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4.6.23

le 8 montagne recensione

 Ieri  un  sabato   notte  uggioso ed     piovoso    nel panorama  Rai  e  Mediaset  (  o MediasetRai   se  preferite  )  tardo  primaverile  \  estivo      fatto    di repliche   e  di programmi insulsi     ho  visto sulla  piattaforma primevideo il film  le  8 montagne    .  Un film  che  Sull'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes , l'89% delle 81 recensioni dei critici è risultata positiva, con una valutazione media di 7,9/10.[5] Il consenso del sito web recita: "Paziente, profondo e talvolta un po' pesante, Le otto montagne raggiunge vette mozzafiato nella sua attenta osservazione di un'intima amicizia". Su Metacritic, il film ha un punteggio medio ponderato di 78 su 100 basato su 28 critiche, indicando "recensioni favorevoli". Vincitore    dei premi  

  • 2022 – Festival di Cannes
    • Premio della giuria (ex aequo con EO)


Alessandro Borghi e Luca Marinelli 
in un fotogramma del film

Un  bel  film  ,   un  po' pesante   come   la  maggior  parte   delle  critiche   e troppo lungo   ,  ma  bellissimo   ed  intenso .  Una buona  ,  da  quel  che  mi   hannno raccontato amici  \  che  che  hanno   letto il romanzo ed   visto   il    film  ,   la trasposizione    cinematografica    del  romanzo   omonimo   di Paolo Cognetti Vincitore Premio Strega 2017 Vincitore Premio Strega Giovani 2017Vincitore del Premio ITAS del Libro di Montagna 2017. Sezione Migliore opera narrativa.  La  visione   mi ha portato  indietro nel  tempo   sia    ai  cartoni    di  Heidi    e soprattutto  a  Sui monti con Annette (アルプス物語 わたしのアンネット Arupusu monogatari Watashi no Annetto?, lett. "Storia delle Alpi - La mia Annette") .una serie animata giapponese in 48 episodi prodotta dalla Nippon Animation, che fa parte del World Masterpiece Theater. È stata trasmessa in Giappone dal 9 gennaio al 25 dicembre 1983 sul network Fuji TV e in Italia su Italia 1 nel 1985.La serie è tratta dal libro per ragazzi Tesori tra la neve (Treasures of the snow) del 1950 di Patricia Saint John.
Ed  al l film il vento fa il suo giro un film del 2005, diretto da Giorgio Diritti, basato su una storia realmente capitata a Ostana e osservata dallo sceneggiatore Fredo Valla. Il titolo riprende un proverbio occitano, col significato di "tutto ritorna".Si tratta di un film in lingua italiana, occitana e francese; queste ultime sono sottotitolate in italiano.
Il  film   Le  8  montagne  come    il romanzo   è  La storia di Pietro, del suo amico Bruno e del loro amore per la montagna. Esso  ( il  romanzo  non l'ho letto )   è  << un  raffinato racconto di quanto può essere profondo l'amore che lega gli esseri umani» – Annie Proulx  >> . Se  il  film è  potente, universale e sempre umile, che non è la meno rilevante delle sue qualità   ,     credo  che  lo sia      anche il romanzo      visto  che  è  stato un caso editoriale    a  livello europeo  .  Infatti  la  montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli,  cascate  , boschi . La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio, tempo e misura. Una bellissima   storia di amicizia tra due ragazzi – e poi due uomini – cosí diversi da assomigliarsi, un viaggio avventuroso e spirituale fatto di fughe e tentativi di ritorno, alla continua ricerca di una strada per riconoscersi.  Un perdersi ed  un ritrovarsi  . Non  aspettatevi  un  film  spensierato  e sdolcinato ,  strappa  lacrime   come  credevo anch'io all'inizio   abituato   ai  cartoni animati     di Heidi  e d'Anette    che hanno  caratterizzato  la mia infanzia  ,    non  farebbe   per  voi  ,ma  un film  drammatico   

16.9.18

quando lo stato non c'è ci pensa un film .Il caso del film sula ia pelle . film sulla vicenda di stefano cucchi

