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16.12.22

la massificazione degli eventi sportivi e in questo caso anche storici fanno dimenticare altri casi storici il caso “GIN PASSATO GARE DI SOLIDARIETÀ E CRITICHE AL MAROCCO fa dimenticare la sua politica contro il popolo Saharawi

 l'euforia  per   un evento storico    una  squadra   Africana   che  arriva  per  la  prima   volta  quasi  in finale     ha  fatto   , sottoscritto  compreso   , dimenticare     come il  governo    Marocchino     tratta   le popolazioni  del  Saharawi 


IL FU SLOGAN DELLA SINISTRA: “GIÙ LE MANI DAI SAHARAWI

“GIN PASSATO GARE DI SOLIDARIETÀ E CRITICHE AL MAROCCO

giù le mani dal valoroso popolo Saharawi”, lo slogan risuonava nelle manifestazioni de sinistra (quando c’era); solidarietà, aiuti, centinaia di bambini del piccolo popolo del Sahara Occidentale ospitati (soprattutto nelle regioni rosse), delegazioni in visita nella capitale in esilio delle genti che si opponevano alla conquista da parte del Marocco, nell’oasi algerina di Tindouf. Incongrui igloo di cemento nella pietraia desertica a 15 ore di jeep dal confine del loro paese usurpato; dentro abitazioni, scuole, celle dei rari militari marocchini catturati decenni prima dai soldati del fronte Polisario (affiliato all’internazionale socialista). E poi risoluzioni su risoluzioni alle Nazioni Unite per condannare o stabilire: quella lunga striscia di terra ottenuta dalla Marcia Verde organizzata nel 1975 dal padre dell’attuale re marocchino andava riconosciuta? O invece avevano ragione i saharawi che combattevano l’invasore oltre il muro di 2.700 chilometri eretto dai marocchini? 
Era la perfetta battaglia ideologica di Davide (poche decine di migliaia di saharawi esuli) e Golia, per una terra che custodisce il primo giacimento di fosfati al mondo, oltre mille chilometri di rive atlantiche pescose e poco sfruttate, i diritti calpestati di un popolo. Ma, varcato il millennio, la bandiera saharawi (così simile a quella dei palestinesi, altra causa ormai sfumata) non ha resistito al vento dellastoria: la “sinistra” l’ha ammainata e il colpo di grazia l’ha dato Trump chiudendo decenni di balletti diplomatici e dando ragione al Marocco, partner strategico e in cambio della normalizzazione dei rapporti con Israele. C’è rimasta male solo l’algeria, e il pugno di resistenti nell’oasi pietrosa di Tindouf. Chiedete chi erano i saharawi.

12.12.22

Non so se susciti più indignazione o pietà umana". uno come consigliere leghista Marco Fiori: "I tifosi del Marocco? Scimmie urlatrici"


repubblica   


Rimini, le parole shock del consigliere leghista Marco Fiori: "I tifosi del Marocco? Scimmie urlatrici"

                                  di Micol Lavinia Lundari Perini


Il consigliere comunale della Lega (e segretario locale del partito) di Santarcangelo, Marco Fiori, qui in selfie con Matteo Salvini (foto da Facebook)

 
Lo sdegno del sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad: "Non so se susciti più indignazione o pietà umana". Marco Fiori, appena eletto segretario del Carroccio a Santarcangelo, poi si scusa. Ma attacca: "Non è una frase offensiva"

