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7.6.23

Quelle "signorine per bene che giocavano a calcio" e sfidarono il duce: la prima squadra di football femminile



da  https://cultura.tiscali.it/storie/articoli/


Nasceva novant'anni fa a Milano. Libri, articoli e uno spettacolo teatrale prodotto dalle compagnie Meridiano Zero, Teatro Tabasco, Compagnia Vaga per la regia di Laura Garau scritto e interpretato da Michele Vargiu che sta girando l'Italia raccontano la vicenda del Gruppo Femminile Calcistico milanese

                                     di    Francesca Mulas


“Si può essere signorine per bene e da casa e praticare al puro scopo ginnasstico lo sport del calcio”. Così la giovane milanese Losanna Stringaro difendeva novant'anni fa, sulle pagine del quotidiano Il Littorio, il suo Gruppo Femminile Calciatrici, la prima squadra di calcio femminile nata in Italia. L'esperimento, come lo chiamarono le stesse fondatrici, durò poco meno di un anno ma rivoluzionò per sempre la visione dello sport italiano e fu una preziosa prova di coraggio e libertà nel tempo in cui il fascismo imponeva la sua visione autoritaria e oppressiva sulle donne.





La storia, ancora poco nota, è stata ben raccontata dalla giornalista Federica Seneghini che tre anni fa ha dato alle stampe per le edizioni Solferino "Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il duce", un saggio che ripercorre la vicenda di Rosetta, Giovanna, Marta, Elena e le altre donne coraggiose che, appassionate di calcio, scelsero di dare vita a una squadra tutta al femminile sfidando i pregiudizi e gli stereotipi che volevano le donne chiuse in casa mentre gli uomini si occupavano di politica, cultura, lavoro e sport.

 Oggi quello stesso incredibile coraggio è al centro di "Le fuorigioco", spettacolo teatrale prodotto dalle compagnie Meridiano Zero, Teatro Tabasco, Compagnia Vaga per la regia di Laura Garau scritto e interpretato da Michele Vargiu che racconta la storia del GFC, il Gruppo Femminile Calcistico milanese nato tra il 1932 e il 1933; lo spettacolo, che da mesi sta girando il Paese, andrà in scena il prossimo 23 giugno a Sestu, provincia di Cagliari, per il festival “Storie di donne, donne e la storia”.



                                 L'attore Michele Vargiu nello spettacolo "Le fuorigioco"

Era l'autunno del 1932 quando un gruppo di ragazze fondò la squadra per sole donne. Nonostante allora questo sport fosse roba da uomini, le intenzioni delle giovani erano serissime: crearono un programma con regole ben precise e lo inviarono a tutti i giornali perché lo pubblicassero, con l'obiettivo di cercare altre donne interessate a entrare in squadra. Il gioco era diverso da quello maschile: le partite erano divise in due tempi da 15 minuti l'uno, si calciava rasoterra e il pallone era "poco più grande di una palla di gomma, di quelle con cui giocano i bambini". Insieme alla nota stampa le "tifosine", come loro stesse si chiamavano, allegarono anche una foto di gruppo realizzata in uno studio fotografico.
Il 26 marzo 1933, davanti a un pubblico di parenti e amiche, ci fu il primo allenamento della squadra, mentre a fine maggio il giornale "Il Calcio Illustrato", l'unico che prese sul serio l'idea e diede spazio alle notizie del GFC, dedicò un'ampio spazio a interviste, commenti, opinioni intitolato "Un'ora con le calciatrici milanesi". Il giornalista notò un gioco piuttosto lento, scarsa abilità e parecchia inesperienza, tuttavia il suo era un punto di vista finalmente serio a fronte di tanti commentatori sarcastici, e sottolineava "poca agilità in corsa, cadute che erano dei crolli, assenza di dribbling, abuso del colpo di punta al pallone, pochissimi i colpi di testa e gli shoots" nel gioco delle ragazze, come riporta lo studioso Marco Giani nell'articolo "'Amo moltissimo il giuoco del calcio'. Storia e retorica del primo esperimento di calcio femminile in Italia" pubblicato nella rivista La Camera Blu del 2017. "Costituiamo una famiglia sempre in aumento, ci vogliamo bene, e continueremo", così Losanna Stringaro al giornalista de Il Calcio illustrato.



