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15.1.15

fanno più rumore le violenze dell'islam politico \ fanatico \ radicale che quellle contrarie .il caso del maestro Abdollah Jafari e la solidarietà dei suoi allievi ( bambini dele elementari )





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Cosa dice in merito alle stragi di Parigi, cercando di trovare un punto di vista differente, Tiziana Ciavardini, antropologa, giornalista, studiosa che ben conosce il Medio e l’Estremo Oriente così come il Sud Est Asiatico http://www.tag24.it/139484-islam-terroristi/



E' vero che i Governi ( anche quelli che si considerano e spacciano moderati ) e di conseguenza anche i loro abitranti dovrebbero oltre a smarcarsi dagli assasini impegnarsi di più per fare quella rivoluzione che in europa è avvenuta con l'illuminismo cioè libera religione in libero stato separando il potere temporale ( religioso ) da quello politico ( forma di governo ) . Ma alla o stesso tempo è vero anche che dopo gli orribili fatti di Parigi i giornali Mainstream ed ipocritamente Je Suis Charlie parlano de medio oriente solo da una parte sola . Ecco il caso dell'Iran .


da  la  stampa   del 13/01/2015

Iran, ventuno impiccagioni in una settimana
Il 2015 inizia con un record inquietante, e le ong denunciano: con la presidenza di Rohani le esecuzioni non sono diminuite, in compenso si è ridotta la vigilanza internazionale

carla reschia








Milleduecento persone condannate a morte dal giugno 2013, molte giustiziate sulle pubbliche piazze, con la drammatica scenografia denunciata in centinaia di scatti segreti: gru usate come forche per impiccagioni “esemplarmente” spettacolari. Da quando è stato proclamato presidente della Repubblica islamica iraniana Hassan Rouhani, presentato al mondo come moderato, è marcato stretto dalle associazioni per i diritti umani che non perdono occasione per sottolineare come alle aperture del paese in campo diplomatico e in politica estera non corrisponda altrettanta larghezza di vedute negli affari interni e come in Iran i boia lavorino come e anzi più di prima. Complice forse la minor vigilanza internazionale verso un paese diventato strategico nella lotta all’estremismo sunnita dell’Is.
E in questo senso il 2015 è iniziato con un record: 21 impiccati nei primi sei giorni dell’anno, da Capodanno all’Epifania insomma, secondo il nostro calendario. Lo denuncia Nessuno tocchi Caino in base ai dati diffusi da Iran Human Rights. Il primo ad aprire ufficialmente l’anno è stato A.Azizi, 38 anni, giustiziato nella famigerata prigione di Qazvin, notizia diffusa dall’agenzia di stampa Fars e motivata da un’accusa di spaccio di eroina. Colpevoli di reati legati alla droga anche le quattro donne impiccate lo stesso giorno nel carcere di Bam, i sette prigionieri giustiziati nel cortile della prigione di Shahab a Kerman. Erano accusati invece di omicidio i due detenuti giustiziati nella prigione centrale di Bandar Abbas, mentre un terzo è stato salvato dal perdono concesso dalla famiglia della vittima, secondo la peculiare tradizione iraniana che permette alla parte offesa o a chi la rappresenta di decidere della sorte del reo.
Per quanto la tossicodipendenza sia un problema tanto grave quanto tenuto sotto traccia della repubblica islamica, molti attivisti sottolineano da tempo che il contrabbando di droga è spesso una giustificazione per reprimere sanguinosamente anche reati di natura politica. Risale alla metà dello scorso dicembre un appello congiunto di sei associazioni per i diritti umani all’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crimes) che chiede il congelamenti dei fondi delle Nazioni Unite destinati all’Iran per la lotta alla tossicodipendenze perché servono ad alimentare il numero delle esecuzioni capitali per traffico di droga. Che, negli ultimi dieci anni, secondo uno studio, sarebbero aumentate di pari passo con l’elargizione dei fondi internazionali: 27 solo nei primi dieci giorni dello scorso dicembre, di cui 18 nel giro di una sola giornata.
Il mesto elenco dei giustiziati a vario titolo prosegue con Mehdi V., Ehsan K. e Mahmoud V., impiccati il 4 gennaio nella città di Torqabeh rei di aver violentato una giovane donna. Il terzo prima è stato frustato pubblicamente per cento volte.
Il 6 gennaio, infine, quattro uomini sono stati giustiziati nel carcere di Orumieh. Uno di essi, identificato come Saber Mokhalad Mowaneh, è stato condannato a 5 anni di carcere per appartenenza a un partito politico curdo e a morte per un omicidio commesso nel 2009, altri due, Sattar Alipour e Ali Eghbaljou, entrambi accusati di omicidio mentre un altro prigioniero è stato impiccato per omicidio nella prigione di Qazvin. E l’elenco è destinato a proseguire. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite negli ultimi 15 mesi sono state eseguite in Iran 852 condanne a morte, una cifra che rappresenta il più alto tasso di esecuzioni per numero di abitanti nel mondo intero.
  vero    e triste   il contenuto  dell'articolo  . Ma   sempre dall'Iran  c'è unaltra news   ,  che ancora   non compare nei meida  italiani   su  google  news  trovi solo fonti in inglese   di  giornali arabi  e non   ( meno male  che c'è  internet  )  . Infatti la notizia  è  in inglese   ed  è presa   da   http://news.yahoo.com/  d'oggi 

