Sogni e menzogne Le fake news nate in Sardegna
Le false Carte d’Arborea: medioevo sardo inventato Costruire verità di comodo è un vizio anticodi Enrico Carta
la giudicessa Eleonora d'Arborea |
ALLA RICERCA DI UN’IDENTITÀ Quello delle notizie false non è però solo un male lontano temporalmente e geograficamente. Anche la Sardegna ha un passato non troppo remoto in cui tentò di accreditare come vere alcune carte fabbricate ad arte forse un po’ per scherzo, forse per fama personale, forse perché all’epoca gli ideali romantici trionfavano e i popoli cercavano per le proprie origini un passato glorioso. Questo pezzo di storia falsa inizia nella città per eccellenza dell’epopea giudicale: Oristano, terra degli Arborea; terra dei giudici e della più famosa regnante della storia sarda. Eleonora. Intorno alla sua figura e alla sua casata doveva compiersi il disegno d’identità culturale e per questo nacquero nel 1845 i “Falsi d’Arborea”, una serie di carte maldestramente confezionate attraverso le quali si tentò di colmare il vuoto storico della Sardegna medievale e di far prevalere la tesi che i giudicati avessero avuto il loro germoglio nell’isola e non in terre lontane d’oltremare – la stessa Eleonora nacque nel 1847 a Molins de Rei in Catalogna –
FALSI RE CHE SOPRAVVIVONO Ci provarono, più o meno consapevolmente, lo storico cagliaritano Pietro Martini, il frate Cosimo Manca, l’archivista paleografo cagliaritano Ignazio Pillito e il notabile oristanese Salvatorangelo De Castro. È nei “Falsi d’Arborea” miracolosamente ritrovati – in realtà erano pergamene contraffatte in quegli anni e fatte risalire al medioevo – che si ritrova il nome di Gialeto, mitico e mai esistito Giudice di Cagliari che spartì i giudicati di Arborea, Gallura e Torres.
Accanto al suo nome si trovano quelli di altri mitici discendenti di Mariano ed Eleonora d’Arborea. Così, passeggiando per le vie di Oristano ci si imbatte nella toponomastica che riporta i nomi dello stesso Gialeto, di Serneste, di Torbeno Falliti il cantore inventato di quelle vite mai vissute. C’è persino, tra le strade più importanti, quella dedicata ad Aristana. Chi era? La moglie di tal giudice Gonario nonché mitica fondatrice della città. Mai esistiti, non hanno certo calcato il suolo oristanese.
I Codici d’Arborea durarono lo spazio di un mattino perché nel 1870 l’Accademia delle Scienze di Berlino chiuse il caso bollando per sempre come false quelle carte. Gli oristanesi e i sardi non parvero vergognarsi e anzi, per anni sulla scorta di quei documenti artefatti si continuò a rivendicare un certo orgoglio identitario. Del resto quello non fu mica un unicum. Prima che la propaganda diventasse uno degli elementi fondanti del potere totalitario del ’900 – i regimi nazista, fascista e comunista, ma non solo, furono abilissimi manipolatori della realtà anche utilizzando notizie false, mascherate o appunto fabbricate ad arte – il potere consolidò se stesso non solo con le armi, ma anche con l’utilizzo di fake news ante litteram.
IL FALSO DEL PAPA RE
Gli esempi si sprecano e a utilizzarli non furono soltanto regnanti e politici, visto che la Chiesa vi fece ampio ricorso. L’esempio più lampante in ambito ecclesiastico fu quello della Donazione di Costantino, smascherata nel 1517 dall’umanista Lorenzo Valla. Solo che quella notizia falsa confezionata sotto forma di documento aveva resistito per quasi cinque secoli e su di essa la Chiesa romana cattolica aveva fondato la propria vocazione di carattere temporale e universalistica che trasformava il Papa in un sovrano al pari di tutti gli altri.