Arrivava nel frattempo l'autorizzazione al gioco da parte di Leandro Arpinati, che in quei mesi presiedeva il Coni e la Figc, a patto però che le ragazze giocassero a porte chiuse; le calciatrici furono costrette a chiedere un certificato medico a Nicola Pende, direttore dell’Istituto di biotipologia individuale e ortogenesi di Genova, allora considerato tra i medici più autorevoli dal fascismo, che diede il suo consenso: "Io credo che dal lato medico - scrisse - nessun danno può venire né alla linea estetica del corpo, né allo statico degli organi addominali femminili e sessuali in ispecie, da un gioco del calcio razionalizzato e non mirante a campionato, che richiede sforzi di esagerazioni di movimenti muscolari, sempre dannosi all’organismo femminile. Giuoco del calcio dunque, sì, ma per puro diletto e con moderazione!".
Conquistato il sì dalle autorità politiche e sanitarie, non restava alle ragazze che giocare: la prima partita ufficiale si disputò l'11 giugno 1933 nel campo milanese Paolo Filzi tra le milanesi "G.S. Ambrosiano" e il "G.S, Cinzano" che conquistò la vittoria con una rete a zero su gol di Mina Bolzoni; sugli spalti, un migliaio di persone. Pochi mesi dopo Leandro Arpinati lasciò la presidenza del Coni e il suo posto venne occupato da Achille Starace, gerarca fascista e uomo meno incline alle sperimentazioni rispetto al suo predecessore, che impose la fine del Gfc suggerendo altri sport "più consoni" al genere femminile.
L'esperienza di Elena Cappella, la più piccola della squadra ad appena 14 anni, Giovanna, Gina, Rosetta e Marta Boccalini, Losanna Stringaro, Brunilde Amodeo, Maria Lucchese e le altre giovani coraggiose si concluse così. Se le partite erano terminate restava invece eterno l'esempio del gruppo di coraggiose che scelsero di rompere gli stereotipi e mostrare al Paese che le donne potevano liberarsi dal ruolo di angeli del focolare e cercare divertimento e libertà in un campo sportivo. A queste donne pochi anni fa il Comune di Milano ha intitolato una strada nella zona di Parco Sempione.

3.2.23

Letizia, 17 anni e già regista: «Il teatro è il mio mondo»

 nuova sardegna  1\2\2023 

                                             Silvia  Sanna

Studentessa al Classico di Olbia, ha portato in scena due spettacoli. Gli attori sono ragazzini, il palco aiuta a superare insicurezze e paure



 Ipnotizzata di fronte ai capolavori di Alfred Hitchcock e Stanley Kubrick, affascinata da Tim Burton all’età in cui il massimo della trasgressione sono solitamente Pollon e i
Simpson. Immersa nella lettura della storia del cinema e del teatro, volumi su volumi accatastati in cameretta e infilati nello zaino della scuola. E poi occhi sgranati e bocca spalancata per cogliere i dettagli nei racconti della mamma Maria Grazia, che prima di diventare insegnante alle scuole medie, ha lavorato a lungo nei più grandi teatri italiani come costumista e scenografa, al fianco di maestri come Luca Ronconi ed Ettore Scola.
Si dice che la mela non cada mai lontano dall’albero e Letizia Loi è la dimostrazione di quanto questo proverbio contenga una grande verità: «Sono cresciuta a pane e arte – racconta – ho ereditato l’enorme passione di mia madre e sin da piccola accarezzo il sogno di ritagliarmi un ruolo in quel mondo». Diciassette anni, studentessa al penultimo anno del Liceo Classico Gramsci di Olbia , 10 fisso in italiano, divoratrice professionista di libri, un taccuino sempre in tasca per segnare pensieri e trasformarli in immagini sul palco:


Letizia Loi sul palco dopo lo spettacolo portato in scena al Cineteatro di Olbia


 Letizia Loi vuole diventare una regista di teatro ma in realtà lo è già perché due spettacoli da lei scritti e diretti sono andati in scena e un terzo è quasi pronto. «Il teatro, perché dà emozioni uniche. E ogni replica è una prima, perché è uguale ma diversa da tutte le altre».

L’infanzia e la passione Non c’è un momento d’inizio, Letizia non riesce a ricordare quando il suo sogno ha iniziato a prendere forma. «La passione è nata con me, perché l’ho respirata grazie a mia madre e ai suoi racconti che ascoltavo incantata. Da piccolissima ho iniziato a guardare film, a studiare la storia del cinema e dei grandi autori. E a scrivere, perché mi è piaciuto da subito, dalla scuola elementare». E non ha mai smesso, con una costanza e un rigore ereditato dal padre Massimo, militare di professione. Nonostante gli sguardi perplessi dei compagni di scuola di fronte ai suoi interessi “non convenzionali”: «Alle elementari e alle Medie ho frequentato a Padru, dove vivo, con la stessa classe. A tanti compagni non sono mai andata a genio. Forse mi consideravano strana, diversa da loro. Bullismo? Non so se definirlo così, di sicuro però non mi sono mai fatta condizionare e sono andata avanti, focalizzata sul mio obiettivo. Grazie soprattutto ai miei genitori che non hanno mai smesso di incoraggiarmi e sostenermi».

Bullismo o no, c’è tanto dell’infanzia di Letizia nel primo testo scritto per il teatro: si chiama “Forte come un leone” e racconta la storia di Leonardo, un ragazzino alle prese con i bulli. «L’ho scritto quando ero in terza media – racconta Letizia – ma all’inizio non ha avuto molta fortuna. L’ho tenuto in un cassetto sino a un paio di anni fa quando è stata mia madre a chiedermi di tirarlo fuori». Maria Grazia, insegnante di arte e immagine alle medie, organizza corsi di teatro per i suoi studenti. Perché la passione non muore mai.




