Rignano: liberi i bianchi Cpt per il "negro" | ||
Tutto ciò non è forse fascismo? | ||
Piero Sansonetti da Liberazione del 13-05-07 Noi non ci siamo occupati della scuola di Rignano. Quella al centro dello scandalo giornalistico-giudiziario di questi giorni. Sapete tutti cos'è successo: qualche settimana fa hanno fatto una retata di maestre, bidelli e amici vari delle maestre e dei bidelli, e li hanno sbattuti tutti in galera accusandoli di essere un branco di pedofili. Alcuni di loro hanno avuto le celle assediate giorno e notte dagli altri carcerati che li insultavano e minacciavano di pestarli. Poi si è scoperto che non era vero niente, neanche uno straccio di indizio: liberi. Il motivo per il quale noi non abbiamo mai scritto su questa vicenda è che - a naso - abbiamo sempre avuto la sensazione che fosse una montatura. E preferiamo, in genere, non cadere nelle trappole. Oggi però voglio raccontarvi un dettaglio di questa vicenda, che è sfuggito quasi a tutti (ne ho letto solo su "Repubblica"). Quando hanno finalmente aperto le porte del carcere ai sei arrestati, li hanno divisi in due gruppi: un gruppo di cinque persone e un gruppo di una sola persona. I cinque erano bianchi, il sesto era un po'"negro". Cingalese. Lui non è potuto tornare a casa, lo hanno mandato al Cpt. Sapete, credo, cosa sono i Cpt: campi di concentramento per stranieri clandestini. Rebibbia è un discreto carcere - specie ora, dopo l'indulto - il Cpt è un inferno. Il benzinaio cingalese innocente ha subìto un danno dalla decisione del giudice che ne ha riconosciuto l'innocenza: è finito in un girone peggiore di quello della prigione. Voi adesso potete stare anche due ore a spiegarmi che purtroppo è così, che la legge è quella, che per modificare la Bossi-Fini ci vuole un po' di tempo, che Kelum Weramuni de Silva (si chiama così il benzinaio di Rignano) aveva il permesso di soggiorno scaduto, che la legalità è un valore superiore, altissimo supremo e che va rispettato, eccetera, eccetera eccetera. Io non vi sto a sentire: da estremista quale sono ripeto quello che ho scritto qualche giorno fa: a me tutto ciò sembra frutto di una mentalità razzista, totalmente razzista, e nella sostanza fascista. Dicono tutti che sbaglio le parole, che non è bene dire fascista: il Cpt però mi ricorda troppo il confino dei tribunali speciali di Mussolini. E in fondo, Ustica o Ponza non erano peggiori delle stamberghe di Porto Galeria, dietro il raccordo anulare di Roma. Perché non si solleva una gigantesca protesta intorno a questo episodio, francamente paradossale e infame? Ve lo spiego: perché è in corso una monumentale campagna, nella quale sono impegnati anche uomini politici chiave del centrosinistra e grandi giornali democratici, volta a dare base di massa e legittimità culturale al nuovo razzismo. Ho letto ieri l'articolo di Miriam Mafai, su "Repubblica", e sono rimasto di ghiaccio. M iriam è una grandissima giornalista, la considero una delle due o tre persone dalle quali ho cercato di imparare qualcosa di questo mestiere. Ma perché anche lei - che è di sinistra, che è liberale - si allinea a questa orda, messa in movimento con quella lettera sciagurata di un lettore un po' fesso? Non riesco a spiegarmelo. Possibile che non capisca che legalità non vuol dire proprio un fico secco difronte a una società dove c'è chi gudagna 7 o 8 milioni di euro all'anno, e chi ne guadagna 10.000? Possibile che non capisca - senza andare a questi estremi - che nella metà di questo pianeta con il mio stipendio (e il suo penso che sia più grande) vivono 100 persone? Diceva il lettore di "Repubblica": «oddio, una ragazza nera non si è alzata in autobus davanti a una vecchietta, e