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29.1.24

ricerca a tutto tondo antidoto alle fake news

 E'  importante andare alla ricerca   non tanto  dellle  informazioni  che  avallano le  nostre tesi   quanto piuttosto  quele  che  le    cofuntano. Infatti se  si cercano elementi a  favore   di una teoria  è facile 

 trovarli o interpretarli come tali  . Mentre la validità  di un ipotesi  è tanto più  certa   quanto  più difficile è negarla  . E questo naturalmente  vale  in tutte le  scienze  e non solo . Infatti in quest senso  , anche alle  nozioni teoretiche  ,  ai ricordi  e  ai fatti ,bisogna  applicare  la stessa cura  che  si   riserva   ad esempio ai  reperti  archeologici   riupulendoli   dalle impurità   in cui  sono stati sepolti  per milleni .
-- cioè   dobbiamo fare  un processo  di sottrazione
----- esatto dobbiamo togliere  dalle nostre  congetture   ogni pregiudizio



 se  vogliamo  arrivare   alla  verità  .  Anche se  a  volte  non ci  arriveremo mai   perchè la  verità assoluta   non eiste  in  pratica  ma  esistono più e diverse  verità . Infatti è capitato  , come credo  a  tutti  voi  ,  d'acquisire nuovi    elementi e  di scoprire  che  la nostra ipotesi   razionale  o irrazionale  fosse sbagliata  .  Si può dire    ricollegando,mi a quello che dicevo prima  che ciò che noi  consideriamo verità sia  un costrutto provvisorio  .E per quanto un idea  ci possa sembrare buona  non bisogna mai  irrigidirsi ( soprattutto   quando  i fatti o  un altra  verttà   lala  rimettono indiscussione )  ma  accettare     che  possa  essere  confutata  e  messa indiscussione . Traendone unutile  elemento   di studio   e  d'indagine  innteriore  .Inoltre  avere la mente  aperta  non significa   abdicare  alla  razionalità   ed accettare il fatto che   spessimo   . Il sovranaturale e  il complottismo  sono  scorciatoie per   ciò che non comprendiamo  . 

3.7.21

Dalle ginestre la fibra più verde UNA FIBRA SIMILE AL LINO SI ESTRAE DALL’ARBUSTO. E CON GLI SCARTI? SI PRODUCONO BANCHI PER LE SCUOLE ALTRI PREGI: CRESCE CON POCA ACQUA E SENZA BISOGNO DI PESTICIDI

   da  gente   di questra  settimana 

ALLO STUDIO A sinistra, i rami della ginestra dai quali si estrae la fibra. Sotto, il professor Amerigo Beneduci dell’Università della Calabria (sotto) nel suo laboratorio, che ha studiato il tessuto ottenuto dall’arbusto. DAI CAMPI ALL’ATELIER A sinistra, la stilista Flavia Amato lavora su uno scampolo di tessuto sotto l’occhio della sua modella (anche nella pagina a fianco, in un ginestreto) che indossa la prima tuta prodotta con questa stoffa. Sotto, il materiale. (Foto Fotogramma/IPA).

Avolte per andare avanti bisogna tornare indietro, guardare al passato, ripescare vecchie idee. Come quella di ricavare fibre tessili dalle ginestre, trasformando una pianta spontanea in una risorsa per la moda, l’arredo e molto altro. Gli antichi romani lo facevano già, prima di loro i greci; resti di questo tipo di filato sono stati trovati durante gli scavi di Pompei. Oggi la palla è passata al Dipartimento di tecnologie chimiche dell’Università della Calabria, dove il professor Giuseppe Chidichimo e il suo team fanno ricerca in questo senso da almeno dieci anni.

«È iniziato tutto grazie a una collaborazione con il gruppo Fiat, che voleva usare stoffe alla ginestra per i sedili delle auto», racconta il docente. «A noi è stato chiesto di modernizzare l’antico processo di estrazione della fibra dall’arbusto e di renderlo industrializzabile». Più facile a dirsi che a farsi: mentre con il lino basta seccare i rametti e scuoterli per far staccare la parte fibrosa, la ginestra, dove la fibra è presente nelle cuticole delle vermene, cioè dei rami, è cespugliosa e più resistente, e richiede uno sforzo maggiore. «In passato la si metteva in ammollo nell’acqua per quindici giorni per provocare lo sfaldamento della parte interna, poi la si batteva con strumenti di legno: un metodo efficace, ma lento. Così come quello usato negli Anni 40 quando, in pieno regime fascista, smise di arrivare il cotone dall’America e si fece nuovamente ricorso all’arbusto locale, diffusissimo nelle regioni del Sud Italia: all’epoca si scoprì che per sciogliere le sostanze collanti che trattengono la fibra era utile immergere le piante in una soluzione sodata, la stessa dove si mettono le olive per renderle più dolci. Ma anche se la fase di macerazione si era evoluta, non così quella successiva, nella quale la fibra veniva strappata a mano dalle donne». Niente di replicabile su larga scala, insomma. «Con i nostri studi abbiamo fatto molti progressi, persino reso più ecologico il processo eliminando il bagno nel

la soluzione sodata, che abbiamo sostituito con un ciclo di disidratazione e reidratazione suggeritoci dai contadini. È ancora un work in progress, ma abbiamo già iniziato a coinvolgere le aziende».

Le prime a dimostrare interesse sono state quelle della filiera tessile: la Sunfil di Castrovillari, in provincia di Cosenza, ha messo a punto un macchinario apposito per la cardatura (la ginestra ha fibre lunghe, diverse da quelle di lino e canapa), il Linificio Canapificio Nazionale del gruppo Marzotto si è occupato dei filati, il tessuto finito è stato realizzato dalla Tessitura Enrico Sironi di Gallarate, infine l’atelier Malia Lab della stilista calabrese Flavia Amato ha cucito i primi capi, un trench e una tuta palazzo. «Temevamo che il tessuto risultasse ruvido al tatto, irritante per la pelle», ammette il professor Amerigo Beneduci, che con Chidichimo è tra i responsabili dell progetto. «Al contrario, quello che abbiamo ottenuto è morbido, fresco, estremamente versatile. Ricorda il lino ed è perfetto per la bella stagione».

