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23.10.25

“Risorse e risentimenti: il vocabolario dell’odio quotidiano” “Sassi, silenzi e vergogne: cronaca di un’Italia che non si dissocia”im caso degli ultras neofascisti a rieti

 Qualche giorno fa     mi pare  perchè ho  coniviso  o partecipato ad  una discussione   sui  social   sulla notizia del legame di almeno due degli ultras accusati dell'omicidio dell'autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket, con ambienti di estrema destra e neofascisti .9Ho ricenvuto via emai numerosi commenti

   RIEPILOGHIAMO  IL FATTO  


I commenti arrivatemi via email sono stati un profluvio di riduzionismo e offese, e discorsoi del tipo : « e le foibe .... » riferendosi alla sinistra , ecc come sempre, e fin qui niente di nuovo sotto il sole . Vorrei soffermarmi però su tutti coloro, molti, che hanno scritto "quando un omicidio viene compiuto da una risorsa, però, non scrivi niente". È a loro che vorrei rispondere, con alcune argomentazioni.
1. Chiamare "risorsa" una persona, usando un tono dispregiativo, è razzista e profondamente stupido. Si tratta di persone che hanno trovato il coraggio e la forza di fuggire alla ricerca di un futuro migliore , attraversare Paesi, spesso il deserto ,, le torture nei centro di detenzione libici e tunisino , poi il mare, per arrivare in Europa. Viaggi in cui hanno subito di tutto, e alla fine ce l'hanno fatta. E chi li deride (per cosa, poi?) ha spesso difficoltà a non versare in terra la birra nel percorso fra la cucina e il divano. Fate un po' voi.
2. Non mi occupo sempre causa probelmi vati miei e dei mieignitori ultre 80 anni di cronaca, mai, a meno che e preferisco riportare storie particolari come dovrebbe essere chiaro dalle tag e dagli hastag o da questa faq ( ) . A volte però capita che la cronaca travalichi se stessa veere i. miei post sui femminicidi o come per esempio un attacco di ultras che uccidono un uomo a sassate, organizzando la sassaiola, legati a un ambiente neofascista, non è soltanto cronaca. Soprattutto in un Paese dove la povera, piccola fiammiferaia Premier, non ha neanche il coraggio di definirsi antifascista cuìioè prenderne seriamente le distaNZE (per non perdere i voti neppure dei lanciatori di sassi).
3. C'è comunque, in generale, una differenza sostanziale. E questo è forse il punto principale. Un immigrato non commette mai ( non si ha, ad oggi notizia di un solo caso mai avvenuto) un reato in quanto immigrato, o nero. Mentre essere neofascisti, estremisti di destra, include sempre una condotta potenzialmente violenta e sempre discriminatoria, perché il fascismo stesso si basa sulla presa del potere in modo violento, e sul mantenimento di quello stesso potere attraverso la sopraffazione e la persecuzione delle minoranze. Per questo non esiste un "fascista buono", perché se fosse buono (o intelligente) non sarebbe fascista. E sempre per questo continuerò a raccontarlo, perché è una notizia al di là della cronaca, in mezzo a un Paese che esalta una nonantifascista Premier.

25.8.25

Il ragazzino aveva vinto un abbonamento il giorno della presentazione della squadra della torres e deciso di regalarlo .


dala  nuova  sardegna   
Il ragazzino aveva vinto un abbonamento il giorno della presentazione della squadra e deciso di regalarlo. La società sassarese lo rigrazia sui social: «Grazie, ci impegneremo affinché il suo desiderio possa compiersi»
La Torres risponde al grande cuore del 12enne Gianluca: «Il tuo sì, è proprio un Amori Sinzeru»

                                              di Luca Fiori


Sassari 
Ha solo 12 anni, ma ha già compreso il significato più profondo della parola “tifo”: condivisione. Gianluca Ginesu, sassarese che vive a Osilo e a settembre inizierà la terza media, è uno dei tre fortunati vincitori degli abbonamenti messi in palio dalla Torres durante la presentazione ufficiale della squadra, mercoledì scorso. Gianluca è un tifoso vero: allo stadio va sempre insieme al padre Giuseppe, con l’abbonamento in tribuna coperta in tasca e il cuore che batte per i colori rossoblù. Il suo idolo è il capitano Giuseppe Mastinu, un leader dentro e fuori dal campo, che per Gianluca rappresenta il volto più autentico della Torres.


Quando ha scoperto di aver vinto un secondo abbonamento, avrebbe potuto tenerlo e regalarlo a un amico o a un parente. Invece ha fatto una scelta diversa, più grande di lui: «Voglio donarlo a un bambino meno fortunato di me», ha detto senza pensarci due volte, con la spontaneità dei suoi 12 anni. Un’idea nata tutta da lui, come conferma il padre Giuseppe, direttore della filiale del Banco di Sardegna di Sorso: «Quando è tornato a casa e mi ha detto che voleva regalarlo a un bambino che non poteva permetterselo, mi sono emozionato. È stata una sua iniziativa e io non posso che essere orgoglioso».

