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25.6.15

Kepurp, arriva la variante napoletana del kebab: il polpo diventa street food made in Napoli

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Questa news dimostra di come l'identità pura o chiusa sia impossibile in culo ai cultori dell'identità' chiusa . L'unica strada come ho già detto nel post precedente ( vedere l'url sopra ) ed un antidoto al razzismo ed xenofobia e nazionalismi easperati dall'identità chiusa . Ma anche al buonismo d'accatto che annulla   \  cancella le  differenze e le diversità creando omologazione o pensiero unico  .  Infatti Napoli ( ma  potrebbe   essere  anche qualunque  altra  parte della nostra penisola  visto    l'altro grado   di  contaminazione  etnica  e  culturale   che   avuto la nostra  storia )     conserva sempre l'identità culturale per questo resta buon esempio di interazione multiculturale. Nello scambio le radici, nella memoria le tradizioni...



da  http://www.vesuviolive.it/ del 22 giugno 2015


Kepurp

Ciro Salatiello, cuoco ufficiale del Napoli Calcio, nel suo ultimo libro di ricette, dal titolo “In cucina con Ciro Salatiello, dalla prima colazione al dessert”, per Edizioni Pironti, presenta un piatto del tutto innovativo, il Kepurp. Si tratta di un kebab di polipo, da cui appunto il nome, visto che in dialetto napoletano viene chiamato “purp”.Una ricetta molto semplice e diffusa in quanto non è altro che insalata di polpo pressata ed in forma cilindrica ma molto originale, soprattutto nel nome!Salatiello, durante la presentazione del libro ha deliziato i propri invitati con il kepurp, ideale come antipasto o per un aperitivo di mare, riscontrando, ovviamente, un notevole successo!



Cercando ulteriori news su tale cosa ho trovato questo articolo de il fatto quotidiano del 25\6\20015

Non più il solito Kebab turco. Da oggi si potrà degustare il kepurp, ovvero un rotolo di polpo (Foto). La ricetta è di Ciro Salatiello, il cuoco ufficiale del Napoli Calcio. Lo street food diventa simbolo di contaminazione tra culture gastronomiche diverse e si arricchisce di questa ‘variante di mare’.
La ricetta del Kepurp si può trovare nel libro dello chef partenopeo “In cucina con Ciro Salatiello, dalla prima colazione al dessert”. Ma come si prepara la pietanza? Basta fare la classica insalata di polpo condita con insalata e limone, per poi servirla nella forma cilindrica tipica del Kebab.

17.1.14

L’ultimo viaggio di padre Francesco Piras E-mail Stampa Condividi L’ultimo viaggio di padre Francesco Piras Morto a 99 anni il gesuita maestro di meditazione: 10mila allievi nell’isola