In scena Letizia per curiosità ha deciso di accompagnare la madre ai corsi «ed è successo qualcosa di inaspettato. Con i ragazzi della media Diaz di Olbia è scattata una intesa fantastica, abbiamo parlato, ci siamo confrontati, mi è venuta una voglia immensa di lavorare insieme». E loro, studenti di 13-14 anni, sono diventati gli attori dello spettacolo “Forte come un leone” andato in scena già parecchie volte al Cineteatro di Olbia, sempre tra gli applausi. E poi, più recente, ecco “La Rosa di Dio”, testo teatrale incentrato sulla figura di Suor Giuseppina Demuro (Rosina), religiosa di Lanusei che a rischio della propria vita salvò molte persone, soprattutto donne e bambini, dalla furia nazista nel carcere Le Nuove di Torino. «Sono venuta a conoscenza della sua storia nel 2021, durante un viaggio a Torino. Mi ha colpito moltissimo. Al rientro a casa ho scritto un monologo che poi ho trasformato in un testo teatrale». Anche in questo caso gli attori scelti sono giovanissimi: «Compagni di scuola del Liceo, della mia e di altre classi. Siamo andati in scena qualche giorno fa a Olbia, a scuola e poi in teatro. E poi siamo stati invitati a Ittiri, dal responsabile di Mab teatro Daniele Monachella. Bello, emozionante».

I progetti C’è tanto in programma nella testa di questa ragazza vulcanica che dopo la maturità pensa di iscriversi in Lettere, frequentare corsi di teatro, studiare, specializzarsi e continuare a scrivere. «Con i ragazzi siamo quasi pronti, il mio terzo testo ci aspetta: tratta della dipendendenza da videogiochi. Gli spunti vengono fuori dal dialogo con loro, mi raccontano storie, si aprono. Vogliono affrontare argomenti “difficili” come il bullismo, i disturbi alimentari, la disforia di genere, il body shaming. Lo facciamo insieme, e questo aiuta a superare le paure».

13.2.17

l pianista sfida il robot a suon di Mozart e Chopin



almeno fin ora , in un futuro chissà , un robot musicale ( potrà anche vincere ) non può sostituire in campo artistico un umano Infatti lo si è visto nella "Sfida alla tastiera" tenuta al Teatro Bibiena fra TeoTronico pianista robot dotato di 53 dita ed in grado di riprodurre fedelmente qualsiasi file midi su un normale pianoforte acustico e Roberto Prosseda, pianista… umano. 



Tenzone avvenuta A colpi di Mozart, Chopin ed altri grandi compositori classici e romantici, i due hanno dato vita a un pacifico duello, innescando una dialettica avvincente tra lettura asettica e letterale proposta dal robot e interpretazione affidata qui a una pianista sopraffino come Roberto Prosseda.


25.3.14

ELEPHANT MAN di Luigi Marinelli "Io non sono un animale! Sono un essere umano! Sono ... un ... uomo" (J.Merrick).

Domenica scorsa che ho visto ,anche se con il mal di testa e gli occhi chiusi per non piangere Facebook emoticon Pianto talmente era tristeFacebook emoticon Triste e malinconica ,Elephant Man di Luigi Marinelli .L'opera teatrale è tratta dall'omonimo racconto di Frederick Treves  è stupenda. 

"Io non sono un animale! Sono un essere umano! Sono ... un ... uomo" (J.Merrick). 

Uno spettacolo come dice il sito di http://www.romeguide.it/?pag=schedaspettacolonew&id=16094 ,sull'umanità, la dignità  e il dolore che si nasconde sotto una maschera mostruosa. 
The Elephant Man non è soltanto un capolavoro della cinematografia firmato da David Lynch. E' soprattutto un racconto perfetto, quasi in presa diretta, di un giovane chirurgo, Frederick Treves, che salva l'Uomo Elefante, al secolo Jospeh Merrick, dalle torture dei freak show della Londra di fine Ottocento. 
In un momento storico come quello attuale in cui l'estetica del corpo, della "bellezza a tutti i costi", sono divenuti un motivo perpetuo e ossessivo, non senza conseguenze finanche drammatiche (si pensi ai danni provocati dalla chirurgia estetica o a patologie impulsive e compulsive letali come la bulimia e l'anoressia), portare sulla scena una storia d'amicizia tra un brillante e ambizioso chirurgo e un "mostro apparente", capace però di regalare agli altri un universo di poesia e bellezza, significa sovvertire il putrido sistema di vuote apparenze, di fasulle perfezioni, di oscene ostentazioni artificiali a cui siamo ormai assuefatti. 

Confermo quanto riporto dall'articolo della nuova sardegna citato nel blog più precisamente qui

Ottimo cast mi aspettavo di vedere "all'opera " Liotti ma l'ottimo Giorgio Lupano lo ha sostituito sublimemente .Brave Ivana Monti e Deborah Caprioglio soprattutto quest'ultima da me conosciuta solo per le apparizioni e partecipazioni televisive . 
commenti entusiasti sulla  pagina di facebook dello spettacolo di Elephant Man in particolare 
Elena Altamura
Spettacolo grandioso, bellissimo, uno dei più belli che io abbia visto. Emozionante, coinvolgente, davvero tutti meravigliosi!! Grazie per tutte le emozioni che mi avete regalato Facebook emoticon Felice 

Lo so che il tema non è  originale , ma << ... il fatto è che s'invenra niente di nuovo da 2 mila anni . Si rimescolano solo le carte . Ed ogni volta  viene unaxmano >> a volte con successo, a volte senza << Ma in fondo il mazzo è sempre lo stesso (...) :L'importante è non perdere la voglia di giocare >>* 
* da Martin Mystere n°318