Un gesto che non è passato inosservato: la Torres ha apprezzato moltissimo la sensibilità del giovane tifoso, e sarà la società stessa a individuare il piccolo destinatario di questo dono speciale. Perché un gesto del genere non è solo un abbonamento: è un biglietto per far parte di una famiglia, quella rossoblù. Un’occasione per vivere emozioni che restano nel cuore. Sabato contro il Pontedera Gianluca era sugli spalti del Vanni Sanna per la prima giornata di campionato, che ha visto la Torres imporsi sul Pontedera. «Mi sono piaciuti tanto Nicolò Antonelli Giacomo Zecca», racconta con entusiasmo, segno che per lui ogni partita è un pezzo di felicità. E la gioia sarà ancora più grande quando scoprirà chi, grazie al suo gesto, potrà vivere le stesse emozioni.
Forse il gol più bello della Torres quest’anno lo ha già segnato Gianluca, regalando a un altro bambino la possibilità di sognare con i colori rossoblù.


22.2.25

Heysel, il ricordo dello juventino Briaschi e l'abbraccio al tifoso sassarese Franco Tartaruga Fiori

A maggio  non ricordo     se  a metà  / fine  maggio di  quest'anno   ricorrono i  40  anni   del'Heysel  e  gia  la stampa ,  in  questo  caso  locale , inzia  a  ricordare  e    riportare storie  in merito  a   tale  vicenda   . Per    quanto  riguarda    i  ricordi  personali  ,  posso     dire     che   ancora  viva la memoria dell'evento ricordo ancora come se fosse oggi avevo 9 anni e la maerstra delle elementari ci chiese una riflessione su quello che era successo . Non riesco ricputroppo a ritrovare il mio vecchio scritto . Ma Ricordo , come tutti\e che La partita si giocò comunque per la decisione dell’Uefa per motivi di ordine pubblico. Il match iniziò con oltre un’ora di ritardo. Tra le immagini di quella sera, anche quelle dei giocatori della Juventus Cabrini, Tardelli e Brio che vanno a parlare con i tifosi. Il capitano Gaetano Scirea lesse loro un comunicato: "La partita verrà giocata per consentire alle forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alle provocazioni. Giochiamo per voi".
 Un rigore di Platini consegnò un’amara e dolorosa vittoria alla Juventus per 1-0. I giocatori festeggiarono con Platini che portò la coppa e con un giro di campo. "Non sapevamo cosa era davvero successo, avevamo avuto notizie di un morto, forse due, ma non potevamo immaginare una tragedia così grande", avrebbero detto poi i giocatori bianconeri.
 Dopo questi miei fumosi ricordi lascio , oltre ai consueti link d'approffondimento che trovate a fine post , la parola a due protagonisti dellepoca che hanno vissuto la vicenda su due lati diversi . Un tifoso il primo , un calciatore della Juventus ell'eoca il secondo . Le    loro testimonianze  sono  prese dalla  nuova  sardegna   del     20\2\2025   il  primo  a quella  del  22\2\2025 il  secondo  



 «A I2 anni fa prima bancarella a 27 sono scampato all’Heysel) Franco Fiori, per tutti Tartaruga, sogna un centro pieno di locali e turisti Gli 
articoli più richiesti nel suo piccolo bazar: sciarpa et-shirt della Torres 