RIMINI - Ha definito pubblicamente in rete, per due volte, "scimmie urlatrici" i tifosi del Marocco che festeggiavano le vittorie della loro Nazionale ai Mondiali in Qatar. Le parole del consigliere leghista di Santarcangelo, Marco Fiori, sono state diffuse dal sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, aggiungendo: "Non so se a una persona, a qualsiasi persona, capace di scrivere cose come queste debba essere rivolta più indignazione o pietà umana". Gli fa eco il segretario provinciale Pd di Rimini, Filippo Sacchetti: "Dispiace" che quelle frasi "vengano da una persona di una cittadina aperta e inclusiva che non ha niente da condividere con la discriminazione e gli insulti verso altre persone che stavano esultando per un risultato calcistico". Invece, va avanti il segretario dem riminese, "non mi sorprende la provenienza politica di chi usa da anni la cultura dell'odio per alimentare il consenso elettorale". Attacco anche dalla sindaca di Santarcangelo, Alice Parma: "Dopo la violenza dei giorni scorsi a Verona, con una famiglia marocchina aggredita da un gruppo di militanti di estrema destra, leggere queste parole nei post del consigliere Fiori ci lascia indignati oltre ogni dire. Trovo inaccettabile che un esponente delle istituzioni si esprima usando il gergo del più bieco razzismo e chiedo al consigliere Fiori di scusarsi pubblicamente, prima di tutto con la comunità marocchina di Santarcangelo". Le scuse sono sì arrivate, ma parziali: Fiori non ritiene infatti l'espressione offensiva e parla di "frase stupida, ma innocua".

Il post del leghista Marco Fiori
Il post del leghista Marco Fiori 

Le vittorie del Marocco, la vera outsider fra le 4 squadre approdate alle semifinali, hanno suscitato grandi festeggiamenti in strada, anche a Bologna, fin dal passaggio agli ottavi, un entusiasmo condiviso da molti italiani, anche con un pizzico di invidia. Ma certo fra di questi non vi è il consigliere del Carroccio Marco Fiori, che a Santarcangelo è appena stato eletto segretario del partito. Il 7 dicembre, dopo la vittoria del Marocco contro la Spagna, ha scritto: "Spero il Marocco venga eliminato dal Mondiale, così finalmente smetteremo di vedere scimmie urlatrici far casino per strada". Poi, dopo la vittoria nei quarti sul Portogallo, ha ribadito il concetto: "Attenzione, previsti assembramenti di scimmie urlatrici anche stasera". Sempre su Facebook, postando un video, aveva scritto: "I tifosi marocchini ci insegnano a vivere rispettosi. Queste risorse sono da rispedire immediatamente al loro paese d'origine".

La replica: "Non è un'offesa. Frase stupida ma innocua"

A polemica scoppiata, Marco Fiori scrive un messaggio di scuse per quello che definisce però un "inutile clamore" per un commento "che, sbagliando, non credevo potesse essere considerato così offensivo. Sono rimasto colpito, in questi giorni, da certe manifestazioni anche di carattere violento capitate in città italiane e all'estero. La vandalizzazione di piazza Gae Aulenti a Milano, dopo la vittoria della squadra del Marocco, l'intervento delle forze dell'ordine, addirittura una persona che cercava di sedare una rissa accoltellata, hanno motivato il mio sconcerto e un'opinione critica su quanto avvenuto".
Scuse poco convincenti. "Scimmia urlatrice - insiste Fiori - non è di per sè un'offesa. Viene usata comunemente per definire persone urlanti che fanno casino. Mi scuso certamente se qualcuno si è sentito colpito ma la frase in sè non offende nè va ad intaccare alcuna sfera sensibile. Ribadisco le scuse sincere, pur evidenziando che emerge ancora una volta una certa strumentalità unidirezionale di chi si attacca a frasi magari stupide ma del tutto innocue pur di farne un caso politico"

