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16.7.20

Quattro chiacchiere con l’Autore ( Cristian A. Porcino Ferrara ) di “Ciao, Prof!”



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I lavori di Cristian A. Porcino Ferrara  sono interessanti rispetto alle normali pubblicazioni filosofiche specialistiche poiché (PECCATO NON AVERLO AVUTO COME PROF ALLE SUPERIORI) va direttamente al sodo e senza tanti giri di paroloni o espressioni complicate.
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  la  filosofia  di paperino   Soggetto di Giulio Giorello e Tito Faraci - Sceneggiatura di Tito Faraci Disegni di Silvia Ziche
topolino n   3054 

Ma a volte ciò è un bene perché ti spinge ad interessarti alla materia ed arriva al cuore e all'anima della gente proprio come questa scena cinematografica




Proprio per questo volevo approfondire il suo ultimo lavoro “Ciao, Prof!” parlandone direttamente con lui e gli ho fatto alcune domande:



1) Come mai hai dedicato il libro a Luciano De Crescenzo che in vita è stato spesso emarginato e snobbato dai media mainstream?

«A un anno dalla sua scomparsa era per me doveroso dedicare il libro a colui che mi ha spinto ad intraprendere i sentieri della filosofia. Nel libro racconto delle lettere che ci siamo scritti in questi anni. È stato il mio maestro e si sente la sua mancanza. Chi lo ha snobbato in verità lo ha solamente invidiato. Luciano era capace di spiegarti un concetto complesso con metafore ed esempi illuminanti. Infatti in “Ciao, Prof!” racconto dell’interesse mostrato dai miei allievi per i suoi libri.»


2) Ottimo modo di affrontare il bullismo non parlandone direttamente solo come gesto di violenza fisica ma in maniera ampia e proponendo anche degli anticorpi per difendersi. Come mai questa scelta?


«Ogni forma di violenza e di prevaricazione nei confronti di qualcuno che non è in grado di difendersi va fermata immediatamente. Spesso ci soffermiamo sui gesti e non pensiamo quasi mai al peso delle parole. Una frase o una battuta possono ghettizzare e ferire più di uno schiaffo. Mettere alla gogna qualcuno significa bullizzarlo e quindi violentarlo nell’anima. Se vogliamo estirpare il bullismo e il cyberbullismo dobbiamo iniziare a fare una riflessione seria sul linguaggio e i mezzi che utilizziamo continuamente. I miei studenti sanno che in classe applico una tolleranza zero per i fenomeni di bullismo. Durante le mie lezioni di Educazione Civica mi sono soffermato a lungo su tale problematica e devo dire che ho riscontrato in loro una grande voglia di cambiamento».

3) Visto che hai dedicato un capitolo alla lotta contro l'omofobia cosa ne pensi della legge che ne punisce l'odio? Oppure come affermano alcuni : <<  Le leggi sull'odio sanno di regime. Non approverò mai una legge che mi cancella in favore di maschi che si sentono donne, così come non accetto di non poter più dire che un bambino nasce da uomo e donna o che non devo chiamarmi più donna ma persona che mestrua sennò sarei transofoba. In Inghilterra avviene, informati. Io non sacrifico la mia identità per i capricci di una minoranza di eccentrici sessuali. >> ?


«Chi ha già letto i miei libri precedenti (“Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” e “Altro e altrove”) sa già come la penso in merito. Combatto l’omofobia e la misoginia da anni e di conseguenza confido molto in questa legge e nella sua approvazione. Ai miei studenti ho sempre insegnato a lottare quotidianamente per combattere l’omofobia e gli stereotipi di genere. Le affermazioni che citi sinceramente non meritano un ulteriore commento. L’ignoranza è una brutta bestia e chi fa determinate affermazioni deve avere poi il coraggio di affrontare le conseguenze, anche penali, delle proprie parole. È giunto il momento di punire chi semina odio!».



4) Dal capitolo su Abelardo ed Eloisa, J.Paul Sartre e Simone de Beauvoir desumo che sei un nostalgico delle vecchie gite d'istruzione ?


«Ho visitato le tombe di Sartre-De Beauvoir e il monumento funebre eretto in memoria di Abelardo e Eloisa non in gita scolastica ma durante un viaggio personale fatto a Parigi diversi anni fa. Ho viaggiato tanto e fin da piccolo ma questo lo devo certamente ai miei genitori e non alla scuola. Per avere nostalgia di qualcosa devi averla provata e io al liceo non ho fatto gite d’istruzione così importanti»


5) Come fare ad ignorare certi individui, o enti nel tuo caso, per consegnarli all'oblio e quindi non cadere nell'odio?


