Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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2.9.19
cosa è il viaggio ? è ascoltare e condividere storie di gente , di mestieri , di passioni
Riporto quello che ho scritto per la pagina e l'account di fb , visto che molti nei commenti e in messanger mi reputano strano ne approfitto per rinnovare ed aggiornare le FAQ
2.1.17
125 anni fa il primo sbarco a Ellis island, luogo simbolo dell'immigrazione Da lì oltre 12 milioni di persone tra il 1892 e il 1954
da http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ d 'oggi
Era il primo giorno dell'anno 1892 ed era una fredda domenica d'inverno, quando la "migrante" zero entrò negli Stati Uniti attraverso la Porta d'Oro di Ellis Island. Annie Moore, di 15 anni, era partita dall'Irlanda 12 giorni prima insieme ai fratelli Anthony e Phillip e fu la prima persona a transitare per la nuova stazione di ispezioni federale nel porto di New York.
Prima, il centro deputato all'accoglienza degli emigranti era Castle Garden che però si rivelò insufficiente ad accogliere l'enorme massa di persone in cerca di fortuna oltreoceano. Così si decise che sarebbero passati da Ellis Island, un piccolo isolotto artificiale di fronte a Manhattan, un tempo adibito dall’esercito americano a deposito di armi e di munizioni. Un luogo di lacrime e di speranze che oggi è un santuario di ricordi, un prezioso scrigno dove andare alla ricerca delle proprie radici. Collegandosi al sito dell'Ellis Island National Museum of Immigration si accede alle liste dei passeggeri delle navi che trasportarono milioni di persone e di sogni attraverso l'Atlantico. Annie Moore ebbe in dono monete d'oro e d'argento, disse che le avrebbe tenute per sempre per ricordare quel giorno, come riportò il New York Times raccontando l'evento. Dopo di lei e fino alla sua chiusura, nel 1954, 12 milioni di persone sfilarono davanti ai funzionari di Ellis Island e si sottoposero ai controlli sanitari obbligatori. Sembra che il 40% degli americani abbia almeno un antenato transitato per l'isola. Gli italiani costituirono il gruppo più numeroso: furono oltre cinque milioni e mezzo. La traversata dall'Italia durava quasi un mese e la Statua della Libertà annunciava l'arrivo alla meta. Nel 1910 sbarcò un giovane Rodolfo Giuliani, nonno dell'ex sindaco Rudy Giuliani con un centinaio di altri "manovali". Nel 1930 l'archivio segnala l'arrivo di Mary Ann MacLeod, futura madre di Donald Trump, aveva 18 anni appena. Arrivava dalla Scozia con 50 dollari in tasca per lavorare come "domestica". - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Accadde-oggi-125-anni-fa-il-primo-sbarco-a-Ellis-island-luogo-simbolo-dell-immigrazione-951f32a0-d2f0-4270-a7b1-84dcab2dc2e0.html
10.2.14
generation war giudizio globale
dopo il un giudizio parziale ( vedere post precedente )
sorto dall'equivoco sulla messa in onda delle puntate che mi ha portato a vedere la seconda e poi in replay la prima , posso darne un giudizio globale del film in questione
Un film bello, triste , drammatico , generazionale . In esso ci ho ritrovato anche se in modo velato gli echi del graphic novel I Maestri dell’Orzo, la saga della famiglia Steenfort .

Confermo quanto dicevo nel post precedente , in particolare la seconda critica . IL telefilm testimonia che non è necessario raccontare degli eventi storici facendo un film storico . Un film controverso visto che <<Secondo il giornale inglese The Economist nessuna fiction in Germania ha mai causato tanto dibattito tra il pubblico, mentre i critici hanno criticato molto severamente l’aspetto storico (in particolare il ruolo della Germania nell’olocausto, sottolineando che la miniserie ha occultato questo aspetto; un’altra critica è legata all’antisemitismo, nella fattispecie la miniserie avrebbe dipinto i partigiani polacchi come più antisemiti dei soldati tedeschi.>>(da wikipedia ) .
Critiche che valgono come ho già detto precedentemente se si considero il telefilm come appartenente al genere storico \ documentario Ma, sempre da wikipedia ,La serie racconta la storia di cinque amici tedeschi, che hanno dai 18 a 21 anni, illustrando i loro diversi percorsi sotto il terzo Reich, nel 1941 mentre infuriava la seconda guerra mondiale.