11.12.22

Ballando con la stella -- di daniela tuscano

 Boicottare i mondiali in #Qatar è giusto e doveroso, come giusto e doveroso è stigmatizzare strumentalizzazioni politiche e teppismo in nome del "tifo". D'altronde questi sono pure i mondiali dell'#Iran che non si piega, del #Marocco che sogna (e sì, di là da tutto, fatelo sognare). E sono i mondiali di #SofianeBoufal, nome fino a ieri sconosciuto a una non-appassionata come me. Come la pensi su tante questioni, anche importanti, ovviamente lo ignoro. Ma conta, anche solo per pochi minuti, quella danza sul campo, un po' girotondo un po' minuetto, assieme alla #madre dopo la

sorprendente vittoria sul #Portogallo. Li avevamo già visti in occasione di #Belgio-Marocco (0-2), lui seminudo, lei imbacuccata, ma entrambi a loro modo liberi, e liberi erano ieri, mentre ballonzolavano su una spianata verde che - è ben certo - vedevano come un grande mare semovente, magari un tappeto, sicuramente un luogo dove correre soli e felici per l'eternità. Sofiane, tecnicamente, è un #beur, un marocchino nato a #Parigi e cresciuto ad #Angers dove anche gioca. È stato il suo allenatore francese a convincerlo a giocare con la squadra delle origini, e grazie a lui Sofiane ha ripreso la fierezza delle radici, quella fierezza infantile senza ruoli né malizia. Tutto scompare in quei momenti, tranne la madre: sempre uguale, sempre alleata, sempre approdo anche quando ogni certezza crolla. Ma pure bambina, e Sofiane sa, nella sua inconsapevolezza, che in lei, e in ogni #donna, c'è un'avventurosa bimba negata, una che voleva correre e ballare e inzaccherarsi le ginocchia e ridere e urlare, e quella felicità condivisa e complice, quasi di rottura, l'ha vista il mondo intero, trasfigurata, forse epocale.

10.12.22

Mondiali ( ? ) del Qatar La morte del giornalista sportivo americano Grant Wah perchè portava una fascia arcobaleno e la vittoria del marocco prima squadra africana in semifinale ai mondiali

  forse       dovrei     chiudere    il  diario   countdown    del mio  diario  senza   mondiali  Qatar    2022  visto  che   in questo post  parlerò  della  vittoria       del   Marocco  .    Ma  come    dicono  molti  cronisti    fra  cui Lorenzo  Tosa  <<
Il Marocco ha appena scritto la storia. La Storia!!! Dopo la Spagna, battuto anche il Portogallo di
Cristiano Ronaldo. Ed è semifinale mondiale. Mai una squadra africana si era spinta così lontano in una Coppa del Mondo. Un Davide che batte Golia. In questi Mondiali di scandali, dei diritti negati, del sangue  >>  infatti si vocifera che






Il post sui social: "Sono gay. Per me Grant ha indossato la maglietta con la bandiera arcobaleno al Mondiale. È stato minacciato. Non è morto per un malore". Polemiche per l'aria condizionata: così Wahl ha contratto la bronchite?
La morte del giornalista sportivo americano Grant Wahl allo stadio di Doha durante Olanda - Argentina, ha scosso il mondo del calcio e dello sport in generale. Il giornalista aveva 49 anni e si sarebbe sentito male in tribuna stampa mentre seguiva la partita. Dagli Stati Uniti il fratello di Grant, Eric Wahl, ha pubblicato un video sui social in cui insinua dei dubbi sulla sua morte. segue su Grant Wahl, morte sospetta? Il fratello: "In Qatar è stato ucciso" | Gazzetta.it




non potevamo immaginare una favola più bella di questa. La vittoria del Morocco

 


contro il Portogallo, va oltre il calcio ed il divertimento. Un riscatto per oltre due miliardi di persone, che spesso sentono la gioia di vivere solo in momenti del genere. Infatti sarebbe bello   ma  qui siamo  purtroppo    nel campo dell'utopia    che  certa  gente    la  finisse     come fa  notare  l'amica  
Quanti bianchi italiani stanno già mettendo il cappello su questa vittoria storica del Marocco. Ovviamente hanno vinto perché hanno imparato da noi. Ci mancherebbe che ”noi” bianchi non abbiamo meriti. Li abbiamo accolti, gli abbiamo insegnato a tirare i calci, gli abbiamo dato tutto. Loro oggi incassano grazie a noi. Vero? Madonna quanto siamo brutti. Ma veramente

la smettesse  di     fare  commenti idioti   .,   vedere questi giovani gioire per queste imprese , a loro modo storiche . Ma il vero riscatto sarebbe, tifare Africa anche dopo , a mondiali finiti !  Ma  





