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7.5.17

[ nuove leve del hipop rap italiano parte II ] Esce "Faccio un casino", il nuovo album dell'artista, tra hip hop e cantautorato ed intervista a Tommy Kuti autore di afroitaliano


 L'hipop  italiano oltre  alla classica  denucia   sociale  ( vedi  post precedente  : hipop \ rap  italiano nuove leve  per  ulteriori informazioni   ) sta diventando   anche  romanticismo ed  identita   come dimostrano  sia  


Esce il nuovo disco di Coez, ormai esperto navigatore di musiche che viaggiano disinvolte tra rap e pop, ed esce con un titolo divertente e provocatorio: Faccio un casino, che è anche il titolo del singolo che ha anticipato l’album: "Mi sono molto divertito a fare il video", racconta, "è un time lapse che mi sono fatto da solo con la telecamerina a campo fisso, mentre sistemavo la mia nuova casa, è realistico, alla lettera, è davvero la sistemazione della casa. Anzi l’idea mi è venuta proprio perché dovevo sistemarmi".

Video


C’è qualcosa di nuovo in questo lavoro, o sarebbe meglio dire un recupero di cose passate riviste alla luce di oggi?
"Ma sì, preferivo una scelta lo-fi, e si sposa con la copertina del disco, vecchie foto, è molto diverso da quello che facevo prima con immagini molto curate e video pettinati, e mi piacerebbe per questo lavoro rimanere così, su questa linea. Io sono stato visto in molte vesti diverse, ma per me non è un problema. Prima, quando stavo con la Carosello era più diffiicile, anche se devo essere onesto, non è che mi obbligassero a fare qualcosa, tutt’altro, diciamo che era un mio autocondizionamento, ora mi sento più libero. C’è tanto rap e anche le cose che non sono rap hanno quella natura, ci sono riferimenti, si capisce sempre che vengo da lì, è una cosa che nel disco di prima ho voluto eliminare e quindi c’è confusione sul mio progetto. Ma è vero che io vengo dal rap. È difficile dire che Faccio un casino sia un pezzo rap, magari fa incazzare quelli che vogliono rap ma io devo fare pace con questa cosa, non credo al fatto che chi comincia a fare rap deve continuare per forza a fare rap, io mi sono evoluto piano piano, a differenza di Neffa che ha fatto uno stacco radicale, io non sono mai stato così netto, e del resto continuo a collaborare coi miei amici, non è scontato che ogni artista si possa liberare, a volte anche il pubblico si dimostra conservatore. Però come dicevo, per quello che conta, in questo disco c’è anche tanto rap".

C’è una frase molto bella nel pezzo Occhiali scuri: "Non ti scordare mai gli occhiali scuri, non sai mai dove dormirai stanotte" e a dire il vero il nuovo video, legato a questo pezzo, è ancora più sporco, è rovinato, notturno, duro, graffiato…

"Sì, è vero, l’abbiamo girato con i cellulari, ripreso una sera al bowling con cena tra amici a bere e poi al locale, ho ripreso quello che succedeva, poi ci ho messo un effetto anni novanta tipo Vhs tutto rovinato, volevo mantenere tecniche lo-fi".








A proposito di passato, c’è qualcosa della tua attività di writer ancora in giro?
"Spero di no, sai com’è… avrei paura di denunce retroattive perché il nome è lo stesso. No, scherzo, il fatto è che ero più da metropolitane, quindi è andato tutto perso, anche se forse a pensarci bene qualcosa è rimasto, ci deve essere un vecchio graffito alla scuola di cinema cine-tv, dove andavo, o almeno qualche fan mi scrive che c’è ancora".

Stranamente, visto che parliamo di un disco con tantissime parole, nel libretto del cd non ci sono i testi. Come mai?

"Ho preferito metterci vecchie foto, roba introvabile, tanto ormai i testi li trovi dovunque, in un attimo, quindi volevo occupare meglio lo spazio del libretto. Però li ho messi nell’edizione in vinile. Lì c’è più spazio".







Video


Due coincidenze col disco di Fabri Fibra appena uscito: l'idea del fenomeno e un pezzo sulla mamma. Commenti?