Ma la ginestra ha anche altri vantaggi. «È una pianta che cresce spontaneamente e in maniera molto rapida», riprende Chidichimo. «Non ha bisogno di molta acqua e attecchisce sui terreni collinari, anche aridi, inservibili o quasi per l’agricoltura. Non ruba quindi spazio ad altre coltivazioni, anzi è utile contro gli incendi e, con le sue lunghe radici di 3-4 metri, previene le frane. Ed è pure bella da vedere: quando è in fiore crea una distesa gialla molto gradevole. Inoltre, a differenza del cotone, non ha bisogno di pesticidi inquinanti perché non viene attaccata dai parassiti». Ma quanta ne serve per fare un abito? «Se ipotizziamo di usare circa due chili di tessuto per capo, avremo bisogno di due chili e mezzo di fibra, che si estraggono da 25 chili di ginestra verde. Sembra tanto, ma un ettaro di ginestreto produce 25 tonnellate di arbusti, quindi mille vestiti».

Unico neo, sul vegetale appena tagliato la resa in fibra è piuttosto bassa, del 10-12 per cento. Ma anche in questo caso il problema è presto risolto: gli scarti, cioè la parte legnosa inadatta al tessile, non vengono buttati, ma trovano impiego nei settori più disparati, dalla bioedilizia all’arredo: «Noi li abbiamo forniti alla Sirianni, un’azienda di mobili per le scuole, che ne ha fatto banchi, cattedre e armadi», racconta Beneduci. Ma è anche possibile macinarli e ridurli a polveri vegetali, per integrarli in composti plastici e ridurre l’uso di derivati dal petrolio. Meglio di così!

21.1.15

incubi , fantasmi e il ruolo riparatore della modalità

  Musica   in sottofondo
 ti vengo a cercare  - Battiato   ( religiosa  )
 ti vengo a cercare  -  Csi  ( più laica  )
ma  la mia poreferita è questa   qua    che le unisce entrambe

 Proprio    queta  frase   :
Picchia duro. Riascoltata un anno dopo la registrazione della serata ci ha turbato. Abbiamo deciso di fermarla, trasformarla in un disco. Un disco eccessivo che non si può tenere nascosto né si può consumare a cuore leggero. Difficile da gestire.( (Giovanni Lindo Ferretti)
  ch  trovate nell'introduzione   della  prima edizione  dell'opera   La  terra ,la  guerra ,una
questione privata    cuioè   del concerto    dedicato alla memoria e all'opera di Beppe Fenoglio tenutosi il 5 ottobre 1996 ad Alba, nella chiesa di San Domenico  ( lo potete  vedere qui su youtube ) e la  rilettura    del bellissimo  ,  se  lo  hanno chimato  a Dylan Dog  un motivo  c'è  , romanzo  -fumetto   Stria  di Giovanni Simeoni 

Ecco la mia risposta ai  miei  fantasmi (  che   poi  sono quelli    che si nascondono  dentro  di noi  )
http://www.busonero.it/
cioè le mie colpe  alcune  d'esse diventate   indefiniti abissi    di vuoto  nella  memoria e  che  devono  ancora  risalire   altre  lo  fanno , ai miei  fantasmi    che  hanno un nome  ed  un volto . Il resto  è  , come   suggerisce  Il  tenente  \  colonello Spadaro  del romanzo di  Simeoni ,  il resto  è casualità  .
Ed  è proprio  grazie ad essa  e ad  al tempo   che  sono riuscito  a  ritrovare  e  recuperare  D.F e M.B  con la   prima è andata  benissimo  in quanto    lei   non ricordava  del nostro litigio ed  io che  volevo  oltre  a volerle  chiedere scusa  e riappacificarmi  ancora  mi tormentavo ( mi spiace  non parlarne  , ma  è  una wquestione troppo personale  o per  parafrasare   Fenoglio è  una questione privata   e non mi  va  di riaprire   vecchie ferite  )  ma  poi ... ho risolto e ....  be lo potete leggere dalllacorrispondenza   sotto   riportata 

  • Giuseppe Scano
    Grazie non
    Ops solo grazie . Il fatto é che non sono abituato ai tac screen
  • D F
    come stai? è una vita che non ci sentiamo, ti ricordi di me?
  • Giuseppe Scano
    Giuseppe Scano

    Certo . Discretamente . Sono laureato . Lavoro azienda da mio padre . Ho fatto una mostra con delle mie foto . E altre cose . Sé mi ridai la tua email o il tuo n di cellulare ti racconto . E tu cosa mi racconti
  • D.F

    lavoro x una cooperativa di pulizia industriale, sono tornata ad abitare con mia madre dopo la convivenza e ho un "bambino" pelosetto
  • Giuseppe Scano
    Giuseppe Scano

    Ora vado a a nanna che sono in piedi dalle 6 . Grazie della fiducia credevo fossi ancora arrabbiata x quella storia . Mi sei mancata . notte e grazie d'esistere . Quando vuoi sms il mio numero lo hai notte . Un abbraccio
  • D F

    non mi ricordo nemmeno perchè non ci sentivamo più
    buonanotte a presto
  • Giuseppe Scano
    Giuseppe Scano

    Meglio cosi non riapriamo vecchie ferite . L'importante che ci siamo ritrovati e i miei incubi e rimorsi siano finiti grazie al tuo aver  accettato  (   di avermi dato una seconda possibilità  )  il contatto . Notte compagna di strada
  • Giuseppe Scano
    Giuseppe Scano

    rieccoti i mio numero 3286849962 quando vuoi e ti serve aiuto io ci sono




    Con il secondo compagno di strada \ o di viaggio la colpa è stata di entrambi Mia in quanto Lui ( M.B ) rapressentante del gruppo https://www.facebook.com/ecumenici,qualche tempo aveva la madre , poi morta , in coma ed io stupido ( forse perchè credevo , visto l'ottimo dibattito tra i pro e i contro testamento biologico che c'era in qujel gruppo che lui fosse fra quei religiosi a favore del testamento biologico ) mi ero messo a fargli una battuta << spero che abbia fatto testamento biologico >> e mi ha scritto mandami anche a Fncl dicendomi ti cancelli tu o ti cancello io . Io polemizzai sul gruppo con frasi tipo << come predica il perdono , il rispetto , e poi mi cancella , ecc >> tanto da farmi escludere . Poi per qualche anno , fino al'anno scorso , riusci aleggere ciò che scriveva e scrivevano grazie a degli amici comuni ( poi o cancellati da fb o cancellatesi da db e o dai miei contatti ) . Ed ecco che incuriosito lo cercai sul primo account di fb ma niente , provai con il secondo account è lo trovato . ecco qui la nostra corrispondenza ( quella sui wzp , mi mordo le amni , l'ho rimossa e quindi non posso proporvela e mi ricordo solo il suo messaggio in cui mi diceva che mi aveva cancellato )