4.1.16

Much Loved", le ragazze coraggiose che cambiano la testa degli uomini


ho visto in streaming (   stavolta    nessuna  remora  \  senso di colpa    perchè ho aspettato    che passase  un anno  e  fosse  già andato  nelle sale )   il  film much  loved  di  Nabil Ayouch, esponente del cinema d'autore marocchino, e il suo viaggio nel mondo della prostituzione del suo paese. Il film è uscito   in Italia il 29 ottobre  2015 . Un film bello sembra un film di  Pedro Admodovar   , lo so che  è improprio  come paragone  , ma  mi ricorda  tali atmosfere  . Dove  sia la pornografia   (  e chi lo dice   è un pornodipendente   e consumatore  di  film porno  )  non capisce  niente  o non ha idea   di cosa  sia  e la  confonde  con il  sesso e  l'erotismo .
Dopo la sua presentazione al Festival di Cannes 2015, la proiezione di Much Loved è stata vietata in Marocco, il Ministero delle Comunicazioni ha dichiarato: "il film è un grave oltraggio ai valorimorali delle donne marocchine, è una evidente violazione dell'immagine del regno". Il film è stato aspramente criticato negli ambienti islamici. Un'associazione ha anche annunciato l'intenzione di presentare una denuncia contro il regista e l'attrice protagonista Lubna Abidar per aver danneggiato l'immagine di Marrakech e del Marocco.Siamo  alle  solite  ,  forse  perchè si denncia la corruzione della polizia   e  del  governo.  Sembrano le  stesse  motivazioni che  usavano i magistrati e  i politiic  Dc  , dal secondo dopo guerra  fino agli anni  70\80  , quando denunciavano e sensuravano   i  film  del neorealismo  italiano  .
Nabil Ayouch inoltre è stato minacciato di morte insieme alle attrici dai gruppi salafiti. Riguardo alle accuse il regista replica che la sua intenzione non era di danneggiare l'immagine del Marocco, ma di affrontare un problema sociale, "la prostituzione è intorno a noi e invece di rifiutare di vedere, bisogna cercare di capire le cause che portano le donne alla strada della prostituzione"
La Repubblica     nel'articolo sotto riportato  ha ha intervistato   la  protagonista,la bella   Loubna Abidar 

da  http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/10/06

 La condizione della donna araba scuote il cinema d'autore francese. Se pur molto diversi tra loro, due film in questo momento nelle sale hanno lo stesso messaggio: non è facile essere donna nel mondo arabo. Uno s'intitola Mustang (è il candidato francese per l'Oscar straniero), è girato da una ragazza - Deniz Gamze Ergüven - e racconta la storia di cinque sorelle nella Turchia di oggi (in Italia il 29 ottobre, dopo un passaggio al Festival di Roma). L'altro, che uscirà da noi giovedi 8 ottobre, è un viaggio assai realista nella prostituzione in Marocco. Girato da Nabil Ayouch, uno dei registi più importanti del cinema d'autore marocchino, il film nega il suo titolo - Much loved, molto amate - dal primo all'ultimo fotogramma. Nessuno ama le quattro prostitute protagoniste del film; né gli arroganti clienti sauditi (ai quali Ayouch fa dire orrori dei palestinesi) o francesi, né le loro famiglie mantenute da quel denaro oscenamente guadagnato. Ma, soprattutto, avendo le autorità marocchine censurato il film senza neanche vederlo, neanche dal pubblico del loro paese le quattro ragazze saranno amate. In maggio, dopo la proiezione a Cannes,