IL film racconta la storia gli ultimi sei giorni di Stefano Cucchi. E' un film in cui la sceneggiatura così come è stata scritta che è il frutto di un' analisi dieci mila pagine di verbali ,delle testimonianze delle centoquaranta persone che hanno incontrato Stefano in quei sei giorni non preende naturalmente come è giusto nessuna posizione raccontano i fatti così come sono .un ragazzo che muove mentre custodia dello Stato non è una vicenda privataè qualcosa che riguarda tutti noi perché poi lo Stato dovrebbe rappresentarci tutti. Infatti esso è un film che fa rabbia, tanta rabbia. E che : << non scade nella banale retorica di cui spesso sono vittime pellicole di questo tipo. Assolutamente da vedere >> ( dall'unione sarda quotidiano sardo di centro destra ).  Questo articolo di  Marco cocco sull'unione  sarda   del 16 settembre  



   spiega  il perchè  , nonostante  un fortissimo mal di  denti ,  l'ho  visto   su netflix  .un film talmente fatto bene che   : non  letto  fin ora  , se  non  i siti  del famoso sidacato di polizia   . nessuna  stroncatura  o minimazzione da parte  di social  , sitti , ecc    filo forze  dell'ordine .  Un film che nonostante  il boicotaggio  :   gli rimuovono   gli annunci  negli eventi  di  facebook  con la scusa che  violerebnbe il  copyright  , Mandano come  è  sucesso nei  giorni scorsi a Rimini  la polizia   a  presediare  la  sala  di dove  venicva proiettato

Scusate   se  concludo   , ma  ho ancora  mal  di denti forte   , e  non riescxo a  scrivere  molto  a lungo    con questo  ottimo articolo   dell'unione  sarda  del  15\9\2018



Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi

Un pugno nello stomaco di inaudita violenza. Di quelli che ti lasciano piegato in due, senza fiato.Anche per questo non è facile scrivere di un film come "Sulla mia pelle", dedicato alla terribile vicenda di cronaca di Stefano Cucchi, il 31enne romano morto nell'area detenuti dell'ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di custodia cautelare, mentre era nelle mani dello Stato.Duro, violento - ma senza bisogno di mostrarla, quella violenza - e mai banale.Alessio Cremonini, il regista, non ha bisogno di usare la retorica che spesso trasuda da pellicole che raccontano storie di questo tipo. Non ha bisogno di ricorrere a colonne sonore strappalacrime, di prendere le parti dell'uno o dell'altro o di aizzare gli spettatori contro l'Arma.Così come non ha bisogno di mostrare il brutale pestaggio a cui viene sottoposto Stefano. Quando la porta della caserma si chiude, subito dopo l'ingresso del giovane con i tre carabinieri, la telecamera resta fuori. Discreta. E neanche si sente alcun tonfo, alcun rumore, o qualsiasi altra cosa che possa lasciar immaginare cosa stia accadendo lì dentro.
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Perché quanto successo in quelle quattro mura emerge nei restanti 80 minuti di film. In quel progressivo deterioramento fisico e psicologico che porterà Stefano Cucchi a morire nel giro di neanche sette giorni, e che la regia di Cremonini mostra con una durezza quasi spietata.
Il tutto grazie ad una strepitosa interpretazione di Alessandro Borghi, che raggiunge con Stefano una somiglianza fisica spaventosa. Anche la voce - si evince da un documento audio autentico che si può ascoltare al termine del film - è praticamente identica. Un Borghi straordinario, prima nell'interpretare quel ragazzo di borgata discreto ma anche un po' sfrontato (almeno quando lo fermano i Carabinieri), poi nel mostrarne il rapido declino e la lunga agonia nei giorni successivi al pestaggio.
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Il personaggio di Stefano non viene mitizzato o messo su un piedistallo, ed è un altro grande merito del film. Che non scade, come spesso avviene, nella retorica del ragazzo senza macchia vittima degli uomini in divisa.Stefano Cucchi di macchie ne ha, e il film le mostra tutte: è un ex eroinomane, con tutta probabilità uno spacciatore (prima di uscire di casa si vede Stefano tagliare alcune dosi di hashish da un grosso pezzo, dopo la sua morte i genitori ritrovano in un appartemento di loro proprietà in uso al ragazzo, e consegnano alle forze dell'ordine, 925 grammi di hashish e 133 di cocaina). Un ragazzo della periferia romana, con la voce e l'accento tipici del ragazzo di borgata, con tutti i suoi difetti e le sue fragilità. Un ragazzo che non doveva morire. Non così. Non quel giorno. Non mentre era nelle mani di quello Stato che ci dovrebbe proteggere.
Un film che fa rabbia, "Sulla mia pelle".
In cui tutto fa rabbia. Fa rabbia quel brutale pestaggio, che non vediamo e di cui non sentiamo neanche il rumore, che possiamo solo immaginare. Quel pestaggio ingiustificato, nei confronti di un ragazzo già fragile (162 centimetri d'altezza per 43 chili di peso), per nulla pericoloso e in stato di fermo.Fa rabbia anche Stefano, che non fa nulla per salvarsi o per farsi salvare. Copre - per paura o per sfiducia nelle istituzioni - davanti al giudice e a tanti altri le colpe dei suoi aguzzini. Solo in alcuni scatti d'ira arriva a urlare di essere stato "menato dai carabinieri", ma quando si tratta di confermare le sue dichiarazioni in maniera ufficiale, o perlomeno di riferirle a un'assistente sociale, si rifiuta sempre. E poi rifiuta le cure, non collabora con i medici. Si lascia andare, quasi si lascia morire. Come se quelle botte subite il 15 ottobre 2009 lo avessero non solo colpito fisicamente, ma annullato come persona. Un rapido e inesorabile degrado fisico e psicologico, quello a cui assistiamo per oltre tre quarti del film. Un degrado a cui Stefano non vuole o non riesce ad opporsi.
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Fanno rabbia anche i suoi familiari. Il papà (Max Tortora), unico a vederlo - nel corso dell'udienza in cui viene convalidato l'arresto - dopo il pestaggio, che al momento non fa nulla per pretendere di capire cosa siano quei lividi, cosa sia successo al figlio in quella notte passata in caserma. E tutti gli altri, compresa la mamma (Milvia Marigliano) e la sorella Ilaria (Jasmine Trinca), quando si fanno allontanare ogni giorno con una scusa diversa dal Pertini, che nega loro la possibilità di vedere Stefano e persino di capire il motivo per cui il ragazzo dal carcere sia stato trasferito lì.
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
E fa rabbia tutto l'apparato burocratico che lentamente ucciderà Stefano Cucchi. I secondini, che vanno chiamati "assistenti" e non "guardie", altrimenti puoi anche strisciare per terra morente ma non ti rispondono. Il giudice, che neanche ci prova ad approfondire il motivo degli spaventosi lividi sul volto del 31enne. I tanti altri uomini delle forze dell'ordine venuti a contatto con lui. Qualcuno gli mostra anche umanità ed empatia, ma per tutti l'unica preoccupazione sembra essere quella di salvaguardare sé stessi. Emblematico il militare che lo porta a Regina Coeli e dice al collega: "In caso di complicazioni questo è il numero del maresciallo. Questo arresto non l'ho fatto io", come a volersene lavare le mani. Tutte le persone dell'apparato in questa vicenda sembrano intente a lavarsi le mani, senza posarle neanche un attimo sulla coscienza. E l'infermiera a cui Stefano rivela di essere stato pestato dai carabinieri, gli chiede subito di riferire tutto all'assistente sociale. Al "no" di Cucchi, anche lei fa come tutti gli altri. Resetta tutto e ricomincia come se nulla le fosse stato detto.Ed è così che ti ritrovi dopo cento minuti di dolore autentico. Piegato in due. Senza neanche la forza di cercare risposte a tutti i tuoi perché. Perché, Stefano, non dici al giudice che "le guardie" ti hanno pestato? Perché non accetti le cure? Perché tutti voi che lo avete visto in quelle condizioni non avete alzato un dito prima che fosse troppo tardi? Perché, voialtri, lo avete picchiato senza motivo? Perché Stefano Cucchi è morto mentre era nelle mani dello Stato italiano? Chi è Stato?