"Allora tanto per cominciare il disco di Fabri si chiama Fenomeno come un mio vecchio pezzo e poi è vero, quello che ho appena finito inizia con “se ti senti chiamare fenomeno…”, sembra affatto apposta e invece non lo sapevo nemmeno, il disco l'avevo già finito tempo fa, e per quanto riguarda la mamma, potrei dire che è la mia prima canzone d'amore. Del resto sono cresciuto solo con la mia mamma e una canzone così gliela dovevo. Forse è troppo privata ma è anche il mio ruolo, ho sempre scritto cose personali".















sia il video e l'intervista da me fatta il 14 aprile quando poi per questioni di tempo sia miie che sue la pubbkico solo ora . Ma iniziamo dall'inizio parlando prima di lui per chi volesse maggiori informazioni su di lui le  trova  in questo  articolo di     http://www.rockol.it/

#AFROITALIANO, la prima canzone ufficiale di Tommy Kuti dopo la firma del contratto con la major Universal. La canzone narra l’esperienza di Tommy, un ragazzo di seconda generazione cresciuto nel nord Italia, in una piccola provincia della Pianura Padana.
Il suo obiettivo è di raccontare,  secondo    questo articolo di  http://www.spettakolo.it la storia dei ragazzi che, come lui, vivono la condizione di essere “afroitaliani”, ovvero giovani nati o cresciuti in Italia, ma con genitori provenienti dall’Africa.
Il video è diretto da Martina Pastori ed Edoardo Bolli ed è stato girato tra Milano, Brescia e Castiglione delle Stiviere (paese dove Tommy è cresciuto).
Nel video compaiono Edrissa “Idris” Sanneh, giornalista e opinionista conosciuto per la trasmissione televisiva Quelli che il calcio, il rapper/produttore Laioung, ed altri esponenti della comunità afroitaliana tra cui Loretta Grace, Evelyne Afaawua e Bellamy Okot.
Il videoclip di #AFROITALIANO è una citazione a In Italia,




 il video musicale del rapper Fabri Fibra. Quest’ultimo compare qui nei panni dello psicanalista, come Ambra Angiolini fece con lui nel video del 2009.
La strumentale della canzone è stata prodotta da Romeo Gottardi (Pankees), con gli arrangiamenti di Marco Zangirolami.
<< Tommy Kuti è >> da https://www.webl0g.net/2017/04/24/intervista-tommy-kuti-afroitaliano-rap-hiphop-culture/ il primo afroitaliano a firmare con una major, ad aprire la strada di un investimento che l’etichetta fa su un ragazzo nato ad Abeokuta, in Nigeria, e cresciuto da sempre in Italia… Il primo di tanti altri che verranno. Perché il mondo è cambiato, come dice lui stesso nel mirabile singolo #afroitaliano» (corsivo mio). Con queste parole Paola Zukar, la signora del rap italiano, introduce nel suo libro – Paola Zukar, Rap. Una storia italiana, Milano, Baldini & Castoldi, 2017, p. 163 – una nuova voce della scena musicale, quella di Tolulope Olabode Kuti alias Tommy Kuti.

Classe 1989, nato in Nigeria ma vissuto nella provincia lombarda, questo giovane dalla socievolezza e simpatia trascinanti si è affacciato al panorama discografico con un brano che è insieme rivendicazione e messaggio, senza quella dose di rabbia e supponenza che spesso il rap accoglie in sé. Afroitaliano è il primo singolo ufficiale con Universal Music e suona come una vera carta d’identità personale che racconta anche uno spaccato sociale che è proprio delle seconde generazioni.
Tommy Kuti

Le rime si rincorrono tratteggiando l’autoritratto di un artista che sa guardare attorno a sé con lo sguardo disincantato, in cui trovano spazio anche ironia e autoironia, non certo facili da sfoderare in una provincia che troppo spesso, ancora oggi, fa del pregiudizio il pilastro portante di un confronto con l’altro da sé. Ma la storia di Tommy comunica molto di più: è la (bella) prova di un’integrazione possibile, quella che si vive dalle zone più marginali del nostro Belpaese al centro città.E Kuti con la sua consapevolezza se ne fa portavoce anche con le sue stesse scelte di vita: lui che, dopo un anno di studi liceali all’estero e una laurea a Cambridge ha scelto di rientrare in Italia. Una decisione che, nel tempo dei “cervelli in fuga”, diventa un impegno nei confronti di se stesso, degli amici e di tutte le giovani generazioni di oggi. «Finita l’università ho pensato che avrei potuto rimanere in Inghilterra a lavorare, ma purtroppo o per fortuna non è andata così. Ho scelto di tornare in Italia – racconta Tommy – perché sentivo la necessità di raccontare la storia della mia gente, delle persone come me».

