capisco che molti come me avranno Di questa storia dei #tortellini i coglioni ripieni. e che ci sono cose ben più importante che le sparate di un politico ormai in crisi che pur di ritornare al governo s'attacca alle boiata del più becero sovranismo . Fncl i #coglioni, pappagalli ammaestrati con neuroni in vacanza,o il cervello all'ammasso continuano ad applaudire ed i media a parlare a tutto spiano Ma Salvini oltre a contraddire se stesso vedi la condanna del reddito di cittadinanza da lui votato , non ha meglio di cui occuparsi ? Allora perchè ne parli si diranno i molti . per denunciare il suo populismo ed perchè con Salvini tutto finisce in tortellini
Infatti concordo con questi due post twitter
Difende la religione cattolica: è divorziato Difende la cucina italiana: mangia ai fast-food Difende l'industria italiana: ha un'auto estera. E' Matteo #Salvini. Un italiano su 3 crede alle sue balle. #tortellini
Votano gente come Matteo Salvini, stipendiato dagli italiani da 28 anni, che attualmente conduce importanti battaglie come quella sul #crocifisso o contro i #tortellini al pollo. Però poi i “gretini” sono i milioni di ragazzi che scioperano per il clima. Ah, ok.
Ma soprattutto perchè lo so che avrei dovuto evitare di perdere tempo nel rispondere ed intavolare discussioni ad questo post su fb ma non ho resisto . almeno ( per ora ) mi sono tolto una soddisfazione quella di mettere in crisi ed smontare un leghista uno di quelli dele righe precedenti
Degre MarsNon ci volevo crederere: leggo scemi che danno del razzista/sovranista (che novità la semplficazione delle opinioni con le etichette ad hoc) a chi dice che quella cosa che si chiama <>, alimento tipico emiliano, preparazione alimentare specifica, si fa con un disciplinare definito e storico riguardo agli ingredienti del suo ripieno. Per cui, altre paste ripiene, possibilissime, si chiamino in altro modo e punto. Stanno fuori. Salvini li tiene tutti per le palle e per i neuroni.
Degre Marsle ricette si possono anche inventare, con un nome appropriato. chi le difende non è un sovranista (eccheppalle!), chi lo definisce tale è uno scemo. il tortellino non si fa col pollo così come gli involtini lardellati non si avvolgono nella pelle di tacchino, punto. gli scemi di cui sopra si rendono conto di come siano letteralmente dominati e condizionati dai legaioli? non credo.
Il Tulipano - Il Web Magazine Indipendente scritto dal PopoloDegre Mars È vero che l'equazione nazionalismo o sovranismo che dire si voglia non sempre si equivalgono anche se la distinzione fra i termini è labilissima / sottilissima. Infatti e qui faccio un esempio storico ( lo che sono periodi storici differenti ma come mi hanno insegnato ed è hanno delle analogie ed poi una delle poche cose che non mie che tengo , la storia è maestra di vita sia che debba costruire qualcosa di nuovo che rimanere legato al passato )di quando noi italiani emigravamo ( e lo facciamo ancora oggi ) in Europa e poi nelle Americhe o dal sud al nord del paese e i nazionalisti o regionalisti (ma non è questo il caso) ci prendevano e lo fanno anche ora in giro usando stereotipi del tipo Italiani spaghetti e pizza rimanendo nell'argomento del cibo .infatti non sto contestando la difesa del tortellini ( di altri prodotti locali ) cosa giusta in se contro l'omologazione ed una globalizzazione che uccide le differenze omologandole ad un pensiero dominante ma come la s'applica / si mette in atto è contro i media ed l'informazione che nei titoli ( la gente sottoscritto compreso legge solo quello o le prime righe e poi s'esprime ) si chiamano cose che non sono quelle . 2) il fatto che le tradizioni non sono, o lo rarissimamente come la differenza ( secondo alcuni quello originale rimasto alle intatto ) tra il parmigiano ori se prodotti dalla italiana la cui ricetta ed il metodo di lavorazione fu portato da gli emiliani emigrati negli Usa fra la fine 1800 primi del primi 30 anni del 1900 ,si modificano da una generazione ad un altra 3) che esistono all''interno di ogni regione diverse varianti di piatti o alimenti tradizionali ed un vero nazionalista ed amante delle tradizioni dovrebbe saperlo . Se vuoi ( contattami qui su messanger oppure eccoti la mia email redbeppe@gmail.com ) potrei ma non vorrei divulgarmi troppo citarti quelli della mia sardegna visti che non sono esperto conoscitore delle traduzioni emiliane e romagnole 4) ed ultima strumentalizzazioni non sono accettabili neanche in campagna elettorale . Infatti dovrebbe sorprendere ma ormai non ci si fa più caso purtroppo che una normale regola di accoglienza e di riguardo verso gli invitati sia interpretata come offesa alla