leggo con costernazione  la nuova sardegna ed  apprende  la news   riportata  dal  titolo  . 
CAGLIARI.
 "Buon viaggio, maestro": è uno dei tanti saluti con cui molti dei suoi discepoli - sembra ne abbia oltre diecimila in tutta la Sardegna- accompagnano padre Francesco Piras, il gesuita fondatore della scuola di meditazione trascendentale, verso l'ultima dimora. La notizia della sua morte, avvenuta alle 22.50 di mercoledì, si è subito diffusa, grazie alla rete, in tutto il mondo. Sicuramente in quella speciale "famiglia" di studenti, intellettuali, operai, impiegati, che hanno seguito a Cagliari, Sassari e Alghero le sue lezioni.
È morto serenamente, dicono i confratelli. Come un uomo di quasi 99 anni - mancavano 29 giorni al traguardo - che ha cercato di essere contemporaneamente un buon uomo, insieme cristiano e sacerdote. Una vocazione coltivata fin da piccolo, che si è irrobustita nell'adolescenza e negli anni trascorsi da Francesco Piras, nato a Villanova Monteleone nel 1915, nel liceo "Azuni" di Sassari. A diciannove anni comincia il lungo percorso formativo tra i gesuiti, prima il noviziato, poi gli studi filosofici, la laurea in lettere a Torino. In uno dei gruppi di studio degli studenti gesuiti, coordinati dal giovane padre Piras, si distingue per intelligenza e cultura Carlo Maria Martini, futuro arcivescovo di Milano. Nel luglio del 1947 l'ordinazione sacerdotale dalle mani di un vescovo sardo d'azione: il cardinale Maurilio Fossati, dal 1924 al 1929 guida della diocesi di Nuoro e dal 1929 al 1930 arcivescovo di Sassari. Padre Piras è uomo di scuola, ma anche di "mischia" sociale: nel 1950 dà vita al primo "cineforum" in Italia e per otto anni diventa "cappellano" degli operai Fiat di Termini Imerese. Rientrato nell'isola nel 1980, il tempo di guardarsi attorno, poi il 21 febbraio 1983, nell'artistica sacrestia della chiesa di San Michele in via Ospedale a Cagliari, riunisce una settantina di persone con le quali inizia un corso di meditazione trascendentale. Le tendenza new age e della mistica spinta dovevano ancora arrivare in Sardegna. Da 70 frequentatori si passa a 100, poi a 3-400. Un corso aperto a tutti, senza distinzione di cultura e appartenenza religiosa. Un gesuita sulla lunghezza d'onda di Madre Teresa di Calcutta: "La povertà materiale caratterizza molti paesi dell'Africa e dell'Asia. Ma fa più paura la povertà spirituale degli stati occidentali". «Padre Piras voleva che la persona ritrovasse i propri spazi vitali e i propri riferimenti – dice Luca Lecis, ricercatore universitario, assiduo per diversi anni alle lezioni del gesuita – concentrandosi sul presente, perché passato e futuro non ci appartengono». Oltre diecimila le persone incontrate da padre Piras in trent'anni di scuola di meditazione. «Gente affascinata da quest'uomo di fede al quale non piaceva essere chiamato maestro, perché di Maestro ce n'è uno solo, ma amico».Infatti come dice http://www.sardiniapost.it/<< padre Piras ha insegnato ai suoi allievi gli strumenti per amare davvero se stessi con la consapevolezza che un’esistenza sana e serena non ci è data dal destino ma può dipendere solo da noi >> per l'articolo completo : http://goo.gl/IDVikl



21.8.12

Saamiya, dalle Olimpiadi alla morte sul barcone eValeria Nechita, talento musicale di seconda generazione




Lo so che  ne  hanno parlato i media  , ma  in breve  ,   e quindio   non essendo  giunta    se non  sommariamente   come un eco lontano   alla massa \  alla pubblica  opinione  (  cioè quelli che  ben  pensano per  parafrasaree una famosa  canzone   di  Frankie Hi Nrg  )  ripropongo qui   questa   storia



L'atleta somala vittima di un viaggio della speranza attraverso il Mediterraneo verso l'Italia. Abdi Bile: "Non dimentichiamola"

Roma - 20 agosto 2012 - 
Alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 arrivò ultima alle batterie per i 200 metri, ma fu un traguardo comunque importantissimo per lei che era volata in Cina a rappresentare la Somalia. A Londra, però, non ha gareggiato: è morta su un barcone partito dalla Libia per raggiungere l'Italia.A raccontare la storia di Saamiya Yusuf Omar è la scrittrice italo-somala Igiaba Scego sul blog Pubblico, che a sua volta cita Abdi Bile, una gloria dell'atletica somala, medaglia d'oro - l'unica nella storia del martoriato Paese africano - nei 1500 metri ai mondiali di Roma del 1987.''Sapete che fine ha fatto Saamiya Yusuf Omar?'', chiede Abdi Bile a una ''platea riunita per ascoltare i membri del comitato olimpico nazionale''. Nessuno risponde. L'ex atleta si commuove e prosegue: ''La ragazza... Saamiya e' morta... morta per raggiungere l'Occidente. Aveva preso una caretta del mare che dalla Libia l'avrebbe dovuta portare in Italia. Non ce l'ha fatta. Era un'atleta bravissima. Una splendida ragazza''.Non e' chiaro quando la ragazza sia morta. Sono pochissime, anche in rete, le tracce di Saamiya, tra cui il video su youtube della sua performance cinese, e un servizio di al Jazeera che nel maggio 2011 raccontava il suo viaggio in Etiopia e la sua battaglia per trovare un allenatore in grado di condurla a Londra. ''Siamo felici per Mo, e' il nostro orgoglio'', ha poi aggiunto Abdi Bile riferendosi a Mo Farah, il giovane atleta nato in Somalia ma diventato britannico che ai Giochi di Londra ha dominato nei 5000 e nei 10.000. ''Ma - ha concluso - non dimentichiamo Saamiya'