 Ho iniziato a lavorare a 12 anni, facevo il garzone e le consegne in bicicletta in giro perla città, diciamo che sono stato uno dei primi rider di Sassari. Poi mio padre mi ha instradato al commercio e la mia prima bancarella è stata un lenzuolo steso per terra in viale Italia, con qualche articolo che mi dava lui, che per tanti anni ha avuto la postazione fissa all'Emiciclo Garibaldi con la quale manteneva tutta la famiglia». Nella passeggiata mattutina tra piazza Mazzotti, corso Vittorio Emanuele e corso Vico,
 Franco Fiori, commerciante sassarese di 67 anni -per tutti in città Tartaruga « immagina un centro di Sassari pieno di turisti e di locali e ripercorre le tappe della sua vita, con tanti ricordi legati a vittorie entusiasmanti della Torres e della Dinamo, ma anche un momento drammatico, quando il 29 maggio del 1985 si ritrovò all’interno del settore Z.dello stadio Heysel di Bruxelles in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool,durante la quale morirono 39.persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. «Sono passati quasi quarant'anni -— racconta Franco Fiori - ma ancora mi vengono i brividi se ripenso a quei momenti in cui ci ritrovammo in campo accan- to ai calciatori e sugli spalti molti di noi vennero schiacciati e non riuscirono a salvarsi». Prina di tirare su la serranda del suo bazar colorato, davanti all'ex hotel Turritania il commerciante - una vera icona per gli appassionati di sport in città- spiega il motivo di questo soprannome curioso e ammette che il grande murale con la tartaruga, apparso qualche anno fa in porta Sant'Antonio non era certo dedicato a lui. «Tartaruga è un nomignoloche mi hanno messo i miei amici da bambino —-Spiega Franco Fiori - perché quando venivano a chiamarmia casa per andare a giocare ero sempre molto lento nel prepararmi.
Iniziarono a chiamarmi così eoggi tutti mi conoscono in quel modo. Il murale? Non scherziamo, io non e'entro niente — ride il commerciante — l’ideacd:icnilo tece era tegata al Candelieri e alla loro antichissima tradizione». Nato in casa, in via Sardegna, nel 1958.in una famiglia numerosa, Tartaruga è stato tra i primi in città a credere nel merchandising legato allo sport. «Dopo le prime esperienza da ragazzino e qualche anno a Firenze — spiega risalendo il Corso — sono rientrato in città e intorno al 1987 ho iniziato a piazzare la bancarella nelle vicinan- ze dello stadio, dopo che qualche anno prima avevo dato una mano a un ambulante di Milano.che veniva a Sassari per vendere nei mer- catini e vicino'agli stadi. All'inizio vendevo solo sciarpe -- spiega il commerciante —- ricordo che in quel periodo, tra gli anni 80 e i primi anni Novanta, quella della Torres la vendevo a 3500 lire, oggi la vendo a 10/15 euro. Poi ho diversificato l'offerta e ho iniziato a proporre cuscini da stadio, gagliardetti e cappellini».Oggi; tra piercing, cartoline,bandiere e maglie di calcio e di basket Nba, gli articoli più richiesti nel suo punto vendita di corso Vico restano sempre gli stessi: la sciarpa e le t-shirt rossoblù dellaTorres. «In questi ultimi due anni con la squadra che sta andando bene -- spiega dietro il bancone del negozio -- le richieste sono aumentate na-turalmente. I sassaresi sono fatti così — aggiunge — se la squadra vince si ricordano la strada per lo stadio, altri- menti non si fanno vedere.LaTorres più forte che ho visto ? Forse quella dei fratelli Amoruso nel 2000, ma anche questa di quest'anno è una bella squadra, chissà come andrà a finire. Ho conosciuto anche il boom di presenze al palazzetto dello sport — prosegue — nel 2015 quando la Dinamo vinse lo scudetto in città erano tutti impazziti per la pallacanestro e per me gli affari con maglie e bandiere bîancoblù andarono alla grande».Residente nella zona di P0zzu di Bidda Franco Fiori crede ancora nelle potenzialità del centro storico. «Ho sceltodi vivere e lavorate in questa zona della città -- spiega -- perché sono convinto che possa riprendersi dall’attuale e crisi. Da anni sento parlare di centro intermodale e di una ripresa delle attività — prosegue — credo che se finalmente dovesse partire il progetto la zona del corso basso e di Sant'Apollinare potrebbe veder nascere nuove attività e anchei sas» saresi che sono andati via tornerebbero a viverèi. Chissà se sarò ancora dietro al bancone — conclude Tartaruga-a vendere sciarpe della Torres...» 

mentre finivo di    riportare  tale storia  mi arriva    sempre dallo stessso giornale   quest altro articolo 


Il calciatore  Massimo  Briaschi   ripercorre i momenti della tragedia. Quello stesso giorno allo stadio c'era anche Franco Fiori Tartaruga

Sassari «Quando ho visto la foto in bianco e nero sul vostro giornale mi è ritornato alla mente quel giorno di 40 anni fa, che doveva essere di festa e invece si rivelò la tragedia che tutti conosciamo». Il 29 maggio del 1985 Massimo Briaschi aveva 27 anni e insieme a Platini, Boniek, Tardelli, Rossi e gli altri giocatori della Juventus si ritrovò in campo insieme a centinaia di tifosi italiani che nella calca – nella quale morirono schiacciate 39 persone – si riversarono sul terreno di gioco per tentare di salvarsi la vita. Tra quei tifosi, con
la sciarpa bianconera al collo, c’era anche il commerciante sassarese Franco Fiori, per tutti “Tartaruga”, al quale qualche giorno fa abbiamo dedicato una pagina sulla Nuova Sardegna per raccontare la storia della sua vita, che passa anche per quella tragica giornata di maggio del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, dove era in programma la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e il Liverpool. «Un amico mi ha mandato la pagina del vostro giornale e quella foto mi ha riportato sul terreno di gioco» racconta Massimo Briaschi che oggi ha 66 anni, fa il procuratore sportivo e vive a Vicenza. Attaccante dotato di un gran tiro, Briaschi aveva iniziato a giocare a calcio proprio nel Vicenza, per poi raggiungere la maturità con la maglia del Genoa e spiccare infine il grande salto nella Juve di Trapattoni.«Ho giocato anche un anno nel Cagliari nella stagione 1979/80 – spiega l’ex giocatore – sono legatissimo alla Sardegna e ho una casa nella zona di Sant’Elmo a Castiadas. Mi sono sentito di contattarvi – spiega Briaschi perché tramite il vostro giornale vorrei dare, se possibile, un grande abbraccio alla persona che era venuta all’Heysel per giocare al nostro fianco e che ho visto nella foto». Quel giorno Franco Fiori, (anche lui nel 1985 aveva 27 anni) dopo la traversata in traghetto fino a Genova e il viaggio verso Bruxelles con un pullman partito da Torino, si ritrovò allo stadio Heysel proprio nel settore Z - dove i tifosi inglesi sfondarono le reti divisorie - con due amici con cui era partito da Sassari. «Persi le scarpe e una sacca con la macchina fotografica – racconta Franco Fiori – e un ragazzo che era con noi sul pullman mi donò un paio di ciabatte che mi consentirono di non rientrare scalzo. Purtroppo una persona che era sul nostro pullman, il signor Giovacchino Landini, rimase schiacciato e morì. Io riuscii a salvarmi e finii sul terreno di gioco – aggiunge – e insieme ad altri tifosi chiesi ai giocatori della Juve di disputare la partita, perché altrimenti la situazione sarebbe peggiorata».
Quel frangente - immortalato nello scatto in bianco e nero che abbiamo pubblicato sul nostro giornale - è ancora impresso nella mente di Massimo Briaschi, che non aveva mai visto la fotografia. «Ricordo benissimo quel momento – spiega l’ex giocatore – sono istanti che è impossibile dimenticare. Eravamo rientrati negli spogliatoi – spiega – e a un certo punto ci mandarono fuori a calmare le persone che erano sul campo. In quel momento non si sapeva ancora bene cosa fosse accaduto – aggiunge – noi lo apprendemmo al rientro in albergo. Quel giorno persero la vita 39 persone che erano venute a sostenerci – prosegue l’ex calciatore della Juventus – una tragedia che forse si sarebbe potuta evitare se non si fosse scelto quello stadio quasi fatiscente. Al tifoso sassarese che ho rivisto nella foto che avete pubblicato – aggiunge – visto che abbiamo passato quei momenti insieme, uno da una parte e uno dall’altra, vorrei mandare un abbraccio e a quarant’anni di distanza dire grazie a lui e a chi era lì quella sera che nessuno di noi dimenticherà mai».

