visto che i media parlano solo di lei o se parlano di lui lo fanno faziosamente e strumentalmente . ho cercato in rete qualcosa su la vittima ed ho trovato un sito obbiettivo non ricordo la fonte perchè è avvenuto tramite msn
Tirreno e La Nazione, dal suo arrivo in Italia la sua non era stata un’esistenza semplice. Senza fissa dimora, aveva girovagato un po’ in tutta la Penisola prima di stabilirsi in Toscana da una decina d’anni. Anche a Milano dove sembrava poter aver trovato un lavoro stabile. “Per recarsi in Lombardia, mi chiese dei soldi per acquistare il biglietto del treno. Dopo alcune settimane, però, l’ho visto nuovamente in Darsena. Gli ho chiesto cosa fosse successo e lui mi disse che non aveva potuto accettare il lavoro perché nel frattempo gli era stata tolta la patente”, racconta don Luigi Sonnenfeld. Dopo aver ricevuto un foglio di via, nessun Paese del Maghreb lo aveva riconosciuto come suo cittadino. Lui aveva provato ad arrangiarsi dormendo qua e là e ultimamente aveva provato a racimolare qualche soldo facendo il parcheggiatore abusivo nella zona della Darsena. “Per chi lo conosceva era solo e semplicemente ‘il parcheggiatore’. Se mi si passa l’espressione, una sorta di figura storica per chi vive o lavora in questa zona della città”, dice ancora il prete. “Segnalava gli spazi liberi dove poter posteggiare gratuitamente. E in cambio chiedeva una ricompensa”, spiega ancora don Luigi. Malkoun aveva però anche qualche problema con l’alcol: diversi testimoni parlano di atteggiamenti molesti quando alzava un po’ troppo il gomito. “In genere non usava maniere forti per ottenere denaro – precisa don Luigi – ma l’approccio dipendeva anche dal suo stato psicofisico. Quando aveva bevuto, poteva anche essere aggressivo. E spesso avvenivano anche dei litigi con gli automobilisti che non accettavano le sue maniere forti”.E poi c’erano i reati, come la rapina ai danni di Cinzia Del Pino, la donna che poi lo ha inseguito e investitocon la propria auto senza dargli scampo. Viareggina proprietaria di un lido balneare, dovrà rispondere dell’omicidio. È attualmente detenuta nel carcere Don Bosco.
Ci sono persone che mettono in pratica concetti filosofici da cattedra sulla propria pelle e con semplicità' ed è questa la prima storia o storia portante del post d'oggi
Laura Galletti, 70 anni, vive in una capanna di fronte al Gazometro, a Roma, sul Lungotevere. Prima di ritrovarsi in strada ha lavorato per 30 anni come grafica pubblicitaria "ma avevo una sola certezza, non volevo certezze", racconta. Alla morte della madre e del suo compagno ha deciso di lasciare i "beni materiali e dedicarsi a Dio". Da oltre un anno sta dipingendo un murales di 20 metri: foglie, fiori e animali, che colorano il grigio argine del fiume
Strartisti di Arianna Di Cori riprese di Sonny Anzellotti e Leonardo Meuti montaggio di Mariagrazia Morrone
2 giorni fa a61 questa donna e' fantastica, secondo me il sindaco di Roma dovrebbe chiederle aiuto su come abbellire la citta', ma penso che lei potrebbe aiutare ad abbellire tutte le nostre citta' ed anche all'estero, ha una forza spirituale che ispira calma. Se in questo nostro mondo tutte le persone fossero come lei in questo pianeta vivremmo molto meglio.
Rispondi Condividi
2 giorni fa Nicola Piscitelli Persona gradevole, educata, disponibile, altruista e intelligente da ammirare per la enorme capacità di amore verso ciò che è bello.
Rispondi Condividi
2 giorni fa gr23gr23 Dove si osserva lo strame che il "mondo civile", fondato sull'individualismo e sull'adorazione del dio denaro, fa delle persone meritevoli.