21.3.14

Parla Giorgio Lupano, protagonista della pièce Oggi e domani a Sassari e domenica a Tempio “Elephant Man” La consapevolezza di essere un uomo

sembra  bello   . Ed  interessante  . Alemo da quel che  dice la  nuova sardegna del  21\4\2014

di Roberta Sanna 

SASSARI Sarà oggi e domani (ore 21) al Comunale e domenica a Tempio “Elephant Man”, spettacolo di Giancarlo Marinelli. Ne parliamo con Giorgio Lupano, nella scena Joseph Merrick, affetto da una malattia deformante e realmente vissuto nell’Inghilterra vittoriana. «Lo spettacolo racconta – dice l’attore – l’umanità di Merrick, la lenta acquisizione di questa consapevolezza. Fino ad allora aveva accettato la condizione di “uomo elefante” con rassegnazione, trattato come un fenomeno da baraccone mai da essere umano. Grazie all’aiuto del personale dell’ospedale, l’amore e l’amicizia - il dottore e sua
moglie, Rosario Coppolino e Deborah Caprioglio, e la capoinfermiera, Ivana Monti, riacquista la sua identità di uomo». Perché può interessare lo spettatore odierno? «Oggi siamo esposti ad altri tipi di esibizione:la ricerca spasmodica della bellezza, la forma fisica a tutti i costi, l’omologazione a canoni imposti di bellezza. Questa è una chiave di lettura. Dire che siamo persone e non conta l’aspetto, sembra banalità, ma nei più giovani non attecchisce. In America le ragazzine chiedono le protesi al seno per il compleanno. È un modo per diventare bellezze da baraccone». È un limite recitare con una maschera? « In teatro il volto conta meno che al cinema. Conta più il corpo, come occupiamo lo spazio o usiamo la
voce. Qui anche quella è deformata. Ma anche così posso dare la mia personale interpretazione. Sarò più chiaro: prima di me c’era Daniele Liotti e nonostante indossiamo la stessa maschera e lo stesso costume siamo due Merrick molto diversi. Capaci di dare a questa fissità del volto e della postura un carattere, una personalità precisa. Certo è una bella sfida. Appena me lo hanno proposto ho pensato: quando mi ricapita un personaggio così? C’era il timore di una storia che parla di deformità fisica, tema su cui non si può essere superficiali, e dall’altra parte una sfida, perché recitando con la maschera, la postura e la voce deformate, dovevo far emergere l’umanità. Ora so che chi viene a teatro dimentica la maschera e sta ad ascoltare l’autoironia che viene fuori, la tenerezza e a volte la cattiveria, fino a scoprire la persona che c’è dietro».


1.12.09

Scusate, Signore! Da quale parte è la città dei Pazzi???

Breve nota al testo: L'inizio della piece teatrale in atto unico "La città dei pazzi" scritta da Ugo Arioti già nel 2003, ad una rilettura più attenta, con la sua ironia tragica ci riporta, ahi noi, all'attualità ... per cui uscite dai vostri gusci e, se volete trovarla, cercate Eldorado o Atzum o Samarcanda, ma attenti.....chi vi garantisce che quella è la vostra meta e se lo è.........buona lettura!  

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Fratello, cosa è per te una tenda, una scena di teatro di posa?

Vorrei darti un suggerimento per evitare che i tuoi occhi trasmettano alla tua mente il “pathos” della scena; forse dietro non c’è quello che tu pensi ora, con la tua semplicità di fumetto sopravvissuto. La luce ti inganna, fratello! Mette in risalto le ombre, le enfatizza, ti tira brutti scherzi, rendendosi complice della tua coscienza sudicia.

Amico, distruggi lo spessore che ti impedisce di giungere alla verità, l’ostacolo più difficile nasconde l’insidia e la ipocrisia organizzata per mangiarti il fegato, scegli la trasparenza e non avere paura delle ombre.

Vorrei costruire per te una scena, e tu sai, la scena è senza spessore, e farti partecipe delle ombre del giorno, prova anche tu a radere al suolo la memoria di pietra!

Prova in ogni modo, costruirai la tua immagine. Trasmettila agli altri, ma sappi che tutto questo per te adesso è nebbia.

Sognare, e sognare ancora, fino al punto di pensare di avere certe situazioni e ti sembra quasi reale la maniera con la quale si svolgono i fatti, vedi cose mai viste…eppure le vedi. É un intreccio di creazioni ondeggianti, quasi fumanti e sfumate; non riesci a percepire quello che effettivamente il sogno emana con i suoi colori e le sue immagini folgoranti che cambiano, tu lo sai, secondo quello che hai provato o che provi in quell’istante e che ti viene quasi tramandato.

Non sai dove puoi arrivare e quando ti svegli, anche se riesci a spiegarti in parte le sensazioni provate, hai quasi dimenticato del tutto il sogno, ti resta soltanto l’illusione.

Ecco di fronte a te la realtà.

Viaggiare attraverso i ricordi spesso ti porta in una stanza piena di nebbia, e corri, come un bambino, alla ricerca di una sicurezza. Ma non trovi la mano di tua madre.

Io sarò per te nebbia e ti avvolgerò per non farti vedere il tempo che, complice degli specchi, ti ha fatto invecchiare….

Ho costruito un tempio per il tuo oblio e tu non lo vedrai se non quando troverai la strada che porta alla città dei pazzi …

Guarda intorno a te e cerca la luce.

Che sensazione meravigliosa quella di vivere in un luogo che al tuo apparire ti offre, quasi per incanto, perché riconosciuta, la libertà di muoverti spontaneamente, quasi conoscessi già quei luoghi.