adesso la  mia  intervista  

A proposito di cittadini africani   associati al crimine, e all'essere parassiti  come commenti ?
Credo che purtroppo in Italia l’immagine generale degli Africani che viene veicolata è molto stereotipica, è basata più sui fatti di cronaca come gli sbarchi o i crimini che sulla realtà che effettivamente vive la gente sulla propria pelle.
Personalmente, tu stesso ti senti più    radice  o  seme oppure    come  s'intravede  dal testo finale  di  afroitaliano 

[Interlude: Fabri Fibra & Tommy Kuti] 
Ma lei si sente più africano o si sente più italiano?
Mi sento tanto Italiano quanto Africano, nel senso che mi sento nello stesso modo incluso ed escluso in entrambi i contesti.
Quando vado giù in Nigeria i miei cugini mi prendono in giro chiamandomi Oyinbo (Bianchetto) perchè non mangio piccante tanto quanto loro e perchè quando parlo il nostro dialetto, lo Yoruba, ho un accento divertente. Quando sono a Brescia invece i bresciani mi prendono per il culo perchè sono nero, e quando parlo in dialetto bresciano faccio effettivamente ridere (Potaaaa)  
Afroitaliano, perché sono stufo di sentirmi dire cosa sono o cosa non sono
Sono troppo africano per essere solo italiano e troppo italiano per essere solo africano
Afroitaliano, perché il mondo è cambiato

  ne  carne  ne  pesce quindi   ?
Non vuol dire ne carne ne pesce, vuol dire sia carne che pesce.

Quali sono gli stereotipi che più comunemente vengono addossati agli  africani  (  oltre al classico vu cumpra  ) e   quali sono quelli che ti offendono di più ?
Vucumpra, prostituta, gangster, spacciatore.
Sinceramente non mi offende nessuno di questi stereotipi perchè….io sono Tommy…non sono uno stereotipo, sono Afroitaliano.
Credi che le cose stiano migliorando?
Eh, Afroitaliano perchè il mondo è cambiato.
Cioè dopo che è uscito il video mi hanno scritto un sacco di ragazze interessate a scoprire la mia storia, gliela sto spiegando ;-)
Considerando che quando andavo al liceo le ragazze belle mi evitavano anche solo per il colore della pelle, si, posso dirti che ora il mondo è leegermente più aperto.
Visto che  Hai passato la maggior parte della tua vita in Italia anzi meglio diciamo  che  ci sei cresciuto  . Dichiarazioni come  quella  di Maio verso  i Rumeni   ti infastidiscono più in quanto Africano  o in quanto italiano?
In quanto essere umano.
una  domanda   forse ovvia e scontata  in quanto  sei ormai italiano visto che vivi   in italia  dall'età  di  due  anni  Per te come è stata l'integrazione?
Quando ero al liceo ero l’unico nero della classe, quando ho incominciato a fare rap sono diventato il primo nero ad aver firmato un contratto con una major…diciamo che ad un certo punto è inevitabile integrarsi quando sei il solo.
In ogni caso, pensando al fatto che i ragazzi che mi seguono sono bianchi, neri, gialli, forse posso dire di essere un bel esempio d’integrazione.
Credi che per un bambino che arriva oggi le cose siano più facili?
Si dai, non credo che potrebbe mai essere l’unico nero della classe, avrà compagnia.
Ci sono dei periodi, in seguito a fatti di cronaca o a dichiarazioni di politici, in cui è più difficile essere  afro italiano  in Italia?
E’ difficile essere Afroitaliano in Italia quando Balotelli gioca in nazionale, perchè siamo tutti sul filo del rasoio, se segna siamo Italiani, se sbaglia siamo dei negri.
Qual è la prima cosa che hai pensato leggendo la dichiarazione di Di Maio  sui rumeni  ?
Che nella politica purtroppo….Il mondo non è ancora cambiato.Eppure dichiarazioni di questo genere sparate senza alcuna prova non sono una novità.
che  ne  pensi  di bellofigo   e  Master Sina  alias  di  Anis Barka ?  
Credo che cambieranno il mondo, a modo loro.
  se  non avessi scoperto il rap  \  hipop  , quale  mezzo avreti usato  per il  tuo  obiettivo    cioè    di raccontare la storia dei ragazzi che, come  te   vivono la condizione di essere “afroitaliani”, ovvero giovani nati o cresciuti in Italia, ma con genitori provenienti dall’Africa.  ma  non solo  visto  che  l'italia  sta diventando semre  più mulkti etnnica  ?
Senza la musica sarei stato molto più triste, perchè probabilmente sarei rimasto a vendere Poundo Yam al negozio di mio papà, non puoi certo cercare di cambiare il mondo se sei in un african shop a lavorare.
 come    è  avvenuto il passaggio  da    non  sono  straniero   sono  solo straniero  ad  afroitaliano  ?
Non c’è stato un passaggio lo stesso ragazzo che non è straniero ma è solo stranero, in realtà è anche Afroitaliano.
Perchè il mondo è cambiato.