«John Fitzgerald Kennedy diceva: “Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi”. Il metodo più efficace per ignorare individui o enti che non si sono comportati bene con noi è proprio quello di consegnarli all’oblio. Nominarli significa conferirgli un’importanza che non meritano. Per vivere bene occorre sgombrare il campo dall’odio e da futili recriminazioni. Nella tradizione ebraica dare un nome a qualcuno è fondamentale perché esiste un legame tra l’anima e chi lo porta. Motivo per cui non nominando il nome di un soggetto non solo lo consegniamo all’oblio ma lo spostiamo in una sorta di limbo lontano dalla nostra realtà. L’oblio talvolta è necessario per sopravvivere. Infatti nella Storia sono stati fatti diversi Patti dell’oblio. Penso ad esempio a Trasibulo nel 404 a.C o a certi richiami presenti anche nell’Editto di Nantes (1598). Per andare avanti e non pensare troppo ai torti subiti dobbiamo stipulare nuovi Patti della Dimenticanza. Forse come sosteneva Ethel Darling “Quando si protegge il passato, si perde il futuro”».






6) Poeta o filosofo? Oppure entrambi  ? 

«Ti rispondo con dei versi di Emily Dickinson che ho sempre amato: "Io sono nessuno, tu chi sei? Sei nessuno anche tu? Allora siamo in due. Non dirlo, potrebbero spargere la voce".

Giuseppe Scano










Il libro "Ciao, Prof!" è in vendita su Amazon al seguente link: https://www.amazon.it/Ciao-Prof-Cristian-Porcino-Ferrara/dp/1716830346/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=ciao+prof&qid=1594065133&s=books&sr=1-1

6.7.20

LE RIFLESSIONI DEL FILOSOFO SORRIDENTE - L'ultimo libro di Cristian Porcino


Porcino dà alle stampe un nuovo lavoro, Ciao, Prof!, ed è subito gioia. Come definirlo? Diario d'un insegnante ai tempi del Covid? Riflessioni degli studenti alle prese con la DaD? Troppo poco, e anche scontato, per un autore la cui cifra è l'imprevedibilità. Assieme a Cristian Porcino si sa da dove si parte ma non dove si arriva. E ciò fa di lui, oltre che un narratore, un autentico docente: colui che conduce, stimola e fa emergere la creatività di ogni ragazzo/a. Un novello Socrate - uno dei ricordi del Nostro si apre proprio con questo nome - che prende per mano i suoi Fedone e le sue Diotima, infrange le loro certezze, li fa deragliare, li emoziona, li diverte, per poi condurli sui Campi Elisi del sapere infinito. E irrisolto. Porcino assomma l'entusiasmo del giovane alla saggezza del filosofo. Non fornisce risposte, non è il suo compito. Solo nella diuturna ricerca crescono le civiltà, solo in essa si diviene adulti. Un filosofo sorridente, come il Luciano De Crescenzo cui il volume è dedicato, come la Filosofia del sorriso della quale vengono elargite vivide pennellate, ma non per questo meno rigoroso. Il titolo confidenziale del libro non deve ingannare: il "prof" è sì un amico, però la sua è una philia, affinità d'animo; elevazione. Così, si possono affrontare temi molto seri - i più squisitamente letterario-filosofico-amorosi quali Abelardo ed Eloisa, la coppia Sartre-De Beauvoir o un commosso ricordo di Sepulveda, e altri storico-antropologici (appassionanti i monologhi di Eva e Ipazia sulla condizione femminile), o di più stretta attualità: la pandemia certo, ma anche il razzismo, l'omofobia, la nonviolenza, spaziando da Marco Mengoni a Tiziano Ferro, da Woody Allen ad Harry Potter, da Pinocchio a Margaret Atwood, senza dimenticare la lezione di papa Francesco. Al termine, Porcino si fa da parte per lasciare la parola a Chaplin e al suo celeberrimo Discorso all'umanità: e ha l'umiltà di non affiancargli chiose, che necessariamente svilirebbero la pregnanza di quell'appello. Perché se è vero che le parole hanno un peso - per citare ancora Ferro -, le troppe parole sono un vuoto affabulare, un cupio dissolvi della comunicazione; chi le dilapida è una mala persona, ammoniva Carducci. Un poeta, naturalmente. E la poesia è il luogo dove il verbo si fa carne: "Io sono il ricordo, io sono te", sintetizza Porcino nella lirica conclusiva. E qui, davvero, non occorre aggiungere altro.