io l'ho dovuta buttare giù dal bus... oddio ho visto uno scippo... oddio, una zingara sporcava...". Nessuno che gli abbia risposto: «non è illegale restare a sedere, è illegale buttare giù dal bus: sì sei razzista e basta, e hai anche commesso un reato». No, tutti a fargli i complimenti. E tutti a dire, a chi obiettava: «se ti capitasse a te di passare una giornata in autobus con gli albanesi e i rom!» Io vi do un consiglio (lo do anche alla mia amica Miriam): passate mezz'ora, solo mezz'ora davanti a un semaforo, dove delle ragazze puliscono i vetri e chiedono le elemosina; e ascoltate le reazioni e i commenti dei bianchi. Poi tornate davanti alla tastiera e scrivete un articolo: vedrete che vi verrà diverso, molto diverso da quelli scritti in questi giorni... 13/05/2007 da Liberazione |
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
14.5.07
Senza titolo 1826
11.5.07
Senza titolo 1818
Le prostitute di Padova risarciranno i clienti multati per via di un'ordinanza del sindacato con una prestazione gratuita. La disponibilità al risarcimento verrà comunicata ai clienti attraverso il bollino rosa,anche detto bollino dell'amore,che verrà indossato sopra i vestiti e segnato sul marciapiede. E' la contromisura decisa dalle prostitute che operano nella città veneta dopo che il sindaco Flavio Zanonato ha rispolverato un'ordinanza di nove anni fa grazie alla quale si possono multare per intralcio alla circolazione automobilistica i clienti delle prostitute.Tale news è confermata anche da tale flash dell'agenzia ANSA del 2007-05-11 11:10 di cui riporto sotto l'articolo
PADOVA
Prestazione gratis ai clienti padovani se dovessero essere multati dai

Come spiegano oggi i giornali locali,che all'iniziativa ha aderito oltre l'80% delle ragazze che lavorano in strada.
IL bollino rosa dell'amore sara' indossato sopra i vestiti cosi' il cliente sapra' che se multato sara' risarcito con una prestazione gratis .
Una bella protesta simbolica con cui sono d'accordo perchè come affermano i ricercatori di Transcrime la politica del non intervento favorisce la tratta e lo sfruttamento delle ragazze . Il vuoto legislativo lascia mano libera ai sindaci : dalle telecamere di Veltroni ai progetti di quartieri per adulti .
Priimo fra tutti toglie le luccioe dala strade e li porta verso gli appartamenti , dove è più difficile venire beccati . La tratta continua -- di Nicola -- si fa meno visibile e nel caso della Svezia, sembra si sia pure ridotta. Anche se essendo un fenomeno clandestino è difficile avere stime esatte.Spesso le prostitute, poi, si spostano nei Paesi limitrofi, dove la legislazione è più morbida » (...) .
Quindi una politica restrittiva ( proibizionista ) va dunque a vantaggio di chi ( nella maggior parte dei casi , parlo per esperienza personale visto che ad Olbia a casa di amici e conoscenti certi quartieri sono invibibili per questo problema , ipocritamente ) non vuole le prostitute sulle strade ed il mercato ( perchè di tale fenomeno si tratta ) del sesso a cielo aperto .
Ma lo stato mettendo fuorilegge e reprimendo tale fenomeno da' una chiara indicazione che esso sia male . Una convenzione, certo giusta , ma limitandosi solo a proibirla non risolve certamente tale fenomeno .
Infatti nel lungo periodo oltre a creare una'opposizione culturale al fenomeno , si creano efettivi negativi .
Per esempio si è indotti a credere che la tratta e lo sfruttamento della prostituzione ( soprattuttto quella minorile ) da parte delle mafie non esista e che gente senza scrupoli trascini con l'inganno o con la minaccia le donne in strada o pegio,se tale politica repressiva continuasse nelle case e negli appartamenti affittati o subaffittati .
