Senza titolo 1481

 leggo solo  ora  visto   gli impegni  salvo il fine settimana    di queste  due    news
la prima  è   tratta  da www.repubblica.it

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La rivolta dei rifugiati a Caltanissetta   "Prendono soldi per farci scappare dal Cpt" I 55 giorni nel centro siciliano degli scampati del naufragio del 20 agosto Hanno lo status di perseguitati politici e ora denunciano i maltrattamenti Nelle "evasioni" le responsabilità di interpreti e mediatori culturali







dal nostro inviato  GIOVANNI MARIA BELLU






AGRIGENTO - "Una notte ne ho visti scappare una trentina, poi un'altra volta cinque. Erano tutti africani come noi, ma di pelle bianca". Mekonem Kribrome, 24 anni, cittadino eritreo, è uno dei dieci superstiti del naufragio avvenuto il 20 agosto a 70 miglia da Lampedusa. Ha visto annegare sua moglie Lemlem, incinta di 6 mesi, e altri 28 compagni di viaggio, tra i quali 4 donne e un bambino di 2 anni. È un uomo distrutto, ma quei 55 giorni a Caltanissetta, tra il Centro di "accoglienza" e quello di "permanenza temporanea", li ricorda molto bene. Con lo stesso inorridito stupore degli altri superstiti.
Sono tutti africani neri, eritrei per la maggior parte, e somali. In questo tempo hanno ottenuto chi l'asilo politico, chi la protezione umanitaria, e il relativo permesso di soggiorno. Non sono "clandestini": potrebbero stare tranquilli, in Italia, coi loro incubi. Eppure hanno deciso di raccontare il loro soggiorno a Caltanissetta, dove hanno vissuto fino a quando sono stati trasferiti ad Agrigento, in uno dei centri del "Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati".
È una specie di rivolta. Una rivolta non violenta realizzata attraverso testimonianze concordanti. Le fughe degli immigrati nordafricani, messe in atto col sostegno di loro connazionali che lavorano a Caltanissetta come interpreti o mediatori culturali, sono un ricordo comune. E, con esse, le vessazioni piccole e grandi. Dice Mihretab Malik, eritreo 35enne: "Quando da Lampedusa sono stato portato nel Centro di Caltanissetta ho assistito a fatti che non immaginavo potessero accadere in un paese come l'Italia. Eravamo quasi tutti africani, ma gli operatori, con l'eccezione di tre di loro, ci distinguevano in base al colore della pelle. Noi neri dovevamo pagare per ogni cosa: le schede telefoniche, le sigarette, i vestiti. Dovevamo fare la fila per parlare col medico mentre gli africani bianchi ci passavano davanti".
Mihretab, e il sudanese del Darfur Mansur Basher, sono gli unici del gruppo ad aver compiuto una traversata del Mediterraneo relativamente tranquilla. Tutti gli altri - sette eritrei e due somali - si trovavano sullo stesso gommone scassato da dove Mekonem ha visto annegare la giovane moglie. Adhinom Petros, eritreo, 22 anni, ha assistito alla morte di 3 suoi cugini. A Caltanissetta, poi, alla fuga di 24 arabi, al solito col sostegno dei social workers nordafricani: "Era la notte tra il 24 e il 25 settembre. Hanno aperto con le cesoie un varco nella recinzione e sono usciti. Fuori dal campo c'erano dei poliziotti, ma sono rimasti assolutamente immobili".
Tefit Okbatsion, 24 anni, eritreo, nel naufragio del 20 agosto ha visto morire uno zio, Biran Araya. Anche lui ha ricordi precisi delle fughe: "Ho visto fuggire una trentina di arabi. So che pagavano per farlo. Ho sentito che ne parlavano chiaramente tra loro. La polizia era immobile. Quando ho chiesto spiegazioni a uno degli operatori mi ha risposto che non erano cose che mi riguardavano".
Tutti gli ex ospiti di Caltanissetta hanno un ricordo preciso del tariffario dei commerci interni. Racconta il somalo Aidrous Abdelkadir: "Per 4 sigarette un euro, per un pacchetto 5 euro, per uno zaino 10 euro". Persino sulle le carte telefoniche un ricarico di 50 centesimi. Ma Debesay Fikadu, eritreo, afferma di essersi sentito chiedere del denaro per poter avere dei farmaci per le emorroidi. E Mihretab Malik, che come tutti i giovani eritrei ha fatto forzatamente il militare e ha nozioni di pronto soccorso, parla con indignazione di quelle pastiglie bianche, sonnifero, che venivano distribuite come farmaco generale per tutti i mali dopo visite frettolose.
Tra il 25 e il 27 settembre, tutti i componenti del gruppo hanno avuto il colloquio con la commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ottenuto il permesso di soggiorno, sono entrati nella seconda fase del percorso e destinati al centro del "Progetto Tarik", gestito ad Agrigento dalla "Cooperativa Acuarinto".
Questo centro, che gode di un finanziamento annuo di oltre 400.000 euro per ospitare 55 immigrati al giorno, si trova in un fabbricato all'interno del vecchio ospedale. Non esiste la cucina: la colazione e la cena sono realizzati da un servizio di catering, per il pranzo gli ospiti devono recarsi alla Mensa della solidarietà. È stato là che, dieci giorni fa, hanno incontrato alcuni operatori di Medici senza frontiere. "Ancora - spiega Guilhem Molinie, responsabile di Msf per l'area - non usufruivano di assistenza sanitaria. Così, anche se il nostro servizio è per immigrati irregolari e loro non lo sono, li abbiamo informati dell'esistenza dell'ambulatorio gratuito, che gestiamo per conto della Ausl. Nessuno di loro ci ha detto di aver avuto, fino a quel momento, qualche forma di assistenza psicologica".