    IO
    Ciao Carissimo come va Fose ho scoperto l'origine di problema con l'account principale ( fb . tempo fa , avevamo avuto una discussione abbastanza accesa sul testamento bioogico e sulla volonta di rispettare i pazienti ormai giunti al capolinea che avessero fato tale scelta . Tu mi bloccasti , ma io nonostante non potevo ne comentare ne mettere mi piace ai tuoi interessanti post , ti ho seguito tramite un contatto comune . Poi avendomelo bruciato , un temporale ho dvovuto cambiare pc e reinstellare tutto ho scoperto che quella persona non era più fra i mie contatti . forse cmi ha cancellatolui o forse si è cancellato da fb o come succede lo cancellato fb Ed eccoci a qualache giorno fa , che ho ritrovato la tua pagina ., Non trovandoti dall'account principale , ma da quiello secondario di cui tu mi hai chiesto l'amicizia .
    Ora mi farebbe piacere , se vuoi che tu mi sblocchi e mi riconceda il contatto anche su quello principale .
    P.s se tutta questa vicenda ti dovesse dare fastidio o ti dovessi sentire ingannato puoi, non ne faro un dramma ( o almeno ci provo ) rimuovere dai tuoi contatti anche il mio account secondario e non accettare quanto ti chiedo . con la presente. Grazie omunque per aver attraversato la mia strada



    M. B su Wzp << ti ho rimosso>>


    fino alla sua cancellazione ( ma non bloccaggio )


    IO
    28 minuti fa
    http://youtu.be/RbI5CQ6X5rQ mi farebbe piacere riaverti come amico e rincominciare se ti va ?

    C.C.C.P. Curami
    youtu.be




    Ora  se   questo   tentativo se fallisce anche questo chi ... lo lascero perdere vorra dire che recuperare compagni di strada e    che il metodo  della casualità  non sempre  funziona  e rimette  tutto a posto  e  ci fa  tornare  a dormire sereni   .  Ma  pazienza  è  la vita  mica  tutto  può sempre  andare benme  , altrimenti sarebbe una  vitra monotona e piatta 



15.1.14

Lettera aperta a Davide Parenti delle iene sul caso vanoni By Gianluca Neri - Presadiretta e Le Iene, come si parla di Stamina in tv Da una parte la chiarezza delle prove, dall’altro la pressione emotiva: due modi opposti di raccontare il fantomatico metodo a base di staminali sul piccolo schermo



Avrei voluto commentare  la  puntata  di presa diretta  di rai3   sul caso stamina  che trovate  sotto 




ma   questi due  articoli  il  primo di  http://www.wired.it/scienza/medicina/  e  il secondo di  http://www.macchianera.net/2014  che ritrovate  sotto   mi  hanno anticipato e credo  lo abbiano fatto meglio  di  me 






Il primo



Presadiretta e Le Iene, come si parla di Stamina in tv.
Da una parte la chiarezza delle prove, dall’altro la pressione emotiva: due modi opposti di raccontare il fantomatico metodo a base di staminali sul piccolo schermo.


“Dedicheremo la puntata a un argomento controverso: il metodo Stamina, quello di Vannoni e della Stamina Foundation, della comunità scientifica nazionale e internazionale che ha attaccato ferocemente questo metodo considerandolo alla stregua di una truffa, dell’inchiesta della procura di Torino coordinata da Guariniello sull’attività della Stamina Foundation, della politica e delle decisioni del ministero della Salute. Ma anche dell’attesa enorme che questo metodo, pubblicizzato da tantissime televisioni, ha creato nei malati e nei parenti dei malati”. Ha esordito così Riccardo Iacona, nell’introdurre l’ultima puntata diPresadiretta, in onda ieri in prima serata su Rai Tre, interamente dedicata a un’inchiesta attorno al discusso trattamento a base dicellule staminali promosso da Davide Vannoni e dal medico Marino Andolina. Si è discusso del metodo, della sua fondazione, delle inchieste che ne oscurano la reputazione, di scienza e dipolitica, pur senza trascurare gli aspetti umani della vicenda, con testimonianze dirette di pazienti che chiedono l’accesso alle cure, ma anche di famiglie che si dichiarano tradite e che ne portano in superficie i lati più oscuri: quello delle richieste di denaro e delle promesse di guarigione mai mantenute.
C’è già chi ne esalta il giornalismo televisivo d’inchiesta, anche se da parte di Vannoni e dei suoi sostenitori la trasmissione è stata bollata da subito come pseudogiornalismo fazioso. Su questo, saranno i risultati delle inchieste della procura, ormai quasi al termine, a rendere conto. Ma per quanto riguarda il discorso giornalistico, ci sentiamo di riconoscere che forse per la prima volta il caso Stamina è stato rappresentato sul piccolo schermo in tutta la sua complessità e con il visibile intento di fornire un servizio pubblico di informazione. Impossibile non rilevare un confronto impietoso tra due intere stagioni di servizi in prima serata de Le Iene Show, che abbiamo più volte criticato, e le due ore di trasmissione che abbiamo seguito ieri sera. Presadiretta ha raccontato una storia definita, quella di Stamina, comprensiva di fatti e responsabilità. E lo ha fatto in modo chiaro, preciso, documentato e comprensivo di contraddittorio.
Ecco una rassegna di quanto le due redazioni abbiano raccontato l’intera vicenda in modo differente. Perché la televisione ricopre ancora un ruolo forte nel formare l’opinione pubblica nel nostro Paese. E non può essere gestita con superficialità.

