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6.9.22

PROCEDURE PERFETTE E MISERIE UMANE - con Elvia Franco


Vorrei raccontare un episodio in apparenza minuscolo, ma che dietro ha la visione del mondo in cui siamo immersi.La stampa locale qui a Udine, ne ha parlato i giorni scorsi.
Si tratta di una bambina di 12 anni della periferia di Udine che per la prima volta nella sua vita prendeva l'autobus per andare a trovare un' amichetta all'altro capi della città. I genitori di entrambe erano d'accordo.
E la bambina entusiasta. Nella gioia di questa prima esperienza unita a quella di vedere l'amica, si è del tutto dimenticata di timbrare il biglietto. A una fermata è salito il controllore per vedere i biglietti di tutti. Arrivato alla bambina, non l'ha guardata in volto, non ha visto l' età, non ha badato alle sue lacrime e alle sue parole quando lei gli ha detto desolata che si era dimenticata di timbrare il biglietto e che era la prima volta che prendeva l'autobus da sola.
Il controllore le ha ritirato il biglietto e le ha dato una multa di 70 euro.
Il padre ha regolarmente pagato, ma ha commentato il comportamento del controllore: " - Si giusto multare chi fa il furbo, ma riguardo mia figlia perché non l'ha fatta timbrare il biglietto, avvisandola di non dimenticarsi più di timbrarlo? - Concordo.
Ma l'azienda di trasporto ha replicato:“I controllori hanno svolto semplicemente il lavoro per il quale sono stati assunti. E l’hanno fatto con professionalità, educazione e rispetto. Non è compito loro valutare, scoprire attenuanti o verificare situazioni diverse.-Ecco un funzionario perfetto, che si attiene rigorosamente alle procedure, e fa il suo lavoro come si deve . Anche in classe molti insegnanti per ricevere lodi dal preside seguono le procedure didattiche e non guardano in faccia i ragazzi. Anche i medici fanno questo e non si accorgono che hanno dei volti davanti a loro. Volti che chiedono di essere accolti. Anche i nazisti, come Eichmann (La banalità del male della Arendt) alla fine non sono criminali perché obbediscono a comandi superiori ed eseguono perfettamente procedure assegnate. Il controllore della bambina e Eichmann hanno in comune lo stesso tratto: essere bravi esecutori di ordini altrui. Non sto dicendo cose scandalose.
Semplicemente noto che la struttura di fondo è la stessa. Non essere animati da capacità empatiche nella vita e nel lavoro, abbassa la società, la rende triste e trista. Ma questo è il clima generale che stiamo vivendo. L'autobus in cui è successo il fatto. È il tre. Il mio autobus.
 
Ora mi  chiedo  
che aggiungere a quanto scritto dall'amica faceboookiana elvira che   ha  già fatto un ottimo   commentoin cui ahime  i parallelismi che si posso fare sono tanti...mi viene in mente, fra gli altri, quello della giustizia..spesso ingiusta... ? se non povera piccola e vergogna controllore e azienda. Ormai si è persa l'umanità sul lavoro. Eseguono gli ordini senza utilizzare il proprio cervello. Sono diventati come automi. Vergogna. Infatti Spesso si eseguono gli ordini come i "robot", senza ascolto dell'altro ... anche quando l'altro è una bambina felice di assaporare una nuova conquista: percorrere un tragitto di strada in autobus da sola. Non c'è stato ascolto dal "robot" per quel biglietto non vidimato esibito ... ha pensato soltanto di spezzare la felicità di quel viaggio e di quell'arrivo dall'amichetta. Povera bambina, ignara che i "robot" hanno cuore di latta ... che sono privi di orecchie per le valide giustificazioni .  😡
 
