ecco perchè non mi piace il 4 novembre e preferisco il ricordo alla celebrazione
. Perchè succede sempre cosi gli alti papaveri scaricano le loro resposabilità anche gravi su i loro subordinati come del caso sotto riportato
dall'unione sarda del 3\11\2012
Paolo Gaspari ha ricostruito la verità grazie alle memorie di 16 mila prigionieri Le bugie di Caporetto.
Sconfitta,non vile disfatta «Cadorna scaricò le colpe sull’esercito travolto» Il toponimo Caporetto è entrato nella lingua italiana come sinonimo di disfatta, ritirata in massa. Come Waterloo per i francesi,per gli italiani la cittadina oggi slovena è diventata il simbolo della più tragica sconfitta della Prima Guerra mondiale che vide l’esercito austro-ungarico e tedesco sfondare le linee alpine sull’Isonzo e riversarsi nella pianura veneta.L’Italia fu a un passo da perdere la guerra. Ma da quella battaglia durata due settimane scaturì la reazione che portò alla riscossa sul Piave e alla vittoria.
Quella vittoria, che si celebra domani con la ricorrenza della fine della Grande Guerra,nasce dagli eventi di Caporetto.
Scusate l'interruzione ma è più forte di me , certi colegamenti mi vengono all'improvviso e cerco di bloccarli . Per una riflessione su tutte le guerre. Una intensa canzone del grande e
indimenticabile Fabrizio de André con le straordinarie foto di Lisa
Bernardini.
Rprendiamo con articolo
La storia della ritirata è stata finalmente riscritta grazie alla scoperta di una mole enorme di documenti negli archivi militari, non perché tenuti segreti per nascondere la "vergogna"del nostro esercito,ma solo perché volutamente ignorati dagli storici. Oggi è possibile sapere la verità e restituire l’onore a quelle migliaia di ufficiali, sottufficiali e truppa che combatterono eroicamente, molti morirono e in 300 mila furono fatti
prigionieri, per fermare l’enorme offensiva messa in atto dagli austroungarici. Su di loro fu fatta cadere la colpa della sconfitta: gli eroi si ritrovarono ad essere indicati come i codardi che fuggirono in massa apren-
do le porte dell’Italia all’invasore e la loro memoria è stata tramandata con l’ignominia della disfatta.
NUOVA VERITÀ. La realtà della sconfitta è ben diversa da come è stata sinora raccontata. Fu determinata non dalla viltà dei soldati (se non in pochi casi),ma dall’impari entità delle forze in campo, da un esercito
stremato dalle 12 battaglie dell’Isonzo e da tre anni di trincea,dall’impossibilità in quelle condizioni di tenere un fronte lungo 20 chilometri davanti al massiccio sfondamento.Ma soprattutto fu causata dalle gravissime responsabilità strategiche del comandante in capo generale Luigi Cadorna e dei suoi diretti collaboratori, i quali immediatamente scaricarono i loro plateali errori sui reparti in ritirata. Da qui nacque la leggenda nera di Caporetto,rafforzata dal fascismo per esaltare la riscossa del Piave e per altre ragioni sostenuta
nel secondo dopoguerra.
Rprendiamo con articolo
La storia della ritirata è stata finalmente riscritta grazie alla scoperta di una mole enorme di documenti negli archivi militari, non perché tenuti segreti per nascondere la "vergogna"del nostro esercito,ma solo perché volutamente ignorati dagli storici. Oggi è possibile sapere la verità e restituire l’onore a quelle migliaia di ufficiali, sottufficiali e truppa che combatterono eroicamente, molti morirono e in 300 mila furono fatti
prigionieri, per fermare l’enorme offensiva messa in atto dagli austroungarici. Su di loro fu fatta cadere la colpa della sconfitta: gli eroi si ritrovarono ad essere indicati come i codardi che fuggirono in massa apren-
do le porte dell’Italia all’invasore e la loro memoria è stata tramandata con l’ignominia della disfatta.