    Tehran (AFP)                                                                 
 It is a disease that strikes tens of thousands of Iranians each year, but for 300 pupils news that their teacher had cancer prompted an unusual response they shaved their heads in sympathy.They did it out of respect to a teacher and a champion," Abdollah Jafari, an education official in Hamedan province who witnessed the pupils' en-masse gesture after morning classes on Wednesday, told Mehr news agency.Pictures on state media showed the teacher, Mohammad Reza Ghaderi, a former top cyclist and national champion several times in the 1990s, surr After a cycling career that included appearances in major championships, Ghaderi, now 36, became a physical education teacher and now works at Ayatollah Masoumi School in Hamedan, around 300 kilometres (190 miles) from Tehran. am so happy to have the pupils' affection and love. I feel God has given me a new life," he was quoted as saying by the agency.    The report did not specify what kind of cancer he was suffering from.     Iranian pupils, who shaved heads to show espect and in solidarity with their sports teacher Mohamma …    

Iranian pupils, who shaved heads to show respect and in solidarity with their sports teacher Mohammad Reza Ghaderi (C-top), a national cycling champion suffering from cancer, at Ayatollah Masoumi primary School in Hamadan on January 14, 2015 (AFP Photo/Iman Hamikhah)
"Mohammad Reza spends the money he earns from teaching on buying balls, bicycles and sports wear for his pupils. He loves his pupils," said the friend, Majir Khezriyan.
 "I wanted to lift his morale so I talked to the school's officials and they welcomed the idea," he added. Cancer is the third-highest cause of death in Iran and mortality rates have risen in recent years. The chairman of the Cancer Research Center of Iran, Mohammad Esmail Akbari, told state media in January 2014 that 41,000 Iranians die from different cancers each year.
 Around 85,000 new cancer sufferers are diagnosed annually, he said at the time, with 18 percent of cases relating to children and 50 percent of those cases become fatal.
 Air pollution from substandard fuel used in cars and at power-generation facilities is thought be a major cause in Iran's rising cancer rates.



26.10.14

non si può imprigionare il vento

Per  arricchirvi  culturalmente  non  cadere  nelle propaganda del potere vi consiglio

Ragioni senza forzaforze senza ragione. Una risposta a Oriana Fallaci è un libro di Allievi Stefano pubblicato da EMI nella collana Religioni in dialogo  http://www.ibs.it/code/9788830713741/allievi-stefano/ragioni-senza-forza.html

  dall'amica   e  compagna di  viaggio Daniela Tuscano 



In fondo, non ci sarebbe molto da commentare. I fatti sono li', lampanti. La conclusione, anche. Feroce quanto si vuole, disumana al massimo ma, purtroppo, né imprevedibile né sensazionale.
I soliti analisti riprendono la salmodia sulla comunità planetaria, che per Realpolitik si è mossa tardi e, allentata la tensione, ha abbandonato Reyhaneh al suo destino.
Sì, tutto vero. Com'è vero che il suo caso non provocherà alcuna rottura diplomatica fra Stati, e verrà presto, già di fatto lo è, archiviato. Le rituali frasi inutilmente sdegnate e si volterà pagina. Poveraccia, le è andata male, amen.


