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12.8.24

Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport ed evitare la propaganda xenofoba e ultra nazionalista alla va

 Gli atleti italiani sono statitutti   straordinari : la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport
Gli atleti italiani sono stati straordinari Queste Olimpiadi 2024  secondo  i  sovranisti   sono cominciate male. Perché al di là di qualsiasi considerazione sulle disorganizzazioni francesi o sui risultati, nulla potrà lenire l'amarezza per il fatto che dovevano svolgersi a Roma. Che Gimbo Tamberi e Marcell Jacobs avrebbero dovuto difendere i loro titoli sulla pista dell'Olimpico e che gli atleti e i turisti avrebbero dovuto invadere la Capitale. Nonostante questo, la spedizione italiana a Parigi è partita sotto i migliori auspici, con l'obiettivo di eguagliare il record di Tokyo e, se possibile, provare a superarlo.Al contrario, giorno dopo giorno, tutto sembrava volgere al peggio. Tra infortuni, sfortuna, arbitraggi incredibili, polemiche inutili, record assoluto di quarti posti e medaglie di legno, tra il covid di
Antonella Palmisano , tra i calcoli di Gianmarco Tamberi e l'incidente al tendine di Vito Dell'Aquila ad un passo dal bronzo, l'obiettivo sembrava sfumare. Eppure, nonostante tutto e tutti, le Olimpiadi di Parigi si chiudono con un bilancio semplicemente straordinario per i colori italiani e con l'obiettivo agguantato con coraggio e orgoglio proprio all'ultimo giorno. Infatti abbiamo contemporaneamente eguagliato e superato Tokyo (40 medaglie ma molto più pesanti con 12 ori e 13 argenti), classificandoci davanti a Germania e Spagna, ma soprattutto abbiamo offerto l'immagine di un team eccezionale, capace di primeggiare praticamente in ogni ambito sportivo. Ma  soprattutto   alcuni    4  posti   che mettono  in  evidenza  un  potenziale   che se sviluppato  e  curato      darà    delle sorprese  alle prossime  olimpiadi   .  80 finali, 241 atleti su 400 impegnati nelle finali, quarta nazionale al mondo secondo l'indice di competitività del Cio. E tutto questo continuando ad avere problemi enormi nella pratica sportiva, continuando a investire pochissimo nello sport a scuola,e nelle  associazioni locali che no siano necessariamente le forze armate , continuando a perdere milioni di italiani all'attività sportiva. Ma soprattutto finitela di fare propaganda e di vedere lo sport solo come un qualcosa in cui si debba per forza vincere a tutti i costi e chi perde è uno sfigato . Il sucesso arriva lo stesso predete esempio da come Velasco ha porto all'oro la nazionale di pallavolo femminile .Ma molte volte la parte migliore di noi viene fuori così: col tempo e quasi d’improvviso. perchè  


il  resto sono  chiacchere   e discorsi al vento   perchè  ed    questo commento  ad  un mio post     sulle sparate  di Vanacci    e  l'oro  della  nazionale ella pallavolo   maschile : <<     I

nutile pensarci sopra certe idee e il sangue infetto nn muoiono mai >> ma soprattutto la bellissima risposta quando La prima domanda - la primissima - che hanno fatto a Myriam Sylla di ritorno dall’Italia non è stata sulla partita eccezionale che ha giocato, sull’oro storico, sulla difesa clamorosa e

