Visualizzazione post con etichetta se questo è un uomo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta se questo è un uomo. Mostra tutti i post

24.1.15

Primo Levi e la lettera inedita: l’olocausto spiegato a una bambina

  Canzone consigliata 


  Lo so che  è ovvia  è.p scontata ma  non ne  ho trovate altre  di cosi incisive   più  pessimista della classica  di  Guccini    riportata  " per par  condicio  "


Lo so che precedentemente ( vedere  qui  il post ) fino al 27 gennaio mi avrei garantito il silenzio . Ma davanti a sifatto articolo , in cui viene spiegata in maiera cosi nintida e senza ipocrisie \ tabù inutili cosi sia la malvagitù e cosi sia stato l'olocausto , non ci sono riuscto . 


 Da  http://www.lastampa.it/2015/01/23/cultura/

“Piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria perché chi voleva conoscere la verità poteva conoscerla e farla conoscere”



monica perosino
Torino 
Gli avevo chiesto:come potevano essere così cattivi?  
A 11 anni, nel 1983, avevo appena finito di leggere Se questo è un uomo. L’avevo letto durante le vacanze di Natale, e riletto pochi giorni dopo l’Epifania. Ma restavano domande senza risposta: esiste la malvagità? 
Se questo è un uomo era nella lista dei libri da leggere stilata dalla professoressa di italiano, Maria Mazza Ghiglieno. Neanche lei, che pure aveva sempre le domande e le risposte giuste, poteva risolvere il dilemma. Così, spinta dalla logica senza curve di un’undicenne, mi parve ovvio andare alla fonte. Cercai l’indirizzo di Primo Levi sulla guida del telefono per chiedere direttamente a lui: perché nessuno ha fatto niente per fermare lo sterminio? I tedeschi erano cattivi?  
Nemmeno per un attimo pensai che stavo scrivendo allo scrittore di fama planetaria. Per me era «solo» Primo Levi e il suo libro era anche un po’ mio. Chiedere conto a lui mi parve la cosa più naturale del mondo. Lui doveva sapere per forza. Presi la mia carta da lettere preferita, zeppa di fiori e pupazzi, e scrissi una paginetta di lettere tozze. Già che c’ero lo invitai nella mia scuola. 
La risposta arrivò, datata 25 aprile, e non colsi subito la coincidenza fino in fondo. Il concetto di «ignoranza volontaria» non era la spiegazione che mi aspettavo. Io volevo sapere se il male esisteva. Smisi di rileggere la lettera tre anni dopo, l’11 aprile 1987, quando trovarono il corpo di Primo Levi nella tromba delle scale. Ero rimasta senza l’uomo che avrebbe potuto darmi spiegazioni. La lettera finì in un cassetto, assieme ad altre. Ora, 32 anni dopo, è rispuntata durante un trasloco, con tutte le sue risposte.

25/4/83
Cara Monica,
la domanda che mi poni, sulla crudeltà dei tedeschi, ha dato molto filo da torcere agli storici. A mio parere, sarebbe assurdo accusare tutti i tedeschi di allora; ed è ancora più assurdo coinvolgere nell’accusa i tedeschi di oggi. È però certo che una grande maggioranza del popolo tedesco ha accettato Hitler, ha votato per lui, lo ha approvato ed applaudito, finché ha avuto successi politici e militari; eppure, molti tedeschi, direttamente o indirettamente, avevano pur dovuto sapere cosa avveniva, non solo nei Lager, ma in tutti i territori occupati, e specialmente in Europa Orientale. Perciò, piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva veramente conoscere la verità poteva conoscerla, e farla conoscere, anche senza correre eccessivi rischi. La cosa più brutta vista in Lager credo sia proprio la selezione che ho descritta nel libro che conosci. 
Ti ringrazio per avermi scritto e per l’invito a venire nella tua scuola, ma in questo periodo sono molto occupato, e mi sarebbe impossibile accettare. Ti saluto con affetto
Primo Levi  



<< [...]  il male, quello vero, non esiste. >> come    dice di Ilenia Gullo  sul sito   http://www.orticalab.it

più  precisamente qui <<  Si maschera proprio sotto il falso spettro della superbia dell’egoismo, dell’indifferenza e della volontaria ignoranza in cui l’umanità, da sempre, continua a specchiarsi. Volontariamente o involontariamente, non importa.
A confermare questa grande verità, non sono io. È stato uomo di nome Primo Levi, in una lettera inedita, dimenticata e ripescata per caso in un cassetto, resa pubblica al mondo dal quotidiano “La Stampa” la scorsa settimana, scritta quasi 32 anni fa, il 25 aprile del 1983.
Come spiegare a Monica, una bambina di undici, che cos’è stato l’Olocausto? Come ammetterle l’esistenza del male? E che cos’è il male? Di chi è stata la colpa di tanto orrore? >> 