NUOVA VERITÀ. La realtà della sconfitta è ben diversa da come è stata sinora raccontata. Fu determinata non dalla viltà dei soldati (se non in pochi casi),ma dall’impari entità delle forze in campo, da un esercito
stremato dalle 12 battaglie dell’Isonzo e da tre anni di trincea,dall’impossibilità in quelle condizioni di tenere un fronte lungo 20 chilometri davanti al massiccio sfondamento.Ma soprattutto fu causata dalle gravissime responsabilità strategiche del comandante in capo generale Luigi Cadorna e dei suoi diretti collaboratori, i quali immediatamente scaricarono i loro plateali errori sui reparti in ritirata. Da qui nacque la leggenda nera di Caporetto,rafforzata dal fascismo per esaltare la riscossa del Piave e per altre ragioni sostenuta
nel secondo dopoguerra.
da http://www.gasparieditore.it/ |
IL LIBRO. La nuova verità emerge grazie al poderoso studio dello storico friulano Paolo Gaspari. Un volu-
mone di 600 pagine edito dallo stesso studioso che a Udine guida una importante casa editrice specializzata nei libri sulla Prima Guerra, apre la strada a ricerche inedite e a una nuova interpretazione di quei giorni. Certo, ci vorranno anni prima che questa verità trovi spa zio nei manuali scolastici e nelle università dove è sempre lungo e difficile cambiare la tradizione degli studi, ma un solco è stato tracciato.
Paolo Gaspari,che vive a contatto con i luoghi e i ricordi della Grande guerra,insieme ad una pattuglia di esperti si occupa della storia militare del ’15-’18. Tra i numerosi volumi sinora pubblicati anche tre di dieci dedicati interamente alla Brigata Sassari.
mone di 600 pagine edito dallo stesso studioso che a Udine guida una importante casa editrice specializzata nei libri sulla Prima Guerra, apre la strada a ricerche inedite e a una nuova interpretazione di quei giorni. Certo, ci vorranno anni prima che questa verità trovi spa zio nei manuali scolastici e nelle università dove è sempre lungo e difficile cambiare la tradizione degli studi, ma un solco è stato tracciato.
Paolo Gaspari,che vive a contatto con i luoghi e i ricordi della Grande guerra,insieme ad una pattuglia di esperti si occupa della storia militare del ’15-’18. Tra i numerosi volumi sinora pubblicati anche tre di dieci dedicati interamente alla Brigata Sassari.
«Seguendo il corso dei nostri studi, abbiamo messo assieme
le tessere di un complicato mosaico. Ed è venuta fuori un’im-
magine ben diversa di quella che abbiamo sempre visto su
Caporetto», spiega Gaspari.
IL BOLLETTINO. Tutto comincia con quel famigerato bollettino del 27 ottobre 1917 firmato a Roma dal generale Cadorna (che poi verrà sostituito con il
generale Armando Diaz): «Alcuni reparti del IV Corpo abbandonarono il 25 ottobre posizioni importantissime senza difenderle. Circa 10 reggimenti arresisi in massa senza combattere. Vedo delinearsi un disastro, contro il quale combatterò sino all’ultimo...la mancata resistenza di reparti della 2 Armata vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico… L’esercito cade non sotto i colpi del nemico esterno, ma sotto i colpi del nemico interno per combattere il quale ho inviato al governo quattro lettere che non hanno ricevuto risposta».Come si vede Cadorna scarica sul basso e anche sopra di lui.
I MEMORIALI. La verità esce dallo studio di 16 mila memoriali scoperti negli archivi dell’Esercito che conservano le dichiarazioni raccolte a caldo dagli ufficiali catturati dai tedeschi e rientrati dalla prigionia. Si tratta delle testimonianze in diretta dei quattro quinti dei graduati che si ritrovarono coinvolti a Caporetto.«In questi memoriali gli ufficiali, dal generale al diciannovenne sottotenente,dovettero raccontare quanto era accaduto e quanto avevano visto dal 24 ottobre al giorno della cattura. Solo poche centinaia di giovani scrissero un paio di stringate paginette,la gran parte lasciò mezza dozzina di fogli protocollo e alcuni 40-50
fogli con gli schizzi delle posizioni,facendo i nomi dei sottufficiali e dei soldati coinvolti nella loro vicenda personale».
Inoltre Gaspari ha potuto esaminare 400 interrogatori fatti ai militari sopravvissuti.