Ci sei.

Ci vivi.

E intorno a te.

Personaggi di giorno e personaggi notturni, anime, desideri, astrazioni, sogni, tutto si muove intorno a te … la follia del sogno che rinnova la speranza di essere sempre capaci di superare il giorno e trovare ancora un’altra città dei pazzi.

Siediti e ascolta.

8.9.08

E' ANDATA ALAL GRANDE ESPERIMENTO RIUSCITO





Miei cari amati amici blogger. Come state? .. Io benissimo. Sono davvero felice perchè la mia follia è risultata ottima a detta degli esperti. Vengo ad esplicare:


Mercoledì scorso sono stata invitata a presentare il mio libro. "Prendimi e Uccidimi" nella mitica manifestazione del "Fontanone Estate2008" giunta ormai alla XIII edizione nel prestigioso ambito dell'estate romana.



Potete leggere tutto il programma qui: http://www.fontanone.it  (spulciando nel sito al giorno 3 appare la mia locandina) che si concluderà il 14 settembre, vi consiglio vivamente di andare a vedere almeno uno spettacolo.



Da sempre, in quel bellissimo palco all'aperto con affaccio sulla famosa fontana Dell'Acqua Paola, al Parco Della Rimembranza (Gianicolo), vengono ad esibirsi affermati gruppi musicali, attori di teatro di nota fama,(uno per tutti: Arnoldo Foà) affabulatori, fini lettori ed interpreti di poesie e racconti noti, istrioni di ogni tipo e genere, ballerini e perfomer di vario tipo, insomma tutto ciò che fa spettacolo e chi fa spettacolo nel vero senso della parola, "artisti". (veline, vallette, tronisti, uomini e donne, opinionisti,cacciatrici e cacciatori di farfalle varie o mosconi, falsi personaggi, tuttologi, presenzialisti inutili e quant'altro di peggio si vede ogni giorno in tv, sono  rigorosamente banditi dal fontanone),



Ma non avevano mai "aperto" alle presentazioni letterarie. Quest'anno i mitici e storici direttori artistici del Fontanone: Enzo Aronica,M.Luisa Bigai e Riccardo Barbera, hanno deciso d'inserire anche altro: "AMORI E CRIMINI" al femminile,(solo il 3) al quale ho partecipato. Intervista, lettura e presentazione del mio thriller a cura di Cristina Cellini.



Ed ecco dove arriva la mia follia. Stanca di rappresentarlo sempre nello stesso modo ormai da otto mesi, (intervista, introduzione racconto e breve biografia, domande sulla storia, progetti futuri ed infine la lettura di un brano da parte di un attore o attrice),



chiedo al direttivo se posso "muovermi in modo diverso" mi danno carta bianca, felice inizio a svolgere e a scrivere la regia della serata. Ho meno di un'ora a disposizione e nessuna intenzione di annoiare il pubblico pagante (non lo sapevo è stata la prima volta nella mia vita, come in un vero teatro) che verrà a vedermi.



Il palco non è grande ed è tutto all'aperto, mentre i posti a sedere sono come quelli di un vero teatro. L'emozione è fortissima e la tentazione di far spettacolo anche. Scrivo e preparo tutto la notte precedente, senza dormire praticamente mai. Chiamo a raccolta cinque attori doc per realizzare la mia idea, attori che mi cambiano continuamente per impossibilità lavorative fino a poche ore prima dello spettacolo e l'ansia sale a mille.



Siamo tutti lì un ora prima dell'arrivo del pubblico, ma nella locandina appesa fuori dal teatro è rimasta, per impossibilità di tempo, la foto di un attore che è stato sostituito da un altro. Voglio subito fare le prove di movimento, battute ecc,ma non è possibile perchè il tecnico deve prima impostare i microfoni e vedere se funzionano. Ok, però se non vi dico come ci muoveremo sul palco e dove andremo a sederci è tutto inutile, no?.



Finalmente posso "dirigere" l'orchestra. I miei amici attori erano convinti di dover leggere un brano a turno in un momento preciso della serata e invece io cosa gli combino? ... Tiro fuori 6 copioncini con didascalie, battute, movimenti e reazioni, tempi e tutto insomma per realizzare una performance tra il teatrale, il cinematografico e la lettura, di una situazione scelta dal libro da rappresentare recitando.



Mi guardano come avessero visto un marziano ballare sulle punte insieme alla Fracci. Gli spiego tutto, il tempo stringe, accettano perchè sono dei grandi amici e non solo bravi attori, e  quindi si buttano nella mischia assieme a me.



Le scenografie delimitate da due bellissimi quadri del mio amico Claudio Angeloni.



Gli attori sono: Cinzia Carrea nel ruolo di: "Valeria Majano", Maurizio Matteo Merli è: "Stefano De Bei" Cristina Cellini (e dove scappava pure lei certo) è:la madre 70enne di Stefano, "Giulia De Bei", Nicola Canonico è: "Gabriele Doria". E dulcis in fundu .... Fon Fragassen in arte Claudio Fragasso, che si presta a farmi lo speaker televisivo oltre al televisore stesso da scenografia. Bisogna mimare ogni gesto, c'è solo un tavolo sul palco con delle sedie. Quindi ad un mio gesto preciso e coordinato, "Stefano- Merli" spegnerà la tv impersonata da Fragasso-speaker con un gesto della mano. Cristina-Giulia entrerà in scena  fingendo di avere in  mano un vassoio ricolmo di gnocchi fumanti. Mentre ad una battuta precisa di Stefano.Merli, Cristina.Giulia farà finta di uscire di scena allontanandosi.



