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14.11.25

basta dare spazio alle .... di Vanacci



Inizialmente   avevo   preparato    il  post    odierno      con   relativo  commento   all'ennesima  uscita   di vanacci .  mai  poi  ho cambiato idea . Lo   so     che     l'indifferenza  e  il  silenzio  hano  permesso   alle  dittature   di   resistere  per  anni . Ma    come  dice   su  facebook  

La sinistra  e   i media    passano  troppo tempo a inseguire qualsiasi rutto di questo soggetto.È perdita di tempo.Questo soggetto qua non ha politicamente niente da dire, scrive malissimo, non ha argomenti, trasuda libri non letti ed è un mix marginale di luoghi comuni, rabbia, bassezze, qualunquismo becero e vuoto contenutistico. L’incarnazione da bar sport 2.0 dell’italiano medio al suo minimo.Però ha anche dei difetti.Lasciatelo ai suoi soliloqui da nostalgico caricaturale: non merita neanche il vostro sdegno. È solo un napalm57 uscito (un po’) dall’anonimato, ma finisce lì.Che la tranvata monumentale in Toscana gli sia  lieve 




Il post    potrebbe    concludersi    qui  ma  purtroppo    non riesco  a      non  chiedermi :  Cosa c’entra la nomina a direttrice musicale di un teatro con la vicepresidenza di una Regione?  Cosa c’entra la pelle nera, l’essere biondi, bianchi, cristiani, musulmani, africani ??  Vannacci è talmente ossessionato dal colore della pelle da non riuscire a concepire che Mia Diop è stata nominata perché capace, meritevole di un incarico che non è tecnico ma POLITICO, espressione di idee e cultura per fortuna lontane anni luce da Vannacci.
Povero Generale, ancora non si è ripreso dall’accoglienza antifascista di Livorno (la città di Diop) e soprattutto dalla batosta presa in Toscana, dove non l’hanno votato manco i leghisti.Se ne faccia una ragione, (ex) generale, prima o poi.


28.10.25

Riyad Idrissi: da Sadali a Cagliari con amore, dedica il gol contro il Verona ai genitori

da https://www.cronachedallasardegna.it/
27\10\2025

Foto: Cagliari calcio
 Riyad Idrissi, vent’anni ieri ha segnato il suo primo gol in serie A con la maglia del Cagliari contro il Verona e lo ha dedicato ai suoi genitori, che per lui hanno fatto tanti sacrifici. Come altri non avrebbero fatto dice.Riyad è di origini marocchine, nato e cresciuto a Sadali e formatosi calcisticamente nelle giovanili del Cagliari calcio, ruolo difensore.Dopo una stagione in serie B nel Modena, esordisce in prima squadra nella partita di Coppa Italia contro la Virtus Entella il 16 agosto 2025 e nel campionato di serie A il 24 agosto contro la Fiorentina.Ieri Fabio Pisacane lo mette in campo titolare dall’inizio della partita e lui ricambia la fiducia del mister segnando la sua prima rete in serie A, che da il via alla rimonta rossoblù contro il Verona al Bentegodi, poi conclusa da Felici.Idrissi gioca sia nella Nazionale U21 italiana che nella Nazionale marocchina. Lo scorso mese ha giocato con gli Azzurri contro il Montenegro e la Macedonia del Nord, portando a casa due ottime prestazioni personali.Amante della Sardegna e dei culurgiones fatti in casa che quando torna a Sadali pare non gli fanno mai mancare, Idrissi rappresenta al meglio il futuro del calcio isolano, fatto di passione, lavoro e sacrificio.Applausi e continua così Riyad.


Maria Vittoria Dettoto

15.9.25

Dietro la splendida medaglia di bronzo alla Maratona ai Mondiali di Tokyo c’è una storia che merita di essere raccontata.È quella di Illias Aouani

da Lorenzo Tosa

 Dietro la splendida medaglia di bronzo alla Maratona ai Mondiali di Tokyo c’è una storia che merita di essere raccontata. È quella di Illias Aouani, italiano, italianissimo, lui che in Marocco è vissuto appena due dei suoi 30 anni da compiere tra qualche giorno. Commoventi le parole con cui ha raccontato la sua impresa, che arriva davvero dal basso, dalle difficoltà, dalle periferie, dalla dignità di una famiglia umile,
di lavoratori. “È uno di quei momenti che si sognano per tutta la vita. A chi mi dirà che non sono italiano, non me ne frega nulla. Questo bronzo arriva dal nulla, dalle case popolari di Ponte Lambro, a Milano e spero che la mia storia sia di ispirazione per tutti: quando ci credi abbastanza, i sogni si possono realizzare. Mio padre sta per andare a lavorare in cantiere e sarà fiero di me. In questa medaglia c’è di tutto: momenti di sconforto, lacrime versate in macchina da solo, ma ce l’ho fatta”. In tanti avrebbero molto da imparare da questo grande atleta.

Infatti secondo l'unione Sarda del 


15 settembre 2025 alle 08:01aggiornato il 15 settembre 2025 alle 08:06

Mondiali di atletica, l’azzurro Aouani bronzo nella maratona: «Medaglia arrivata dalle case popolari»
Quarto podio per l'Italia a Tokyo. A fine gara: «Quando ci credi abbastanza i sogni si possono realizzare >>


Ancora una medaglia, la quarta, per l'Italia ai Mondiali di Tokyo.
Nella maratona Iliass Aouani si prende il bronzo con il tempo di 2h09:53 
Vince il tanzaniano Alphonce Simbu al fotofinish con una volata mozzafiato, in rimonta sul tedesco Amanal Petros. 
«È uno di quei momenti che si sognano per tutta la vita», dice felice l’azzurro, «Sono stato folle da sognare in grande. Una medaglia che mi rende orgoglioso ma non appaga la mia fame. Sono grato per chi ha creduto in me, felice di alzare il tricolore e di aver reso felici tante persone: la mia famiglia, il coach Massimo Magnani e tutto lo staff che mi segue»,  aggiunge il maratoneta nato in Marocco e trasferitosi in Italia a due anni.
«Al quindicesimo chilometro affioravano voci della mia parte oscura che mi vuole far mollare, però le ho messe subito a tacere»,  ha raccontato. 
Intorno a metà gara, «a uno spugnaggio, ho perso una delle due lenti a contatto ma mi sono detto che me ne poteva bastare una. Sono entrato nello stadio ed è stato bellissimo, puntavo all'oro, ma gli altri stati più bravi di me. L'anno scorso ho vissuto la delusione di non essere stato convocato per le Olimpiadi, gli ultimi due mesi sono stati molto complicati anche per qualche infortunio». «Questo bronzo»,  conclude, «arriva dal nulla, dalle case popolari di Ponte Lambro, e spero che la mia storia sia di ispirazione per tutti: quando ci credi abbastanza, i sogni si possono realizzare. Mio padre sta per andare a lavorare in cantiere e sarà fiero di me. In questa medaglia c'è di tutto: momenti di delusione in cui volevo mollare, lacrime versate in macchina da solo, ma ce l'ho fatta». 