Allora : << (...) lasciare le prostitute in strada ? --- continua l'articolo intervista ad Andrea di nicola --- direi di no .
Una una politica sulla prostituzione deve ridurre i danni dello sfruttamento delle ragazze,senso d'insicurezza dei cittadini, contaggio da malattie infettive, ecc. Non so se il modello svedese possa essere una soluzione . Una cosa è certa la politica dello struzzo e del lasciar fare addottata in tale ambito dal nostro paese non paga . Anzi accuisce i danni sociali.Un intervento dello stato è neccessario .Ma trovare un metodo giusto spetta ai politici non ai ricercatori >> .
Quindi a mio avviso sarebbe giusto, anche se per alcuni\e non eticamente giusto , ma è il male minore , che ritornino i postriboli \ case chiuse gestite dallo stato visto che fin'ora non si riusciti a gestire tale fenomeno .
Il quale poteva essere risolto con una politica familiare e sociale meno ipocrita e confessionale come dice l'utente vogliopartire
23.10.06
Senza titolo 1481
la prima è tratta da www.repubblica.it
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La rivolta dei rifugiati a Caltanissetta "Prendono soldi per farci scappare dal Cpt" I 55 giorni nel centro siciliano degli scampati del naufragio del 20 agosto Hanno lo status di perseguitati politici e ora denunciano i maltrattamenti Nelle "evasioni" le responsabilità di interpreti e mediatori culturali
dal nostro inviato GIOVANNI MARIA BELLU
Sono tutti africani neri, eritrei per la maggior parte, e somali. In questo tempo hanno ottenuto chi l'asilo politico, chi la protezione umanitaria, e il relativo permesso di soggiorno. Non sono "clandestini": potrebbero stare tranquilli, in Italia, coi loro incubi. Eppure hanno deciso di raccontare il loro soggiorno a Caltanissetta, dove hanno vissuto fino a quando sono stati trasferiti ad Agrigento, in uno dei centri del "Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati".
È una specie di rivolta. Una rivolta non violenta realizzata attraverso testimonianze concordanti. Le fughe degli immigrati nordafricani, messe in atto col sostegno di loro connazionali che lavorano a Caltanissetta come interpreti o mediatori culturali, sono un ricordo comune. E, con esse, le vessazioni piccole e grandi. Dice Mihretab Malik, eritreo 35enne: "Quando da Lampedusa sono stato portato nel Centro di Caltanissetta ho assistito a fatti che non immaginavo potessero accadere in un paese come l'Italia. Eravamo quasi tutti africani, ma gli operatori, con l'eccezione di tre di loro, ci distinguevano in base al colore della pelle. Noi neri dovevamo pagare per ogni cosa: le schede telefoniche, le sigarette, i vestiti. Dovevamo fare la fila per parlare col medico mentre gli africani bianchi ci passavano davanti". Mihretab, e il sudanese del Darfur Mansur Basher, sono gli unici del gruppo ad aver compiuto una traversata del Mediterraneo relativamente tranquilla. Tutti gli altri - sette eritrei e due somali - si trovavano sullo stesso gommone scassato da dove Mekonem ha visto annegare la giovane moglie. Adhinom Petros, eritreo, 22 anni, ha assistito alla morte di 3 suoi cugini. A Caltanissetta, poi, alla fuga di 24 arabi, al solito col sostegno dei social workers nordafricani: "Era la notte tra il 24 e il 25 settembre. Hanno aperto con le cesoie un varco nella recinzione e sono usciti. Fuori dal campo c'erano dei poliziotti, ma sono rimasti assolutamente immobili".