Eppure qualcosa, o meglio qualcuno, è cambiato. Quel cambiamento si chiama Reyhaneh Jabbari. Appesa a una trave, "giustiziata" come in modo osceno si continua a ripetere, adesso è più viva e presente che mai.
È stata la morte a eternarla. Cioè il martirio. La testimonianza. Perché Reyhaneh, in quella giustizia che l'ha "giustiziata", aveva creduto. Perché alla fine, dopo un processo-farsa e sei anni di detenzione, ha rifiutato di ritrattare. Non ha barattato l'esistenza fisica col piatto di lenticchie della menzogna e della viltà. Le avevano "consigliato" d'inventarsi lo stupro per aver salva la vita. Ha risposto di no. Quante di noi ne sarebbero state capaci?
Reyhaneh sapeva che quella successiva non sarebbe stata vita. Avrebbe forse scapolato l'impiccagione ma non la vergogna, la solitudine, il ripudio di parenti e amici, la vendetta. Perché una donna stuprata, o comunque sospettata di esserlo, rimane pur sempre un disonore. Non una vittima da proteggere. Disonore. Merce scaduta. È sempre lei la colpevole. Rea d'essere ancora su questa terra, senza contare più nulla.
A Reyhaneh insomma si prospettava una sola alternativa: la morte. L'avrebbero eliminata se avesse subito la violenza in silenzio, l'hanno eliminata perché ha parlato.
Ci piace pensare l'abbia fatto perché ne aveva piene le scatole. Era stanca. Come Rosa Parks cui nella lontana estate del 1955 dolevano i piedi e si sedette in prima fila sull'autobus, fottendosene della paura e dimostrando l'imbecillità, prima ancora del razzismo, delle "leggi" allora vigenti.
È quella stanchezza a vincere ogni paura. Dietro quella stanchezza c'è un percorso. La cognizione della propria dignità. La coscienza di non essere un oggetto.
Per questo hanno voluto tacitarla. Reyhaneh non aveva accettato la sua condizione di "oggetto". E poco conta se abbia ucciso o no il proprio aguzzino. Se con lui avesse o no in precedenza intrecciato una relazione.
Non era Maria Goretti ma una donna con pregi e difetti, una giovane donna amante dei libri e della vita, che a un certo punto ha detto basta a una determinata situazione, nella quale non sappiamo - e NON IMPORTA SAPERLO - come fosse finita.
Non importa, anzi, importa moltissimo, non per lei, ma per l'anima del suo aggressore - un importante membro dell'intelligence iraniana -, che quest'ultimo sia stato pugnalato "mentre pregava". Stupro e preghiera, violenza e devozione: tutto corretto, tutto normale in una società dove il maschio è onnipotente e modella Dio a propria immagine e somiglianza.
Il maschilismo questo è: bestemmia contro Dio e la sua creazione. Venerazione del Male camuffata da pietà. E questi i suoi frutti. Nelle società dov'esso ha piena cittadinanza, e dov'era toccato vivere a Reyhaneh, si manifesta nella forma più virulenta. Ma, come radice d'ogni ingiustizia, razzismo e prepotenza, alligna ovunque.
I femminicidi in Italia, ad esempio, non sono opera di pazzi isolati ma il risultato d'un atavico disprezzo verso le donne divenuto mentalità comune. Siamo un Paese dove la Cassazione decreta impossibile lo stupro se una donna porta i jeans, dove la pena, già molto tenue, per il violentatore s'abbassa ulteriormente se la vittima-accusata non è più vergine. Foss'anche una ragazzina. Cercate sui libri a quando risale il nuovo diritto di famiglia. Fin quando è rimasto in vigore lo ius corrigendi. Quali le pene riservate agli adulteri e alle adultere. In quale anno lo stupro è stato dichiarato reato contro la persona e non contro la morale. Date un'occhiata ai programmi scolastici. Verificate lo spazio riservato a scrittrici, artiste, scienziate, religiose, politiche, attiviste. Guardate un programma televisivo, e non voglio scomodare i varietà "per famiglie" dove si dimenano fanciulle seminude a fianco di compunti conduttori supercoperti, né le inchieste voyeuristiche dei tranquilli pomeriggi casalinghi. No, parlo di quei bei quiz preserali dove il presentatore perbene non manca mai, davanti alla concorrente incinta, di sciorinare con un radioso sorriso il suo "Auguri e figli maschi!". Osservate i cartelloni pubblicitari.
Senza quindi togliere responsabilità alcuna alla "cultura" dell'attuale Iran e d'altri paesi dove le donne sono crudelmente e legalmente oppresse, è fuorviante, e intellettualmente disonesto, limitarsi a condannare a parole, di volta in volta, il fondamentalismo islamico, l'inerzia della comunità internazionale, ecc. Questa è mera autoassoluzione, modo parziale, furbesco (e maschile) d'aggirare il problema, nascondendo i motivi profondi d'un odio MONDIALE e MILLENARIO.
Ma l'odio non trionferà. E se oggi piangiamo la perdita fisica di Reyhaneh, auspicando sia l'ultima - per ragioni diverse, ma eguale certezza del proprio valore di persona e di fede, rischia la stessa sorte la pachistana Asia Bibi - la sua vicenda c'infonde anche una grande speranza. La speranza che non potranno mai più sottometterci e zittirci. Se anche da luoghi in cui il maschio crudamente impera si levano echi di resistenza, significa che la trasformazione è inarrestabile, che un sistema decrepito e inumano è stato colpito al cuore e nessun cappio, lapidazione, lama sul collo ne impedirà la rovina. Non si può imprigionare il vento. Sta a tutte noi, frattanto, soffiare più forte. Unite.

© Daniela Tuscano  





emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...