22.1.24

DIARIO DI BORDO N° 31 ANNO II Al minuto 33 di Udinese-Milan, e all’ennesimo urlulato razzista e verso della scimmia, il portiere rossonero Mike Maignan ha lasciato la propria porta, e si è diretto verso gli spogliatoi.,tennista ucraina di 16 anni stringe la mano alla rivale russa, il padre si scusa., dicono ch all'estero la Meloni non Sbagli un figurone con il caso Sgarbi


Al minuto 33 di Udinese-Milan, e all’ennesimo ululato razzista e verso della scimmia, il portiere rossonero Mike Maignan ha lasciato la propria porta, ha avvisato l’arbitro e si è diretto verso gli spogliatoi, deciso a non continuare a subire quella vergogna.
Insieme a lui, tutti i compagni di squadra, che hanno fatto l’unica cosa che ha senso fare di fronte a questi miserabili: fermarsi, togliergli il giocattolo, l’unica cosa che questi decerebrati indegni di essere chiamati tifosi capiscono. Poi i giocatori sono rientrati, la partita è proseguita, l’ha vinta in rimonta il Milan, ma mi auguro che venga comunque decisa a tavolino con lo 0-3 come da regolamento. Dovrebbe scattare in automatico. Ma soprattutto   come ho  detto  su  fb  : <<  NON SONO MILANISTA , MA STIMO MOLTISSIMO IL GESTO DEI LORO GIOCATORI . LO SO' SARA' COME RACCOGLIERE L'ACQIUA DELMARE CON UN CUCCHIAIO , MA E' MEGLIO DI NIENTE DEL SILENZIO E DELL'INDIFFERENZA . SE TUTTE LE SQUADRE I CALCIO A PRESCINDERE DALLA SERIE E DALLA CATEGORIA , LO FACESSERO TUTTE E LE SOCIETA' TRONCASSERRO RAPORTI CON CURVE E TIFOSI DEL GENERE SIMILI COSE NON SUCEDEREBBERO >>Altrimenti il coraggio di Maignan, le sue parole, resteranno,   come   al solito, al vento.
Grandissima presa di posizione di Maignan che dopo un primo avviso all'arbitro decide di lasciare il campo seguito da tutti i suoi compagni per gli ululati dei soliti mentecatti metaforicamete parlando che nel 2024 ancora non sono capaci di stare al mondo e cotivano ideologie idiote ormai superate e condannate dalla storias . Mi chiedo come

Francesco Gaglio
Allo Stadio vanno tutti, famiglie con bambini, tifosi veri che sostengono, e pure la feccia. Ci sono realtà dove la feccia si vede molto bene, si distingue con facilità. Peccato che resti quasi sempre impunita, oppure quando si colpisce lo si fa in modo generalizzato, senza senso. Ognuno è responsabile per se stesso. I cori razzisti sono solo la punta dell’iceberg. Le insegne e i saluti fascisti, sono il peggio del peggio, il fondo del barile. A pensarci non è che lo Stadio è un po’ lo specchio di tutto il Paese?