4.9.25

Miss Trieste sommersa dagli insulti dopo la vittoria, la mamma: «Attaccata da chi non accetta italiani con la pelle scura »meno male che la città s'indigna e dice no

leggo   su msn.it    mi  pare   degli articoi    di  tgcom24    e  https://corrieredelveneto.corriere.it/  una   notizia  di    due  giorni fa    . Ma  tali  notizie  non hanno    data  di scadenza  .  
La  nortizia    riguarda  La polemica social sulla “triestinità” e il ruolo dell’identità culturale 
Dopo l’incoronazione di Vittoria, su varie piattaforme social è emerso un confronto serrato fra utenti che mettono in discussione la sua appartenenza culturale a Trieste basandosi soprattutto sul colore della pelle. Alcuni commenti, spesso critici, definiscono la vittoria come una possibile “tradimento” della tradizione della città. Dall’altro lato, altre voci difendono la ragazza, ricordando che Trieste ha una storia multietnica e che la presenza di diverse etnie è ormai parte integrante del tessuto sociale da secoli. Il quotidiano locale Il Piccolo ha evidenziato come certi messaggi ricordano epoche di discriminazione profonda, con riferimenti all’America degli anni ‘60, mentre altri utenti si interrogano su quali reazioni potrebbero esserci in Paesi da cui la vincitrice ha origini diverse, se per esempio una Miss europea vincesse in quei contesti. Questo scambio testimonia l’ampiezza delle sensibilità e delle tensioni sul tema dell’identità e dell’inclusione nell’Italia contemporanea.
Il concorso Miss Trieste, tra tradizione e valore sociale oltre la semplice bellezza. Nel corso degli anni, è stato pensato come evento di riflessione e sensibilizzazione su temi sociali come la lotta contro la violenza sulle donne e le discriminazioni di genere. L’elezione di Vittoria Maculan assume una rilevanza simbolica in questo contesto, promuovendo valori come il rispetto, l’uguaglianza e la convivenza tra culture diverse. Gli organizzatori hanno scelto di mantenere il concorso come momento aperto e inclusivo, riconoscendo come la città stessa rifletta un mosaico di etnie e storie. La giovane Miss Trieste incarna oggi questo ruolo, portando in scena non solo una bellezza esteriore, ma anche una rappresentanza della complessità sociale che caratterizza Trieste.
Reazioni personali di vittoria e della madre di fronte alle critiche
La vittoria di Vittoria ha suscitato emozioni forti, soprattutto per lei e la madre, Marianna. Entrambe hanno espresso amarezza per l’onda polemica emersa sui social. Marianna ha spiegato che vorrebbe che l’evento rimanesse nel suo ambito naturale, cioè un semplice concorso di bellezza, senza essere trasformato in terreno di scontri culturali. Ha ribadito come la figlia abbia seguito le regole previste, sia residente a Trieste da anni e sia perfettamente integrata nel tessuto sociale. Oggi Marianna cerca di trasmettere a Vittoria la consapevolezza che certi attacchi possono presentarsi e che bisogna imparare a superarli con forza. La ragazza, figlia di una famiglia che ha vissuto esperienze multiculturali in più continenti, rappresenta una nuova generazione che incarna un modo diverso di essere italiani e triestini. Le critiche ricevute pesano, ma fanno parte di un confronto più ampio che coinvolge la società intera.  Infatti
L'elezione di Vittoria MaculanVittoria Maculan, nata a Verona da mamma veronese e papà senegalese. a Miss Trieste 2025, avvenuta lo scorso 30 agosto, ha scatenato un'ondata di polemiche sui social. La ragazza, quasi sedicenne, nata a Verona da madre italiana e padre senegalese, è finita nel mirino dei “leoni da tastiera”, che ne hanno messo in discussione la "triestinità" e l'"italianità", con attacchi espliciti legati al colore della sua pelle. A difendere pubblicamente la figlia è Marianna Maculan, che in un'intervista al Corriere del Veneto ha sottolineato l'ipocrisia dei commenti ricevuti: "Tra le sei finaliste, solo Vittoria e un'altra concorrente avevano un cognome inequivocabilmente italiano. Le altre avevano cognomi stranieri, eppure le critiche si sono concentrate solo su mia figlia, per il colore della sua pelle".Vittoria è nata a Verona ma si è trasferita a Trieste nel 2017, quando la famiglia ha seguito la madre per motivi di lavoro. Qui ha iniziato la scuola, costruito amicizie e si è perfettamente integrata nella vita cittadina. La madre ricorda con amarezza il giorno successivo alla vittoria al concorso:
"Avremmo voluto festeggiare in famiglia, ma ci siamo trovati travolti dalle polemiche e dagli insulti". Le critiche rivolte a Vittoria si sono concentrate su tre fronti: l’età - compirà 16 anni a breve -, la residenza e la presunta "non italianità". "L’hanno invitata persino a partecipare a un concorso in Africa - ha raccontato la madre - Vittoria ha la sola cittadinanza italiana, non ha mai vissuto in Africa, la sua unica patria è l’Italia". 
Un messaggio oltre la polemica Un aspetto particolarmente amaro della vicenda riguarda il contesto triestino. "Criticare questa elezione - ha affermato Marianna - è come rinnegare l'identità stessa della città. I triestini  e  l'odierno  Friuli venezia  Giulia  hano   conosciutto  coesistenza  \  convivenza   con gli Salvi   , ha  subito    gli efetti  nefasti   dei nazionalismoi ( pulizie   etniche  ,  genocidi  ,  campi  di deportazione  di cocentramento   ,  leggi  etnico  razziali )   e  tuttora convivono da sempre con cognomi slavi, ma sembra che una pelle scura sia ancora in grado di creare fastidio". Meno  male    che -- secondo tgcom 24 preso da  msn.it  -- Nonostante le critiche, la famiglia Maculan ha deciso di non rispondere con rabbia: "Non abbiamo voluto abboccare ai commenti d'odio, ma ci teniamo a lanciare un messaggio chiaro: si può e si deve andare avanti a testa alta, perché essere italiani non significa necessariamente avere la pelle bianca".
Moda e studi nel futuro di Vittoria  Dopo la vittoria, Vittoria ha già ricevuto proposte dal mondo della moda: un'azienda milanese l'ha contattata per sfilare in passerella e ha superato la selezione per partecipare a Miss Mondo. Cresciuta in una famiglia internazionale ha vissuto tra Asia, Africa e Stati Uniti, non trascura gli studi, coltivando i suoi sogni. "È una cittadina del mondo" ha concluso Marianna.  Fortunatamente   secondo  https://www.veronaoggi.it   a prendere posizione è arrivato in particolar modo, un post su Facebook.  di  qualche  triestino 
“Care cittadine, cari cittadini, oggi il nostro quotidiano locale parla di ‘piano anti degrado’. Ma quale degrado vogliamo contrastare, estirpare dalla nostra bella e spero ancora civile città? Io vorrei radere al suolo il degrado culturale, morale e umano che ho letto in questi due giorni dopo la vittoria al concorso di Miss Trieste della bellissima mula triestina Vittoria Maculan. Ho letto commenti di triestine e triestini di un odio, di un razzismo e di un’invidia inarrivabili. Questa non può essere la nostra Trieste internazionale e multietnica. Il vero, abissale degrado è in quei commenti bui e maleodoranti. Trieste, risvegliati ed esci dall’odio in cui stai scivolando”.