sui buchi che ha lasciato sul campo in attacco.No, le hanno chiesto cosa pensa delle parole di Vannacci.
La risposta di Sylla è un capolavoro e, al tempo stesso, una lezione di giornalismo.“Non so neanche cosa ha detto, cioè mi stai facendo questa domanda perché me la devi fare e me la vuoi fare.
Io non so neanche cosa ha detto e sinceramente non mi interessa.Io ho questa al collo e ne vado fiera”.
Fine. Non esiste risposta migliore al nulla che il nulla stesso. Niente. Zero.Certi deliri non meritano neanche risposta.Infatti    Il  post    d'integrazione  per   il blog      allo sfogo pubblicato  sui  miei social  appena  appreso  dei deliri di Vanacci  e   di Vespa  rimane  nel  vento  .
 Non basta      quanti spazio  gli si da  sui  media  e  sui social spaccando ed avvelenando l'aria nel nostro paese . Ma soprattutto la cosa divertente,e che il generalissimo,per tutte queste persone,non ha mai fatto un piffero di nulla,loro per lui hanno fatto,votandolo gli hanno assicurato uno stipendio fisso,senza fare un kaiser,visto che manco i peggiori leader della destra lo hanno voluto nel loro schieramento,e qui invece ci sono persone che a momenti lo elevano a santo    e  ail  salvatore dei  costumi  e della moralità   pubblica   
Però   non resisto     e  una cosa, un’ultimissima cosa, credo vada detta. Anzi, urlata in questo Paese di sordi culturali e razzismo di ritorno (e pure di andata).
Se ci ha insegnato qualcosa questa Olimpiade da record, è che l’italianità - la tanto sbandierata italianità - forse davvero esiste, ma è lontana anni luce da quella che vorrebbero inculcarci ogni giorno i Vannacci e chi - peggio ancora dei Vannacci - i Vannacci li compra, li vota, li crea. Li scatarra al bar sotto forma di rutto.
L’italianità è quella di Paola Egonu, figlia di un camionista e una infermiera nigeriani che si sono spaccati la schiena per anni solo per darle un futuro. E che ha dovuto aspettare 16 anni per avere quella cittadinanza che lei, nata a Cittadella, accento veneto, avrebbe dovuto avere di diritto.
L’italianità è Myriam Sylla, palermitana figlia di genitori ivoriani. Quell’abbraccio al padre con la medaglia d’oro al collo è uno dei momenti più commoventi di quest’Olimpiade.
Italianità è Larissa Iapichino. Che invece per alcuni è italiana solo quando vince, mentre se arriva quarta diventa subito “nera”, “straniera”, nella forma peggiore di razzismo che esista, quello che si misura sulla vittoria, sui soldi, sul “merito”. Se vinci, sei dei nostri. Altrimenti.
Italianità è Mattia Furlani da Marino, figlio di due italiani, la mamma di origini senegalesi.
Italianità non ha niente a che vedere col colore della pelle, ma con la lingua che parli, il modo in cui porti l’azzurro indosso, il luogo in cui sei nato, cresciuto o quello in cui sei arrivato quando sembrava tutto perso. Anche questa è una forma di italianità, tutt’ora negata da chi dietro uno strato trasparente di pelle di pochi millimetri (quello che dà la pigmentazione) vede confini, muri, steccati, minaccia, paura.
Arriverà anche quel momento, è solo questione di tempo. Neanche si sono resi conto, i tutori legali di tradizioni scritte col sangue degli altri, che hanno già perso, che la Nazionale simbolo di queste Olimpiadi, il volley femminile, è già un modello in scala ridotta dell’Italia multiculturale di oggi e di domani.
È già così. È così ogni giorno, in ogni classe o aula universitaria, in ogni cantiere, ufficio, stazione, ristorante, oratorio, campetto di periferia. Solo che se ne accorgono ogni volta, coi riflessi ritardati, nei 15 giorni delle Olimpiadi. Quando quell’italianità vince e, dunque, esiste.
Ma l’italianità è soprattutto quella che non vince. Perché non è una medaglia a certificare una cittadinanza o un passaporto. Se te la danno in premio, non è più un diritto ma un privilegio.
L’italianità è in questi volti qui sopra, non nelle varie sfumature di metallo pregiato di cui sono fatte le loro medaglie. È nel modo in cui ci sono arrivati, nel percorso, nelle offese subite, nel modo in cui hanno reagito, si sono rialzati. Vincere o perdere, poi, è solo questione di dettagli. “Di due palloni”. Cit.
Come ha scritto qualcuno, se gli va bene, è
così. Se non gli va bene, sarà così lo stesso. Solo la vivranno molto, molto, molto peggio.
Gli sia lievissima. L‘italianità.

11.6.19

I segreti delle onde della Sardegna svelati da Andrea Bianchi fotografo surfista

  da  La nuova  sardegna  del 10\6\2019

I segreti delle onde della Sardegna svelati dal fotografo surfista Gli scatti di un 35enne di Oristano selezionati dalle riviste sportive più prestigiose. È il professionista con il maggior numero di pubblicazioni nel Mediterraneo


                                         di Claudio Zoccheddu


 

SASSARI. L’obiettivo di un surfista è trovare l’onda perfetta per poi domarla sopra una tavola. Non è facile, ovviamente, ma loro ci provano comunque. Poi c’è qualcuno che alza l’asticella e che al sogno di gettarsi dentro al tubo - il tunnel formato dalla cresta che si chiude sull’onda - aggiunge un difficoltà: fotografarlo. Ma non per confezionare uno scatto qualsiasi, uno di quelli buoni al massimo per Instagram, piuttosto per ricavare un’immagine destinata a fare il giro del mondo.Andrea Bianchi, oristanese 35enne, ha scelto di mixare le sue due passioni, surf e fotografia, riuscendo anche a inventarsi un lavoro. Adesso è un fotografo professionista, le sue foto hanno già fatto il giro del mondo e sono state pubblicate da prestigiose riviste specializzate: «Il 28 giugno uscirà l’annuario del surf europeo – spiega Andrea – che includerà alcune delle mie foto di surf nel Mediterraneo. A dicembre dello scorso anno sono stato inserito nelle 20 session memorabili del 2018 da “Wavelenght”. Sempre a dicembre sono diventato collaboratore per The Inertia, uno dei network di surf più importanti del mondo. Prime Surfing, nell’edizione di agosto pubblicherà un mio portfolio e una bella intervista. Poi c’è un altro portfolio che riguarda le mie foto a pellicola e uscirà a breve su Damp la rivista italiana».