 [...]
Il padre

“Mia figlia era sconvolta, non ha potuto replicare perché presa dal panico. Non si è potuta difendere, anche sapendo che dietro c'era la mamma con l'auto – afferma il padre della giovane –. Dove è finito il buon senso di un essere umano?”. Secondo il genitore, i controllori avrebbero dovuto avere un occhio di riguardo per la ragazzina, ma invece “hanno voluto fare cassa sulle spalle di una bambina indifesa. Potevano semplicemente farle timbrare il biglietto e dirle che la prossima volta le avrebbero fatto la multa se l’avessero ancora scoperta senza biglietto timbrato. Invece no. C’è modo e modo di fare il proprio lavoro, secondo me. Mia figlia ha sbagliato e la multa la pagheremo. Resta l’amaro in bocca di una situazione che poteva essere gestita diversamente. Non esistono più le persone di cuore”. La replica dell'azienda di trasporto locale non ammette dubbi: “I controllori hanno svolto semplicemente il lavoro per il quale sono stati assunti. E l’hanno fatto con professionalità, educazione e rispetto. Non è compito loro valutare, scoprire attenuanti o verificare situazioni diverse. Inoltre, su tutti i mezzi sono esposti i cartelli della nostra campagna di sensibilizzazione al rispetto delle regole che invitano i passeggeti a munirsi di regolare documento di viaggio e di ricordarsi di timbrarlo"


concludo  condividendo  quanto dice commentando   il  post  di  Elvira    Federica Cassola : << [...] Ha fatto bene il padre a replicare eppure mi vengono in mente la schiera di genitori che invece di sgridare un figlio se la prendono con quegli adulti (spesso gli insegnanti...) che a volte fanno anche bene e faticosamente il proprio lavoro... Chissà...magari quella ragazzina poteva giovarsi di più di un atteggiamento paterno (che poi non sappiamo quale sia stato verso la ragazzina...) che non squalificava del tutto l'operato giusto peraltro del controllore e che rimandava a lei le sue proprie responsabilità. Comunque uno scenario che offre molti spunti di riflessione .[...]  È uno scenario, come dici, che offre molti spunti di riflessione.
A una cosa però dico no: non si può ridurre un uomo a un esecutore perfetto di procedure dettate da altri. La coscienza in primis, come dice un commento più sopra . La coscienza e l'empatia. I neuroni specchio li abbiamo tutti. Non silenziamoli ! O consegnamo completamente il mondo al suo declino.>>
 grazie Elvia  ell'ottima riflessione   

16.8.11

stori di donnne altrnativa a quelle di arcore e dello show buiness

  con sottofondo  portando i  giornali alla raccolta  differenziata  della  carta  mi sono imbattuto  in questo m articolo   della settimana  prima di ferragosto  interessanti  il primo  della  nuova sardegna  o l'unione sarda   (  ?  )

Campionato di morra, il robot battuto e umiliato Così Maria Pala di Lula ha battuto e umiliato il robot super Gavin 1.0


di Angelo Fontanesi

Campionato di morra, il robot battuto e umiliato
ONIFAI. Il protagonista annunciato della sedicesima edizione del «Campionau sardu de sa murra» e della nona edizione dell’«Atòbiu internazionale de sos murradores de su Mediterraneu» svoltisi nello scorso fine settimana a Baunei, doveva essere Gavin 1.0, robot murradore, costruito da un team di allievi dell’Istituto tecnico industriale Giua di Cagliari. Un assemblato di circuiti elettronici progettato e nato per vincere tutto e contro tutti.