16.6.25

eroi . ma per la maggior parte del paese sono estranei....


 o peggio .gente da sfruttare o deridere . infatti mentre avevo  finito  di   pubblicare  l'articolo :<<Aymane come Paolo >> inviatomi da Daniela Tuscano leggo tramite cronache della sardegna   che


[....]

Articolo pubblicato ieri dal Dott. Marco Zavagli, direttore di Estense.com

Oggi mi hanno segnalato un commento sulla pagina Facebook di #estensecom, il giornale che dirigo.
Un agente, un pubblico ufficiale (credo non importi sapere di quale corpo), vantandosi - giustamente - di aver salvato un cagnolino, definiva ironicamente “risorse” chi viene da paesi che non rientrano nell’Unione Europea. Mi sento di aggiungere che per “risorse” intendesse persone che arrivano in Italia da Africa, Asia, insomma quei posti dove la pigmentazione della pelle offre facili intuizioni di provenienza.
Dubito, insomma, si riferisse a statunitensi, svizzeri o altre nazionalità che per le stesse ragioni possono sentir definiti i propri cittadini come “extracomunitari”. A quel pubblico ufficiale vorrei dire che Aymane, dall’alto dei suoi 16 anni, ha fatto capire a persone privatamente piccole come lui cosa vuol dire quel concetto sorpassato che risponde al nome di umanità. Ai genitori di Aymane, invece, vorrei dire grazie per aver infuso nel loro figlio il valore della vita umana. A tal punto da sacrificare la propria per salvare quella di perfetti sconosciuti.
Aymane, lui sí, era una risorsa. Ma era una risorsa che purtroppo non abbiamo più.Qui la foto di Aymane, tratta dal suo permesso di soggiorno ottenuto per motivi familiari".

1.5.25

“Femminicidi d’onore”, a quattro anni dalla morte di Saman Abbas un libro collettivo sui “diritti negati delle donne migranti”