Rispondi Condividi
2 giorni fa Vincenzo Di Martino che bella persona. Che bella anima. Davvero tanto di cappello
Rispondi Condividi
2 giorni fa kundalini1956 Queste persone dovrebbero essere considerate quasi dei mostri sacri di creatività, invece in un mondo all'incontrario come il nostro, sono gettati ai margini della società. Feccia come Gasparri e i suoi amici di merende impazzano e distruggono tutto ciò che toccano.
Rispondi Condividi
3 giorni fa tantatanta in fondo bastan poche briciole, lo stretto indispensabile e puoi sorridere e puoi dimenticar. Ti serve solo il minimo e poi trovarlo è facile, lo stretto indispensabile quel poco che ti basta per campar. Grazie di avermi fatto sorridere, Laura Galletti
Rispondi Condividi
3 giorni fa barabeke Grazie carissima Laura per insegnarci quanto si può essere felici senza avere niente, oltretutto portando bellezza e umanità nel degrado urbano. Il prossimo sindaco si dovrebbe dare da fare per costruirgli una capanna decente in quel luogo dato il servizio che rende alla comunità e al paesaggio urbano con la sua presenza. Una santa moderna.
San Benedetto del Tronto | Per ricominciare a sperare a volte basta un po’ di colore. di Martina Oddi
Coloriamo il carcere
Il comando automatico apre il cancello e passando oltre le sbarre l'ansia comincia a salire. Nel ricordo le immagini delle strutture super affollate dove si consumano abusi e violenze. Ma il carcere di Marino non ha nulla a che fare con i frame scioccanti della tv, e già varcando la soglia del cortile l'ansia lascia il posto a una sorpresa inaspettata. Entrando nella zona interna, quella che dà accesso alle aule di uso comune, tipo la lavanderia e la biblioteca, ci sono Simuno, al secoloSimone Galiè, Manu Invisible, alias Emanuele Massessi, eGiorgio Lambiase, in arte Je, i writers vincitori del concorso "coloriamo il carcere" indetto lo scorso anno dalla Provincia. Sono concentrati nelle loro evoluzioni acrobatiche con cui dominano tutta la parete, e riescono solo a dire che questa è "un'esperienza interessante mai fatta prima". Un cantiere di colori e forme ispirate alla libertà, anche per il progetto di Marta Alvear Calderon, Annalisa Accicca e LauraGaletti, le tre studentesse del Liceo artistico di Porto San Giorgio neodiplomate che partecipano all'iniziativa, supervisionata daLaura Cennini, architetto in prestito dal club Unesco. I muri spruzzati di vernice sono incisi da visi e libri, "simboli della cultura che libera le menti e nutre lo spirito, tanto da impedirti di fare errori, o di ripeterli" sottolinea Teresa Valiani, direttrice del periodico Io e caino, scritto di primo pugno dai detenuti. Nelle lingue gialle, blu, verdi e rosse che corrono lungo la parete verranno incisi messaggi dedicati al tema della libertà nei principali idiomi parlati dai detenuti: arabo, spagnolo, rumeno e albanese. I murales che prendono vita sotto le mani esperte dei writers, l'atmosfera partecipativa e serena che si respira durante i lavori, tra la curiosità dei presenti coinvolti in prima persona nella realizzazione dei disegni - come Gaston, che quando disegna " si sente libero" - sono merito della lungimiranza di Lucia DiFeliceantonio, la direttrice illuminata che ha reso la casa circondariale un'isola felice nonostante il sovraffollamento. E i calibri da 90 del 41 bis, i super reclusi della struttura che non possono entrare in contatto con nessuno e che nessuno dei detenuti o del personale, se non gli addetti alla sicurezza, possono vedere in faccia.
L'idea che la libertà sia nella testa e si alimenti di cultura si coniuga con le direttive governative orientate a rendere il carcere, nonostante la condensazione umana, un ambiente il più possibile vivibile. Per facilitare la riabilitazione e il recupero sociale dei detenuti, la cultura è lo strumento "per non smettere mai di sognare" capace di dare nuovi stimoli e far germogliare i migliori propositi. "Per uscire con la testa fuori, con i colori, e non vedere tutto in due dimensioni solo in grigio e bianco" spiega Vittorio"Perché - conclude Salvatore - camminare tra queste immagini è come immergersi in una doccia tiepida". La sorgente delle buone intenzioni.