La situazione, per chi ha letto il libro è quella del pranzo con gli gnocchi a casa di Giulia e Stefano De Bei.(pag,116 capitolo XLII)



Tutto è pronto, si va in scena .... Inizio: sedute dietro al tavolo Cristina m'intervista con delle domande preparate da me la sera prima. La cosa è carina e mai noiosa. Nasce una dissertazione amicale e divertente che poi si fa seria quando affronto la tematica dello studio criminale sulle menti dei serial killer. (il pubblico è coperto dal buio in sala i riflettori mi accecano e la paura svanisce, perchè non li vedo)



Finita l'intervista ci alziamo, e come da copione chiamo a salire sul palco i "miei" attori, li presento al pubblico, do la parte ad ognuno di loro, e mentre iniziano a studiarsela, spiego al pubblico cosa sta per accadere e in che punto del libro ci troviamo. Ognuno raggiunge la sua postazione, sistemo la scena in diretta, dando il via con il classico "Azione". Tutto fila a meraviglia e sul finire dell'ultima battuta, blocco il tutto gridando "Stop"  poi rivolta al pubblico aggiungo : "Se volete sapere come va a finire la storia leggetevi il libro".



Ecco com'è andata. Applausi e tutto il resto. Credo che mercoledì sia nato un nuovo modo di presentare un libro, miscelando recitazione e rappresentazione teatrale con quella cinematografica. Il tutto è durato meno di 45 minuti, la gente si è divertita, sorpresa, ed  ha seguito con vivo interesse l'unico punto del racconto che è anche commedia e non solo adrenalina. Non ho tolto spazio a chi veniva dopo nè pubblico, nessuno è scappato via, dopo invece si, ma questa è un'altra storia.



Voglio ringraziare anche tutti gli amici di myspace che sono venuti facendomi un gran bel regalo, adesso non siamo più virtuali.



Ora ilfilmato completo della serata non ce l'ho perchè non ho potuto riprendere in quanto ne facevo parte, ma Enzo Aronica l'ha fatto e a breve lo metterà su youtube, però ho ripreso la cena svolta tra tutti i partecipanti, meno Cinzia Carrea che è dovuta scappare a casa. La qualità audio e video è la solita del mio cellulare ed io sono decisamente su di giri, finalmente rilassata e un pò brilla, ma non di vino, solo di pura felicità.



Un bacione a tutti voi e buon INIZIO settimana. Rossella







16.6.08

"orfeo9 " per sempre . intervista con Fabio Sanna



 

Fabio Sanna , il 26 giugno prossimo tu e la tua compagnia teatrale, Le Strane Felci , vi esibirete a Roma, alla Stazione Birra , per un Tributo a Orfeo 9 [cfr. la locandina a lato]. Prima di presentare il lavoro, vuoi raccontarci qualcosa di te? 


- Non sto mai fermo: sono cantante, musicista, attore, imitatore, grafico, web designer ... e, per completare il tutto, mi onoro di esser stato prima allievo e poi braccio destro del M° Nora Orlandi. Eclettiche le mie esperienze musicali: Battisti, Beatles, Renato Zero, Wilson Pickett, il rock progressive (soprattutto italiano), l'hard rock (Kiss, Black Sabbath, Deep Purple) e molti altri.
- E la Compagnia? Avete un repertorio particolare?

- La Compagnia esiste dal dicembre 2005, ma si tentò di portare in scena Orfeo già nel 2002. La maggior parte dei componenti della Compagnia ha progetti paralleli ma al momento ci stiamo dedicando esclusivamente a questo, che necessita di molte risorse tecniche.








Fabio Sanna (a sinistra) con Fabio Privitera, nei ruoli del Venditore di Felicità e di Orfeo.


 





 



- La prima opera rock della storia, ancor prima del leggendario Tommy degli Who...
- Eh sì. Lo spettacolo originale andò in scena nel gennaio 1970, quindi venne interamente composto l'anno precedente. Seguì poi il film e il disco. Tito Schipa jr. , autore e protagonista [assieme a Renato Zero, Loredana Berté, Tullio De Piscopo, Edoardo Nevola, Santino Rocchetti, Bill Conti, Ronnie Jones e tanti altri, n.d.A.] si è dimostrato un precursore: certe idee, suoni ed esperimenti, soprattutto in Italia, non esistevano. Il suo è stato un rischio, una sfida.
-Ma cosa s'intende, in realtà, col termine "opera rock"? Quali le differenze col musical ?
Innanzitutto la struttura è prettamente operistica, con riprese, temi, leit motiv. Nel caso di  Orfeo 9 , Tre note , Il tema dell'alba , Il tema d'amore . Poi, come nell'opera, il dialogo è - per la maggior parte - cantato: raramente vi si incontrano parti recitate. Io considero opere rock solo Jesus Christ Superstar , Tommy e appunto Orfeo 9 , ma è anche grazie agli altri lavori che il pubblico sta tornando ad interessarsi del teatro musicale. che ogni tanto tornano o vengono "citati" in altre canzoni. 