Ho letto qualche tempo  sul  IL  FATTO QUOTIDIANO    che   è  uscito   


“Femminicidi d’onore”, a quattro anni dalla morte di Saman Abbas un libro collettivo sui “diritti negati delle donne migranti”                                            
Edito da Futura Editrice e a cura di Ilaria Boiano e Isabella Peretti, raccoglie dieci contributi tra cui un intervento della scrittrice Maria Grazia Calandrone.
 L'attivista Tiziana Dal Pra: "E' troppo tardi quando conosciamo i nomi delle vittime. Cominciamo a vederle, cercarle. E' il primo decisivo passo da fare" 
Ci siamo già dimenticati di Saman Abbas? E delle altre Saman che vivono in Italia oggi? Così come abbiamo archiviato in fretta le storie di Hina SaleemSana Cheema e quelle di tutte le altre donne uccise per onore e di cui, spesso, neppure ci si è presi la briga di imparare i nomi. Quattro anni dopo la morte della giovane 18enne e dopo la sbornia mediatica, con le telecamere si sono spenti anche tanti degli appelli per il cambiamento. Mentre chi si batte contro il patriarcato in tutte le sue forme, continua la lotta e lo fa cercando di trovare spazio per le voci dimenticate delle donne. “Femminicidi d’onore. Dal processo Saman ai diritti negati delle donne migranti” – libro edito da Futura Editrice e a cura di Ilaria Boiano e Isabella Peretti – si fa carico di questo: riportare nel dibattito l’urgenza di una questione ancora troppo spesso liquidata in fretta. E tenere accesa una luce per tutte le altre. Un’opera collettiva, composta da dieci contributi, che nasce dalle esperienze concrete e dalle riflessioni di chi è impegnato in prima linea.
IL femminicidio di Saman Abbas, ricorda nel libro l’attivista per i diritti umani e fondatrice di Trama di Terre Tiziana Dal Pra, è il sesto di un elenco di donne uccise in Italia e che abbiamo dimenticato. Della 18enne appena ammazzata a Novellara, per la cui morte tutta la famiglia è appena stata condannata in appello, e delle “omissioni delle istituzioni che non hanno impedito una fine tragicamente prevedibile”, parlano le avvocate di parte civile Teresa Manente e Rossella Benedetti. “Non stupisce”, scrivono, “che l’Italia sia stata di recente nuovamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani per l’inadeguatezza della risposta istituzionale al fenomeno della violenza domestica e per aver omesso di adottare misure operative adeguate e prevenire la violazione del diritto alla vita”. E la domanda, da cui parte l’analisi collettiva, è rivolta alle altre: “Quante Saman ci sono? E dove sono? Sono nelle scuole, nelle famiglie, ragazze che sanno già di essere destinate a un matrimonio non voluto”, scrive Isabella Peretti nell’introduzione. “E quante madri ci sono, assoggettate alla violenza patriarcale, che accompagnano le figlie alla morte, come la madre di Saman?”. Sulla figura di Nazia Shaheen, mamma di Saman condannata all’ergastolo, si concentra l’avvocata Giovanna Fava. “La sua silenziosa presenza pesa come un macigno”, scrive. “Non vi è dubbio alcuno che con l’uccisione della figlia, Nazia uccida anche una parte di sé”. E per cambiare le cose, dice, “non basta raggiungere le ragazze nelle scuole, prima o parallelamente, occorre entrare in contatto con le loro madri, fare in modo che imparino la lingua del paese che le ospita e possano diventare parte integrante della società”, “occorre consentire loro di capire che esistono altre possibilità di scelta anche per loro”. Segue l’intervento di Maria Grazia Calandrone, scrittrice che, tra le varie opere, ha scritto anche la storia della madre, suicida per essere fuggita a un matrimonio violento. E qui presente con un monologo scritto per Terre des Hommes: la storia di Nandhini, giovane donna che ha rifiutato le nozze forzate.
A introdurre l’intervento di Tiziana Dal Pra è una domanda: “Facciamo tutto ciò che possiamo, tutto ciò che dobbiamo?”. L’attivista per i diritti umani inizia con una fotografia: è quella di Hina Saleem, uccisa nel 2006 dal padre e sepolta nel cimitero di Brescia, nel riquadro islamico zona adulti. “Una tomba offerta e pagata da ignoti bresciani, dopo il consenso del fratello e della madre. Questa sepoltura è una tragedia aperta”, scrive Dal Pra, “anche simbolicamente. Per ben tre volte la foto di Hina è stata tolta dalla tomba perché giudicata offensiva e non rispettosa dei dettami religiosi islamici. Il fratello rivendica lo strappo della foto della sorella. Anche da morta Hina fa scandalo. In quella foto sorride e indossa una maglietta fucsia che le lascia fuori una spalla: troppo scoperta, troppo visibile”. Dal Pra continua: “Hina Saleem è la prima ragazza pakistana morta in Italia per un femminicidio d’onoreAncora fatichiamo in Italia a nominarlo come tale perché forse non vogliamo vedere una radice di violenza che ci riporta troppo indietro, ma così facendo alimentiamo equivoci e alibi nelle nostre azioni di contrasto. Non c’entra l’Islam; e, se c’entra, è dentro un miscuglio di tradizioni. Di sicuro c’entrano il patriarcato e i clan familiari”.
Dal Pra parla della sua esperienza nel sostegno alle giovani che decidono di ribellarsi a destini già segnati. E spesso lo fanno seguendo le proprie emozioni, rifiutandosi di reprimerle: “Alcune ragazze che ho incontrato, sostenuto e accompagnato nel loro percorso di uscita dai matrimoni forzati mi hanno detto: ‘Certo voi siete fortunate, ché potete raccontarvi delle vostre farfalle nello stomaco; per noi queste farfalle sono la nostra condanna a morte’”. E proprio chi decide di seguirle, ha bisogno di tutto il sostegno possibile. Ma soprattutto, ha bisogno di essere “vista”: “E’ troppo tardi quando conosciamo i nomi delle vittime”, scrive Dal Pra. “Scopriamo le loro non-vite solamente nelle aule dei tribunali dove si chiede giustizia per una morte annunciata e una condanna all’ergastolo anche a una ‘madre assassina’. Cominciamo a vederle, cercarle. E’ il primo decisivo passo da fare”.
Vederle e dare loro la parola, questi i gesti che possono essere rivoluzionari. Peretti continua raccontando l’esperienza del Tribunale delle donne per i diritti delle donne in migrazione, che si è svolto nel 2023, “in cui le donne sono diventate testimoni” e “una Giuria non ha giudicato, ma ascoltato”. E’ nato dall’esperienza del Tribunale delle donne di Sarajevo, dove “solo le donne hanno potuto trascendere il conflitto tra nazionalismi e mettersi insieme”. E da quello spunto, è nata l’esperienza di Roma, alla Casa internazionale delle donne. “Perché le testimonianze delle violenze sono un momento cruciale di costruzione della memoria e del diritto”. E, continua Peretti, “avevano tutte una gran voglia di parlare le donne immigrate che hanno partecipato alle sedute”. “Le migranti che parlano in questo libro, donne afghane, pakistane, nigeriane, ivoriane, indiane, e ci raccontano di matrimoni forzati e di fughe, di violenze ai confini e di violenze nella tratta; di discriminazioni religiose e razziste”, ma anche “di audizioni presso le Commissioni per l’asilo in cui le loro storie tragiche non sono credute”. Peretti, infine, affronta una delle domande centrali: “C’è un crinale tra ‘culture barbare’ e un Occidente dei diritti, o piuttosto sono forme diverse, ma pur sempre violente, con cui ovunque si esprime e persiste il patriarcato?”. La sua riflessione si chiude con quello che è anche un punto di partenza: “Il terreno di incontro”, dice, “è la Costituzione italiana”.
Infine, due approfondimenti firmati da Asia Jan e Mursal e Flavia Mariani si focalizzano sulle donne afghane, “recluse in patria e migranti nel mondo”. “Stanno nascendo”, raccontano, “associazioni di attiviste afghane che costrusicono network a livello internazionale, chiedono l’attenzione e il sostegno della società civile e dell’opinione pubblica per portare avanti le loro cause”. Anche per loro, serve una “giustizia femminista”, come sostiene l’intervento di Ilaria Boiano che chiude il libro. “La sfida è creare un ponte tra le testimonianze delle donne e i processi decisionali istituzionali, garantendo che le competenze tecniche non prevalgano sull’ascolto delle esperienze e che la giustizia risponda non solo ai bisogni legali, ma anche a quelli personali e sociali di chi cerca protezione e riconoscimento”. Per tutte le altre Saman Abbas, Hina Saleem, Sana Cheema. Perché non vengano dimenticate. E perché siano le ultime da aver pagato con la vita il loro desiderio di libertà.

19.4.25

i sovranisti e i prima gli italiani rosicano ed accusano d'essere poco patrioti chi elogia la bellissima vittoria della nuotatrice di sara curtis e l'italia multi etnica

 la riposta   che  pusillamini    dei nostri  ipocriti    sovranisti    i cosidetti prima  gli italiani  , alle cri.tiche  di sara  curtis   è arrivata .  Solo che  ,  forse per  evitare figuracce   questa destra o  almeno  una  parte  d'essa   non si rivolgono direttamente  a lei  ma  lo fanno in maniera  indiretta   accusando   Soumahoro , solo perchè ha  scritto post  d'logio su di lei  ed  altri nuovi italiani (  gli  italiani    figli di  coppie miste  o d'entrambi  genitori stranieri  )  , di uno scarso spirito nazionale  e  patriotico .  

 fonte   IL GIORNALE

Così Soumahoro discrimina gli atleti dell'Italia "plurale"


Ci sono sportivi italiani che, per l'onorevole Aboubakar Soumahoro, sono più meritevoli di attenzione di altri. E non perché siano più bravi o perché vincano più medaglie, ma semplicemente per la loro origine. In queste ore che fanno seguito alla debacle elettorale di Monfalcone del partito islamico sponsorizzato proprio da Soumahoro, il candidato del gruppo misto espulso da Avs e ormai totalmente ininfluente in parlamento ha pubblicato un messaggio su Facebook per rendere omaggio a Sara Curtis. Giusto, non c'è nulla di male: la nuotatrice rappresenta la nuova generazione di sportivi che l'Italia sta crescendo in vista delle maggiori competizioni. [...] 