Cazzeggiando sullo stesso sito leggo quest'altra storia che testimonia o almeno cosi dovrebbe  , salvo a chi ha ancora il prosciutto negli occhi o chi si è lasciato indottrinare da coloro che : << urlano teorie, rincorrono morali\la propaganda vince\con frasi sempre uguali ( ... ) >> e non riescono a guardare << oltre queste mura \ oltre la guerra e al paura   >>( da  Oltre   la  guerra   e la  paura    tratta   dall'album Dopo il lungo inverno dei Modena City ramblers 2006 )  ma  soprattutto il  fatto che  <<  ci aspettano grandi sfide, e grandi prove! Contro l’imperante cultura del terrore, che si fonde col qualunquismo e la sfiducia e ci rende egoisti, e deboli. Una canzone sui questi tempi bui ed inquieti." >> ( introduzione   al cd   precedentemente  citato  ) 

ha solo tredici anni, suona il pianoforte da quando ne aveva tre. Figlia di immigrati romeni, ha rappresentato l’Italia a Tokyo al Festival dei giovani compositori


8 giugno 2012 – Nata ad Avellino, cittadinanza italiana e romena come i suoi genitori, suona il pianoforte dall’età di 3 anni. Ora che ne ha 13, Valeria Nechita può vantare un palmares da professionista. Checco Zalone e Gerry Scotti l’hanno voluta sul palco accanto a loro. Ma il suo prossimo obiettivo è iscriversi al Conservatorio.
Figlia d’arte, Valeria ha ereditato la passione per la musica dai suoi genitori, entrambi musicisti. Aiutata anche dai suoi insegnanti di Avellino, è riuscita a farsi notare e vincere dei trofei al livello nazionale, non solo come interprete, ma anche come compositrice. Così, ha partecipato al festival Europeo della Composizione a Vienna e ha rappresentato l’Italia al Festival dei giovani compositori che si è svolto a Tokyo, in Giappone.

"Ogni gara ha la sua importanza, ma ogni volta le esperienze sono uniche, vivo ogni emozione al massimo e cerco di dare sempre il meglio", ha detto la piccola pianista a http://www.gazetaromaneasca.com, in occasione del Galà dei giovani talenti romeni in Italia, svoltosi a Roma qualche giorno fa. 
Il suo talento è stato notato anche da personaggi come Checco Zalone, che l’ha voluta accanto in tv nel “Resto Umile World Show”, o da Gerry Scotti, che l’ha invitata ad esibirsi sul palco della trasmissione “Io canto”.
Anche se è nata qui e ha rappresentato il Belpaese all’estero, Valeria Nechita si sente fiera delle sue origini romene: “Amo la Romania, è uno dei posti più belli al modo”.Dietro gli applausi e le performance perfette sul palco, si nasconde tanto impegno. Valeria studia anche quattro ore al giorno, ma i suoi genitori, Octavian e Laura, sono convinti che alla base del lavoro duro ci sia la passione per la musica: “Siamo pronti a sostenerla sempre nelle sue scelte e siamo tanto fieri di lei, ci ha dato sempre grandi soddisfazioni” dice la madre della piccola artista.Ora, il suo prossimo impegno è quello di passare l’esame del Conservatorio, ma la piccola artista romena è già stata invitata ai prossimi appuntamenti nelle gare televisive per i giovani talenti.

                                                                                   Miruna Cajvaneanu       Gazetaromaneasca.com


Fu uccisa, uomo condannato ma per lo Stato è ancora viva. L'assurdo caso del giallo di Guerrina

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