Le famiglie dei malati
Quelle in piazza Montecitorio, le loro proteste e la loro esasperazione creano l’apertura della puntata di Presadiretta, con tanto di intervista ai fratelli Biviano, ormai da sei mesi alloggiati all’addiaccio in attesa di poter accedere al trattamento in qualità di cura compassionevole. C’è lo smarrimento e c’è la disperazione, proprio come hanno mostrato anche Le Iene. Il problema è che il programma di Italia 1 si ferma qui, mentre ieri sera la trasmissione di Iacona porta ben oltre.
Va da quelle famiglie e quei pazienti di cui finora avevamo letto solo sui giornali. Primo tra tutti Carmine Vona, affetto da una forma di paralisi, che ha ricostruito tutta la trafila di operazioni necessarie per accedere al trattamento di Vannoni quando ancoraStamina faceva la spola tra Torino, Carmagnola e un centro estetico in San Marino. E che ha raccontato in prima persona dei gravi effetti collaterali subiti dopo la sua unica infusione così come del totale abbandono da parte di Vannoni e Andolina, nonostante le promesse di recupero del 100%, mai avvenuto in alcun modo.
E assieme a lui diversi altri in carne e ossa, a testimoniare la desolazione delle aspettative tradite, lo smarrimento dinanzi a infusioni nel midollo spinale senza anestesia, nemmeno nei bambini, degli effetti collaterali inaspettati nascosti dentro alle infusioni e dell’incubo delle ripercussioni del duo Vannoni e Andolina nel caso di accuse e denunce. Un unico appunto: era davvero necessario mostrare i bambini malati, seppur con il consenso dei genitori?
I leader di Stamina Foundation
Per chi si fosse informato sul caso Stamina guardando solamenteLe Iene Show, probabilmente Vannoni e Andolina non sono altro che due personaggi parimenti estrosi e geniali con una grande idea ostacolata dai poteri forti e dalle lobby del farmaco. Questo perché Golia e i suoi collaboratori tacciono su tutti i loro aspetti più controversi, con ripetute interviste in cui ogni parola viene presa come oro colato, in totale assenza di una controparte. Anzi, ai due viene addirittura chiesto di descriversi e commentarsi a vicenda, in una sorta di celebrazione reciproca tra soci. Un contraddittorio che di fatto non può reggere.
Presadiretta invece li incalza, li provoca e va in cerca di qualcuno a cui chiedere se le dichiarazioni rappresentano il vero o il falso. Nel caso di Andolina, a cui viene chiesto perché le infusioni di staminali venivano praticate all’ospedale di Trieste esclusivamente la domenica pomeriggio, i giornalisti della trasmissione vanno a cercare conferme e spiegazioni anche oltre ai membri di Stamina, fino a incontrare di persona l’allora direttore sanitario della struttura, Mauro Delendi. “Non c’era nessun accordo con l’ospedale” chiarisce Delendi, in opposizione a quanto sempre affermato da Andolina: “Anziché attività di ricerca, venivano fatti trattamenti sui malati, e scoprirlo è stata proprio la procura della Repubblica”.



Ancora più efficace l’intervista di Iacona a Vannoni, che viene incalzato sul lato medico-scientifico, sulle sue qualifiche, sul suo comportamento coi pazienti, sulle promesse di guarigione, sulgiro d’affari attorno a Stamina Foundation e sui propositi futuri della società, che prevede di commercializzare le staminali in Cina a mezzo della farmaceutica Medestea, così come di sfruttare i fondi di una cooperativa di pazienti disperati per insediarsi in una clinica a Capo Verde. Riassumendo: al termine dell’intervista l’immagine di Vannoni ne esce praticamente massacrata. La sua incompetenza in materia medica e nelle dinamiche della ricerca scientifica, così come i suoi scopi commerciali, vengono alla luce.
La scienza e gli scienziati
Grandi assenti per la maggior parte dei servizi delle Iene, aspetti scientifici ed esperti di cellule staminali sono invece il vero filo conduttore della puntata di Presadiretta. Come dovrebbe d’altronde essere quando si tratta una tematica che ruota attorno a fuochi come la salute pubblica, gli investimenti per la ricerca clinica e le prove di efficacia di un trattamento che viene millantato come potenziale salvavita per più di cento malattie incurabili del sistema nervoso.
Cosa sono le staminali e come funziona la ricerca biomedica non viene chiesto, come nel caso delle Iene, a Vannoni (che ricordiamo non è né medico né biologo, bensì docente di psicologia della comunicazione e laureato in materie letterarie). La parola sulla scienza è data agli scienziati, e in particolare a tre eccellenze della ricerca sulle cellule staminali in Italia e a livello internazionale. Vediamo una Elena Cattaneo impegnatissima a chiarire le perplessità della comunità scientifica sul metodo Stamina, unMichele De Luca che spiega come i risultati dei trattamenti non siano nemmeno lontanamente compatibili con gli standard di una pubblicazione ufficiale, un Paolo Bianco intento a sottolineare lapericolosità di un’apertura verso trattamenti privi di evidenze scientifiche per i cittadini. Troppo difficile, per Le Iene, far entrare in uno dei loro servizi anche il parere dei nostri massimi esperti in materia, anziché focalizzarsi solamente su ipotetici miglioramenti mai certificati da alcuna documentazione?
Le inchieste
Taciute nel corso delle venti puntate della trasmissione di Mediaset, le inchieste che vertono su Stamina Foundation e sugliSpedali Civili di Brescia, dove le infusioni di Vannoni sono diventate ufficialmente a carico del Sistema sanitario nazionale, vengono invece spiegate e approfondite da Presadiretta. La prima, per tentata truffa ai danni della Regione Piemonte, con un tentativo di richiesta fondi di 500mila euro; la seconda, persomministrazione di farmaci guasti e potenzialmente pericolosi per la salute, manipolati oltretutto in laboratori non idonei. Vengono letti documenti e relazioni ufficiali delle ispezioni dei Nas e intervistati i responsabili, e ne esce un quadro totalmente diverso a quello a cui Le Iene ci avevano abituato, ricco di dettagli e in cui nulla può essere lasciato al caso. Dal modo con cui vengono conservati i campioni biologici alla mancanza di certificazioni di qualità di prodotto cellulare e dei reattivi per il loro trattamento, passando per l’assenza di documenti sulla vitalità e l’attività biologica delle cellule da iniettare nei pazienti, tutto riconduce a un grosso, pesantissimo, punto di domanda: cosa c’è nelle infusioni di Brescia? Nessuno all’interno dell’ospedale lo sa e nessuno, in trasmissione, si sogna di comunicarlo come una questione di poco conto. Si stratta di fatto di un precedente gravissimo, segno di una totale mancanza di trasparenza e dell’assenza di qualsiasi tipo di consenso informatonei pazienti.
Donazioni o pagamenti?
Presadiretta porta in tv anche la questione dei soldi: quelli che i pazienti avrebbero versato, certificati di bonifico alla mano, sui diversi conti correnti associati a Vannoni e alle sue società. Mentre la tv ci aveva abituato finora a sentir parlare il patron di Stamina di donazioni per la sua società senza fini di lucro e a favore dei malati, appare dalle testimonianze un lato molto più oscuro: visite, prelievi, e infusioni (prima dell’ingresso di Stamina agli Spedali di Brescia) sono completamente a carico delle famiglie dei pazienti, che pagano in anticipo, profumatamente e in assenza di qualsiasi garanzia. Un singolo trattamento supera da listino i 25 mila euro, e a chi fa fatica a pagare il dottor Andolina si permette di rispondere telefonicamente: “La sera mandi sua moglie a battere”, come recita una dichiarazione sconvolgente da parte di una delle famiglie intervistate ieri sera.
Fuori discussione l’importanza dell’inchiesta di Iacona e dei suoi collaboratori. L’appunto è alla tempistica e al palinsesto: la televisione avrebbe dovuto lasciare uno spiraglio a servizi di questo tipo molto prima, anziché abbandonare gli spettatori in balìa di un’unica (e schierata) trasmissione. La prossima volta (e speriamo non ce ne siano), ci auguriamo che il giornalismo televisivo d’inchiesta possa accendere i propri riflettori prima. Facendo da spalla alla Rete, che si è resa conto del caso Stamina  con molto anticipo