tradizione”. Ciononostante, per tutta la giornata i tortellini al pollo hanno animato polemiche culinarie e politiche. “Il tortellino è una ricetta non è un pensiero”, dice a ilfattoquotidiano.it Alessandra Spisni, sfoglina e titolare de La Vecchia scuola bolognese. “I tortellini – afferma – sono quelli classici, tutto il resto è un’altra cosa. Come dice la parola stessa, la tradizione bolognese non può essere diversa dalla tradizione: se vuoi fare un’altra cosa non la chiami “tortellino”. Anche Ivanna Barbieri ( che non riesco a biasimare pur essendo diversa la sua linea di pensiero dalla mia ) chef e dirigente della Federazione italiana cuochi, è critica: “Abbiamo tante altre cose nella cucina bolognese, non solo il tortellino. Si poteva scegliere qualcosa di diverso”, osserva la chef. Che aggiunge: “Non è che non si vuole accogliere, la cucina abbraccia tante culture. Però non si possono confondere le tradizioni. di scioperare contro il tortellino senza il maiale: “La Curia lo chiama il ‘tortellino dell’accoglienza’ ma per i bolognesi doc sarebbe come per un romano fare la cacio e pepe alla bolognese col ragù. Mi espongo ancora di più: come il kebab al maiale per essere accolti dai musulmani”. secondo alcuni giornali La polemica contro la scelta di Zuppi, che proprio sabato sarà ordinato cardinale in piazza San Pietro a Roma, non si ferma agli ‘addetti ai lavori’, ma si scatena anche in ambiente politico, con la Lega e Fratelli d’Italia pronti a criticare chi “sta cercando di cancellare la nostra storia” nel nome del “rispetto”. Per Matteo Salvini, per dire, il tortellino senza carne di maiale è “come dire il vino rosso in Umbria senza uva per rispetto”. Ma lo stesso ex viceministro pochi mesi fa in un post su Twitter aveva pubblicato una foto di tortellini emiliani al ragù di salsiccia, altrettanto lontani dalla ‘vera’ tradizione della città. La tradizione e la cultura di Bologna per tanti però sono diverse da quelle di cui parla Salvini: “La simbologia delle Due Torri e il tortellino a Bologna è anche la possibilità di gustare in un altro modo e in un’altra forma un piatto della nostra tradizione”, afferma sempre ilfattoquotidiano.it Roberto Morgantini, fondatore di Cucine Popolari, la mensa per persone che beneficiano di pasti offerti dalle imprese del territorio, con l’obiettivo di arricchire la scena del welfare chiedendo la partecipazione di attori non convenzionali. “Con i tortellini al pollo si aggiunge qualcosa, non si toglie – continua Morgantini – Penso che sia proprio una bella mescolanza. Anche perché non si tratta del “nuovo tortellino”, ma di un allargamento di una simbologia per includere e non escludere: il tortellino senza carne di maiale è semplicemente un modo per includere altri in una tradizione”.E poi non era imposto era stato fatto soia che fosse in buona fede cioè fatto un tentativo d'incontro fra genti di diversa cultura identità sia che fosse buonista o radical chic d'accatto . Infatti "Il tortellino non fa l'integrazione". Lo dice all'Adnkronos Foad Aodi, presidente dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (Amsi) e delle Comunità del mondo Arabo in Italia (Co-Mai), commentando la decisione dell'arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, di festeggiare il santo patrono con il tortellino al pollo invece che con il maiale per non offendere i musulmani. Con il tortellino di maiale "nessun musulmano si sarebbe sentito meno accolto" osserva Foad Aodi per il quale "modificare le ricette oppure togliere il crocifisso dalle scuole sono iniziative individuali, non richieste dalle nostre comunità. Chi di noi decide di vivere in Europa sapendo che ci sono diverse culture e diverse tradizioni deve essere in grado di rispettare le diversità, questa è integrazione: rispetto e solidarietà reciproco. Altrimenti deve prendere la valigia e andarsene". "La maggioranza dei musulmani non mangia carne di maiale ma non per questo pretende che si trasformino leggi o tradizioni. Io vivo tra Roma e l'Emilia Romagna, mia suocera è romagnola - racconta Foad Aodi - conosco bene le usanze di quei posti. Tra l'altro - chiarisce - dobbiamo considerare che l'85% dei musulmani in Italia, quelli arrivati negli anni '70, integrati e sposati con cittadini italiani, sono laici". Inoltre visto che sei per le identità ti consiglio questa canzone https://youtu.be/z8_fl2UL0L0
Radice: root, punto iniziale di un file system, declinazione, soluzione, parte invisibile, chackra. Il chackra della radice, il primo, quello capace di governare i nostri impulsi, i nostri istinti. Radicato nel corpo, quasi prossimo alla terra, secondo gli esperti rappresenta la famiglia.