E come Marzullo mi sono dato la risposta : anche questo increscioso episodio, aggiunto ad altri eclatanti, indicano che la marea fascista e xenofoba che attraversa l'Italia e non solo, continui a montare inesorabile.Infatti Pur non avendo vissuto direttamente il periodo dell' avvento e crescita del fascismo,ma avendo vissuto in famiglia nella contrapposizione \ scontro nella famiglia paterna 8 mio padre e mio zio comunistri extraparlamentari e mio nonno e i miei prozii fascisti ) noto parecchi elementi di similitudine, non ultimo il tentativo sempre presente di minimizzare gli accadimenti . Infatti in post durissimo, su Instagram, per cercare di marcare una differenza rispetto al passato, quando gli episodi di razzismo negli stadi hanno portato tante parole e nessun fatto. È quanto fatto dal portiere del Milan Maignan, all’indomani dei cori razzisti subiti nella partita in casa dell’Udinese e alla sua clamorosa protesta (ha lasciato il campo, partita sospesa e poi ripresa dopo 5 minuti). Messaggio chiaro, con tanto di attribuzione di responsabilità: “Oggi è un intero sistema che deve assumersi le proprie responsabilità – ha scritto il numero uno rossonero – Gli autori di questi atti, perché è facile agire in gruppo nell’anonimato di un forum; gli spettatori che erano in tribuna, che hanno visto tutto, che hanno sentito tutto ma che hanno scelto di tacere, siete complici; il club dell’Udinese – ha continuato – che ha parlato solo di interruzione della partita, come se nulla fosse, è complice; le autorità e la Procura, con tutto quello che sta succedendo, se non fai nulla, sarai complice anche tu“.Poi l'ottimismo (di circostanza?): “È una lotta difficile, che richiederà tempo e coraggio. Ma è una battaglia che vinceremo”. Mike Maignan ha poi ricordato che “non è stato il giocatore ad essere stato aggredito. È stato l’uomo. È stato il padre di famiglia. Questa non è la prima volta che mi succede – ha scritto – E non sono il primo a cui è successo. Abbiamo fatto comunicati stampa, campagne pubblicitarie, protocolli e non è cambiato nulla”. E ancora: “L’ho già detto e se è il caso lo ripeto: non sono una vittima. E voglio dire grazie al mio club AC Milan, ai miei compagni, all’arbitro, ai giocatori dell’Udinese – ha aggiunto – e a tutti quelli che mi hanno mandato messaggi, che mi hanno chiamato, che mi hanno sostenuto in privato e in pubblico. Non posso rispondere a tutti ma vi vedo e siamo insieme”.
Da sottolineare, in tal senso, la presa di posizione ufficiale dell’Udinese Calcio, con una nota ufficiale sul proprio sito in cui la società si dichiara “profondamente dispiaciuta e condanna ogni atto di razzismo e violenza. Riaffermiamo la nostra avversione a qualsiasi forma di discriminazione – ha scritto il club friulano – ed esprimiamo la nostra profonda solidarietà al giocatore del Milan Mike Maignan alla luce del deplorevole episodio avvenuto sabato nel nostro stadio”. L’Udinese “collaborerà con tutte le autorità inquirenti per garantire l’immediato chiarimento dell’accaduto, con l’obiettivo di adottare ogni misura necessaria per punire i responsabili”. Come Club “continueremo a lavorare diligentemente, come abbiamo sempre fatto, per promuovere la diversità e l’integrazione di tutte le etnie, culture e lingue tra i nostri giocatori, lo staff, la città ed una tifoseria che ha sempre dimostrato correttezza“.



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Il gesto dopo il match ha scatenato polemiche in Ucraina «È stato un errore e se ne pente»: tennista ucraina di 16 anni stringe la mano alla rivale russa, il padre si scusa



Il padre della tennista ucraina Elizaveta Kotliar si è fatto avanti dopo che la figlia ha stretto la mano alla rivale russa Vlada Míncheva al termine di una partita agli Australian Open 2024, scatenando una valanga di critiche in Ucraina.
L'incontro, disputato sabato 20 gennaio, si è concluso con la vittoria della russa per 6-2 e 6-4, dopodiché le atlete si sono avvicinate alla rete e si sono strette la mano.
Tuttavia, secondo una dichiarazione rilasciata sabato dalla Federazione ucraina di tennis, che cita il padre dell'adolescente, Konstantin Kotliar, l'atleta ha compiuto il gesto «automaticamente».
«Liza ha solo 16 anni, non ha grandi esperienze di gioco in competizioni importanti come i tornei del Grande Slam», ha detto il padre. Che ha sottolineato: «È stato un errore di cui Liza si pente, non accadrà mai più».

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Dicono  che  all'estero la  Meloni non sbaglia  mai .  Infatti il  suo sottosegretario Vittorio  Sgarbi    finisce  sul  nytimes perchè è indagato   per  i caso della  tela  rubata (  qui  l'articolo originale   da  cui  ho  preso  la    foto  )  e il  governo tace . Un Figurone  proprio . 