Ciao, Davide Parenti, piacere. Non ci conosciamo. A dire la verità una volta un amico comune dovrebbe averci presentati, ma era una di quelle presentazioni di sfuggita che si fanno perché è educato farle, quindi quella volta non conta. Lo dico nel caso tu ti stessi legittimamente chiedendo “È questo mo’ chi cazzo è?”: appunto, nessuno, tranquillo.
Tu, invece, sei – lo specifico per quelli che stanno leggendo queste righe e non fossero pratici del sottobosco televisivo – il capo autore de “Le Iene”.


Lo confesso: ho rimandato queste lettera di giorno in giorno. Avrei voluto scrivere un articolo lungo e documentato abbastanza da smentire una per una la monumentale quantità di cazzate cui avete fatto da microfono parlando del caso Stamina, ma c’è chi, in rete, l’ha fattoprima e meglio di me.
Non mi metto qui a fare l’elenco anche perché sono convintissimo che tu conosca fino all’ultima virgola ognuna delle obiezioni mosse dalla comunità scientifica al metodo che avete ingenuamente sponsorizzato. E sai perché le conosci, Davide Parenti? Perché, dentro di te, sai benissimo di avere sostenuto una monumentale idiozia.
Lo so, è difficile. La prima volta si può passare per fessi: capita. La seconda volta c’è l’aggravante della recidività ma, comunque, esiste ancora la possibilità che uno sia, semplicemente, un po’ boccalone. Alla terza è giusto iniziare a porsi delle domande. Alla quarta si può dare già per assodata la malafede. Dalla quinta in poi si può già dire eccetera eccetera. Cinque, Davide Parenti: fai cinque con le dita. Cinque grosse cazzate non si perdonano a nessuno, e tu, di servizi ammiccanti sul caso Stamina, ne hai mandati in onda venti.
Io lo so come te la sei cavata fino a oggi: dichiarando che avete “solo raccontato una situazione, un disagio”. Lo dici, forse, anche un po’ per giustificarti con te stesso, e questo lo capisco: è una di quelle cose tristi che si imparano a fare col tempo, riuscire a guardarsi allo specchio e avere il coraggio di chiedersi “Posso essere stato così fesso?”. La risposta, Davide Parenti, non ti piacerà: sì, si può.
A un certo punto succede questo: che diventi Dio. Il tuo intuito è stato premiato e hai avuto ragione così tante volte, che la gente inizia a scriverti. E non lo fa perché pensa tu abbiaraccontato bene delle storie: lo fa perché pensa tu abbia la risposta ai suoi problemi. Perché è rassicurante pensare che qualcuno possa avere la soluzione, anche quando la soluzione non c’è. In quel momento, però, i ricettori che nelle persone normali hanno come unica funzione quella di suonare l’allarme al primo sentore di cazzata, a te sono andati a farsi fottere da mo’.
Arriva un momento in cui, quando già hai fatto tanto e ti sei fatto volere un gran bene, credi di poter fare e meritare ancora di più. È la volta che ti capita la cazzata. Pensi a quanto sarebbe bello se fosse vera, e quanto bravo sembreresti agli occhi di tutti per aver scoperto per primo che era lì, a portata di mano, sotto gli occhi di tutti, che alla fine inizi a crederci.
Poi però te ne accorgi e smetti, Davide Parenti, intorno a un ipotetico servizio numero sei. Toh, al sette. Tu sei arrivato al venti. E ho il sospetto che avessi nasato la bufala già dal numero quattro, ma ormai fosse troppo tardi.
Per venti volte – a esclusivo beneficio dei numeri di audience – hai solleticato l’immaginazione di quelli più scemi di te, conducendoli per mano in un mondo fantastico in cui le cure esistono, tutte, e a scoprirle – tutte assieme, nel contesto di una botta di culo unica nella storia dell’umanità – è lo scappato di casa che più al mondo avrebbe bisogno di uno shampoo. Poi, a intervistare uno che l’ha studiata, quella roba lì, e sostiene che stai facendo da megafono al Gran Mogol dei peracottari, mandi Giulio Golia, uno che ti ascolta ammiccando, con la faccia da “Io non dico niente per non influenzarvi, ma chìste è ‘nu strunz falluto”.
Devi rendermi atto, Davide Parenti che, al di là di quel filo di dovuta presa per il culo, ti sto almeno riconoscendo l’assenza di malafede. Tu però aiutami, e prendi nota delle giustificazioni che nel corso del tempo hai utilizzato e potresti essere tentato di riciclare. Sono quelle in grassetto e tra virgolette. Il resto sono io che parlo.
“Abbiamo solo raccontato una storia“. Ti piacerebbe uscirne con questa facilità, lo immagino. La notizia è che, invece, resti responsabile delle storie che scegli di raccontare e, soprattutto di come scegli di raccontarle. Se la storia che racconti spinge qualcuno a scegliere di non curarsi, se si scopre che non esistono basi scientifiche che provino l’efficacia della cura e quel qualcuno poi muore, ciccio, tu sei responsabile with cherry on top.