Tefit Okbatsion, 24 anni, eritreo, nel naufragio del 20 agosto ha visto morire uno zio, Biran Araya. Anche lui ha ricordi precisi delle fughe: "Ho visto fuggire una trentina di arabi. So che pagavano per farlo. Ho sentito che ne parlavano chiaramente tra loro. La polizia era immobile. Quando ho chiesto spiegazioni a uno degli operatori mi ha risposto che non erano cose che mi riguardavano".
Tutti gli ex ospiti di Caltanissetta hanno un ricordo preciso del tariffario dei commerci interni. Racconta il somalo Aidrous Abdelkadir: "Per 4 sigarette un euro, per un pacchetto 5 euro, per uno zaino 10 euro". Persino sulle le carte telefoniche un ricarico di 50 centesimi. Ma Debesay Fikadu, eritreo, afferma di essersi sentito chiedere del denaro per poter avere dei farmaci per le emorroidi. E Mihretab Malik, che come tutti i giovani eritrei ha fatto forzatamente il militare e ha nozioni di pronto soccorso, parla con indignazione di quelle pastiglie bianche, sonnifero, che venivano distribuite come farmaco generale per tutti i mali dopo visite frettolose.
Tra il 25 e il 27 settembre, tutti i componenti del gruppo hanno avuto il colloquio con la commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ottenuto il permesso di soggiorno, sono entrati nella seconda fase del percorso e destinati al centro del "Progetto Tarik", gestito ad Agrigento dalla "Cooperativa Acuarinto".
Questo centro, che gode di un finanziamento annuo di oltre 400.000 euro per ospitare 55 immigrati al giorno, si trova in un fabbricato all'interno del vecchio ospedale. Non esiste la cucina: la colazione e la cena sono realizzati da un servizio di catering, per il pranzo gli ospiti devono recarsi alla Mensa della solidarietà. È stato là che, dieci giorni fa, hanno incontrato alcuni operatori di Medici senza frontiere. "Ancora - spiega Guilhem Molinie, responsabile di Msf per l'area - non usufruivano di assistenza sanitaria. Così, anche se il nostro servizio è per immigrati irregolari e loro non lo sono, li abbiamo informati dell'esistenza dell'ambulatorio gratuito, che gestiamo per conto della Ausl. Nessuno di loro ci ha detto di aver avuto, fino a quel momento, qualche forma di assistenza psicologica".
Di certo martedì mattina, Mekonem era nella sede della "Mensa della Carità" e riceveva assistenza psicologica da Maria Stella Rizzo, che tutti chiamano suor Stellina, una religiosa che manda avanti eroicamente la mensa con pochi soldi e l'aiuto di volontari, preparando ogni giorno 150 pasti. Mekonem, che evidentemente non aveva il problema di "interventi invasivi", le chiedeva come fare per ottenere un certificato di morte presunta della moglie. Il corpo, infatti, non è stato recuperato. In Eritrea c'è l'abitudine di arrestare i familiari di chi espatria. Fratelli, padri e madri diventano ostaggi dello Stato e, per uscire, devono sborsare una somma equivalente a 2mila dollari. "I miei suoceri - spiegava Mekonem - sono stati arrestati. Ma se riuscirò a dimostrare che mia moglie è morta, potranno tornare in libertà".
(21 ottobre 2006)
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Ora ciò non è una news.google.it/news cio è solo punta dell'iceberg cercando corruzione o vioolenza dei nei cpt e vedrete che ci sono molti siti considerati coglioni che denunciano tali cose o a cui non si da seguito perchè vengono essendo dell'estrema sinistra considerati come mosche bianche . Inoltre di tali eventi oltre al racconto uscito su tutti i giornali Mariana Dontcheva direttrice di un museo in Bulgaria. finita nei cpt ho sentito testimonianze dirette o indirette da gente che ci è passata o ci ha o ha avvuto parenti o amici che ci sono finiti . lascio il mio commento con questo murales di orgosolo da me fotografato il 22\10\21006 alle cortes apertas di orgosolo . su cui c'è scritto : << siamo tutti clandestini >>
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