Tesi che  ormai ,   sono ormai  superate   dall'evoluzione  sociale  e cultura   degli  ultimi 40  anni cioè  dpo il  crollo  del  blocco sovietico e la  fiune  della  guerra   fredda   e   la  trasformazione del paese reale   ormai sempre più multi etnico  come dimostrano  per  parafrasare  una  canzone  ma  non solo     gli  Afro  Italiani  


  il  mondo   i  e  quindi  anche   l'italia  è  cambiato   ma  loro    sono ancora    legati   al passato   purtroppo  

16.4.25

cosa diranno i "prima gli italiani" su Sara Curtis ( madre nigeriana padre italiano ) che ha battuto il record della Pellegrini

 da  Lorenzo Tosa  

Bisogna che si parli di quello che ha appena combinato in vasca questa ragazza qui, Sara Curtis da Savigliano (Cuneo), che a 18 anni ha buttato giù di 17 centesimi il record italiano sui 100 stile libero che apparteneva da nove anni alla Divina Federica Pellegrini.Le sarebbe bastato un 53.8 per qualificarsi ai Mondiali. Lei ha toccato nel tempo monstre di 53.01, 8 decimi prima, con una nuotata che non si vedeva da anni con questo mix di grazia e potenza. Primo posto per distacco, pass per Singapore e miglior crono stagionale al mondo. Tutto insieme. E poco fa si è ripetuta nei 50 stile, nuotati in 24.52, quattro centesimi meno del suo stesso primato italiano. Figlia di madre nigeriana e padre italiano, Sara è anche l’emblema di una nuova Italia che molti ancora si rifiutano di vedere e riconoscere, a meno che non siano campionesse, ovvio… Non chiamatela “la Ceccon femminile”. Come se, per una donna, l’unico modo per essere riconosciuta fosse quello di essere accostata a un collega maschio.Sara è solo Sara, quella che a due anni era già in vasca e che a 18 anni non ha nessuna intenzione di smettere di studiare. Anzi, vorrebbe pure iscriversi a Psicologia. “Nuotare mi aiuta a studiare”. E viceversa.Più del record (straordinario), mi ha colpito Sara Curtis come persona, la semplicità, l’umiltà, il garbo con cui racconta e si racconta.L’augurio è che si goda tutto, senza ansia e con la minima pressione

possibile (un po’ è inevitabile quando hai un talento del genere), coi tempi giusti e senza perdere nulla del percorso.
La strada è quella giusta.




Sara non è “la Ceccon femminile”. Sara è Sara Curtis, ed è già un nome che risuona fortissimo da solo. Una ragazza che unisce talento, umiltà e voglia di conoscenza: un modello autentico per l’Italia che verrà, quella che accoglie, cresce e splende con orgoglio.Grazie Sara per questa emozione. E avanti tutta, con il cuore leggero e lo sguardo fiero!

6.4.25

targa speciale degi alfieri della repubblica a una classe del Parini di Torino «Con gli occhi e un puntatore comunichiamo con il nostro compagno disabile»

I media nazionali parlando degli Alfieri della Repubblica si sono dimenticati o hanno fatto passare in secondo piano questa notizia   co un  iccolo  trafiletto in cronaca o   in edizioni locali    notizie  come  qqueste .
 Lo so che dovrebbe essere una storia normale , ma in un paese in cui i ragazzi d'origine straniera , nati e che crescono qui , no hanno ancora pieni diritti , fa si che tale storia sia
: « [...]   Storia diversa per gente normale \ storia comune per gente speciale [...] » ( cit De Andreiana ) . Infatti  enti bambini della attuale VB della scuola elementare Parini di Torino, tutti con background migratorio, sono stati nominati Alfieri della Repubblica con una targa dal Presidente Sergio Mattarella . 
  Leggo  tale  notizia  da msn.it  mi pare     corriere della sera  edizione  torino   l'articolo che  sotto riporto   




La candidatura è partita dalle loro stesse maestre, colpite dalla solidarietà che si era creata in classe nei confronti di un compagno con una grave disabilità. 
«So che il riconoscimento di Alfiere è individuale, ma nel percorso di crescita che queste bambine e bambini realizzano ogni giorno, come futuri cittadini italiani e del mondo, non posso sceglierne uno solo», ha scritto l’insegnante di sostegno Giorgia Rossino, segnalando la sua classe al Quirinale. «Io li guardo non solo con l’amore di una maestra, ma con la speranza nel futuro che loro possono regalare, nonostante tutti gli orrori che molti di loro sono costretti a sopportare».
La notizia della nomina è trapelata nei giorni scorsi, diventata ufficiale con il comunicato della Presidenza della Repubblica. «È una storia eccezionale, unica, per le condizioni di questo bambino – commenta Massimo Cellerino, preside dell’Ic Torino II -, ma al contempo è anche esemplificativa del lavoro che le maestre fanno ogni giorno in questo istituto comprensivo per accogliere la diversità in ogni sua forma, che sia linguistica, culturale o fisica».
Una storia che il Quirinale ha voluto premiare «per aver dato valore alla pluralità». Accanto ai 29 riconoscimenti per comportamenti individuali, il Presidente Mattarella ha conferito alla VB una delle 4 targhe per premiare azioni collettive di giovani e giovanissimi, anch’esse espressione dei valori di solidarietà, inclusione e accoglienza.
«I bambini della VB provengono da ogni parte del mondo: Marocco, Egitto, Bangladesh, Senegal, Perù e Cina. Ciascuno di loro, pur avendo alle spalle vissuti talvolta complicati, si prende cura con amore e dedizione di un compagno di classe con disabilità», è scritto nella motivazione ufficiale. «Tutti hanno imparato a usare il puntatore oculare con cui lui comunica, tutti sanno cosa può e cosa non può mangiare o bere il compagno. Nei corridoi si scatenano con la sedia a rotelle spronandolo con il loro affetto genuino e proteggendolo da sguardi o parole indiscreti. A scuola stanno imparando una delle lezioni più preziose: il valore della diversità e della pluralità».
L’Ic Torino II ha in media il 75% di alunni «nuovi italiani», con punte tra l’80 e il 90% nel plesso Parini di corso Giulio Cesare in zona Aurora. «I nostri alunni sono dei piccoli grandi eroi perché senza le stesse possibilità di altri compiono giornalmente, insieme ai loro genitori, piccoli grandi miracoli», commentano le maestre ancora frastornate dal riconoscimento. «A scuola coltiviamo l’educazione civica tutti i giorni, non solo parlando ma dando l’esempio di civiltà, democrazia, partecipazione e rispetto per l’essere umano di qualunque colore sia».