(sia Mustang che Much lovederano nella "Quinzaine") Nabil Ayouch e Loubna Abidar, l'attrice protagonista, hanno ricevuto minacce e denunce, tanto da dover girare con la scorta e non poter tornare a casa a Marrakech. Adesso va un po' meglio. Regista e attrice sono in Belgio a promuovere il film. E quando, collegata via skype da un albergo di Bruxelles, Loubna Abidar si materializza sullo schermo di un computer è bella, decisa e piena di energia come
Noha, il suo personaggio.Essa  è   una prostituta di Marrakesh, vive con le compagne di lavoro Soukaina e Randa, Said è il loro autista e tuttofare, l'unica figura maschile positiva di questo universo. La presenza nei nightclub di un gruppo di "generosi" sauditi impegna le serate delle ragazze. Di giorno, Noha indossa il velo e fa visita alla madre, che si prende cura di suo figlio, la rimprovera per la vita che conduce ma le chiede soldi in continuazione. La vita delle tre ragazze e di Hilma, che si aggiunge al gruppo strada facendo, è rischiosa e fatta di abusi e illusioni ma la loro unione riesce a trasformarla in un'occasione di allegria e di affetto. 
Le vicende di un piccolo gruppo di ragazze, prostitute a Marrakech, in un paese in cui a decidere sono sempre e solo gli uomini. L'amicizia, la voglia di riscatto e un ritratto della condizione femminile raccontata attraverso gli occhi delle giovani protagoniste. E' "Much Loved", il film di Nabil Ayouch con Loubna Abidar, Danny Boushebel, Carlo Brandt, Abdellah Didane, Sara Elhamdi Elalaoui, al cinema dall'8 ottobre  del  2015

Sarà difficile per lei continuare a fare parte del cinema marocchino. Chissà per quanto tempo sarà identificata con una prostituta.
"Andrà proprio così, ma non mi preoccupo. Ho moltissime proposte di lavoro e un agente francese molto dinamico".


N.B  Le  foto non fanno parete  dell'articolo di repubblica  ma sono prese    dalla  scheda   di   http://www.imdb.com

12.10.13

Lauree lavorando Rachid Khadiri Abdelmoula e Daniela Ribon

musica  consigliata  ed in sottofondo  Eroe-Caparezza

Ora   i buonisti   d'accatto mi  diranno che  sono razzista  ,  e quelli  dell'ultra  destra     che  mi  sto  convertendo  .  Ma  sinceramente , queste cose  mi scivolano via    . Infatti   chi realmente  mi conosce  sa  che non lo  sono  .Perchè   entrambi  italiani o extra comunitari   nel bene  ( i, come in questo  caso  , o  nel male     sono uguali  . Qui non intendo  fare  confronti beceri  ma   voglio solo  far riflettere , evidenziano di  come i  media  esaltano anzi meglio  rendono : << Storia diversa per gente normale \storia comune per gente speciale >> ed ignorano  di come   molti studenti-lavoratori italiani ignorati da media e istituzioni. Che studiano, lavorano, si pagano da soli gli studi e talvolta aiutano economicamente la famiglia. Addirittura crescono figli e quindi studiano nell'unico ritaglio di tempo libero: la notte. Ore sottratte al sonno e al riposto per conseguire una laurea senza pesare a nessuno. Senza agevolazioni fiscali, licenze regalate, attività detassate, sconti sulle spese universitarie. Il solo aiuto, eventuale, di borse di studio conquistate con merito.
  