“Ma noi non siamo un programma giornalistico“. Bella, ma non è tua. E non ha funzionato nemmeno col primo che l’ha usata. Stai dando una notizia. Se sai che non è vera, si chiama“mentire”. Se sai che non è vera ma lo sa anche la gente che ti sta guardando, si chiama“fiction”.
“Noi abbiamo dato voce alla sofferenza di famiglie e bambini cui nessuno dava ascolto“. E hai fatto una buona cosa, bravo. Poi era tuo dovere spiegare anche che, fuori da quel vortice di emozioni in cui qualsiasi ingenuità è giustificata, la realtà è purtroppo diversa dal mondo perfetto che ci piace immaginare. Nella realtà, decine di migliaia di scienziati e medici lavorano per decine di anni solo per arrivare a identificare correttamente una malattia, e da lì parte un percorso di altre decine di anni per arrivare mettere a punto una strategia di cura che, con un po’ di fortuna, potrebbe concludersi con una cura. Questa è la realtà, Davide Parenti, e fa talmente schifo che non puoi nemmeno metterci le telepromozioni in mezzo.
“Noi abbiamo solo sostenuto la libertà di cura“. Ora ti spiego perché sbagli anche in questo, che a un occhio grillino e/o smaliziato potrebbe sembrare un intento sacrosanto. Ti faccio l’esempio dell’“immunità di gregge”: è il fenomeno per cui i figli di genitori talmente sciroccati da credere che i vaccini causino l’autismo non si ammalano. Non si ammalano perché la maggioranza dei genitori sceglie invece di vaccinare i propri, di figli, facendo in modo che le malattie che abbiamo imparato a domare non si diffondano. Però restano lì, le malattie, a aspettare pazientemente che gli sciroccati diventino maggioranza. “Libertà” resta una bella parola fino a quando non mette a repentaglio l’incolumità altrui: se scegli di non curarti e metti a rischio la salute delle persone che hai attorno io, Stato, ho tutto il diritto e perfino il dovere di dirti “No, col cazzo”.
Ho finito l’elenco, e mi resta questo da dirti: che non c’é nulla di male, ma tanto invece di onorevole nell’andare in onda e dire “Scusate: sappiamo che avete fiducia in noi, ma questa volta abbiamo sbagliato. Potevamo scegliere di fare finta di nulla, o di continuare a battere quel chiodo, e invece abbiamo scelto di dirvi una verità che per noi è scomoda, e cioè che avevamo torto. Sappiamo che, facendo questo, rischiamo che non crediate più a quello che diremo, o che ci crediate un po’ meno, ma dentro di noi speriamo che il fatto di essere stati onesti possa servire a meritare ancora la vostra stima”.
Puoi dire questo, Davide Parenti, e fare qualcosa di davvero rivoluzionario in televisione. Oppure puoi fregartene e continuare a fare una cosa che sappiamo funzionare bene: puoi cominciare non a assomigliare, ma proprio a essere Antonio Ricci e sostenere che le Veline di “Striscia la Notizia“ siano portatrici di un forte messaggio sociale e non stiano invece a sgambettare su quel bancone in quanto – semplicemente, ma legittimamente – due belle fighe.


18.12.12

"Troppi porno, non ricordo più nulla": i film hard danneggiano la memoria


In sottofondo   Riders on the storm  ( The Doors ) 


Gli  articoli  che trovate  sotto  è un motivo in più  per  smettere e  continuare  (   cado  e mi rialzo  )   la mia  quasi 30   visione   di fumetti , racconti  , fotoromanzi  ,  vhs  , dvd  ,   internet   (  vedere  archivio  blog  per   ulteriori dettagli  )  . Tanto ormai salvo rare  eccezioni  i fotoromanzi e  i film  sono tutti uguali  con il  soliti  stereotipi \  luoghi comuni    :   la donna  vogliosa  di  ....   sesso   o l'uomo  arrapato  \  infoiato   che  vuole   ......   avere  un rapporto   a  tutti i  costi  , ecc spiegati   bene    spiegati bene nella  parodia  kubrick una storia porno  ( vedere  post  precedenti  ) .
Quindi  Meglio un po'  si sano erotismo ( se  capita ) o nel caso  si debba  ricorrere  all'auto erotismo  


una  sega  fatta  con la  fantasia  e  più  lunga  che   una  breve  ed  effimera \  frustante  fatta senza  l'ausilio  e  l'aiuto  di  pornografia  esplicita per  poi  e questo il passo successivo da  fare  un po'  difficile  e pressoché impossibile   visto che siamo  bombardati  da immagini sensuali  ovunque  in  : tv , stampa ,  internet  , ecc ( vedere il documentario il corpo  delle donne ) non ricorrere  neppure  a  quelle   . 

  da  repubblica online del 18 dicembre 2012)

