ma solo un grande spavento», conferma la direzione della scuola dove la piccola è iscritta e dove tutti, ora, tirano un sospiro di sollievo.
La temperatura esterna, meno rigida rispetto alle settimane scorse, ha favorito il salvataggio ed evitato conseguenze peggiori per la bambina.
La fortuna ha inoltre voluto che, in quel tratto, l’acqua del Tergolino superi di poco il metro di profondità.
«Ora devo andare a cambiarmi, sono pieno di fango»: queste le uniche parole del papà-soccorritore tipiche di chi non ha bisogno di sentirsi gratificato per un gesto solidale.

la seconda racchiude tutte e tre le caratteristiche citate nel titolo  è  può essere  classificata  tra  quelli    che  io  metto   con  questa  definizione   di   Mario Mariotti miracoli laici   . Essa è la storia di Valentina, sopravvissuta a un incidente ora sogna le nozze Valentina Vincenzi ha 25 anni. A settembre è stata travolta da un Tir. Era scesa dall'auto da cui usciva fumo ed è stata sbalzata in aria. Ricorda tutto di quel terribile giorno. Ha subito 50 operazioni e ora sta lavorando con coraggio per riuscire a rimettersi in piedi. Il suo sogno? Sposare il compagno, Giacomo Goldoni, che l'ha chiesta in sposa al suo risveglio in ospedale.

Carpi: lei si risveglia dopo un grave incidente e lui la chiede in sposa

Era stata travolta da un Tir. «Sopravvissuta per caso all’incidente e a 50 operazioni. La proposta di nozze in ospedale»


















CARPI.
Non ho mai perso conoscenza e ho percepito ogni dolore quando, ogni pezzo di lamiera mi trapassava la pelle e i muscoli e mi sbriciolava le ossa: la macchina ha continuato a spingere sulla gamba semi amputata per 40 minuti prima che l'ambulanza arrivasse a liberarmi da quell'inferno».».






{}L'incidente. Quando un camion ti travolge e ti ritrovi incastrato tra le lamiere della tua auto e quelle del tir, vedi tutta la vita che ti passa davanti e ti rendi conto di quanto sia appesa a un filo sottile, sottilissimo. Lo sa bene la solierese Valentina Vincenzi, 25 anni, una laurea in Psicologia criminale conseguita all’università di Kingston upon Hull, in Inghilterra, che il 27 settembre dell’anno scorso ha vissuto una giornata che ha cambiato per sempre la sua vita. Valentina è rimasta gravemente ferita alle gambe in un incidente stradale dopo il quale ha subìto oltre 50 interventi, tra quelli in sala operatoria e altri. Una strada fatta di pazienza e tenacia durante la quale la 25 enne ha coronato il suo sogno d'amore: a due giorni dall'incidente, quando si è risvegliata in ospedale, il suo compagno le ha proposto di sposarla.
In autostrada. «Stavo viaggiando in autostrada, di ritorno da un corso di aggiornamento per il negozio in cui lavoravo - racconta Valentina - stavo percorrendo la Brennero in direzione Modena, quando dalla mia auto ha iniziato a uscire del fumo dal cofano. Circa 300 metri prima dell'uscita di Mantova sud, ho accostato in corsia d'emergenza, chiamando immediatamente il carro attrezzi per i soccorsi. Sono uscita dall’abitacolo e mi sono posizionata davanti all’auto, da cui usciva ancora del fumo. Improvvisamente, mi sono sentita sbalzare in aria e sono stata avvolta da una nuvola di polvere e sporco, senza capire cosa stesse succedendo, stordita anche dal rumore di lamiere, clacson e ruote. Dopo una manciata di secondi ho capito di essere stata investita da un camion che arrivava da dietro e aveva invaso la corsia di emergenza continuando a sbandare fino a quando non si è arrestato. Mi sono ritrovata incastrata fra la mia vettura e il guardrail, con una gamba bloccata dalle lamiere. Il dolore era fortissimo e continuavo a urlare: le lamiere erano conficcate nella mia carne e il sangue continuava a scendere. Ho continuato a sbracciarmi per diversi minuti prima che qualcuno si fermasse».Il compagno. Contemporaneamente, sulla corsia nella direzione opposta c’era il compagno di Valentina, Giacomo Goldoni, che ha assistito a tutta la scena.« Una volta arrivata l’ambulanza, sono stata trasportata all’ospedale di Mantova, poi, in elicottero al Niguarda di Milano - prosegue la 25enne sopravvissuta - Sono stata sottoposta a innesti cutanei prelevati dalla mia gamba sana che rimarrà per sempre rovinata dalle cicatrici e porto un fissatore circolare Lizarov, fissato con viti al femore e che arriva alla caviglia dove i chiodi entrano nell'osso per tenere fissa la frattura, scomposta e molto grave. Devo legare un cordino ai ferri del fissatore, facendolo passare dentro ai passanti dei lacci della scarpa perché la semi amputazione mi ha causato una lesione grave al nervo sciatico facendo sì che il mio piede non si alzi verso l’alto. Prima facevo body building a livello competitivo, ballavo: ora non so che cosa riuscirò a fare. Al lavoro, non mi hanno rinnovato il contratto, visto che ero in scadenza. Sono stata dimessa dal Niguarda il 23 dicembre e ora sono ritornata a casa, a Soliera. Sono rimasta addormentata due giorni a causa dei medicinali - continua la ragazza - quando mi sono risvegliata, Giacomo mi ha chiesto di sposarlo. Una gioia immensa che mi ha aiutato a superare il primo, grosso impatto. Vorrei ringraziare, oltre a Giacomo, la mia famiglia e alcuni medici che mi hanno aiutata. Come il chirurgo Fabrizio Sammartano, l'ortopedico Francesco Sala, i chirurghi plastici Joseph Negreanu e Luca Vaienti e Osvaldo Chiara, dirigente del Trauma Team dove sono stata ricoverata dopo la terapia semintensiva».



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...