La storia si estende per cinque anni, partendo dal 1941 fino nell'immediato dopo guerra.
Nel '41 a Berlino i cinque amici decidono di fare una festa perché il giorno dopo due di loro, i fratelli Wilhelm e Friedhelm, partono per il fronte orientale, mentre Charlotte è appena diventata infermiera e anche lei sta per partire per il fronte; Greta invece è un aspirante cantante e ballerina che ha una relazione con Viktor, anch’egli parte della cerchia ristretta di amici, che però è ebreo. Greta continua ad amarlo nonostante le leggi di Norimberga. Gli amici sono convinti che la guerra durerà pochissimo, credono quindi che a Natale si rivedranno. Cominciano dunque le loro cinque storie.Storie che vanno poi a costituire una storia di un'amicizia resiste a tutto anche a
«Generation War» riscoprire la verità di una bestiale follia.Si è conclusa nel 1945, la seconda guerra mondiale. Sessantotto anni fa. E si sono susseguite, quindi, ben due generazioni: a segnare un distacco che sembra impensabile, per chi ancora ricorda gli anni atroci del conflitto, ma che ha steso inevitabilmente un velo di oblio e di indeterminatezza in coloro che sono venuti "dopo", e nulla sanno, occorre ammetterlo, della guerra che ha segnato il destino del mondo. Poco hanno fatto la scuola e i media, malgrado possa sembrare il contrario. Ai film di propaganda, alle glorificazioni postume, alla quantità di riferimenti che citano senza cronologia ingiustizie e crimini si sono succeduti vaghi "ricordi", brani da sussidiario scolastico, celebrazioni doverose, che non hanno inciso nella mentalità dei giovani, lasciando soltanto una scia di dati ai quali non sempre si accosta la partecipazione spontanea. E quindi il film-tv tedesco, Unsere Mütter, unsere Väter, ossia "Le nostre madri, i nostri padri", tradotto da noi in Generation War e proposto in due puntate da Raitre nelle ultime due scorse serate, ha il gusto asprigno di una scoperta dolorosa, appare come un pugno nello stomaco per i dettagli di una guerra in cui la crudeltà incide anche nella definizione dei caratteri dei protagonisti, cinque amici che si trovano a combattere sul fronte russo con differenti destini. Disorientati e confusi, i giovani soldati tedeschi vedono scorrere davanti ai loro occhi stragi e violenze, gli ebrei sono entità familiari che improvvisamente sono additate come persone da eliminare in ogni modo, la lealtà e il coraggio sono cancellati da una violenza cieca in cui chi spara ha sempre e comunque ragione, quella della sopravvivenza a ogni costo. E il raffronto fra il sangue effuso nell'ospedale da campo fra grida di dolore, e il silenzio rassegnato di chi si inginocchia davanti al suo giustiziere – spesso un ragazzo dagli occhi tristi e dall'espressione confusa – è il binario di morte sul quale per anni i giovani, non solo i tedeschi, si sono avviati al massacro, per massacrare altri giovani come loro in disperata follia. C'è, nella rievocazione di quella guerra che molti di noi sognano ancora la notte, e tanti altri a mala pena conoscono, il senso di un grande inganno, di una ignoranza dei fatti e dei dati manovrata da una propaganda feroce, in cui i soldati sono stati strumentalizzati con fredda strategia. Una generazione in guerra, dice il titolo: sola e con le armi in mano e di fronte, a cercare e dare la morte, senza, in fondo, saperne il motivo.
avvenire del 9\2\2014
Ma quegli anni di terrore possono essere anche il teatro per gesti coraggiosi apparentemente fuori da ogni logica come quello di Viktor, il sarto ebreo legato proprio a Greta, che salva l’amico nazista Friedhelm da un attentato dei partigiani polacchi. Insomma la storia fatta dalla gente , ovvero come dice De Gregori
Dal punto di vista tecnico la serie è di altissimo livello, sia per quanto riguarda la regia che le ambientazioni, gli attori sono tutti in parte e talentuosi: a disarmare è la naturalezza con cui vengono presentati i protagonisti, per cui all’inizio si simpatizza e che poi si macchiano di crimini raccapriccianti. Gli autori ci mostrano questo processo senza forzare il giudizio e senza giustificare nessuno, portando lo spettatore a riflettere sul fatto che in quelle condizioni storiche l’uomo comune si sarebbe comportato esattamente così.