E così aveva fatto sino a quando sul palco di gara allestito dall’a ssociazione «Po su giocu de sa murra» ha incrociato le sue dita bioniche contro quelle corte e tozze di Maria Pala da Lula, 35 anni, da tempo residente in Baronia, prima a Orosei e ora Onifai, al fianco del fratello don Franco, parroco del piccolo centro della valle del Cedrino.
Fisico possente e occhi di ghiaccio Maria Pala, operatrice di macello di professione ma di fatto perpetua al seguito del fratello, sin da bambina la sua «quota rosa» se l’è presa senza aspettare norme o sentenze del Tar. Le piaceva la morra, imparata dal padre, e i lavori che facevano gli uomini. Donna di campagna, senza se e senza ma e anche campionessa indiscussa di murra. Davanti a quel murradore androide nessun tentennamento e nessun imbarazzo.
Le sfide per lei non sono mai state un problema, figuriamoci quella contro un robot, anche se con la berritta in testa. Le prime buttate lente, per far capire ai circuiti elettronici di Gavin la tecnica dell’avversario, un passo che non si addice a veri murradores, ma Maria ha atteso con pazienza, sino a che il ritmo è aumentato e lei è entrata finalmente nel suo terreno preferito. Quello della murra incalzante e serrata e dono solo dei grandi campioni, assolutamente imprevedibile e mai scontata. E allora via, a ghettare sa manu, dudduru, battoro, ottoottanta, treminè, chimbe, seila, murra bella..un incalzare spasmodico di numeri e dita che si incrociano.
Sino all’imprevisto: Gavin incomincia a perdere colpi tentenna, si surriscalda e infine..zoot, un filo di fumo esce laconicamente dai suoi circuiti fusi e per il robot murradore è K.O. tecnico. Le braccia metalliche gli cadono senza vita lungo fianchi, la testa gli si reclina, e sul ring sconsolati salgono i secondi, i suoi giovani progettisti, per controllare i danni della loro creatura e cercare di rimettere a posto i circuiti andati in tilt.
Lei, Maria Pala da Lula, rimane invece impassibile, guarda la scena con i suoi freddi occhi azzurri senza fare una piega. Per lei è una vittoria come tante altre e come sempre anche stavolta gli applausi sono tutti per lei. L’unica donna in Sardegna capace di giocare e vincere in un gioco tutto al maschile, robot compresi.
Al di la del piazzamento finale nella vera tenzone, dove in coppia con il dualchese Francesco Piras si è dovuta arrendere alle porte della semifinale del campionato sardo ai sedilesi Antonello Putzulu e Gian Pietro Manca poi vincitori assoluti, è stata lei la protagonista del torneo.
Maria Pala non ama parlare, ma non per boria o presunzione. È fatta così e basta. A raccontare di lei e della sua vita spesa tra il mondo agropastorale, i palchi della murra e le sagrestie delle chiese è Rosa Masala, fotografa galtellinese, da 7 anni amica, confidente e un po’ pr della «regina della murra sarda». «Maria è così - dice la donna- ma sotto quella scorza di durezza che mostra sia nel fisico sia nell’abbigliamento è sensibile, dolce e timida.
Le luci dei riflettori non le piacciono. Eppure tutti la vorrebbero, mi chiamano da tutte le parti, non solo dalla Sardegna. L’anno scorso volevano Maria a Cagliari come donna sarda di successo alla serata finale di Miss Sardegna, mentre l’estate scorsa, dopo un torneo di murra disputato in un paese della Costa Smeralda, siamo state contattate da uno sceicco arabo che voleva portare la morra e ovviamente Maria nel suo emirato. Ci chiese solo quanto volevamo per una tournée, disse che non c’erano limiti di soldi, ma Maria mi liquidò alla sua maniera: «vae vae, tue e s’e miru..ajò chi non che torramus a bidda».
E così è stato anche a Baunei, dove la stella di Maria ha brillato giusto sul palco, davanti alla coppia avversaria. Poi a bidda, lasciando la gloria mediatica ai campioni venuti da tutta l’isola ma anche da mezza Italia e anche dalla Provenza e dalla Catalogna.


il   secondo  sul web per  il  blog
 da  rpubblica  online del 13  agosto

Anita, la laurea della vita "Rivincita dopo il terremoto"