Ognuno di noi ha una radice, la sua radice, quella profonda ed interiore che nonostante tutto si porta a presso nella vita tra una e mille vicende.
E’ la vita contemporanea, è questo “mondo grande e terribile” che trasforma le radici, quelle vere e forti, in virtuali, algoritmiche e quasi inesistenti.
Donne, uomini e bambini, in fuga dalle guerre, alla ricerca di un presente migliore e di un futuro degno di essere sognato attraversano deserti, langhe desolate, fiumi, mari e borders privandosi delle proprie radici nella speranza di vivere in un mondo migliore, non consapevoli di quello che qui, in questa civile Europa gli attende.
Uomini e donne senza radici si preparano ad affrontare il presente e nel frattempo, come già scriveva Antonio Gramsci “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.” Mostri che nascono grazie al triste contributo di chi quotidianamente genera fake news, notizie false, bufale e messaggi virali, mostri senza coscienza e dignità civile, soggetti sprezzanti della democrazia e della civiltà umana. Razzismo e coscienza non civile sono unite da un sottile filo rosso, lo stesso filo rosso che permette agli abitanti del web di passare il tempo a commentare fatti inesistenti o che, come una antica gabbia, rende tutti gladiatori.
Alla radice dell’insofferenza verso l’altro c’è la paura, il terrore del diverso, nessun essere umano nasce disprezzando il prossimo ma come nel corso della vita si impara ad amare, purtroppo si impara ad odiare infatti come diceva Nelson Mandela “Nessuno nasce odiando qualcun altro per il colore della pelle, il suo ambiente sociale o la sua religione. Le persone odiano perché hanno imparato a odiare, e se possono imparare a odiare possono anche imparare ad amare, perché l’amore arriva in modo più naturale nel cuore umano che il suo opposto”. E’ imparare ad amare, imparare a vivere con il sorriso e con la positività che restituisce all’uomo quelle radici forti e profonde di quella famiglia che, se non c’è, si può trovare altrove.
Perché ci fa paura il diverso? La domanda non è mai di facile risposta, si può persino sbagliare a rispondere, da sempre l’essere umano teme l’ignoto ed oggi come un tempo, il diverso è quel qualcosa di sconosciuto. A pochi interessa che quelli uomini e quelle donne siano senza radici e che per cercare un luogo dove ricostruire la vita siano stati picchiati, violentati e lasciati a morir di sete per giorni e giorni.
Per la serie interviste oggi intervisto Michele Santoro, l'ideatore e fondatore di "Saperepopolare".
Da una veloce visione del sito, ma soprattutto della pagina Facebook omonima, si comprende che si tratta di un «e-commerce che unisce lo spirito imprenditoriale del suo gruppo di lavoro ad una passione trasformatasi nel tempo anche in un obiettivo culturale strategico: descrivere i riti, le feste, le antiche tradizioni delle comunità italiane e delle minoranze linguistiche che vivono in Italia ma anche le idee innovative e "le buone pratiche" di vita». Lo scopo è quello di preservare «la "memoria" raccontando, nel contempo, l'Italia che cambia e di essere una finestra permanente sulla storia locale italiana e sui tanti "patrimoni" - materiali ed immateriali - presenti nelle comunità italiane e nelle culture "altre" che vivono in Italia». Per quanto riguarda invece gli aspetti di natura commerciale, Saperepopolare rivendica una sua originalità, quella di essere una sfida editoriale, «una scommessa affascinante, perché utilizza la rete e punta alle tecnologie del futuro per riportare in scena un passato che appartiene al mondo dell'antica sapienza popolare, prestando grande attenzione al momento in cui essa incontra la vita contemporanea e il pensiero dell'uomo d'oggi. Per questo motivo, accanto al classico libro nuovo e usato, ( www.sito e la pagina fb ) propone anche un catalogo selezionato di e-book, un grande assortimento di titoli in formato digitale continuamente aggiornato, dedicato a tutti gli argomenti della cultura ma che privilegia i prodotti di case editrici indipendenti». E c'è anche il finale col motto: "il "Sapere" non è mai stato così "Popolare"!