30.5.18

il fulgore di Dony di Pupi Avati un film fiero ed indigesto che non piace a quelli che ben pensano

canzoni consigliate
Quelli che ben pensano di Frankie hi-nrg mc


Ho  rivisto  con rai  replay  perchè  a causa  abbiocco    e   politica  programmatica   scriteriata  della  rai  che fa  iniziare  i film  ed  i programmi più  o meno decenti  o   anche  se  raramente belli  e  bellissimi    verso  le    21.15\30  . a storia che ha al centro la misericordia: quella di una ragazza che dona tutta sé stessa al ragazzo che ama colpito da un grave incidente. Nel cast, Giulio Scarpati, Lunetta Savino e Ambra Angiolini.
Il fulgore di Dony Ambra Angiolini Un film triste ed  bello  , problematico  che mi ha  riportato   alle atmosfere  di  Bianca  come il latte  rossa  come il sangue   . IL  film dimostra   come  chi è stato , come il protagonista  del film , colpito da  tali traumi può  amare .Azzeccata la  colonna sonora Pupi avati   continua  ad essere  un eccellenza  ed  una garanzia per  il nostro cinema  in crisi   ormai   o in fasi alterne   ormai  da  un  trentennio . Un  film  in cui  s'alternano cuore  e mente  , pietas  ,lotta ai pregiudizi de alle  paure   che  noi normali  ( ma  chi  è    che non lo   è  ) abbiamo verso coloro i quali  hanno   o sono  colti  da  tali problemi .
ho trovato la storia molto commovente e descritta con una delicatezza estrema. Il personaggio che suscita forti contrastanti emozioni, anche grazie alla altissima capacità interpretativa di Lunetta Savino, è la mater dolorosa di Marco. Capisco  chi afferma    :<< Ho, però, molte difficoltà a condividere la scelta di Dony. >>(      da  http://www.famigliacristiana.it/articolo/tutto-su-il-fulgore-di-dory-il-film-di-pupi-avati-ispirato-alle-beatitudini.aspx )   ma mi chiedo   se  voi fosse innamorati di una persona  sofferente  come il protagonista del film  cosa farete  (   anzi facciamo  )  ? .Tutti gli attori, protagonisti e non, sono semplicemente superbi.
Condivido  in parte  , sempre  dallo stesso  sito  ,  il comento  di CARLA 30 maggio 2018 alle 13.20  <<   anche che sarebbe stato bello il contrario, vedere un uomo che si prodiga per l'amata. perchè non potrebbe essere? perchè solo la donna deve essere deputata al sacrificio di se stessa? Un aspetto positivo è comunque il fatto che, alla fine del film, la ragazza riesce a riprendere in mano la sua vita e continuare a coltivare il suo sogno di scrittrice. Il messaggio è chiaro: va bene sacrificarsi per gli altri, ma senza buttare all'aria i talenti che il Signore ci ha donato, anzi, facendoli fruttificare per il bene comune.[...] Rischia di avvallare la terribile sindrome della crocerossina che ancora oggi attanaglia tante giovani e le tiene legate a storie impossibili ( e a volte violente ). >>  Si vede   vero   ma non del tutto     se  si guarda il   fine alla  fine    . <<  [---] Questa dedizione della ragazza nasce da un iniziale innamoramento tipico dell'adolescenza, fra l'altro non corrisposto dal ragazzo quando era ancora in sè. Nasconde il bisogno della ragazza di essere "vista" "riconosciuta" tipico degli adolescenti, non di una scelta matura, come vorrebbe far credere il film.  <<  Altro sarebbe stato un amore condiviso da entrambi con un impegno maturo mantenuto dopo la disgrazia, nella buona e nella cattiva sorte>>  A  me   mi sembra   invece che  maturi   nel corso del  film .  mi sembra    che  la  commentatrice  ignora  che l'amore   è fatto  anche  di situazioni del genere  d  come quelle persone    a cui mi riferivo  prima   nelle  righe  precedenti  .  non so che  altro dire  .   che   guardatelo e  che  loro che lo hanno stroncato di riguardarlo    soprattutto  glui ultimi    5 \  10 minuti   in quanto  è un film  semplice  ma  complesso allo stesso tempo per  la tema   che tratta  . 
alla prossima amici



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...