la  prima  è  da www.repubblica.it del 9\X\2013




"Mi sono laureato vendendo accendini":
la straordinaria storia di Rachid

Ecco la storia straordinaria di un immigrato marocchino che vendeva accendini in strada a Torino per pagarsi gli studi al Politecnico. E che oggi è dottore in ingegneria
Rachid, ti fanno le foto? Che cosa hai combinato? ». Pomeriggio affollato nel cortile del Politecnico. Tutti conoscono la storia del marocchino che si è laureato vendendo accendini e fazzoletti, e scherzano da vecchi amici. Ma questo è il lieto fine: «All’inizio erano scioccati. Capitava per caso, sotto i portici del centro. Io li osservavo. I più non dicevano nulla. Succedeva quasi sempre così. Li vedevo arrivare da lontano. Erano i miei compagni di corso, ragazzi come me. Li avevo visti al mattino a lezione, non potevano scambiarmi
per un altro. E infatti mi fissavano. Si avvicinavano, si avvicinavano. Poi, di colpo, si allontanavano frettolosi, senza dire una parola». Quanto tempo è andato avanti questo gioco? «Poco, per fortuna. Perché al mattino, nelle aule del Politecnico, qualcuno ha cominciato a chiedere: “Ma noi ci siamo visti ieri pomeriggio sotto i portici di via Po?”». Così, poco per volta, tutti hanno saputo. Ed è stato un bene: «Sì perché molti sono diventati amici veri. Se sono arrivato alla laurea triennale devo ringraziare anche loro, i tanti che mi hanno aiutato nei momenti di difficoltà. Se c’è una cosa bella dell’Italia è questa disponibilità che ho trovato in molte persone».
Happy end ma storia difficile. «Vedi qui sotto il sopracciglio? È il taglio di un pugno. Era un gruppo di ragazzi. Avranno avuto sedici anni. In via Roma, una notte. Avevo la mia mercanzia. Mi sono volati addosso. Mi insultavano. Un branco di razzisti. Mi hanno picchiato. Sarebbe andata peggio se non fossero intervenuti dei passanti. Vedi, anche qui, in fondo c’è del buono. Io ho sempre fatto così. Quando capita qualcosa di brutto devi cercare l’aspetto positivo, fare un reset e ricominciare da capo. È la regola del grafene: adattarsi per diventare più resistenti ».
Adattarsi. A Kourigba non era possibile. La famiglia di Rachid, padre, madre e sette fratelli, viveva di agricoltura e allevamento: «Ma la terra era poca e noi eravamo tanti. I miei due fratelli più grandi sono venuti in Italia per primi. Said è andato ad Alba, in provincia di Cuneo. Per questo ha dovuto imparare un po’ di dialetto piemontese, perché nei paesi se non parli il dialetto non sei nessuno. A me non è capitato, sono arrivato direttamente in città. Già è stato difficile, il primo mese, capire l’italiano in prima media».
Agosto 1999, la vecchia Golf dei fratelli di Rachid attraversa lo stretto di Gibilterra, corre lungo le autostrade del sud della Spagna
affollate di turisti, raggiunge il golfo di Marsiglia e supera la frontiera di Ventimiglia prima di puntare su Torino. «Ogni estate i miei fratelli tornavano dall’Italia e raccontavano meraviglie. Dicevano che c’erano un sacco di possibilità di lavoro. Io ero affascinato. Un giorno ho detto a mia madre: “Qui a scuola non ci vado più. Voglio seguirli in Italia” ». E la realtà si è dimostrata all’altezza delle aspettative? «Quando siamo arrivati ad agosto non mi rendevo conto di quanto freddo possa esserci qui. Certo, i miei fratelli avevano un po’ esagerato. È umano no? Se no come spiegavano che erano andati via dal paese?».