Si potrebbe continuare a lungo nel descrivere Saperepopolare, ma è meglio dare la parola a Michele Santoro, il quale, tiene da subito a precisare che proviene dal mondo della ricerca, essendo "Cultore della materia" in "Teatro Sociale e di Comunità" all'Università di Torino.
1) Come mai questo termine - Saperepopolare - di lontana memoria, ideologica tipica del XIX e XX secolo, secondo alcuni/e?
MS: In quel motto - "il "Sapere" non è mai stato così "Popolare"! - c'è un gioco di parole che svela un po' i nostri obiettivi: "Popolare" non solo in termini di "sguardo dal basso", ma anche di "diffusione" massima del "Sapere". Il riferimento, da questo punto di vista, è per nulla ideologico e tutto rivolto a capire come, in passato, si affrontavano (e spesso si risolvevano) i problemi, quelli di natura quotidiana, come il cibo, l'abbigliamento, le malattie, il lavoro, ecc. rapportandoli al presente. E non sempre il progresso ci offre soluzioni migliori di quelle che si individuavano nel passato. Insomma, utilizziamo il concetto di "sapere popolare" come una sorta di filtro storico per capire come siamo (mi riferisco alla popolazione italiana) cambiati nel corso del tempo. Con un occhio particolare alle tradizioni ed alle feste popolari, tra sacro e profano, ed anche alle popolazioni di lingua minoritaria che via via sono venute ad integrarsi con le persone nate nel nostro Paese.
2) Saperepopolare è nato da subito con l'intento di salvaguardare ed integrare le tradizioni popolari, come dichiarato al Gruppo AXA "Nati per proteggere" - ( https://natiperproteggere.it/it/storia/254/sapere-popolare.html - ) oppure lo è diventato via via?
MS: Saperepopolare che, giuridicamente parlando, è un'impresa individuale, origina in effetti da un impegno si salvaguardia «delle identità territoriali, in un'ottica di integrità nazionale». Ciò è stato mantenuto nel tempo, anzi si è riforzato, perché mettere in rete e tutelare le identità territoriali italiane meno conosciute e far conoscere, rendere visibile con la narrazione «prodotti tipici, ambiente, territorio, usi e costumi locali» ci è sembrata un'impresa entusiasmante. In seguito ci siamo sempre più convinti che la cultura popolare doveva essere intesa non solo come tradizione, ma anche come contenitore di buone pratiche di territorio, di buoni esempi che partono dal basso, dalla gente comune, e che
da google.it
possono diventare appunto modelli da imitare. Ma questa seconda strada non rinnega la prima, anzi la ricomprende in un obiettivo più ampio. Inoltre, ci siamo accorti che la ricerca sulla cultura popolare poteva essere un mezzo ottimale per accrescere il dialogo intergenerazionale. La realtà di «ieri» e dell'«altro ieri» poteva cioè essere riletta e consegnata (“tradendo”, nel senso filologico di trasmissione, la tradizione) ai futuri giovani testimoni e «costruttori» di nuove memorie. Di qui l’idea di sviluppare il nostro lavoro, principalmente su due piani pratici: 1- creare e far crescere una sorta di giornale telematico innovativo, aperto alla collaborazione di tutti; 2- editare una collana di libri in formato digitale di immediata e facile fruizione. Ci stiamo impegnando per mettere in pratica questi nostri due percorsi. Ma non ci fermiamo qui. Andremo avanti anche su altre strade, come spiegheremo dopo, rispondendo a un'altra domanda. 3) Come distinguere la vostra missione di recupero e integrazione fra tradizioni e modernità senza scordarsi chi siamo stati e cosa eravamo come folklore?