Ma tutto il medioevo è impregnato di falsi. Durante quei secoli di mutamenti continui, di guerre, di popoli che migrano, di nuovi regni che nascono c’è bisogno di prove materiali. E allora saltano fuori a ripetizione pezzi del legno della Croce di Gesù e i chiodi usati per la condanna. Ma non mancavano le reliquie e i corpi di santi, senza però alcuna conferma storica. Bastava l’autorevolezza di chi imponeva come vero quel che era falso. Della vita di San Francesco, ad esempio, si conosce solo la vulgata approvata dalle gerarchie e scritta da Bonaventura da Bagnoregio.
Nemmeno la letteratura fu immune da questa tentazione. Nel 1760 lo scrittore scozzese James Macpherson pubblicò in forma anonima i Canti di Ossian. La raccolta di atavici versi gaelici, scritta in realtà dallo stesso Macpherson, fu attribuita al bardo Ossian, colui che doveva diventare l’Omero dei popoli nordici e celtici. Su di essi, per quanto fasulli, poggiarono le basi i sentimenti che ispirarono il romanticismo con le sue implicazioni filosofiche e politiche.
LE TRAME DEGLI EBREI
Se i Canti di Ossian possono tutto sommato essere considerati innocui, non altrettanto si può dire dei tristemente famosi Protocolli dei Savi di Sion che, per quanto falsi, diventarono il principale manifesto dell’antisemitismo nell’Europa in fermento. In quel documento fabbricato in Russia all’inizio del XX secolo, si attribuiva al popolo ebraico la paternità di quella che passerà alla storia come la Cospirazione giudaico
Ora è vero che con il web soprattutto con i siti acchiappalike e i social si moltiplicano tanto da rendere sempe più difficile ( infatti non è rado che anche i giornali ufficiali ci caschino e ne siano portatori o vittime inconsapevoli visto che i diffusori di fake news stanno , visto i controlli di google e e dei social sempre più abili nea diffusione mescolandole ed insrendole in articoli veri ed ufficiali ) distinguerle dal vero eo dal vero simile .
paraocchi di Paweł Kuczyński 1976 - vivente |
Ma esistono metodi per cercare di cntrastarle o qualto meno ridurre ad un livello fisiologico , visto che la certezza assoluta non esisterà mai . Infatti Internet esponde a tanti pericoli ma fornisce anche molte soluzioni , basta saperlo usare, ma soprattuttovolerlo e saperlo fare , per verificare ed incrociare i fatti ed informazioni
ecco un articolo interessante sempre dala stessa fonte di Roberto Petretto
una delle tante c... di bufale xenofobe |
Internet espone a molti e consistenti rischi, ma fornisce anche un buon arsenale di strumenti con cui difendersi. Il secondo imperativo diventa quindi: tutto è falso sino a prova contraria. Bisogna mettere sotto esame anche le notizie che sembrano affidabili. Un tweet di un personaggio famoso è uno spunto per una notizia? Accertarsi che si tratti della persona a cui quella dichiarazione è attribuita. I maggiori social network certificano l’autenticità di alcuni profili, ma a volte ci possono essere dei falsi ben congegnati. Su lemmetweetthatforyou o Simitator, ad esempio, si può produrre un falso tweet attribuendolo a chiunque. Mai fidarsi di semplici screenshot, dunque: meglio risalire al profilo autentico. Se si ha incertezza su una foto spacciata per recente si può fare la ricerca inversa su “Google Immagini” e scoprire se è già stata pubblicata in passato. Lo stesso, ma per i filmati, fa Youtube Dataviewer. Geoserch Tool fornisce informazioni e condivisioni da determinate aree geografiche. Wolfram Alpha è un “motore computazionale di conoscenza” che interpreta le parole chiave inserite e propone una risposta invece di fornire una lista di collegamenti ad altri siti. Se si cercano informazioni su qualcuno è preferibile rivolgersi a Linkedin, dove di solito sono più affidabili. Si