L'Aquila, è una dei quattro sopravvissuti della casa dello studente crollata il 6 aprile 2009. E' la prima ad aver terminato il corso di studi. "Questo risultato è anche per chi non c'è più"

di GIUSEPPE CAPORALE
L'AQUILA - La seconda vita di Ana Paola Fulcheri (  foto  a destra  ), Anita per gli amici, è iniziata più di venti giorni fa: il 21 luglio.
 Il giorno della sua laurea. Tra sorrisi, abbracci e fotografie. Ed è iniziata lì proprio dove è finita la prima: all'Aquila. Lei, 24 anni, è una dei quattro sopravvissuti al crollo della Casa dello Studente, il 6 aprile del 2009. Ancora oggi, nonostante abbia voltato pagina (e nonostante la felicità per una laurea con il massimo dei voti e la consapevolezza di essere la prima laureata dei superstiti del crollo della Casa dello studente), appena prova a ricordare quel maledetto giorno, si commuove. Piange. Riesce solo a raccontare di essere rimasta tre ore sospesa nel vuoto. Ana Paola era sveglia e spaventata, mentre una parte di quel palazzo crollava a terra (portandosi via otto suoi amici). Aggrappata a ciò che rimaneva della sua stanza. Appena oltre la porta non c'era più nulla. Nulla. "Non c'era più il corridoio...". Ricorda anche che non furono i vigili del fuoco o la Protezione Civile a salvarla.
Riuscì viva da quelle macerie grazie a quattro suoi amici, anche loro superstiti, e quasi tutti presenti il giorno dell'inizio della sua nuova vita. Il 21 luglio anche tre di loro erano lì nell'aula magna "provvisoria" dell'Università dell'Aquila, insieme alla mamma, alle sorelle e ai nonni. Per applaudirla, darle coraggio e stringerla in un abbraccio. In prima fila c'era anche il suo avvocato, Vania Della Vigna, che l'assiste nella causa
contro la Protezione Civile. Sì, perché Ana Paola, dopo la tragedia, si è costituita parte civile contro la Commissione nazionale Grandi Rischi (organo tecnico della Protezione Civile) che - secondo l'accusa della procura dell'Aquila - sottovalutò lo sciame sismico e rassicurò, invece di informare la popolazione sul rischio che stava correndo.
"I miei amici sono morti perché la protezione civile disse che non c'era pericolo, che era tutto normale..." racconta Ana con tono acceso. Adesso che si è laureata, non sa se tornerà mai più all'Aquila. Non ci ha mai più dormito da quella notte. "Mai...". "Non so dirlo se tornerò... La sensazione che provo ogni volta è quella di un grande dolore. È come se venissi al cimitero".
Non ha chiare le idee sul futuro "non lo vedo..." dice. "Il preside mi consiglia di andare all'estero, sfruttando la conoscenza dello spagnolo, ma non ho ancora deciso. È una scelta difficile". 
Si è laureata in Scienze delle Investigazioni e il preside della sua facoltà, Franco Sidoti, è entusiasta di lei.
"Ana Paola ha scritto una tesi splendida - racconta il preside - con tante citazioni in spagnolo e in inglese, mostrando una conoscenza storica, politica, professionale dell'argomento assolutamente incredibile in una ventenne. Metterò tra i documenti la relazione che il suo correlatore ha scritto per lei, in termini di apprezzamento assolutamente fuori dal normale. Le tragedie o ti distruggono o ti rafforzano: Anita è fortissima. Il suo prossimo appuntamento con il destino è nel procedimento penale contro gli imputati per la tragedia della Casa dello Studente, che inizierà in fase dibattimentale il 20 settembre 2011. Io ci sarò e spero che anche qualcun altro degli iscritti al mio corso sia presente: è un appuntamento con la verità e con la giustizia".
Ana Paola, nel frattempo, è tornata a vivere di nuovo. "Dopo due anni e mezzo di patimenti, sofferenze e ripensamenti, ho capito che la vita mi ha dato un'altra possibilità e devo coglierla. Anche per i miei amici che non ci sono più". Anche per Michelone, il ragazzo morto tra le macerie, che quella notte (durante lo sciame sismico) prima della scossa fatale, lungo un corridoio, l'abbracciò e le disse: "non avere paura...".








Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...