MS: Occorre precisare da subito che, né nei nostri scritti del Blog, né come categoria di classificazione nel catalogo libri, usiamo il termine folklore, parola piuttosto ambigua. A parte la connotazione svalutativa che esso ha assunto, finendo per indicare aspetti più che altro "turistici" (si pensi all'opposizione tra gli aggettivi "folklorico" e "folkloristico"), in Italia - a partire dall'opera di Alberto Mario Cirese - l'oggetto di studio di questa disciplina è stato sostituito da "Demologia" e, negli insegnamenti accademici, da "Studio delle tradizioni popolari". Più propriamente si parla, con Cirese, di "Demologia, come lo studio dei "dislivelli interni di cultura", cioè dei comportamenti e delle concezioni degli strati subalterni e periferici di una società rispetto a quelli egemonici. Ora, noi ci siamo posti il problema di come aggiornare gli studi demologici alla contemporaneità.
fiera del tappeto di Mogoro edizione 2015 foto mia
Ci ha molto suggestionato l'idea dell'antropologo Pietro Clemente, che nei suo scritti parla della necessità di fondare una "Antropologia dell'Italia". Abbiamo ritenuto la sua una necessità e ci sentiamo in cammino in questo solco di studi. Si tratta di un contesto culturale ampio e ricco, che ci permette di lavorare sull'Italia a tutto campo: da come si sono trasformati i comportamenti e le visioni del mondo delle persone, a come sono cambiati i territori e i loro abitanti dal punto di vista socio-economico, a quella particolarità che l'Italia presenta in ambito museale, rappresentata dai "Musei etnografici", molti dei quali nati per iniziativa privata di singoli cittadini, ma talvolta anche grazie all’impegno degli enti locali e delle pro-loco. La crescita numerica di questi musei, particolarmente negli ultimi due decenni del Novecento, è stata talmente rapida e diffusa che il nostro Paese può, a buon ragione, essere definito come la nazione con più musei etnografici al mondo.
4) Non c'è il rischio che recuperando le proprie tradizioni si passi - come la lega ed altri - a posizioni d'identità chiuse e di xenofobia ed pensiero unico dominante? O peggio come
MS: Su questo argomento siamo chiari e rigidissimi. Noi studiamo le tradizioni italiane più antiche con obiettivi storico-antropoligici. Non ci sono indicazioni di valore. Siamo convinti che le aree geografiche, chiamamole "territori" per maggior semplicità, abbiano specificità e tipicità (pensiamo al cibo) proprie, ma tenendo sempre conto di questa considerazione: la diversità serve unicamente per confrontarsi, al di là di ogni eccessivo e "talebano" campanilismo. E quanto più si è diversi, per abitudini di vita e di pensiero, più c'è da imparare da chi ci sta di fronte. In un'ottica di curiosità, oltre che di civile convivenza, principio che non va mai messo in discussione.
5) Quali sono i vostri progetti per il futuro, visto che nell'immagine di copertina della pagina Facebook si legge: "Progetti per lo sviluppo di comunità"?
MS: Già Saperepopolare si manifesta, mediante il Blog, come un osservatorio culturale partecipato per promuovere lo sviluppo di comunità, affinché la specificità dei diversi territori possa diventare sempre più un patrimonio comune da far conoscere, valorizzare e tutelare. Di più, nel corso degli ultimi mesi, abbiamo maturato la decisione di calarci sul territorio, promuovendo progetti concreti da proporre ad Amministrazioni locali ed a Associazioni rappresentative, come ad esempio le Pro Loco. Detto in poche parole - poiché il progetto è molto lungo e articolato - si tratta di coinvolgere (e far partecipare) i cittadini di un determinato centro abitato o borgo nella scrittura di una "nuova storia" dei loro territori, quella che rappresenta la contemporaneità, ovvero l'epoca in cui vede come protagonisti quegli stessi cittadini. Inviteremo i testimoni privilegiati (in genere le persone più anziane, ma non sempre è così) del borgo a raccontare storie legate ai luoghi simbolo dei loro territori e poi utilizzeremo queste narrazioni come materiali fruibili attraverso strumenti della moderna tecnologia come i codici QR. Ma il progetto è ancora "work in progress...". Come si suol dire, "prossimamente su questi schermi..."
Islam: tra i nomadi Tuareg, dove le donne non portano il velo
I Tuareg, gli uomini - e le donne - blu del Sahara sono una decisa minaccia per l’Isis e per l’estremismo islamico in quanto estremamente «progressisti». E questo nonostante siano, soprattutto nell’immaginario collettivo, tradizionalisti con abitudini millenarie. Di religione musulmana, proprio per le loro tradizioni nomadi, i tuareg ritengono che la donna sia proprietaria delle case e dei beni stanziali. È l’uomo, che viaggia, che deve coprirsi il volto - acquisendo così il colorito bluastro, traccia delle sciarpe indaco che lo proteggono - e non la donna. E questo anche perché gli uomini desiderano vederle in viso le immagini qui