Sgarbi ha sempre rivendicato una concezione “privatistica” dell’arte a favore di mercanti, collezionisti e antiquari, teorizzato regole e prassi diverse da quelle previste dalla legge sulla tutela e dal Codice dei beni culturali. Nel frattempo  stando alle inchieste

 

  • “Sgarbi cachet d’oro, 300mila euro in 9 mesi”. Il 24 ottobre 2023 il Fatto accende un faro sulle “attività parallele”, mai dichiarate, che il sottosegretario svolgeva tramite società del caposegreteria e della compagna. L’agcm, su richiesta del ministro Sangiuliano, apre un’istruttoria i cui esiti sono attesi entro il 14 febbraio. Ma Sgarbi continua: settimana scorsa era Conegliano, per 1.500 euro presenta il nuovo libro. A mezzanotte (da sottosegretario) si fa aprire Palazzo Sarcinelli per vedere un De Chirico.
  • IL GOVERNO arruola il celebre pasticcere Iginio Massari. Il ministro Francesco Lollobrigida ha annunciato che la legge che istituisce il riconoscimento di “Maestro dell’arte della Cucina Italiana”, premiando le eccellenze dell’enogastronomia, sarà soprannominata “legge Massari”. In più, il governo ha proposto al pasticcere di guidare la commissione che sarà incaricata di giudicare tecnicamente la qualità degli aspiranti “Maestri”
  •  L’inchiesta mette in luce un uso disinvolto degli uffici, con rimborsi e trasferte dubbi. Emergono favori ad artisti da cui riceve compensi, rapporti con finanziatori come il principe Antonio Pallavicino di Genova: il 2 gennaio Sgarbi fa una videodenuncia contro un progetto di ascensore sgradito al Principe e chiede la testa del soprintendente. Tre mesi dopo riceve da lui 54mila euro come “regalia”.
  • –È ancora un quadro il grimaldello su cui poggia l’indagine della Procura di Roma per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: debiti con l’agenzia delle Entrate (715mila ). I pm contestano a Sgarbi d’aver comprato un dipinto all’asta facendo figurare la fidanzata Sabrina Colle come acquirente e con denaro di terzi (Pallavicino).
  •  Da un’inchiesta del Fatto e Report a fine dicembre esplode la storia del dipinto rubato a Buriasco e riapparso in mostra a Lucca come “inedito” di proprietà di Sgarbi. Il sottosegretario è indagato per riciclaggio di beni culturali: si sospetta abbia esposto una copia anziché l’originale. Entrambe sono state sequestrate il 12 gennaio. Sono in corso accertamenti tecnici e perizie.
  •  Nel 2019 la Procura di Siracusa indaga su un giro di dipinti falsi messi in mostra da un impresario vicino a Sgarbi. Intercettandolo, salta fuori che insieme alla compagna Sabrina Colle stava tentando di esportare illegalmente un caravaggesco attribuito a Valentin de Boulogne sequestrato a Montecarlo.Sgarbi dirà alla procura di Imperia che non era suo, ma l’ex restauratore Mingardi lo smentisce. Una mail partita dalla segreteria di Sgarbi ne attesta l’autenticità. Tenterà di attribuirne la proprietà a un morto (Augusto Agosta Tota), ma la figlia nega: “Mai visto quel quadro”.

  sconcerta che un uomo di governo sia indagato per reati specifici della sua funzione: il ministero della Cultura dovrebbe tutelare i beni culturali.IL sottosegretario deve rispondere dei oltre  ai  sospetti sul quadro rubato, sugli affari illegittimi, sulla frode e sul riciclaggio. Ma  purtroppo  i  ministri sono tutti incompetenti  dato che   da subito Sgarbi è emerso come anomalia: nessuno lo vuole, nessuno lo caccia. Alle uscite imbarazzanti e alle inchieste è seguita la consegna del silenzio, segnale di debolezza  Quindi   colpevole    o innocente      che  sia   ,  sarà la  magistratuta  a  giudicarlo   ,    si  deve  dimettere  o  dovrebbero  buttarlofuoriu dal  parlamenti 

14.11.23

chiamiamo le cose con il loro nome A gaza c'è un massacro d'inermi nessuna giustificazione striscione degli ultra del lecce durante la partita contro il milan

 

11/11/2023
Lecce - Milan a
Al di là del risultato...
Abbiamo vinto noi!

💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️
"Non avrei mai immaginato di vedere un gruppo di ultrà mostrare maggiore lucidità e serenità di giudizio della maggior parte dei grandi giornalisti e commentatori in circolazione"
E.T.
Riporto e sottoscrivo le parole di un amico.

18.4.23

come desponsabilizzarsi dalle accuse di razzismo Per i dirigenti Juve gli insulti razzistici erano “catartici”: scritto nero su bianco nel 2015

Ma  come  si  fa    a sostenere  cose  del genere  ?  Anche  se    come  dice  dossier presentato dalla Juventus nell’autunno del 2015   dovesse  essere  vero   ciò non   una  giustificazione  per  evitare  di prendersi  le  proprie  responsabilità   di mancato  controllo    di tale teppaglia  . Infatti    da  

