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15.11.19

ma Salvini e Giovardi sanno cosa sia il pudore ed il rispetto ? lo chiedono ma non lo hanno visto come hanno commentato il caso cucchi


Alla domanda di un giornalista sulla condanna dei due carabinieri per la morte di Stefano Cucchi Matteo Salvini ha risposto: “E’ la dimostrazione che la droga fa male”. Al giornalista che, sconvolto e incredulo, gli fa notare che Cucchi è stato ucciso dalle botte e non dalla droga lui ribadisce: “Non posso dire che la droga fa male?”.
L'immagine può contenere: 2 persone, barba
Della sorella di Cucchi, una donna devastata dalla morte del fratello, che non chiedeva altro che quella verità finalmente emersa, disse: “Mi fa schifo”. Il giornalista gli chiede se, alla luce della sentenza, volesse chiederle scusa: “Ma devo chiedere scusa pure per il buco dell’ozono?” sono state le sue parole.
Nessuna descrizione della foto disponibile.Va bene. Lo sappiamo. La politica, come diceva Rino Formica, è sangue e merda. E aveva perfino un senso dell'onore, la politica. Della dignità e della misura.
Ma qui di onore, misura, dignità e sangue, a parte quello dei Cucchi, non se ne vede più. Qui, adesso, c’è solo il resto. Ed emana un tanfo che non si sopporta più.

[Emilio Mola    su  la pagina Lennesima-opinione-non-richiesta]

All'editoriale  riportato   prima   ed  a questi commenti 

  • Lida Bernardoni Tutto EDUCA, e questo essere è un ottimo "cattivo esempio" da additare continuamente ai miei nipoti adolescenti...
  • Silla Cornelio Le considerazioni sulle risposte del leader della destra italiana sono molteplici. Quella che più mi fa riflettere è il consenso da parte degli italiani . Scegliamo per disperazione? Per credo politico? Per insipienza delle controparti? In ogni caso l l'immagine che ne esce è desolante
 ecco  cosa  ne  penso  Le dichiarazioni di #salvini e dell'ormai (ancora di più ora ) insignificante #Giovanardi sul caso #Cucchi sono da iene in cerca di voti d io quelle persone ( metaforicamente parlando ) ormai indottrinate ed che hanno mandato il cervello all'ammasso . Tutta gente , compresi loro che la cavalcano che non sanno cosa sia il pudore ed il silenzio . Pretendono rispetto ma non sanno cosa sia . ... . E qui mi fermo altrimenti finisco oltre a essere denunciato ad abbassarmi al loro livello  di  💩💩💩 . E finire come loro passando dalla ragione a torto


16.9.18

quando lo stato non c'è ci pensa un film .Il caso del film sula ia pelle . film sulla vicenda di stefano cucchi

IL film racconta la storia gli ultimi sei giorni di Stefano Cucchi. E' un film in cui la sceneggiatura così come è stata scritta che è il frutto di un' analisi dieci mila pagine di verbali ,delle testimonianze delle centoquaranta persone che hanno incontrato Stefano in quei sei giorni non preende naturalmente come è giusto nessuna posizione raccontano i fatti così come sono .un ragazzo che muove mentre custodia dello Stato non è una vicenda privataè qualcosa che riguarda tutti noi perché poi lo Stato dovrebbe rappresentarci tutti. Infatti esso è un film che fa rabbia, tanta rabbia. E che : << non scade nella banale retorica di cui spesso sono vittime pellicole di questo tipo. Assolutamente da vedere >> ( dall'unione sarda quotidiano sardo di centro destra ).  Questo articolo di  Marco cocco sull'unione  sarda   del 16 settembre  



   spiega  il perchè  , nonostante  un fortissimo mal di  denti ,  l'ho  visto   su netflix  .un film talmente fatto bene che   : non  letto  fin ora  , se  non  i siti  del famoso sidacato di polizia   . nessuna  stroncatura  o minimazzione da parte  di social  , sitti , ecc    filo forze  dell'ordine .  Un film che nonostante  il boicotaggio  :   gli rimuovono   gli annunci  negli eventi  di  facebook  con la scusa che  violerebnbe il  copyright  , Mandano come  è  sucesso nei  giorni scorsi a Rimini  la polizia   a  presediare  la  sala  di dove  venicva proiettato

Scusate   se  concludo   , ma  ho ancora  mal  di denti forte   , e  non riescxo a  scrivere  molto  a lungo    con questo  ottimo articolo   dell'unione  sarda  del  15\9\2018



Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi

Un pugno nello stomaco di inaudita violenza. Di quelli che ti lasciano piegato in due, senza fiato.Anche per questo non è facile scrivere di un film come "Sulla mia pelle", dedicato alla terribile vicenda di cronaca di Stefano Cucchi, il 31enne romano morto nell'area detenuti dell'ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di custodia cautelare, mentre era nelle mani dello Stato.Duro, violento - ma senza bisogno di mostrarla, quella violenza - e mai banale.Alessio Cremonini, il regista, non ha bisogno di usare la retorica che spesso trasuda da pellicole che raccontano storie di questo tipo. Non ha bisogno di ricorrere a colonne sonore strappalacrime, di prendere le parti dell'uno o dell'altro o di aizzare gli spettatori contro l'Arma.Così come non ha bisogno di mostrare il brutale pestaggio a cui viene sottoposto Stefano. Quando la porta della caserma si chiude, subito dopo l'ingresso del giovane con i tre carabinieri, la telecamera resta fuori. Discreta. E neanche si sente alcun tonfo, alcun rumore, o qualsiasi altra cosa che possa lasciar immaginare cosa stia accadendo lì dentro.
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Perché quanto successo in quelle quattro mura emerge nei restanti 80 minuti di film. In quel progressivo deterioramento fisico e psicologico che porterà Stefano Cucchi a morire nel giro di neanche sette giorni, e che la regia di Cremonini mostra con una durezza quasi spietata.
Il tutto grazie ad una strepitosa interpretazione di Alessandro Borghi, che raggiunge con Stefano una somiglianza fisica spaventosa. Anche la voce - si evince da un documento audio autentico che si può ascoltare al termine del film - è praticamente identica. Un Borghi straordinario, prima nell'interpretare quel ragazzo di borgata discreto ma anche un po' sfrontato (almeno quando lo fermano i Carabinieri), poi nel mostrarne il rapido declino e la lunga agonia nei giorni successivi al pestaggio.
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Il personaggio di Stefano non viene mitizzato o messo su un piedistallo, ed è un altro grande merito del film. Che non scade, come spesso avviene, nella retorica del ragazzo senza macchia vittima degli uomini in divisa.Stefano Cucchi di macchie ne ha, e il film le mostra tutte: è un ex eroinomane, con tutta probabilità uno spacciatore (prima di uscire di casa si vede Stefano tagliare alcune dosi di hashish da un grosso pezzo, dopo la sua morte i genitori ritrovano in un appartemento di loro proprietà in uso al ragazzo, e consegnano alle forze dell'ordine, 925 grammi di hashish e 133 di cocaina). Un ragazzo della periferia romana, con la voce e l'accento tipici del ragazzo di borgata, con tutti i suoi difetti e le sue fragilità. Un ragazzo che non doveva morire. Non così. Non quel giorno. Non mentre era nelle mani di quello Stato che ci dovrebbe proteggere.
Un film che fa rabbia, "Sulla mia pelle".
In cui tutto fa rabbia. Fa rabbia quel brutale pestaggio, che non vediamo e di cui non sentiamo neanche il rumore, che possiamo solo immaginare. Quel pestaggio ingiustificato, nei confronti di un ragazzo già fragile (162 centimetri d'altezza per 43 chili di peso), per nulla pericoloso e in stato di fermo.Fa rabbia anche Stefano, che non fa nulla per salvarsi o per farsi salvare. Copre - per paura o per sfiducia nelle istituzioni - davanti al giudice e a tanti altri le colpe dei suoi aguzzini. Solo in alcuni scatti d'ira arriva a urlare di essere stato "menato dai carabinieri", ma quando si tratta di confermare le sue dichiarazioni in maniera ufficiale, o perlomeno di riferirle a un'assistente sociale, si rifiuta sempre. E poi rifiuta le cure, non collabora con i medici. Si lascia andare, quasi si lascia morire. Come se quelle botte subite il 15 ottobre 2009 lo avessero non solo colpito fisicamente, ma annullato come persona. Un rapido e inesorabile degrado fisico e psicologico, quello a cui assistiamo per oltre tre quarti del film. Un degrado a cui Stefano non vuole o non riesce ad opporsi.
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Fanno rabbia anche i suoi familiari. Il papà (Max Tortora), unico a vederlo - nel corso dell'udienza in cui viene convalidato l'arresto - dopo il pestaggio, che al momento non fa nulla per pretendere di capire cosa siano quei lividi, cosa sia successo al figlio in quella notte passata in caserma. E tutti gli altri, compresa la mamma (Milvia Marigliano) e la sorella Ilaria (Jasmine Trinca), quando si fanno allontanare ogni giorno con una scusa diversa dal Pertini, che nega loro la possibilità di vedere Stefano e persino di capire il motivo per cui il ragazzo dal carcere sia stato trasferito lì.
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
E fa rabbia tutto l'apparato burocratico che lentamente ucciderà Stefano Cucchi. I secondini, che vanno chiamati "assistenti" e non "guardie", altrimenti puoi anche strisciare per terra morente ma non ti rispondono. Il giudice, che neanche ci prova ad approfondire il motivo degli spaventosi lividi sul volto del 31enne. I tanti altri uomini delle forze dell'ordine venuti a contatto con lui. Qualcuno gli mostra anche umanità ed empatia, ma per tutti l'unica preoccupazione sembra essere quella di salvaguardare sé stessi. Emblematico il militare che lo porta a Regina Coeli e dice al collega: "In caso di complicazioni questo è il numero del maresciallo. Questo arresto non l'ho fatto io", come a volersene lavare le mani. Tutte le persone dell'apparato in questa vicenda sembrano intente a lavarsi le mani, senza posarle neanche un attimo sulla coscienza. E l'infermiera a cui Stefano rivela di essere stato pestato dai carabinieri, gli chiede subito di riferire tutto all'assistente sociale. Al "no" di Cucchi, anche lei fa come tutti gli altri. Resetta tutto e ricomincia come se nulla le fosse stato detto.Ed è così che ti ritrovi dopo cento minuti di dolore autentico. Piegato in due. Senza neanche la forza di cercare risposte a tutti i tuoi perché. Perché, Stefano, non dici al giudice che "le guardie" ti hanno pestato? Perché non accetti le cure? Perché tutti voi che lo avete visto in quelle condizioni non avete alzato un dito prima che fosse troppo tardi? Perché, voialtri, lo avete picchiato senza motivo? Perché Stefano Cucchi è morto mentre era nelle mani dello Stato italiano? Chi è Stato?













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