Rachid è una delle centinaia di stranieri che frequentano uno dei politecnici più ambiti d’Italia. Arrivano da tutto il mondo ma pochi vivono di espedienti come lui. «Il conto è presto fatto. Se calcoli una media di 20 euro al giorno riesci a portare a casa 600 euro in un mese. Una parte finisce nella mia quota di affitto: vivo con i fratelli. Un’altra va in vitto, libri e bollette ». E spesso non basta: «Lo so bene. Solo qualche mese fa abbiamo rischiato che ci togliessero il gas per qualche bolletta non pagata. Ma in questi casi è sempre arrivato qualcuno che ci ha tolto dai guai. Poi io sono riuscito a ottenere due borse di studio. Questo ultimamente non capita più. I soldi mancano anche all’Università e i criteri sono diventati più rigidi ».
La crisi colpisce anche persone intraprendenti come Rachid. Li colpisce due volte. La prima con la stretta sulle borse di studio e sulle tasse universitarie. «E la seconda con il crollo delle vendite di fazzoletti e foulard. Ci sono dei giorni che trascorri ore sotto i por-
tici e non metti in tasca nemmeno dieci euro. Che ci sia la crisi non te ne accorgi solo dai soldi. Te ne accorgi dalla rabbia della gente. Da come in tanti ti mandano a quel paese quando ti avvicini. Ti urlano dietro, se la prendono con te».
Assorbire per tutto il pomeriggio il veleno che ti sputa in faccia l’Italia incazzata e tornare a casa la sera a studiare geometria e analisi 1: un vero e proprio esercizio zen. «Il primo anno al Politecnico ho davvero avuto paura di non farcela. Quei due esami erano la mia bestia nera. Mi preparavo, studiavo di notte e venivo bocciato. Ci ho messo mesi e mesi a passare analisi 1. Poi, a giugno, in una bella giornata che ricorderò sempre, sono riuscito a sbloccarmi. Quella volta, quando il professore mi ha detto che avevo superato l’esame, ho capito che se stringevo i denti avrei potuto farcela davvero ».
Perché sia davvero un lieto fine non basta la laurea triennale e per quella magistrale ci vogliono ancora due anni di studi e fazzolettini. Rachid spera che non sia così: «Per me questa è solo una tappa. Voglio immaginare che con la laurea triennale ci sia qualche studio di ingegneria che possa farmi lavorare. Sarebbe importante capire presto che cosa è davvero il mondo del lavoro in questo mestiere. Certo, non nascondo che trovare il lavoro in uno studio per me vorrebbe dire abbandonare finalmente la vetrina ». Il salto sociale che non solo lui ma tutta la famiglia ha sognato da quindici anni. «Io non sono solo. I miei fratelli e i miei cugini hanno lavorato anche per me, si sono sacrificati perché studiassi in questi anni. Senza di loro non ce l’avrei mai fatta». Rachid è il front man di un gruppo rock, l’ultimo velocista di una staffetta sociale, il rugbista che i compagni sollevano perché possa salire in cielo a catturare il pallone. Dietro di lui c’è un lavoro di gruppo, diviso tra l’Italia e il Marocco, tra i fazzoletti di carta che i fratelli vendono nel centro storico e il piccolo terreno coltivato a Kourigba dalla madre e dagli altri fratelli rimasti in patria. Tutti hanno puntato su di lui, tutti lui oggi deve ringraziare.
E dopo? Che cosa c’è nelle prossime sequenze del film sulla favola bella dell’ingegnere dei fazzoletti? Una sola certezza: «Il principale obiettivo è il lavoro. Un lavoro buono, da ingegnere, che serve per vivere e serve perché ti piace». Non sono molti i cantieri aperti a Torino in questo periodo, anche la vita dell’ingegnere civile rischia di essere grama: «Ti sbagli. Stanno costruendo due grattacieli, una stazione nuova, il passante ferroviario. E in ogni caso, se non troverò lavoro qui andrò altrove. Ho fatto tremila chilometri da casa mia per arrivare in questa città e cercare di avere un titolo di studio. Non mi sconvolge certo l’idea di spostarmi da un’altra parte se sarà necessario. Caro giornalista ricordati una cosa: il grafene non si spaventa. Resiste quattro volte più dell’acciaio».