5.9.24

La storia di Yasamin A. R. è una medico del Sant'Orsola di Bologna -. 38 anni , nata , cresciuta , e laureata qui ma per lo Stato non sono italiana".

 È nata a Cesena ed è cresciuta a Treviso. Ha frequentato la facoltà di Medicina e
Chirurgia dell'Università di Bologna, dove si è laureata a pieni voti. E dopo un eccellente percorso di specializzazione ora lavora a tempo indeterminato al Policlinico Sant'Orsola
Eppure per lo Stato italiano non è italiana. È la storia Yasamin A. R., medico di 34 anni che ogni giorno vive sulla sua pelle il paradosso generato dalla burocrazia del nostro Paese. Yasamin, infatti, paga le tasse in Italia e qui ha vissuto quasi ininterrottamente da quando è nata. Ma a causa dei requisiti tanto stringenti quanto astratti, se tutto va bene potrà ottenere il passaporto soltanto quando spegnerà quaranta candeline. "Vuoi sapere la beffa? - aggiunge al telefono contattata da BolognaToday -. La cosa che le persone mi chiedono più spesso è: 'Da quanto tempo sei in Italia? " 
La richiesta negata per il trasloco a Londra per motivi famigliari

Yasamin risponde alla chiamata subito dopo che ha finito il suo turno nel reparto di Medicina fisica e riabilitativa. Nonostante la stanchezza, ha una voce energica da cui trapela una lieve inflessione romagnola. Racconta che ha la cittadinanza britannica perché britannica era sua mamma, mentre suo papà era iraniano. Dopo aver fatto l'asilo e i primi tre anni di elementari a Treviso, a otto anni deve con tutta la famiglia trasferirsi a Londra perché la madre è malata e ha bisogno di cure. Per frequentare la quarta elementare deve iscriversi all'anagrafe londinese. "Passati dodici mesi siamo rientrati in Italia perché mamma non ce l'aveva fatta - continua -. Da quel momento ho vissuto sempre qui". Quando compie diciotto anni, però, Yasamin non può inoltrare la richiesta di cittadinanza: la legge richiede dieci anni di continuità di residenza italiana.

L'inferno degli uffici e del permesso di soggiorno

Ma la sua vita va avanti. Diploma con voti brillanti e iscrizione all'Unibo. Sotto le Due Torri si trova anche un lavoretto per mantenersi: "Ho anche tre fratelli di cui due più piccoli - racconta - e a quel tempo le cose a mio padre non andavano molto bene dal punto di vista economico". Dopo il primo anno di Medicina scompare anche il papà. Diventando orfana, sfuma di nuovo la possibilità di richiedere la cittadinanza: "A ventidue anni avevo la continuità, ma non più una famiglia alle spalle per rientrare nei parametri economici richiesti".

La ragazza continua a studiare, affianca agli esami impieghi part-time come baby-sitting e ripetizioni e si laurea perfettamente in tempo. Prosegue con la specialistica e la conclude con il massimo dei voti. Nel frattempo, però, l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea con la Brexit stravolge di nuovo tutto e Yasamin diventa addirittura un'extracomunitaria. Comincia l'inferno dell'ufficio migrazioni e della burocrazia per ottenere il permesso di soggiorno: "È stato un periodo drammatico - ricorda il medico -. Nessuno rispondeva alle mail, non capivo come prendere appuntamento. Agli sportelli le persone vengono trattate malissimo. Io avevo bisogno del documento per partecipare a un concorso e la prima volta me lo consegnarono con il nome scritto sbagliato. Da gennaio 2025 avrò bisogno del visto per circolare in Europa e questa è un'altra 'comodissima' cosa che mi si prospetta davanti".

"Chi ha un parente italiano può arrivare a votare, mentre io non l'ho mai fatto"

Oggi Yasamin ha un visto permanente, ma questo non basta a fare la stessa vita di un'italiana. La mancanza della cittadinanza si ripercuote nella sua quotidianità, dalla partecipazione ai bandi ai controlli di sicurezza fino alle denunce: "Due mesi fa sono stata scippata, e l'agente di polizia mi chiedeva se avessi un lavoro e da quanto fossi in Italia. È la prima cosa che tante persone mi chiedono sempre. Ed è veramente snervante".

Grazie al suo lavoro, tra due anni potrà finalmente fare l'agognata richiesta perché sarà in grado di dimostrare almeno tre anni di reddito. Dopodiché, se tutto fila liscio ce ne vorranno ancora quattro perché le venga finalmente riconosciuto un diritto: a quarant'anni Yasamin diventerà una cittadina italiana dopo aver vissuto 39 anni in Italia. Ma l'amarezza rimane: "Provo tanta rabbia, a volte ho pensato di andarmene dall'Italia - ribadisce la medico -. Tantissimi sono nella mia stessa situazione: persone che sono nate e hanno studiato e che sentono l'Italia come casa propria. Ed è assurdo invece che dall'altra parte del mondo c'è gente che non è mai stata in Italia, ha diritto a chiedere la cittadinanza perché ha sposato un italiano o perché ha un parente italiano, e può potenzialmente addirittura votare. Mentre io, che alle ultime elezioni europee ho fatto il medico scrutatore nell'ospedale in cui lavoro, non ho mai potuto farlo".

La lettera a Lepore, Zuppi e Bergonzoni: "Mi hanno risposto ma poi nulla"

Due mesi fa Yasamin ha scritto una lettera in cui raccontava la sua storia e il suo problema. L'ha inviata alle istituzioni locali, tra cui "il sindaco di Bologna Matteo Lepore, l'arcivescovo Matteo Maria Zuppi e l'attore Alessandro Borgonzoni". Da tutti loro, dice, ha ricevuto una risposta solidale, ma, aggiunge, "poi non è più successo nulla". La stessa lettera è stata ripresa dal giornalista del Post Francesco Costa nella puntata del podcast 'Morning' mercoledì mattina. Con le sue parole Yasamin spera di "contribuire a una maggiore apertura, una maggiore sensibilità. Perché le regole smettano di essere così rigide, perché chi nasce e cresce in Italia è italiano".