- Ecco, il pubblico. Orfeo riscuote successo tra i giovani?      Urca! Il 99% delle persone che ho contattato in questi anni non conosceva l'opera, ma l'hanno adorata immediatamente. Esistono "orfeomani" in tutta Italia ed anche all'estero. Da quel che so se ne trovano molti a Torino, Napoli, ovviamente Roma... Un disco che a distanza di 35 anni è ancora in catalogo e continua a vendere nonostate la censura che ha dovuto subire è un vero e proprio cult! Quanto a noi lo abbiamo arrangiato per formazione rock con l'esperienza e la conoscenza che in trentotto anni i musicisti hanno dato e recepito. Per il resto Orfeo 9 è senza tempo, strutturalmente abbiamo dovuto cambiare poco o nulla, certo abbiamo evitato alcune ingenuità della versione teatrale e la "maestosità" della versione disco film... ecco... siamo l'esatta via di mezzo tra la versione teatrale e il disco! Che modesti, eh? [risate] .


- Un'opera senza tempo. Di qui la tua passione?

- La passione nasce dal fatto che Orfeo 9 è meraviglioso! Mio fratello portò a casa il disco, dove partecipavan o alcuni amici  Piper. Beh, all'inizio quella copertina con gli occhi dipinti e l' Ouverture così drammatica, da film dell'orrore, mi terrorizzava (avevo otto anni), ma un paio d'anni dopo lo trasmisero in tv in seconda serata, sul secondo canale. Mi incuriosì, andai a ripescare il disco e piano piano me ne innamorai. Poi lo persi di vista. Negli anni trovai, grazie ad amici zerofolli, qualche spezzone del film qui e là ed infine, nel '99, uscì la versione su cd. Lo ascoltai quasi maniacalmente sino a che non decisi di riportarlo in scena.


- Schipa vi conosce?                                                                    - Collaboro con lui dal 2001 e ci scambiamo informazioni informatico-musicali: dove io sono quello bravo con il computer e lui quello bravo con la musica, ma da un po' di tempo in qua ci stiamo scambiando i ruoli. Tito è notevolmente migliorato in informatica e io riesco a eseguire il giro di DO con la chitarra più velocemente. Incontro ancora qualche difficoltà coi barré.
 - Cosa pensa del vostro lavoro?
- Ne sa poco o nulla: questo è il mio progetto e voglio che resti tale. Se Tito vorrà riproporre il suo Orfeo 9 lo farà quando, come, dove e con chi lo riterrà opportuno. Noi non possiamo che ringraziarlo eternamente per il permesso accordatoci.

  - Hai citato più volte Renato Zero, che nel film ricopriva l'importante ruolo del Venditore di felicità, antagonista di Orfeo-Schipa...A dire il vero volevo il ruolo della Chiromante, è una delle canzoni più belle, ma non me l'hanno permesso i ragazzi della Compagnia. Ho sempre preferito ruoli da antagonista o da villain (come si dice negli StatiUniti) e una parte così non poteva che essere mia, oltretutto il mio tipo di voce potente mal si adattava ad altri ruoli come quello di Orfeo (che è giovane) o del Vivandiere, dove è richiesto un registro da tenore leggero. Poi, ammettiamolo, è un ruolo magnifico che mi permette di giocare con trucchi, maschere, ecc.; non può essere altrimenti per uno cresciuto con i Kiss e Renato: è colpa loro! È sempre affascinante interpretare il male.












 





Nella copertina di Orfeo 9 del 1979 comparivano il nome e l'immagine di Renato Zero, precedentemente censurati












- So che hai informato Renato dell'allestimento, che l'hai trovato educato e gentile, ma hai avuto una sensazione di sostanziale disinteresse da parte sua..
Beh, che un artista del calibro di Renato non si preoccupi dell'allestimento di un'opera da parte di una Compagnia piccola come la nostra, fa parte del gioco. Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta frequentava il Piper con i miei fratelli maggiori, e qualche volta è venuto a casa nostra.


- Due ultime domande: che tipo di locale è la Stazione Birra?




- Bello, spazioso, con dell'ottima birra [risate] , un eccellente impianto e un direttore artistico ( Dante Colavecchi ) che, per amore della musica, di Orfeo 9 (ma anche perché gli sistemo il computer...), ha accettato la nostra scommessa.



- E se un giovane d'oggi volesse intraprendere la carriera di attore/cantante/showman?...




- Il giovane in questione, oltre alla voglia, dovrebbe possedere doti quali l'impegno, lo studio, la dedizione e, soprattutto, l'umiltà. Solo così si creano le "possibilità" per affermarsi, nel lavoro come nella vita.

