17.12.13

se questo è un uomo




Se questo è un uomo

di Mario Spada*

Qualche bambino potrebbe scrivere a Babbo Natale : “per Natale vorrei vedere mio nonno ma sta chiuso in una gabbia . Perché non vai a prenderlo con la slitta e lo porti da me?” Ma non credo che questa lettera sarà mai scritta perché è consuetudine nascondere ai bambini le colpe dei grandi, perché il nonno non uscirà mai dalla gabbia, perché Babbo Natale non si occupa  dei cattivi.
Il nonno è  “cattivo per sempre”, un mafioso,  o un camorrista, o un sequestratore sardo, arrestato 30 anni fa e chiuso in un carcere senza alcuna speranza di uscirne perché sottoposto al regime del cosiddetto carcere ostativo,  non può fruire dei benefici di cui qualunque  ergastolano  può godere . La colpa è  di non essere un collaboratore di giustizia e la condanna è quella di “essere murato vivo”.
Può capitare a chiunque, come è successo per caso a me, di imbattersi in alcune vicende che fanno  pensare, che ti costringono ad immaginare  quella storia,  quella persona , e ti domandi se tu c'entri qualcosa, se sei in qualche modo complice di un' ingiustizia. Non mi occupo per professione o come volontario della condizione carceraria, mi occupo di città, di spazi pubblici e di beni comuni e solo per caso ho avuto modo di conoscere la storia personale di Carmelo Musumeci, di Pasquale de Feo, di Mario Trudu. Come loro ci sono circa mille ergastolani ostativi che hanno perso la normale nozione del tempo, che nella cella non hanno alcun calendario dove segnare il giorno in cui potrebbero uscire dal carcere perché non usciranno mai.
Negli ultimi anni mi hanno infastidito i numerosi appelli  alla  riforma della  Giustizia proposti da quel ceto politico-imprenditoriale che ritiene per censo di avere diritto all'impunità , di poter stare al di sopra della legge uguale per tutti.  Poi mi è capitato di apprendere che c'è qualcuno che non ha alcuna speranza di uscire, che invoca per sé la pena di morte. Non entro nel merito dell'efficacia giudiziaria dei collaboratori di giustizia , ritengo che la criminalità organizzata sia un male pervasivo, difficile da estirpare, colpevole in massima misura  delle difficoltà in cui versa il nostro paese. Mi limito ad una  riflessione  sugli aspetti umani: se fossi stato io il colpevole,  avrei  messo a rischio la vita di figli, nipoti, fratelli che sarebbero stati vittime della vendetta mafiosa? Avrei preferito pagare di persona. E ancora: dopo 30 anni di carcere è assai probabile chel'organizzazione camorrista alla quale avevo aderito sia stata scalzata da altra organizzazione, che quello che sapevo allora non sia più utile alla Giustizia. Ho buone ragioni  per ritenere che dei circa 1000 condannati al carcere ostativo solo una esigua minoranza, quella dei capi bastone, tesse ancora le fila, ha ancora rapporti con gli affiliati, comanda e  minaccia. Ho buone ragioni per ritenere che la stragrande maggioranza di coloro che  non hanno collaborato 30 anni   fa possono dar poco alla giustizia o peggio inquinare le acque dell'accertamento dei fatti come ha fatto in passato qualche sedicente “pentito”.   L'impressione è che la criminalità organizzata di oggi abbia ancora solide connivenze , che stia prosperando ed estendendo la sua influenza, e che una  parte della criminalità di ieri, sinceramente pentita, paghi per pareggiare il conto.