(Prof.ssa Daniela Tuscano)


31.3.13

«Non sono andato a scuola ma diventerò un grande attore: recito da sempre» Ibraim, l'Africa a piedi per gettare via la maschera Dalla Somalia a Città del Capo in fuga dall'omofobia

unione sarda del 31\3\2013


Ibraim non ha mai avuto la possibilità di andare a scuola e di frequentare alcun corso di recitazione eppure è convinto che diventerà un attore. Quando gli ho chiesto come mai mi ha risposto: «Perché recitare è quello che faccio da sempre».
Nato in un piccolo villaggio nel confine tra la Somalia e l'Etiopia, Ibraim ha dovuto, sin da piccolo, nascondere la sua omosessualità. «Da bambino i compagni si erano accorti della mia diversità e mi avevano emarginato». In famiglia, al contrario, avevano fatto finta di non vedere: «Avevano capito chi ero però non ne avevano mai parlato apertamente. La cosa importante era che non fosse turbata la loro quiete apparente. Per questo motivo le cose non potevano avvenire alla luce del sole».
Il ragazzo si era abituato a vivere due vite: una pubblica in cui rispettava le regole sociali e le apparenze e una segreta in cui poter vivere liberamente la sua omosessualità. Con il tempo avrebbe scoperto di non essere il solo a vivere una vita segreta nel suo villaggio. Vi era un mondo parallelo in cui uomini di ogni età e di diversa estrazione sociale avevano rapporti nascosti: «Era un mondo sotterraneo, in cui tutto era permesso, un mondo in cui gli uomini si concedevano di essere ciò che non potevano essere durante il giorno». Recitare era dunque la soluzione. Per continuare a sopravvivere. Recitare per non venire condannati e puniti. Per mantenere uno spazio di libertà, seppur nascosto. Aveva imparato l'arte della finzione e aveva provato un profondo piacere nel raffinarla. Eppure, dopo tanti anni nel suo villaggio, Ibraim aveva sentito un bisogno incontenibile di vivere apertamente.
Inizialmente aveva pensato di andare in America o in Europa, ma queste soluzioni non erano percorribili: avrebbe dovuto prendere un aereo ed era sprovvisto dei documenti. Un giorno un amico di famiglia gli aveva raccontato che a Città del Capo gli omosessuali vivevano liberamente, avevano dei locali dove si potevano frequentare e potevano addirittura sposarsi se lo desideravano. Fu un'illuminazione: sarebbe andato a Città del Capo. Una volta decisa la destinazione, il problema era di capire come arrivarci. Avrebbe dovuto attraversare la metà del continente africano, servivano dei documenti e soprattutto servivano soldi che Ibraim non aveva.

Il ragazzo però non si perse d'animo, e un giorno camminando in una strada del suo villaggio ebbe un'idea apparentemente priva di senso: a Città del Capo sarebbe andato e sarebbe andato a piedi. Non raccontò il suo piano a nessuno e un giorno preparò il suo zaino e partì. Attraversò il confine con il Kenya di nascosto e iniziò il suo lungo percorso verso la libertà. Durante il suo viaggio dormì nelle stazioni del bus, si fece ospitare in moschee, abitazioni private, centri di soccorso. Trovò sempre qualcuno che lo aiutava e quando nessuno gli tendeva la mano si verificava qualche avvenimento fortuito che gli permetteva di continuare il suo viaggio.
Dopo due anni di cammino Ibraim era arrivato in Sudafrica. Era un'altra persona rispetto al ragazzo che era partito dalla Somalia. Aveva visto diversi paesi, aveva conosciuto persone di ogni tipo, si era scoperto coraggioso in situazioni pericolose, capace di aspettare quando il momento era avverso e pronto nel prendere una decisione quando la situazione lo richiedeva. Ma la qualità che più di altre lo aveva aiutato nel suo viaggio era quella di essere capace di recitare. Aveva imparato a impersonare ruoli differenti a seconda di ciò che richiedeva la situazione: si era finto religioso per essere ospitato nelle moschee, eterosessuale per poter essere accettato dalla comunità somala, rifugiato politico per varcare il confine sudafricano.
Arrivato a Città del Capo trovò sostegno in un organizzazione di omosessuali che lo aiutò a trovare una casa ed un lavoro. Non avrebbe dovuto più recitare, sarebbe potuto essere se stesso ma per fare ciò aveva dovuto imparare ad indossare diverse maschere. Come un attore aveva dovuto interpretare un ruolo che gli permetteva di comunicare con gli altri. Dopo aver ascoltato la sua storia mi ero convinto: Ibraim era un grande attore.

Giovanni Spissu

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...