Uno studio rivela che che guardare immagini pornografiche su internet può indebolire la nostra capacità di ricordare le cose. Secondo gli scienziati esiste un legame tra la dipendenza da sesso virtuale e la tendenza a dimenticare di dormire, perdere appuntamenti importanti e trascurare le relazioni personali

di SARA FICOCELLI
LA PORNOGRAFIA di una volta è fatta di ricordi. Che portano a un'Italia che non c'è più. I video proibiti si consumavano a casa con le cassette VHS o aspettando la programmazione notturna di qualche emittente locale. Un passato in cui le pornodive erano soprattutto dive e qualcuna diventava anche parlamentare. Oggi le cose sono molto cambiate e si seguono ispirazioni decisamente più fredde, virtuali. La pornografia si diffonde per lo più tramite internet e il consumo è accessibile a tutti, in qualunque momento, da qualunque postazione, gratuitamente, con un click.? Tanta facilità e tanta abbondanza hanno moltiplicato in modo esponenziale il numero degli utenti nel mondo, tanto che, secondo l'ultima indagine di ExtremeTech, il mercato del porno su internet è l'unico che non conosce crisi. Ma anche questo settore, a quanto pare, ha il suo tallone d'Achille.
Secondo una ricerca tedesca pubblicata sul "Journal of sex research", il punto debole del consumo spasmodico di materiale pornografico tramite web è la memoria. Quella di chi consuma. Per capirlo gli scienziati hanno analizzato come l'area cerebrale deputata a immagazzinare informazioni reagisca alla visione di immagini sessuali, concludendo che guardare immagini porno su internet può danneggiare e indebolire la capacità di ricordare le cose.? Nell'esperimento gli studiosi hanno preso un campione di maschi eterosessuali di 26 anni d'età, mostrando ad ognuno una serie di immagini, alcune pornografiche, altre non sessuali, e chiedendo loro di rispondere se l'immagine che stavano vedendo era la stessa che avevano visto prima. Il risultato è stato che ricordavano nell'80 % dei casi le immagini non sessuali, contro il 67% di quelle porno, su cui facevano più fatica.?
Secondo gli scienziati questi dati servirebbero a provare il legame tra la dipendenza da pornografia virtuale e la tendenza a dimenticare di dormire, perdere appuntamenti importanti e trascurare le relazioni personali. "L'eccitazione sessuale - spiega Christian Laier dell'università di Duisburg-Essen, autore dello studio - e il suo impatto sui processi cognitivi potrebbe spiegare parte di questi effetti negativi".? Laier e colleghi precisano che la ricerca si trova solo al primo step e che le conclusioni dovranno essere verificate e confrontate con ulteriori analisi, condotte su campioni diversi sia dal punto di vista del genere che dell'orientamento sessuale.
La notizia segue di pochi mesi un'altra altrettanto curiosa, questa volta partita dalla principale emittente televisiva statale cinese, la CCTV, che lo scorso maggio ha mandato in onda l'intervista ad uno studente che garantiva di aver visto un proprio collega perdere progressivamente la memoria a forza di guardare i porno online. 
Ma i problemi per i pornonauti non sembrano finire qui. Secondo una ricerca dell'Università di Padova, tra i giovani che fanno un uso massiccio di pornografia in rete, uno su quattro rischia anche il calo del desiderio sessuale e l'eiaculazione precoce. "I ragazzi di oggi - spiega l'andrologo Carlo Foresta, autore dello studio e presidente della Società di andrologia e medicina della sessualità - rappresentano la prima generazione che ha avuto un'esperienza di sessualità diversa dalle generazioni precedenti: internet, web cam, chat e immagini hanno creato una nuova forma di comunicazione sessuale che interessa in un mese oltre 800 mila minorenni. Questa esperienza dà un imprinting privo di riscontri reali e costruisce una sessualità mediatica ed istintiva che non tiene conto della sensorialità oltre che dell'affettività".
Dai dati emerge inoltre che più del 12% del campione di giovani non cerca rapporti reali. Il 25% ha infatti dichiarato di soffrire di riduzione dell'interesse reale ed eiaculazione precoce e questo, spiega Foresta, accade perché l'eiaculazione si manifesta nei tempi dei filmati, che generalmente in internet si riassumono in pochi minuti.
Secondo la Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive (S. I. I. Pa. C.), gli elementi che possono favorire lo sviluppo della cyber-porn addiction, quali psicopatologie pre-esistenti (depressione, disturbi ossessivo - compulsivi, ecc.), condotte rischiose (eccessivo consumo, riduzione delle esperienze di vita e di relazioni "reali") ed eventi di vita sfavorevoli (portando a problemi lavorativi, familiari, amicali, ecc.), sono accentuati dalle caratteristiche della rete, ovvero anonimato ed estrema facilità nell'accedere ai servizi. Gli esperti spiegano che la ricerca compulsiva del piacere attraverso l'autoerotismo può portare alla diminuzione del desiderio verso il proprio partner e all'incapacità di condurre a termine un rapporto sessuale nella realtà, favorendo la tendenza a considerare le persone dell'altro sesso esclusivamente come "corpi pornografici". Il dipendente ha insomma grosse difficoltà a vivere nella dimensione reale, a concentrarsi sul lavoro, a instaurare rapporti di amore e amicizia, e quindi anche a ricordare le cose, finendo col perdere non solo la memoria ma anche la fiducia in se stesso.


LO STUDIO
"Ecco perché la dipendenza sessuale
va riconosciuta come disturbo mentale"
Un gruppo di ricerca dell'Ucla di Los Angeles ha individuato condizioni, sintomi ed effetti ricorrenti in tutti i casi di ipersessualità. "Sul piano scientifico ci sono prove sufficienti per inserirla nell'elenco delle malattie psichiche"
                                                              di IRMA D'ARIA


 La dipendenza sessuale come un vero e proprio disturbo psichico. Fino ad ora gli psichiatri sono stati riluttanti a considerare la sex addiction come un disturbo del comportamento a causa delle scarse evidenze scientifiche. Ma ora un nuovo studio condotto da un team della University of California di Los Angeles (Ucla) ha testato una serie di criteri per definire e quindi diagnosticare questo disturbo. Rory Reid, ricercatore e docente di psichiatria presso il Semel Institute of Neuroscience and Human Behavior della Ucla, ha guidato un team di psichiatri, psicologi, terapisti di coppia ed assistenti sociali che hanno validato i criteri individuati, considerandoli utili per poter arrivare a una diagnosi di questo tipo di problema che in Italia riguarda il 6% degli uomini e il 3% delle donne.Dipendenza "senza sostanza" - In effetti, l'ipersessualità rientra nelle nuove dipendenze cosiddette "senza sostanza" come quella dal giocod'azzardo o dallo shopping compulsivo. "E' una sorta di bulimia sessuale senza controllo, ma il meccanismo è identico a quello che si verifica con la dipendenza da droghe o alcol perché vengono attivate le stesse aree del cervello", spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano. Il fenomeno è cresciuto negli ultimi anni anche a seguito della diffusione nella rete di contenuti a sfondo sessuale con il cyber sex che vede sempre più adolescenti coinvolti. "Due i comportamenti estremi - spiega lo psichiatra - : quello di chi abbraccia l'anoressia sessuale astenendosi del tutto da ogni attività legata al sesso e, all'opposto, coloro che non riescono a controllare l'impulso sessuale che è, però, del tutto scevro da emozioni e sentimenti".La nuova edizione del DSM - I risultati dello studio, pubblicati in questi giorni sul Journal of Sexual Medicine, peseranno anche sulla decisione di inserire l'ipersessualità nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical 