1.9.24

Ogni speculazione politica sul delitto è un'offesa a Sharon Verzeni,Il legale della famiglia di Sharon: 'Non si parli di raptus

 ritorno    dopo  il  post precedente   ancora  su    rispondendo    cosi a  chi  mi  accusa  di  buonismo   ed  altre menate  simili .  Riportando:   un  articolo    che nonostante  le  divergenze  culturali  (  quello che  un tempo  si chiamava ideologia  )   la  pensa  come me   sperando  di non doverci ritornare  sopra    ogni qualvolta      a commettere   dei  reati e  dei  crimini  , non solo violenza  di genere  o  femminicidi  ,  sia  un  immigrato o    un  nuovo italiano .,   ma  soprattutto   le 

da   avvenire   online  d'ieri  

                        di Andrea Lavazza


Ogni speculazione politica sul delitto di Terno d’Isola, adesso che il presunto assassino è stato arrestato, è un’offesa a Sharon Verzeni, una donna che ha avuto in modo assurdo (forse il più assurdo, se vere le prime ricostruzioni) la sua giovane esistenza spezzata, e a tutti coloro che l’amavano, colpiti da un enorme dolore. In premessa, va detto questo: alle vittime dovrebbe essere orientata la maggiore sollecitudine. Ma c’è chi ha subito approfittato di quel nome, Moussa Sangare, dato in pasto ai social media prima ancora che emergessero elementi forti del suo coinvolgimento nel delitto - e in totale spregio della presunzione d’innocenza - per alimentare una meschina polemica sulla cittadinanza.
Sarebbero questi gli italiani che vogliamo?, si è detto in sostanza, soprattutto da parte di esponenti della Lega. Se Sangare risulterà colpevole, dovrà pagare senza sconti il reato abietto compiuto. Ma che c’entrano la sua origine maliana e i documenti italiani poi ottenuti? Che dire allora delle donne massacrate dai loro italianissimi compagni e dei genitori fatti scomparire o dei neonati maltrattati da nativi della Penisola dai caratteri “caucasici”? Ripugna fare questi confronti, ma si deve chiaramente affermare che c’è una vittima da rispettare insieme a un razzismo risorgente da evitare e, se ricompare, da condannare senza alcuna esitazione.Infatti  se  a  un lato   Rossano Sasso, deputato leghista, comincia invece un post accusatorio nei confronti della sinistra e delle sue politiche migratorie, chiamando in causa la vittima: “Oggi piangiamo l'ennesima sorella italiana ammazzata con brutale violenza”. E  quindi Definire Sharon Verzeni ‘sorella italiana' è un modo per attribuire alla nazionalità della vittima l'ambito nel quale cercare la matrice del delitto. Sharon diventa importante in quanto ‘sorella italiana', non in quanto Sharon punto. Lo sottolinea molto bene Alessandra Mussolini: “Cercare di trasformare un efferato delitto ai danni di una donna in un tiro all'africano è, oltre che indegno, anche una mancanza di rispetto alla vittima. Quasi la sua morte non facesse abbastanza notizia e ci volesse una nota di discriminazione per interessare questi incauti commentatori”. L'idea che una volta eliminato il mistero dell'identità dell'assassino, sia necessario ricorrere ad un elemento ideologico per coinvolgere l'audience, è uno degli aspetti più deprimenti del dibattito pubblico.

P.s
leggo   proprio in questo istante  mentre  sto   per  riportare  il secondo articolo     che   a permettere  la  cattura   dell'assasino    è  stata la  testimonianza  di alcuni  immigrati  anch'essi  marocchini  


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E'  vero   che     anch'io  , quando  iniziai ad appassiornarmi i cronaca  nera  , usavo per delitti  el genere  il tremine  raptus  ma  poi   da letture ,  chiacchere  e discussioni con amici    psicologici e  pschiatri  mi sono accorto    che  è come ho detto     nel  post  precedente  ( url  inizio post  )    che  è  un termine  ambiguo  e  quasi  assolutorio  e   giustificazionista    verso il carnedice  .  Ma  soprattutto   perchè Si fa presto a dire raptus o a parlare di infermità mentale. A volte quello che scatta nella testa del killer è talmente incomprensibile da lasciare ancora più sgomenti. Perché se un qualsiasi delitto, è ingiustificabile, quando a muovere una mano criminale non c'è nemmeno un motivo scatenante, per assurdo che possa essere, si va oltre ogni soglia del comprensibile. 
  Infatti  concordo  con   il   legale della famiglia di Sharon Verzeni, Luigi Scudieri, respinge



l'idea del raptus che potrebbe aver colto l'omicida reo confesso della donna."Ho sentito parlare in queste ore di 'raptus improvviso', di 'scatto d'ira' e assenza di premeditazione.
Tuttavia faccio notare che il signor Moussa Sangare sarebbe uscito di casa con ben quattro coltelli e prima di uccidere Sharon ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti". "Mi ha molto stupito - aggiunge - che si sia parlato di 'verosimile incapacità' subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti".


10.6.24

Gli eroi dell’atletica sono i ragazzi europei che molti dei nostri politici non vorrebbero affatto e gli usa come cartina tornasole

DI COSA STIAMO PARLANDO

Sventurata la terra che ha bisogno di eroi. 
 diceva  Bertol Brecket   ( 1898-1956 ) in Vita di Galileo .  Infatti   fin quando   un fascista   , exenofobo , ecc  un malpancista  insomma   prende  alle   elezioni 500  mila  voti   alle  elezioni europpe   e     ci sono suoi  fans   che   sui  social    replicano  sghignazzano con faccine sorridenti , con domande idiote   del  tipo << E quindi?>> o quando  fanno  un ntervento  decente    si giustificano  riprendendo le teorie di Nicefaro ed Lombroso   condannate  dalla storia   davanti a  tali meme  



per   un  fatto  che     dovrebbe  essere  normale   per  tutti\e  e non solo   normale   per  gente    speciale    speciale   per  gente  normale (  cit musicale  )   tali  esaltazioni   è  tali meme   saranno sempre  più necessari   anche   spesso risultano  ipocriti  ed  caramellosi    vedi  il fatto del mancato ius  solis   o  cittadinanza  speciale i figli  d'immigrati   che    studiano ed  lavorano   qui  . 
Infatti  secondo  : <<    La Nazionale di atletica leggera, cartina tornasole di un’Italia nuova che fa errori vecchi - di Francesco Caremani La Nazionale di atletica leggera, cartina tornasole di un’Italia nuova che fa errori vecchi - di Francesco Caremani >>  editoriale di gariwo.net

Dai cittadini italiani alle seconde generazioni resta il tema della difficoltà di ottenere la cittadinanza per i minori stranieri, a prescindere che pratichino o meno uno sport.C’è un Italia che corre, che salta, che esulta, in questi giorni, ed è quella dell’atletica leggera che sta letteralmente dominando l’Europeo di Roma. Ragazze e ragazzi italiani che secondo qualcuno non avrebbero le caratteristiche somatiche per definirsi tali.La globalizzazione ha posto tutti noi di fronte a nuove sfide, culturali prim’ancora che sociali, economiche e politiche. E il mondo si è spaccato in fazioni, che non sono certo una novità. C’è chi pensa che questo fenomeno vada contrastato erigendo muri e sottolineando differenze e chi invece ritiene che l’unico modo sia abbattere confini e identità nazionali, con varie zone di grigio, più o meno scuro e oscuro.La storia dell’umanità è costellata di fenomeni storici che ne hanno cambiato il corso, sin dalla preistoria, fenomeni che sono stati spesso, inutilmente contrastati, perché la storia non si ferma davanti a un portone (cit musicale.).