Lo sgomento per i giorni a Caltanissetta, ad Agrigento è diventato rabbia. Non solo per la perenne vista del mare che in ogni momento risveglia la memoria dell'orrore. "Prima che lasciassimo il Cpt - racconta Mihretab Malik - ci avevano detto che ad Agrigento la nostra condizione sarebbe cambiata. Avremmo studiato la lingua italiana, avremmo avuto assistenza psicologica. Non era vero". "Sono fortemente traumatizzati - afferma Donato Notonica, coordinatore del "Progetto Tarik" - e lo psicologo suggerisce in questi casi di evitare di attuare interventi troppo pressanti e invasivi".

Di certo martedì mattina, Mekonem era nella sede della "Mensa della Carità" e riceveva assistenza psicologica da Maria Stella Rizzo, che tutti chiamano suor Stellina, una religiosa che manda avanti eroicamente la mensa con pochi soldi e l'aiuto di volontari, preparando ogni giorno 150 pasti. Mekonem, che evidentemente non aveva il problema di "interventi invasivi", le chiedeva come fare per ottenere un certificato di morte presunta della moglie. Il corpo, infatti, non è stato recuperato. In Eritrea c'è l'abitudine di arrestare i familiari di chi espatria. Fratelli, padri e madri diventano ostaggi dello Stato e, per uscire, devono sborsare una somma equivalente a 2mila dollari. "I miei suoceri - spiegava Mekonem - sono stati arrestati. Ma se riuscirò a dimostrare che mia moglie è morta, potranno tornare in libertà".

(21 ottobre 2006)
 
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Ora ciò non è una  news.google.it/news  cio è solo
punta dell'iceberg  cercando corruzione  o vioolenza  dei nei  cpt  e vedrete che ci sono molti siti considerati coglioni che  denunciano tali cose o a cui non si da  seguito perchè vengono  essendo dell'estrema sinistra  considerati  come mosche bianche  .  Inoltre  di tali eventi oltre  al racconto  uscito su tutti i giornali  Mariana Dontcheva  direttrice di un museo in Bulgaria.  finita   nei cpt  ho sentito testimonianze dirette o indirette   da gente che  ci è passata  o  ci ha  o ha avvuto parenti o amici che  ci sono  finiti . lascio il mio commento  con  questo murales di orgosolo da me fotografato il 22\10\21006 alle cortes apertas di orgosolo  . su cui  c'è scritto  : << siamo tutti  clandestini >>












  

P.s
  vista la sua grandezza e non avendo una  digitale professionale   ho  fatto tre  " scatti "  anzi  che uno  solo