Manual of Mental Disorders (DSM-5) considerato la "bibbia" della psichiatria. "Con questo studio - ha detto Reid - si fornisce un'evidenza scientifica al fatto che l'ipersessualità sia un disturbo mentale e come tale vada diagnosticato e trattato. I criteri che abbiamo validato consentiranno ai clinici di studiare, trattare e sviluppare strategie di prevenzione per gli individui che rischiano di soffrire di questo disturbo".Attualmente nel DSM sono già incluse dipendenze come quella da nicotina, droghe e alcol. "Come tutte le nuove patologie, la sex addiction sta a cavallo tra le dipendenze e i disturbi ossessivo-compulsivi. Ora questo studio rappresenta una prova importante che si tratta di un disturbo mentale vero e proprio e che prima o poi rientrerà, come le altre nuove dipendenze, nel DSM", aggiunge Mencacci.I sintomi - I criteri diagnostici - sviluppati da un gruppo di ricercatori al lavoro sulla nuova edizione del DSM -  includono una serie di sintomi collegati alla sex addiction tra cui la ricorrenza ossessiva di fantasie sessuali, manifestazioni di dipendenza sessuale che durano sei mesi o più e che non sono riconducibili ad altre cause come abuso di sostanze, disturbo bipolare. Inoltre, perché sia fatta una diagnosi di ipersessualità devono verificarsi attività o comportamenti legati alla sessualità anche in presenza di stati emotivi poco piacevoli come la depressione o il ricorso al sesso come strategia per combattere lo stress. In più, deve trattarsi di persone che hanno provato a ridurre o fermare la compulsione sessuale senza riuscirci e la cui vita di relazione e professionale è stata negativamente condizionata.Sex addiction e disturbi emozionali - Per testare i criteri dell'ipersessualità, i ricercatori hanno esaminato 207 pazienti di varie cliniche di salute mentale che stavano cercando aiuto per combattere questo disturbo o altre forme di dipendenza. Al termine è emerso che l'88% dei pazienti era affetto da questa patologia e che il comportamento di dipendenza sessuale era collegato a disturbi emozionali, impulsività e incapacità a gestire lo stress.Le conseguenze - Un altro importante aspetto emerso dallo studio è che i pazienti affetti da sex addiction hanno subito maggiori conseguenze rispetto a chi soffriva di altri tipi di dipendenza o disturbi psichici. Dei 207 pazienti esaminati, il 17% ha perso il lavoro almeno una volta, il 39% ha dovuto chiudere una relazione, il 28% ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile e il 78% ha avuto dei problemi di interferenza nella vita sessuale.A che età si manifesta - Secondo la ricerca, il 54% dei pazienti ipersessuali si è reso conto di soffrire di questo disturbo prima dei 18 anni, mentre per il 30% l'età della scoperta è più ampia e va dai 19 ai 25 anni. "Questo dato è molto interessante perché se da un lato ci dice che il problema insorge precocemente, dall'altro ci dà la possibilità di mettere in campo azioni preventive" sostiene Reid.I comportamenti tipici - Le manifestazioni di ipersessualità più comuni emerse dallo studio includono la masturbazione e l'uso smodato di pornografia, seguito dall'avere rapporti sessuali con un adulto consenziente e dal sesso virtuale. "Per questi pazienti il sesso diventa una vera e propria ossessione che controlla ogni aspetto della loro vita e che li fa sentire impotenti e incapaci di cambiare", spiega Mencacci.Pazienti illustri - David Duchovny, Tiger Woods, Michael Douglas, Mickey Rourke, Sharon Stone e Billy Bob Tornton sono alcuni dei personaggi famosi che hanno ammesso la propria dipendenza dal sesso. Alcuni di loro si sono curati in cliniche specializzate in cui hanno trascorso lunghi periodi per disintossicarsi dal sesso. Negli Usa esistono anche associazioni come Sex Addicts Anonymous che replica il modello di assistenza e sostegno degli alcolisti anonimi. In Italia, non ci sono cliniche di questo tipo e per il momento la figura di riferimento resta lo psichiatra. "A seconda della gravità del problema e delle possibili cause - spiega Claudio Mencacci - si ricorre alla terapia cognitivo-comportamentale e talvolta alla terapia farmacologica con stabilizzatori dell'umore o anti-depressivi".


Anche   se   l'indagine  è  all'inizio è  allarmante  da  non sottovalutare ne da creare  allarmismi .IO sintomi  comunque  ci sono  , e  li  riscontro  personalmente  visto  che  , sic   , sono  un consumatore e  sto  lottando cadendo  e rialzandomi  con  questo mio problema  . Concludo  con  due  chicche      che  mi sono  venute  in mente , in maniera pindarica, leggendo  le prime righe  dell'articolo  sopracitato ,   per  i  cultori degli ani ' 70\80 la  prima 

La  seconda  anni 90 una satira  contro  i telefoni erotici  (  001, 005 ...   e 899 ultimamente  )   di cui    sono stato schiavo  proprio come fantozzi   tanto da  fare   e far  fare  figuracce  ai  miei   con la  mia dipendenza   per  quasi  tre  anni da  i telefoni erotici  e  gli scherzi  terribili  fattomi   , facendomi credere  che  fosse  sesso  virtuale   su  facebook e    ..... ma  queste  sono altre   storie  di cui mi pare   ho già  parlato  su queste pagine  quando ancora , SIC, il blog  si  chiamava  ancora  cdv.splinder  ( se  non lo  avessi fatto  , fatemelo notare  , e  riaprirò lo scrigno dei  ricordi ) 






con questo  è tutto alla prossima 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...