La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia per questo trattamento carcerario equiparato alla tortura (ti torturo finché non parli).
Associazioni di sostegno ai detenuti come “Antigone”ed esponenti del mondo politico sono impegnati in questi giorni per l 'approvazione dell'amnistia, un atto doveroso nei confronti di chi vive una condizione carceraria intollerabile. Forse il Papa , forse anche il Presidente della Repubblica andranno in un carcere nel giorno di Natale, forse verrà approvata l'amnistia, ma per quelli condannati al carcere ostativo non cambierà nulla.
Quando Carmelo Musumeci che sta in carcere da 25 anni racconta che accompagnando un detenuto in infermeria ha potuto vedere un prato e si è commosso, ho ripensato ad una riflessione estrema, paradossale che mi venne  guardando un tramonto sul mare : se proprio volete essere sicuri che non scappino mettetegli le catene ai piedi, come i condannati ai lavori forzati di un tempo, ma fategli vedere il mare. Come si può costringere un uomo a vedere solo uno spicchio di cielo? E per tutta la vita?  Musumeci ed altri hanno chiesto al Presidente della Repubblica di applicare a loro la pena di morte, tanto la loro detenzione somiglia ad una lunga tortura che è come una morte lenta. Michel Foucalt descrive bene l'evoluzione della pena da una primitiva applicazione  delle punizioni corporali e  torture fisiche alla tortura psicologica dell'isolamento e annientamento della personalità.  La Costituzione e le leggi affermano il valore rieducativo e non punitivo della pena ma sono solo belle parole. Se si prova ad immaginare quella condizione carceraria non può non venire in mente la poesia di Primo Levi che introduce il suo romanzo autobiografico “Se questo è un uomo”:

                                                    Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


Certo, Primo Levi si riferisce ad  innocenti chiusi nel lager nazisti mentre noi stiamo parlando di colpevoli di gravi reati. Ma, fatti gli opportuni distinguo, il monito può essere ripetuto: voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case avete  idea di cos'è un carcere? Provate ad  immaginare  che i reclusi siate voi, che la cella è  molto piccola e fredda e passate lì la maggior parte della vostra giornata, che un rumore di ferro vi  accompagna di giorno e di notte , che sentite le urla di chi non ce la fa o è in crisi di astinenza,  che accompagnate in infermeria compagni di sventura morenti e vi domandate perché devono morire lì dentro. E poi, con uno sforzo di immaginazione maggiore, provate ad immaginare di doverci stare tutta la vita. Non vi viene naturale pensare al monito di Primo Levi: “se questo è un uomo”?
La riflessione è strettamente personale, attiene alla visione del  mondo che ognuno di noi. Quando accenno a questi fatti resto sorpreso dalla reazione di tante persone di sinistra che affermano risolute : “con questi bisogna gettare la chiave”. Ho assistito due anni fa nel Cilento a Torre Velia ad una rappresentazione teatrale di “Antigone”, la tragedia greca di Sofocle riproposta in forma di processo. La storia, per chi non la ricorda, è quella di Antigone che trasgredisce l'editto del Re Creonte seppellendo suo fratello Euridice che aveva tramato contro lo Stato . La  giuria popolare era rappresentata dal pubblico e la giuria istituzionale era formata da tre giuristi tra i quali il Presidente della Cassazione e il prof. Tesauro che si sono prestati generosamente a far parte dello spettacolo. La corte istituzionale assolve Antigone  con varie motivazioni sui diritti umani,  la giuria popolare anche, ma con un esito che mi lasciò sorpreso:  ben 100 dei 300 spettatori la condannarono. Diritto di Stato contrapposto a Diritti umani, Legalità contrapposta a Giustizia.   Credo che la maggior parte di coloro che hanno condannato Antigone fossero di cultura laica. Il credente ha pietà, condivide la sofferenza, è compassionevole mentre il laico è combattuto tra la fede  nell'uomo e la fede nello Stato. Ma  le battaglie della laicità non nascono dalle ingiustizie e dalla privazione  della libertà? “ Giustizia e libertà” fu il nome che si diedero quei combattenti laici della Resistenza che non avevano in simpatia la passione hegeliana di tanti dittatori, di destra e di sinistra, per lo Stato come entità superiore.
Ad affrontare in termini di reale giustizia la condizione dei detenuti ostativi non sarà la destra, quella che vorrebbe armare i cittadini contro la microcriminalità nascondendo lo stretto legame tra la microcriminalità  e quella macrocriminalità di cui spesso è connivente. Tocca alla sinistra in primo luogo e a tutti i sinceri democratici. Ma cosa pensa la “gente di sinistra”? E' una domanda sulla quale sarebbe interessante aprire un dibattito.
Intanto chi è convinto di fare qualcosa subito può aderire alla sottoscrizione di una proposta di legge di iniziativa popolare per l'abolizione della pena dell'ergastolo andando su questo link: http://www.carmelomusumeci.com/ che vede tra i primi firmatari la compianta Margherita Hack.

Mario Spada, Dicembre 2013  




* Mario Spada, architetto e urbanista, attualmente è direttore della Biennale dello spazio pubblico di Roma

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...