Gli impegni, insomma, non mancano. E nemmeno il lavoro. Quello che manca, perlomeno a chi non conosce Andrea, è il pregresso. Perché non ci si improvvisa fotografi, nonostante chi abita i social network possa anche essere indotto a credere il contrario: «La mia passione per la fotografia si è accesa quando mio padre mi ha regalato una macchina fotografica. Ero piccolo ma ne subivo il fascino». L’approccio, però, non era stato semplice: «La mia prima macchina fotografica scattava su pellicola, con le difficoltà che ne derivano».Per fortuna Andrea non si è arreso e quando la rivoluzione digitale ha messo in saccoccia anche i 100 e passa anni di fotografia “chimica”, la sua passione si è riaccesa: «Per un neofita il digitale è di gran lunga più semplice, sia da imparare sia da gestire – spiega – e allora ho iniziato con i ritratti». Ma c’era qualcos’altro che stava per travolgere Andrea. Qualcosa che ha il gusto salmastro dell’acqua di mare e la forza indomabile della natura. In una parola: surf. «Ho scoperto questo fantastico sport e ci ho trasferito la mia passione per la fotografia». Una scelta azzeccata che ha permesso ad Andrea di affinare la tecnica allegando ai suoi portfolio non solo i ritratti ma anche gli scatti realizzati in mare. Le occasioni di immortalare onde e surfisti, poi, non gli sono mai mancate: «Faccio surf sempre, ogni volta che posso. È questo il collante che tiene unita la baracca– spiega il fotografo –, e chi frequenta Capo Mannu e la Penisola del Sinis sa benissimo che le onde di queste parti sono particolarmente belle e puntuali».


La missione di far conoscere gli “spot” alternativi con le sue foto, sposata da riviste e appassionati sempre alla ricerca di nuovi scenari, ha permesso ad Andrea Bianchi di spiegare con l’arte della fotografia che anche il Mediterraneo è una grande e bellissima “surf area” tutta da scoprire per i cacciatori di onde non residenti. A dargli una mano ci potrebbe pensare il suo primo libro fotografico, “1096 giorni a Capo Mannu”, praticamente un piccolo cult che mette in fila i migliori spot della Sardegna, dal cagliaritano al sassarese, partendo proprio dalla Mecca del surf dei quattro mori, il Sinis. «E dimostra – aggiunge Andrea – come soprattutto la costa ovest della Sardegna possa contare su condizioni oceaniche per quanto riguarda la frequenza delle onde surfabili e la loro qualità. Da queste parti si può fare surf su ottime onde per 200 giorni all’anno. Un’enormità se si considera che alle Hawaii si sesce in mare al massimo 250 giorni all’anno».
Ma non è solo costa Ovest, anzi: «Capita poi di trovare mareggiate che impressionano anche i professionisti. Poco tempo fa una sciroccata che ha investito il sud Sardegna ha formato onde che hanno sorpreso anche alcuni surfisti professionisti portoghesi». Gente che magari entra in acqua a Nazarè, un paesino dell’Estremadura portoghese famoso in tutto il mondo per le grandi onde che si infrangono sulla costa. Per fortuna a documentare questi e altri momenti ci ha pensato proprio Andrea Bianchi che ora è pronto a pubblicare il suo secondo libro “Luxury clochard” che uscirà entro la prossima estate e racconterà i protagonisti del surf nel Mediterraneo e la loro vita, spesso bella e invidiabile ma sempre molto poco agiata.




Tra i progetti futuri, invece, prende sempre più quota un viaggio alla scoperta delle mete europee del surf, ovviamente quelle poco conosciute o tutte da scoprire: «Sarebbe noioso parlare di quello che conoscono tutti, come le solite Hawaii, Bali o l’Australia. Mi affascina la Galizia, quasi sconosciuta a livello internazionale ma molto frequentata dagli spagnoli. E magari l’Islanda». Per rendere più coinvolgenti i suoi scatti, poi, il fotografo di Oristano ha deciso di ritornare alle origini alternando il digitale alla pellicola e ottenendo scatti che sembrano arrivare dal passato. Un po’ come il surf, una disciplina antica praticata dai polinesiani già quattro secoli fa (ma forse molto prima) che ancora affascina migliaia di sportivi sparsi in tutto il mondo.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...