31.3.12
La nonnina delle poesie e la letteratura da stadio \ ultra
non ricordo la fonte
È il 1978. Siamo a Nuoro. E, come ogni mattina, una vecchia signora apre la sua logora valigia di pelle e cartone e mette in mostra la sua preziosa mercanzia: piccoli libricini di versi sardi, rilegati alla buona, comprati all’ingrosso e venduti per poche centinaia di lire.
Prima di lei «il lavoro» lo faceva il marito, che ai tempi di questa meravigliosa foto di Claudio Gualà era morto da pochi anni. Ma la «nonnina», rimasta sola, non si era persa d’animo. E ogni mattina, presa la sua valigia, continuava ad andare alle bancarelle della piazza del mercato, o alla vecchia fermata dell’Arst, vestita di tutto punto dal suo costume e seduta su una sdraio logora ancora più della sua valigia. Indicando con immutata passione e dita nodose la sua preziosa mercanzia.
Come la mattina della foto, con la sua cliente, vecchia quanto e più di lei, che si accovaccia. Tocca un libro con la mano mentre la nonnina ne indica un altro. E insieme parlano di ciò a cui lei più di tutto tiene: le sue piccole poesie.
Ora Facendo qualche piccolo calcolo, queste donne avevano probabilmente studiato sino alla II o al massimo sino alla V elementare, eppure si vede nello sguardo e nei gesti l’attenzione per la loro Cultura. L’acquisto di un libro poteva essere magari per un regalo sicuramente scelto con attenzione. Nel DNA dei sardi, come del resto nel sud
c’è anche l’orgoglio anche se sta scomparendo sempre più omologandosi alla massa e al conformismo acritico per la nostra cultura. Una foto preziosa, grazie di averla condivisa insieme al commento che aggiunge le necessarie sfumature.
Infatti ecco un
Ora Facendo qualche piccolo calcolo, queste donne avevano probabilmente studiato sino alla II o al massimo sino alla V elementare, eppure si vede nello sguardo e nei gesti l’attenzione per la loro Cultura. L’acquisto di un libro poteva essere magari per un regalo sicuramente scelto con attenzione. Nel DNA dei sardi, come del resto nel sud
c’è anche l’orgoglio anche se sta scomparendo sempre più omologandosi alla massa e al conformismo acritico per la nostra cultura. Una foto preziosa, grazie di averla condivisa insieme al commento che aggiunge le necessarie sfumature.
Infatti ecco un
26.3.12
il giorno della civetta ,placido rizotto, peppino impastato , il dolce e l'amaro
Un mio amico del web , volendo approfondire la mafia al cinema ed in tv ,mi chiede alcuni titoli di film italiani sulla mafia . Ora , sbadato e con la testa fra le nuvole ( come di mio solito ) ho perso la i suoi contatti e quindi , sperando che mi ritrovi , lancio qui il mio Message In A Bottle parafrasando la famosa canzone dei Police ora in canna nel mio ipod . I film italiani specifici sulla mafia , eccetto le fiction ( la piovra celebre saga della serie italiana omonima prodotta tra il 1984 e il 2001 del commissario cattani alias Michele Placido fino ala 4 e post cattani dalla 5 alla 10 ., le serie del capitano ultimo \ alias del Capitano sergio di caprio che catturo toto riina ., Palermo Milano solo andata seguito poi da sequel, Milano-Palermo: il ritorno. ., il capo dei capi ., ) ed i film : Giovanni falcone di Giuseppe Ferrara e Paolo Borsellino di Gianluca maria Tavarelli.
Ecco dunque i film in questione
Il giorno della civetta
Il film è stato girato a Partinico e a Palermo e prende spunto dall'omicidio del sindacalista comunista Accursio Miraglia, ucciso a Sciacca nel 1947 adattando il libro omonimo di Leonardo Sciascia. è un film denuncia - drammatico del 1968 diretto da Damiano Damiani, ed interpretato da Franco Nero e Claudia Cardinale.Nel film risalta in maniera particolare l'atmosfera di omertà esistente nel paese e la corruzione diffusa in tutti gli ambienti: politico, giudiziario, ecclesiastico. Infatti quando uscì fu vietato ai minori di 18 anni: nella commissione di revisione (leggi: censura) c'era qualche amico degli amici o fu soltanto un eccesso di prudenza ?