Ma come si permettono l’europa e il mondo di additare il nostro calcio come il più razzista e discriminatorio del “globo terracqueo” (cit. Meloni)? Ma che ne sanno loro degli sforzi profusi dai nostri club nell’impavido tentativo di sradicare dai nostri stadi razzismo e discriminazione? E dire che basterebbe andare in Google, scrivere “Colour? What colour? Relazione sulla lotta contro la discriminazione e il razzismo nel calcio”: e ci si troverebbe davanti alle 84 pagine del dossier presentato dalla Juventus nell’autunno del 2015. E sì, dopo averlo letto magari qualcuno potrebbe restare perplesso rispetto al tipo di riflessione suggerita sul tema dal club guidato fino a ieri da Andrea Agnelli: risolvere

il problema è impossibile: non per niente la squalifica della curva dell’allianz Stadium per i cori razzisti rivolti a Lukaku è stata subito tolta. E poi perché? Un po’ di sano razzismo e di sana discriminazione non ha mai fatto male a nessuno.
State pensando a uno scherzo? Beh, cambiate idea. Perché la conclusione cui gli esperti della Juventus giungono, a conclusione del loro ponderoso studio, è una e una sola: l’importante è non fare drammi. “Un approccio pragmatico – si legge a fine dossier, a pag. 73 – suggerisce che l’insulto collettivo basato sull’origine territoriale sia difficilmente sradicabile con l’applicazione di veti e sanzioni. Secondo il timore espresso da un noto esperto e attivista i tifosi, semplicemente, non capiranno e diventeranno meno ricettivi sulla necessità di disciplinarsi nell’uso di un vocabolario discriminatorio, sessista o razzista”. E dunque: “In conclusione, la decisione più saggia sulla discriminazione territoriale consiste forse nel tollerare, temporaneamente, queste forme tradizionali di insulto catartico (…) Le sanzioni collettive non sono ammesse nei sistemi giudiziari ed educativi delle democrazie progredite. Sono infatti considerate eticamente scorrette, illegali e controproducenti. È quindi difficile capire perché dovrebbero rivelarsi efficaci nel mondo del calcio” Avete capito bene: l’insulto razziale o discriminatorio viene definito “catartico”, e cioè da vocabolario “liberatorio, purificatore”. E chi siamo noi per impedire un tale processo di purificazione interiore delle masse? Ma non è tutto. Se l’insulto razzista assume connotazioni particolarmente odiose (vedi il verso della scimmia rivolto dall’intera curva juventina, 5 mila persone, all’indirizzo di Lukaku due settimane fa), “la correttezza politica ha storicamente dimostrato – si legge – che lo humour costituisce una risposta di grande efficacia agli atti discriminatori. Le reazioni spiritose, come quella di Dani Alves riportata nel paragrafo 2-4 (al lancio di una banana il giocatore brasiliano rispose, ai tempi del Barça, sbucciandola e mangiandola, ndr) hanno un impatto positivo sotto diverse angolazioni (…) l’umorismo raggiunge un esteso gruppo di persone, attira l’attenzione, si diffonde rapidamente e resta impresso nella memoria”. Insomma brutto piagnone di un Lukaku che ti ribelli se 5 mila spettatori fanno al tuo indirizzo il verso della scimmia: perché vuoi farne un dramma? Non potresti umoristicamente stare al gioco e che ne so, picchiettare in testa Onana proprio come fanno gli scimpanzé, o balzare in groppa a Dumfries o strofinarti ripetutamente il pelo sul petto per divertire la platea e irradiare così un messaggio subliminale di grande efficacia? Invece di lamentarti, fai anche tu qualcosa di utile per battere il razzismo. Fai l’orango.


  Quindi se  tale  problema   secondo  loro  non si  risolve  in tale  modo   , lor  signori  , cosa  propongono per   risolverlo ? 

22.3.22

Cherif Doumbouya, dalla “papera” alle parole di consolazione degli ultrà del UsTempio

unione  sarda  CALCIO – PROMOZIONE 20 marzo 2022 alle 16:28


Cherif Doumbouya, dalla “papera” alle parole di consolazione degli ultrà del Tempio
Un bel gesto di civiltà ed educazione sportiva dei sostenitori dei Galletti dopo l’errore che è costato il derby con il Calangianus



Nella foto Cherif Doumbouya consolato dai tifosi a fine partita (foto concessa US Tempio)



Una punizione certamente non irresistibile quella di Del Soldato, che al 34' del secondo tempo ha regalato la vittoria al Calangianus nel sentitissimo derby gallurese contro il Tempio, quasi uno spareggio per il salto in Eccellenza. Un tiro lento sul quale Cherif Doumbouya, 22 anni, senegalese, portiere dei Galletti, è incappato in una papera clamorosa, facendosi sfilare il pallone tra le mani. Il giovane portiere senegalese si è fatto prendere dallo sconforto. Nonostante fosse stato già consolato dai compagni alla fine ha chiesto scusa a tutti e dopo il triplice fischio dell'arbitro si è avvicinato nel settore ultrà del Tempio, dove erano accalcati 300 tifosi. Malgrado la comprensibile delusione e la cocente sconfitta dal settore tanti applausi e parole di incoraggiamento da per Cherif. Un bel gesto, di grande sportività e amicizia, che fa da splendido contraltare a episodi di maleducazione, inciviltà (e talvolta razzismo) che talvolta siano abituati a vedere sugli spalti e nei rettangoli di gioco.