La seconda   è quella di Daniela Ribon, di San Donà di Piave, laureatasi presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia tratta  da  http://www.qelsi.it/2013/  del 10\X\2013  


Sono seconda di tre sorelle, di una famiglia povera ma dignitosa che ci ha sempre insegnato a lavorare e ottenere ciò che vogliamo con fatica e sudore. Il mio sogno è sempre stato quello di laurearmi in Lingue e fare la giornalista, oltre a viaggiare. Così mi sono iscritta all’Univesità Ca’ Foscari di Venezia nel 1994“. Una storia come tante, all’apparenza, ma Daniela non ha dimenticato gli insegnamenti dei suoi genitori e non ha voluto pesare sulla famiglia: “Per mantenermi agli studi facevo la cameriera in pizzeria. Poi nel 1996 è nata la mai amata prima
figlia Diletta. Ho smesso di lavorare in pizzeria ed ho iniziato a fare supplenze. La mattina a scuola e il pomeriggio con la bimba al parco o a giocare alle bambole. Poi è arrivato il mio secondo adorato figlio Diego Teodoro. Stessa vita, di giorno supplente, il pomeriggio mamma e la sera studentessa“.
Mamma e studentessa, ma di conseguenza anche lavoratrice, per potersi mantenere non solo gli studi, ma anche vitto, alloggio e prole. Senza l’aiuto di nessuno, anzi con qualche ostacolo: “Il mio ex non sopportava che studiassi e mi prendeva in giro dicendo che mai mi sarei laureata. Nel 1999, oltre a dare esami ho studiato per il concorso per la scuola primaria e l’ho vinto. Studiavo sempre e solo di notte perché di giorno mi dedicavo all’educazione dei miei figli e a loro volevo dedicare tutto il mio tempo libero. La notte loro dormivano e non avevano bisogno di me, quello era il tempo per me“.
L’unico aiuto è arrivato da una borsa di studio: “Ho vinto una borsa di studio di circa tre milioni (di vecchie lire n.d.r.), ossigeno per le scarse finanze. Solo mia mamma sapeva la data degli esami perché il mio ex pur di non farmeli fare mi sequestrava l’auto, che era sua, o mi strappava libri e appunti“.
Daniela però non si è arresa e ha continuato a lottare. Da sola: “Non potendo frequentare andavo a ricevimento dai docenti per concordare il programma e quella diventava l’occasione per fare un gita a Venezia con i miei bimbi. Con la tesi è arrivata anche la fine del mio matrimonio. Il giorno della Laurea ho pianto. C’erano le persone che più amo: i miei figli, i miei genitori che hanno sempre creduto in me, mia nonna, le mie sorelle, e poi tanti amici“.
Si è laureata, nonostante i figli da seguire e un matrimonio fallito, proprio per colpa della laurea. Ma Daniela non ha finito, anche ora sta continuando a studiare: “Sto studiando per la specialistica in lettere, sempre e solo di notte. Come sempre
Pensi che gli studenti-lavoratori siano una categoria dimenticata da media e istituzioni?
Sicuramente i media non si occupano degli studenti-lavoratori, non capisco perchè. A volte sono i più motivati.
La tua storia potrebbe essere considerata straordinaria, eppure è quella di tanti italiani. Tu ti senti speciale?
Non mi sento speciale, sicuramente orgogliosa per ciò che sono riuscita a fare, se guardo al passato mi sembra incredibile esserci riuscita, ci vuole una gran dose di forza di volontà!
Repubblica recentemente ha pubblicato un articolo raccontando la storia di un marocchino che è riuscito a laurearsi vendendo accendini per pagarsi gli studi. Pensi che i quotidiani nazionali potrebbero essere interessati pure alla tua storia?
Non voglio essere polemica, ma credo che il venditore di accendini abbia fatto notizia solo perché marocchino. Ti assicuro che ci sono tanti cittadini italiani che fanno lavori molto umili pur di mettere assieme i soldi per le tasse ma di loro non si parla, non facciamo notizia, forse neppure audience. Ma siamo tanti…


«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...