27.3.17

l'hipop e il rap non è solo fedez e J-Ax o bello figo in particolare . ecco le nuove leve : valentina ruibini ,lowlow, Master Sina


leggi anche


Nell'ultyimo ventennio hip hop  \ raper  è  uscito da  genere  di nicchia   (    Csoa   \  . C.S.A. ed  altri spazi   occupati ) è diventato   di massa  e  ancora  di più che negli anni 90 il rap \ hip hop ha sempre più successo e i suoi esponenti sono sempre più giovani rispetto ai quelli della mia generazione ( vedi url sopra ) . Infatti   è variegato che  è dificile tenere  conto dei gruppoi    che   nascono , muoiono  e  risorgono  della carriere  soliste   o doppie .  Ecco  una   mia sintesi sulle nuove  leve  .  Per esere  agiornati  dei continui mutamenti   ,  trovate  sopra   alcuni punti di riferimento



La prima è Valentina Rubini ( forse la più originale ) che pur   si rifacendosi    come il rapper  \  hipop   italiano   al modello originale  americano  ., lo fa   criticamente  con   originalità  e  nel  solco  delle denunce  sociali     vedere sia il  video   sotto   sia  vegano intollerante  senza  scendere   nell'ovvietà e nell'odio  e  violento  , e  negli stereotipi   di quelli americani
qui  trova    maggiori informazioni  su di lei  https://www.facebook.com/valentinarubiniveg/






 la seconda
è lowlow, vero nome Giulio Elia Sabatello, classe 1993, cresciuto con i miti di Eminem e Muhammad Alì, lowlow si è affermato prima sulla scena romana - dove ha esordito tredicenne nelle battle di freestyle – ed è approdato in Sugar con in dote milioni di visualizzazioni su YouTube, due mixtape che hanno scalato le classifiche digitali e una serie di collaborazioni artistiche tra le quali Gemitaiz, Briga, Rocco Hunt, Mostro. È da poco on-line con “Ulisse”, il suo singolo digitale d’esordio






che anticipa l’album di inediti “REDENZIONE” in uscita il 13 gennaio 2017, prodotto da Fausto Cogliati, che ne è anche autore della musica: un flow fuori dal comune, testi raffinati e ricchi di riferimenti culturali trasversali, una capacità di creare immagini d’impatto, mai banali e fortemente cinematografiche sono le sue caratteristiche principali. “Ulisse” è un biglietto da visita che non lascia indifferenti, un brano di eccezionale impatto emotivo, rappresentazione esplicita di come si può essere indotti ad usare violenza spinti dall’ipocrisia del sistema, ma anche metafora di un malessere generazionale e di un torpore che lowlow tenta provocatoriamente di scuotere non solo nei suoi coetanei.Il videoclip vedere sopra diretto da Yuri Santurri & Daniele Tofani per Trilathera, ha superato 5 milioni di visualizzazioni nelle prime due settimane dalla pubblicazione.“Nelle mie canzoni parlo quasi esclusivamente di Me, il resto lo conosco poco. Niko sono Io, con più senso pratico in un altro mondo in cui non esiste il Rap per sfogarsi - racconta lowlow - Certe volte la rabbia ti trasforma, la paura diventa forza e lasci andare tutte le emozioni, ti esprimi e non importa quanto drammatiche saranno le conseguenze. Tratto da una Storia non Vera”.
Insomma acido e ribellione allo stato puro cher alterna il linguaggio dei becero populismo cioè salvinismo ed ala estremista di grillini con la denuncia  sociale  raffinata di Valentina rubini