                  Argentino Tellini

2.5.21

il tifo calcio e la gioia per la vittoria di uno scudetto fa perdere i freni inibitori e le regole del buonsenso contro la pandemia

 Da ex  tifoso Juventino   , poi diventato   causa la   corruzione del sistema  moggi    e non solo   vedi calciopoli,  di nessuna squadra   e  sempre  più tiepido  a livello di di tifo  ,   capisco  la smania di festeggiare  la propria squadra  (  l'inter  in questo caso )   soprattutto  quando  essa  ritorna  a vincere   dopo   11  anni   e  lo fa  in  periodo  difficile per il calcio italiano  causa pandemia 

Ma  se  La gioia è comprensibile, l’irresponsabilità intollerabile, specie in una regione che ha avuto 33mila morti e ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia. quindi come suggerisce


Lorenzo Tosa
Eviterei di farne questione di tifo, in un senso come nell’altro. Non è che sia “colpa” degli interisti, così come essere interisti e aver vinto uno Scudetto non esenta da alcuna responsabilità. Poteva esserci qualunque altra tifoseria di qualsiasi altra squadra, in qualsiasi città, sarebbe finita allo stesso modo. Il problema è culturale. Il problema è che ancora, dopo oltre un anno, non abbiamo capito chi e cosa stiamo affrontando e combattendo. E lo paghiamo e lo pagheremo ancora a lungo.

Infatti   come  dice 

Si può festeggiare sicuramente ma in tanti modi diversi, soprattutto in questo periodo... Speriamo bene

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona, in piedi e attività all'aperto 

uno dei commenti   alla  discussione   su  tale  fatto di Lorenzo   Tosa in  merito  a tale  evento

 

30.10.17

anche il silenzio fa male Stadio di Lucca: la curva vuota per non omaggiare il deportato

E' vero che l'obbligo ricordare a tutti costi qualcosa non è giusto , ma qui : << E' una questione di rispetto per una persona di 98 anni, testimone di uno dei momenti più cupi della nostra storia". L'assessore all'Urbanistica del comune di Lucca Celestino Marchini, che ha premiato l'ex deportato Dante Unti, mentre la curva ovest dello stadio Porta Elisa "disertava" la cerimonia, esprime il giorno dopo l'accaduto il suo rammarico.



Lucca, la curva "ignora" l'ex deportato e l'assessore sbotta: "Questione di rispetto, persa grande occasione"

 "Una curva, quella della Lucchese non è entrata, l'altra ha continuato a sostenere la sua squadra come nulla fosse". "Abbiamo perso l'occasione di sentire una grande testimonianza", ha concluso >>

da http://iltirreno.gelocal.it/lucca/cronaca/2017/10/30/news/

Stadio di Lucca: la curva vuota per non omaggiare il deportato

La partita è di cartello: serie C, la Carrarese lanciatissima fa visita alla Lucchese, un derby toscano sanguigno con adeguato seguito di tifosi. Ma c’è un fuori programma che sciupa la festa...














LUCCA. La partita è di cartello: serie C, la Carrarese lanciatissima fa visita alla Lucchese, un derby toscano sanguigno con adeguato seguito di tifosi. Ma c’è un fuori programma che sciupa la festa sportiva. Dante Unti, 98 anni, porcarese deportato in un lager tedesco e sopravvissuto all’orrore, viene invitato al centro del campo per ricevere come premio il gagliardetto rossonero della società. Lodevole iniziativa. Timidi applausi dello stadio, ma quel che è peggio è che la curva degli ultras della Lucchese resta vuota. E’ un curva politicamente orientata a destra e la circostanza non sfugge. Non hanno voluto omaggiarlo.
IL RACCONTO DELL'ORRORE
Dante Unti, ex prigioniero dei nazisti, premiato prima della partitaDante Unti, 98 anni di Porcari. Prigioniero di guerra dei nazisti è stato premiato prima del fischio di inizio di Lucchese - Carrarese. Ma la curva Ovest dei tifosi rossoneri non l'ha omaggiato, restando fuori dallo stadio. Lui racconta: "Ho camminato sui morti e ho visto i tedeschi ammazzare i prigionieri come me a sangue freddo. Ho il groppo alla gola a raccontare le scene che ho visto" (Video di Fiorenzo Sernacchioli)

Eppure il luogo è simbolico. Il Porta Elisa di Lucca è lo stadio che vide tra i suoi protagonisti uomini come Erno Erbstein (che visse anni difficilissimi a causa delle leggi razziali italiane e dalle persecuzioni naziste contro gli ebrei),Libero Marchini (che negli anni Trenta si inventava di tutto pur di non fare il saluto fascista prima dell'inizio delle partite) e Bruno Neri (che poi entrò in una formazione partigiana e venne ucciso in un agguato), ma ieri si è distinto per gli spalti vuoti in curva Ovest.
La Curva Ovest della Lucchese, piena...
La Curva Ovest della Lucchese, piena solo dopo l'omaggio al deportato

Unti è stato accompagnato a centrocampo dall'amministratore unico rossonero Carlo Bini e dall'assessore comunale allo sport Celestino Marchini. Il grosso dei tifosi entra dopo, quando Unti ha preso posto in tribuna. Enrico Turelli ha anche letto un brano del diario di Anna Frank ma nessuno lo considera: i tifosi della Carrarese cantano e sbandierano e smettono solamente quando l'arbitro dà inizio al minuto di silenzio; interrotto, quest'ultimo, da un Forza Lucca che arriva dalla Ovest. Tanto che l'arbitro Curti di Milano, come rassegnato, fischia la fine del raccoglimento con qualche secondo di anticipo.

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

© Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...