La  seconda  news   che mi ha ingannato  è  presa Dal blog di diego marchesi Venerdì, 22 Settembre 2006 - 4:20pm



Come ci si spiega la decisione di Italia dei Valori di votare contro l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sui gravi fatti del G8 di Genova 2001  ? Diaz,Bolzaneto,Pestaggi,Abusi,Torture,Infiltrati, Disordine pubblico,Repressione e Violenze su gente inerme, Criminalizzazione dei pacifisti e accondiscendenza verso i vandalismi…tutto questo non può avere Responsabilità Politiche ? Le vittime non hanno diritto ad ottenere chiarezza sulla vicenda? (si veda nei link finali il caso di Mark Covell, giornalista inglese) .   L’inchiesta è chiaramente promessa nel programma  dell’Unione ( pag.77 ), programma che tutti i partiti hanno firmato e che gli elettori conoscevano.Visto che per quanto riguarda il partito di DiPietro ci si è scandalizzati per la condotta di DeGregorio, ricordo quale altro personaggio annovera tra le sue fila un partito che si definisce di centro-sinistra!    Enrica Bartesaghi  Presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova .. ha scritto  ;                                                                                              :



*Complimenti all’avvocato Li Gotti, nuovo sottosegretario alla Giustizia ! Dopo una militanza a destra più che trentennale, nel 2003 passa sull’altro fronte e  aderisce a “L’Italia dei Valori”. Penalista, conosciuto per essere stato difensore di pentiti deflagranti quali Buscetta, Contorno, Brusca.                 
Luigi Li Gotti, 55 anni, è stato avvocato di parte civile nel processo per la strage di Piazza Fontana, ha rappresentato i familiari del maresciallo Leonardi nel processo Moro, ha tutelato la famiglia del commissario Calabresi in un lungo iter processuale. Crotonese, Luigi Li Gotti vive e lavora a Roma, con la sua famiglia. A Crotone ha cominciato a fare politica alla fine degli anni sessanta nelle organizzazioni giovanili del Msi, partito del quale è diventato successivamente segretario di federazione e che ha rappresentato in Consiglio comunale dal 1972 al 1977. In un cassetto, l’avvocato Li Gotti custodisce le sue 35 tessere d’iscrizione annuale al Msi e poi ad An. Per chi volesse  approfondire    consulti  questo sito http://snipurl.com/105fi
IL personaggio  in questione  attualmente  è  il Responsabile Dipartimento Giustizia Italia dei Valori e (ex)avvocato difensore di Gratteri uno degli imputati tra i più alti in grado per le violenze alla scuola Diaz nonostante, o forse grazie alla sua presenza alla Diaz, pluripromosso.  Ricordo che l’onorevole Antonio Di Pietro, contribuì all’affossamento nella precedente legislatura all’introduzione del reato di tortura in Italia: dal quotidiano il il maanifesto, 4/12/2003:

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…sono tutti favorevoli a punire la tortura…


però non si possono «prevedere dieci anni di carcere per chi cerca di investigare» (Antonio Di Pietro, ex pm).
L’avvocato Li Gotti, nel mese di dicembre 2003 ha chiesto di spostare il processo Diaz a Torino, ora chiederà di spostare Gratteri da questore di Bari a Roma, per più alti incarichi ….
Ci manca solo l’amnistia per chiudere definitivamente il processo per Bolzaneto……..


Le vittime delle violenze, degli abusi e delle torture della scuola Diaz e di Bolzaneto, ringraziano.


Enrica Bartesaghi


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Ricordo che la stessa contrarietà alla commissione è stata espressa da ROSA NEL PUGNO e UDEUR
                                                                                                                                                       



per chi volesse  sapere  perchè    su tali fattio occorre un altra commissione si legga  questi  url e questi artioli

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  1. intervista della BBC a Mark Covell, ridotto in fin di vita alla Diaz

  2. Servizio della BBC sul caso Diaz

  3. Link a video con intervento di Mark Covell

  4. Articolo di “Bellaciao.Org”

  5. articolo “VeritaGiustizia.It”

  6. Intervento citato nella notizia

  7. Articolo di Carta.Org - 1

  8. Articolo di Carta.Org - 2








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