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il   terzo  Master Sina  alias  di  Anis Barka ecco la  sua storia  dalla   repubblica  d'oggi 





REGGIO EMILIA. Scappò in Europa a 12 anni nascosto in un camion nella stiva di una nave e ora, che ne ha 28, è uno dei rapper più famosi in Tunisia. La sua canzone "Clandestino", molto autobiografica, ha fatto 31 milioni di visualizzazioni su Youtube, mentre "Bye bye" ne ha 34 milioni. Master Sina lo stanno aspettando in patria per un tour nei principali festival (Kef, da ventimila spettatori) e nelle discoteche di Tunisi, Djerba, Hammamet o Sousse, conteso da tutte le tv e radio nazionali: girerà anche una fiction.
Una vera popstar, a casa sua, dove cantano a memoria anche le strofe in italiano. Ha girato, a sue spese, videoclip a Miami, Costa Azzurra e Dubai: auto, donne, lusso, soliti stereotipi rap. Da noi, invece, a Reggio Emilia all'anagrafe fa Anis Barka e - dopo aver fatto di tutto: lavapiatti, muratore, imbianchino... - ha un ristorante arabo in centro che gestisce in prima persona, con l'aiuto del cugino, e vive con la famiglia in un decoroso appartamento di periferia. Ha la faccia buona come il suo rap, allegro, positivo e senza rabbia.
Da clandestino in Italia a star del rap in Tunisia: Anis canta 'Bye Bye'




Nel tempo libero va in sala di registrazione, a Parma, dove si sta autoproducendo il secondo album, in cui ospita alcuni rapper italiani molto noti. È uno che ce l'ha fatta, e anche se nei suoi testi in arabo e italiano avverte "non pensiate che qui sia un Paradiso" o "ho visto fratelli affogare, c'è chi si è salvato e chi non è tornato", resta convinto che ancora oggi valga la pena tentare il sogno italiano.
"Da piccolo vedevo quelli che tornavano dall'Italia con la macchina, vestiti bene. Accanto a casa nostra a La Marsa, a nord di Tunisi, - racconta - c'era una fabbrica di mobili e materassi. A 12 anni tagliai la tela di un loro camion e mi infilai dentro, sbarcando a Marsiglia due giorni dopo. I miei avvisarono un conoscente che viveva lì e che mi diede riparo. Mio padre venne a riprendermi, ma non ci riuscì. Anzi, rimase anche mio fratello, più grande di un anno, e dopo qualche mese ci trasferimmo a Parma, da uno zio che lavorava in un hotel alla stazione. Ho imparato l'italiano in terza media, poi basta scuola. Per mantenermi ho fatto di tutto. A 17 anni mi sono trasferito a Bologna, sempre con mio fratello, e anche lì di giorno facevo il lavapiatti o il macellaio alla Bolognina, e la sera iniziai a fare il pierre in discoteca e organizzare feste. Sì, sono finito anche in qualche giro sbagliato, ci passiamo tutti, lasciamo stare. Per qualcuno non c'è scelta, ma un'alternativa invece si trova sempre".
Sei anni fa un amico cuoco gli offrì un lavoro a Reggio in quel ristorante che poi Anis ha rilevato e ha continuato a organizzare feste e concerti hip hop o latinos (anche di Mtv Zone). Finché - senza saper suonare uno strumento, cresciuto solo a rap americano o francese più Pausini, Ramazzotti e Ferro - l'estate scorsa ha provato a rappare anche lui con gli artisti che ingaggiava, come il tunisino Balti e l'algerino Reda Taliani, ed è nata la sua "Clandestino", registrata in studio a Lione.
"Voglio diventare ricco - dice il refrain - faccio contenta la mamma senza andare a picco. Arabo in Italia, scappato dal paese sulla barca, mi sono arrangiato, ho sbagliato, sono cresciuto, ho pagato, non devo dire grazie a nessuno. Quando da piccolo ti portavano il regalo, io ero in giro a cercare denaro...".







emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...