Infatti   come    notare   lo  stesso   articolo   La globalizzazione poteva essere (  ed  ancora  può esserlo    se  s'interviene  seriamente  )  un’opportunità, così come la rivoluzione digitale, fenomeni che andavano studiati, capiti, interpretati e non osteggiati a prescindere a difesa del particolare che in questo mondo può avere un valore solo se capace di stare in una prospettiva globale  e non  chiudendosi   in  se  stesso . Le forze reazionarie, il voto europeo è sotto gli occhi di tutti, hanno fatto leva in questi decenni sulle differenze, sui muri da erigere, sul niente da difendere di fronte alla storia che avanza, riuscendo a convincere molto persone, con la paura, che questa sia la strada da seguire.Di fronte a queste considerazioni, è sotto gli occhi di tutti la multietnicità della Nazionale italiana di atletica leggera, che però non deve trarre in inganno. Queste ragazze e questi ragazzi, infatti, sono cittadini italiani, per adozione o per uno dei due genitori che  sono  riusciti   ad  ottenere   la  famigerata  cittadinanza  . Sono l’espressione di un’Italia multietnica nei fatti ma non nelle leggi e tantomeno in quella per ottenere la cittadinanza italiana, cioè non sono espressione delle seconde generazioni di migranti nel nostro Paese.
Infatti ,  tanto per essere chiari, in Italia la cittadinanza si ottiene per ius sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da genitori italiani. Altrimenti si può acquisire o richiedere. Si acquisisce se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi, da genitori ignoti o che non possono trasmettere la propria cittadinanza, secondo la legge dello Stato di provenienza. Si richiede per matrimonio o residenza, nel secondo caso rispettando tutta una serie di requisiti. La legge del 20 gennaio 2016 riconosce il principio dello ius soli sportivo, il quale permette ai minori stranieri di essere tesserati dalle federazioni sportive italiane; concedendo loro di fare sport ma non di essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali, ancora oggi, è necessario avere la cittadinanza italiana.
Secondo la norma attuale i minori stranieri, regolarmente residenti in Italia, almeno dal compimento del decimo anno di età, possono essere tesserati per fare sport, con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani. Il limite dei dieci anni, secondo l’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), “determina l’esclusione di molti minori il cui diritto alla parità di trattamento con quelli italiani è garantito dalla Convezione ONU sui diritti del fanciullo”. Poiché il Testo unico sull’immigrazione prevede che il minore non possa mai essere considerato giuridicamente irregolare, indipendentemente dalla posizione giuridica dei genitori, sempre secondo l’Asgi: “il concetto di ‘regolarmente residenti’ deve essere interpretato guardando alla dimora abituale e quindi alla semplice presenza del minore sul territorio, indipendentemente dalla condizione di regolarità o meno del soggiorno dei genitori”.Il limite dei dieci anni è imputabile al calcio e al rischio che il minore possa essere vittima di football trafficking, parola inglese che racchiude sia la tratta che il traffico di minori; pratica illecita che, purtroppo, investe anche altre discipline sportive. L’articolo 19 dell’RSTP (Regulations on the Status and Transfer of Players) della Fifa regola in maniera restrittiva il trasferimento dei minori e pure nei casi previsti questi vengono ammessi solamente dopo avere ricevuto parere favorevole da una sottocommissione della Fifa. Da quando, però, lo ius soli sportivo è diventato legge questa procedura non è più compatibile con l’ordinamento italiano perché più gravosa. Attualmente, tutti quei minori che oggi, grazie allo ius soli sportivo, praticano una disciplina, potranno chiedere la cittadinanza – procedura complicata e irta di ostacoli – solamente una volta diventati maggiorenni; senza la quale la Nazionale resta un sogno.E tutto ciò porta a un’ulteriore considerazione.È giusto che si ottenga la cittadinanza italiana solo per meriti sportivi? È giusto che tutti gli altri minori siano esclusi? È dignitoso che un Paese che si ritiene civile sia ancora qui a chiederselo?Secondo l’ISTAT: «La popolazione residente di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2024 è di 5 milioni e 308mila unità, in aumento di 166mila individui (+3,2%) sull’anno precedente. L’incidenza sulla popolazione totale tocca il 9%. Il 58,6% degli stranieri, pari a 3 milioni 109mila unità, risiede al Nord, per un’incidenza dell’11,3%. Altrettanto attrattivo per gli stranieri è il Centro, dove risiedono un milione 301mila individui (24,5% del totale) con un’incidenza dell’11,1%. Più contenuta la presenza di residenti stranieri nel Mezzogiorno, 897mila unità (16,9%), che raggiunge un’incidenza appena del 4,5%. Le iscrizioni per trasferimento di residenza dall’estero nel 2023 sono pari a 416mila, in lieve aumento (+1,1%) rispetto al 2022, ma in decisa crescita rispetto alla media dell’ultimo decennio (circa 314mila l’anno)».E ci pare evidente, guardando per esempio alla Nazionale italiana di calcio, che oriundi a parte – una costante del nostro movimento sin dagli anni Trenta del secolo scorso –, le seconde generazioni siano sottorappresentate. Michael Folorunsho al momento è l’unico, quando considerando la percentuale degli stranieri in Italia dovrebbero essere almeno due o tre. Perché? Perché è difficile per loro ottenere la cittadinanza italiana E se questo ha i suoi risvolti sportivi, immaginatevi, a cascata, i risvolti sociali ed economici di questo gap, di questo impedimento all’accesso alla nazionalità italiana. Un tema che una parte politica affronta digrignando i denti e un’altra con troppa timidezza.Se, quindi, le medaglie multietniche dell’atletica leggera hanno un senso, al di là dello sport, è di farci riflettere su chi la cittadinanza non ce l’ha, in un Paese che ti strizza l’occhio con lo ius soli sportivo solo quando sei già un’eccellenza – e magari spinge per fartela avere comunque –, ma ti ‘impedisce’ di diventarlo da cittadino e cittadina italiana.





Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...