Placido Rizzotto
un omaggio alla storia di un "uomo giusto" ucciso più di cinquant'anni fa e del quale non esiste (non è mai esistita) nemmeno la tomba, una lapide sulla quale portare i fiori e rinverdire la memoria. Fino ad oggi , cioè quando 9 marzo 2012 l'esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto, morto da tempo e riesumato per questo scopo, ha confermato che i resti trovati il 7 settembre 2009 presso le foibe di Rocca Busambra a Corleone appartengono a Placido. Ora il 16 marzo 2012 il Consiglio dei Ministri ha deciso i Funerali di Stato per Placido Rizzotto. Cosi' almeno sarà ricordato da più gente e non solo dalla La cooperativa siciliana Libera Terra produce e commercializza due vini denominati Placido Rizzotto Bianco e Placido Rizzotto Rosso provenienti da vigne confiscate alla mafia. Un ribelle, eliminato dalla mafia di Corleone: mandanti ed esecutori furono quasi subito catturati da un giovane capitano dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, per essere poco tempo dopo assolti "per insufficienza di prove". È Placido Rizzotto, il nome di quel martire dimenticato: ed è il titolo scelto da Pasquale Scimeca per il suo intenso, emozionante, aspro film che ricostruisce quella breve, esaltante e non inutile vicenda umana.In ..... se LA pellicola è stata al centro di polemiche per non aver fatto alcun riferimento alla militanza politica di Rizzotto nel Partito Socialista Italiano ed accusata di aver costruito l'immagine di un Rizzotto comunista. Emanuele Macaluso ed altri intellettuali d'area socialista hanno più volte ribadito la convinta adesione di Placido Rizzotto ai valori del socialismo democratico, testimoniata durante tutta la sua attività politica il film è stato ottimamente ricostruito . qui e qui maggiori news e contesto in cui visse ed agii' e condusse la sua lotta alla mafia
IL dolce & L'amaro
La storia di
8.3.12
dura esperienza femminile IN quello che 'era l'industria del sughero
TEMPIO PAUSANIA .
Le donne e la fabbrica. Le celebrazioni dell'8 Marzo traggono spunto dalle vicende legate all'industrializzazione che coinvolse le donne. E in Sardegna le prime furono le operaie sugheriere di Tempio: le «tappaie», le addette alla produzione di tappi di sughero usati per molteplici impieghi, dall'enologia alla farmaceutica (i cosiddetti "medicinali", per turare boccette di vetro contenenti pastiglie o sciroppi). Le «tappaie» erano tante, costituivano una categoria distinta e battagliera, progressista e di sinistra. L'avvento della macchina ha poi soppiantato il loro ruolo mentre nel frattempo la presenza della donna in fabbrica è divenuta normale. Ma alla bella età di 91 anni, Giovanna "Nanneddha" Fresi, «tappaia» fin da ragazzina e per alcuni decenni, vivace e fiera, è una fonte preziosa di ricordi su un periodo che appare lontano. Dice tra le tempiesi quel lavoro si sviluppò a partire dal periodo fra le due guerre: «Eravamo cinque sorelle, e cominciammo tutte in giovanissima età». Spiega della durezza del lavoro e delle condizioni in cui si svolgeva, senza tutela sindacale o sanitaria: «D'estate o d'inverno, col caldo e con la neve, si entrava alle 6 del mattino e si faceva una pausa di mezz'ora alle 8 per poi continuare fino a mezzogiorno. Si riprendeva alle 13.30 e si usciva alle 18. E guai ad arrivare con un minuto di ritardo: ti sottraevano dalla paga mezz'ora o più di lavoro». Ricorda di quando le giovani madri ricevano in fabbrica i figli da allattare, ed altre ingiustizie. Di quando c'erano - regolarmente preannunciate ai padroni - le visite degli ispettori del lavoro, con le operaie costrette a nascondersi tra i depositi di sughero in cortile. «Una volta che gli ispettori giunsero senza preavviso - ricorda sorridendo - fecero calcolare le tariffe del salario e misero il padrone nella condizione di applicare quelle giuste. Il padrone ci diede gli arretrati proprio davanti agli ispettori. Il sabato successivo, quando venimmo pagate, quelle somme ci furono trattenute».
7 marzo 2012
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