11.2.07

Senza titolo 1627

Ieri  notte  prima d'uscire  in giro facendo zapping fra repliche  e menate varie  sia rai che merdaset ops  mediaset   sono capito,  ahime  sul  programma   E io pago.  di  Canale 5 . Lo so che,excusatio non petita,dovrei essere coerente  con quanto  scrivo nei miei   post  contro la tv spazzatura ed evitare di vedere  simili rifiuti   .  Ma Il fatto  è  che  non sempre  ci si riesce  e  poi   mi sono  incuriosito  ( visto  alcuni stralci di tale satira   a  blob  una  delle  poche  cose   guardabili in tv  ad orari decenti  )  e  per  vedere se con gli anni  , visto che da bambino  ero costretto a vederlo   per non offendere i miei nonni , fosse migliorato  o peggiorato.
Ma non  ho resisto  se non più di  5 minuti   giusto il   tempo  per   d'accorgermi i   del loro peggioramento  e che  è  sempre  la stessa minestra ovvero  la comicità grossolona  e ormai logora  e servile   . Riporto qui una cronca  fatta da  blogfridens : <<   Ennesima gag con Romano Prodi. Entra in scena la famiglia media italiana rappresentata da tre ridicoli straccioni i quali lamentano che per aver dovuto pagare le migliaia di tasse imposte dal governo non hanno potuto saldare il conto con i padroni del sotto ponte dove vivono, e per questo sono stati minacciati e cacciati anche da lì. Un Prodi rincretinito si chiede chi sono mai i padroni di questo sotto ponte visto che i sotto ponti sono luogo pubblico. A questo punto entrano in scena trionfanti due zingari che, in uno stentato spagnolo, dicono grazie al presidente Prodi perchè da quando è al governo ha ridotto sul lastrico le persone costringendole a vivere sotto i ponti, facendo guadagnare loro che controllano quelle zone. Dopo originali [ più o meno ] battute, i due escono tra le risate finte urlando: "Hasta siempre presidente!". Se a questa scena, aggiungiamo : - le ripetute prese in giro indirizzate agli omosessuali, - la ridicolizzazione della guardia di finanza .,  - la difesa degli evasori fiscali, abbiamo lo spessore della nostra televisione e di quella che, da noi, viene giudicata "satira" >>  quando  in realtà e solo pattume\ spazzatura   metaforicamente parlando . Ormai  e dal 1992  ( qui i precedenti spettacoli  ) non fà  più ridere neppure  mia  nonna di  93  anni     e solo qualunquismo  allo stato puro  ovvero quello che sconfina nela cosidetta  satira  padronale  . Infatti   mentre  nele precedenti  satire  riusciva  ad  alternare aspetti conservatori  con  aspetti progressisti  e  il qualunquismo  era  un poì tenue   e si respirava  un po'  di  libertà  . Quindi   sarebbe meglio  se si prendessero un poì  di riposo e   tornassero a fare  satira ( quella vera  )  a 360° gradi  coem  stanno facendo   Cocchi e renato  su  Rai II   o la  Giallapas  ( mai dire  goal  e mai dire Grande  fratello ) o Zeling (  anche  se ormai  ha un po' stancato  , non perchè non faccia ridere , ma  perchè  sempre  gli stessi comici  e stesse facce  )   alternando  comicità  pura  a comicità grossolana  da quattro soldi  e filo governativo   .

14.2.06

Senza titolo 1131

per chi  è  della  zona  e  non solo   segnalo questa iniziativa


Venerdì 17 Febbraio 2006 ore 21:30


Trittico Ironico, Viale Sardegna 35/b – Nuoro


Mascherada
I delitti della Rue Morgue di E.A. Poe
Reading musicale in due atti


 


 


Fabrizio Podda – voce recitante


Daniele Pasini – flauto barocco, flauto traverso, flauti dritti


Andrea Congia – chitarra baritono


Marco Spanu – basso senza tasti


Antonio Pinna – violoncello, idiofoni, percussioni


 


 


Venerdì 17 Febbraio 2006 alle ore 21:30 vi sarà l’esordio del progetto artistico-musicale Mascherada presso il caffè letterario Trittico Ironico di Nuoro.


Durante la serata sarà presentata la lettura musicata dal vivo de I delitti della Rue Morgue dello scrittore americano Edgar Allan Poe.
Un racconto poliziesco, nel quale una Parigi ottocentesca dalle tinte fortemente scure e notturne fa da sfondo a un delitto sanguinoso apparentemente insolubile e ad una indagine che è entrata nella storia della letteratura come l’archetipo del giallo.
Il testo presenta suggestioni “contemporanee”, in primo luogo la profetica visione del Melting Pot Globale, del cavalcante crogiuolo delle culture e delle etnie in dialogo/scontro, delle lingue che non si comprendono all’ombra dell’Ignoto e dell’Ignoranza più larga e diffusa possibile; in secondo luogo l’approccio sintetico all’oggetto della mente investigativa, l’approccio intuitivo, quasi pubblicitario, al rapporto tra soggetto/oggetto, ormai tipico della nostra età, la quale ruota più sulla visione istantanea che sull’analisi e sull’approfondimento.
L’obiettivo diviene comprendere lo squillante barlume della Superficialità, ovvero dell’Apparire, una delle dimensioni della Verità, la dimensione più spesso sottovalutata poiché prima facie presunta scontata; Poe da un forte stimolo in tal senso, pur controllando perfettamente la trama e pur avendo nella sua mano tutti i fili del discorso e degli eventi, dipinge l’Essere come Veste, come Cornice, come Manifestazione, come Epifania, e in questo totale culto del perimetro si rivela Autore Profondo.


 


Per informazioni:


 


Andrea Congia - Mascherada


Tel/Fax: 070 666 808


Cell: 3286481105


E-mail: casadisuonieracconti@yahoo.it


 


Trittico Ironico


Tel: 0784 37 530


E-mail: tritticolibreria@tiscali.it

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