Gli ci sono voluti tre anni per fotocopiare circa 7mila di questi memoriali, tutti quelli riguardanti i reparti della 2a Armata accusata di viltà da Cadorna. «Come si può immagi nare si tratta del più grande archivio italiano di diaristica: il fatto che sia legato alla storia militare è senz’altro una delle ragioni per cui la cultura italiana non l’aveva preso in considerazione.
le tessere di un complicato mosaico. Ed è venuta fuori un’im-
magine ben diversa di quella che abbiamo sempre visto su
Caporetto», spiega Gaspari.
IL BOLLETTINO. Tutto comincia con quel famigerato bollettino del 27 ottobre 1917 firmato a Roma dal generale Cadorna (che poi verrà sostituito con il
generale Armando Diaz): «Alcuni reparti del IV Corpo abbandonarono il 25 ottobre posizioni importantissime senza difenderle. Circa 10 reggimenti arresisi in massa senza combattere. Vedo delinearsi un disastro, contro il quale combatterò sino all’ultimo...la mancata resistenza di reparti della 2 Armata vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico… L’esercito cade non sotto i colpi del nemico esterno, ma sotto i colpi del nemico interno per combattere il quale ho inviato al governo quattro lettere che non hanno ricevuto risposta».Come si vede Cadorna scarica sul basso e anche sopra di lui.
I MEMORIALI. La verità esce dallo studio di 16 mila memoriali scoperti negli archivi dell’Esercito che conservano le dichiarazioni raccolte a caldo dagli ufficiali catturati dai tedeschi e rientrati dalla prigionia. Si tratta delle testimonianze in diretta dei quattro quinti dei graduati che si ritrovarono coinvolti a Caporetto.«In questi memoriali gli ufficiali, dal generale al diciannovenne sottotenente,dovettero raccontare quanto era accaduto e quanto avevano visto dal 24 ottobre al giorno della cattura. Solo poche centinaia di giovani scrissero un paio di stringate paginette,la gran parte lasciò mezza dozzina di fogli protocollo e alcuni 40-50
fogli con gli schizzi delle posizioni,facendo i nomi dei sottufficiali e dei soldati coinvolti nella loro vicenda personale».
Inoltre Gaspari ha potuto esaminare 400 interrogatori fatti ai militari sopravvissuti.
Gli ci sono voluti tre anni per fotocopiare circa 7mila di questi memoriali, tutti quelli riguardanti i reparti della 2a Armata accusata di viltà da Cadorna. «Come si può immagi nare si tratta del più grande archivio italiano di diaristica: il fatto che sia legato alla storia militare è senz’altro una delle ragioni per cui la cultura italiana non l’aveva preso in considerazione.
Mi sono emozionato nel trovare testimonianze di fatti rimasti sconosciuti,di vere battaglie ignorate dalla storiografia italiana (Cividale, Udine,Codroipo, solo per citare le maggiori). La storia raccontata dagli ufficiali di prima linea mi ha consentito,attraverso lo studio incrociato delle testimonianze, di ricostruire quasi tutti i combattimenti I vinti di Ca-poretto diventano di colpo coloro che ci svelano ciò che altri hanno mascherato o taciuto».
Cosa accadde, allora? In estrema sintesi: è fuori di dubbio che la tattica, l’addestramento e l’armamento dei tedeschi a Caporetto erano superiori. Alcuni reparti "imperiali", meglio preparati e freschi,compirono autentiche imprese nell’occupare posizioni decisive.Il Bollettino di Cadorna parla di reparti in fuga, ma i reparti sono costituiti dai battaglioni di poche centinaia di uomini e non da migliaia di soldati delle divisioni.«Le cose andarono di-versamente», conclude Gaspari: «Attaccati e circondati da forze fresche e prepoderanti gli italiani combatterono sino a morire o ad essere catturati in 300 mila.
Cosa accadde, allora? In estrema sintesi: è fuori di dubbio che la tattica, l’addestramento e l’armamento dei tedeschi a Caporetto erano superiori. Alcuni reparti "imperiali", meglio preparati e freschi,compirono autentiche imprese nell’occupare posizioni decisive.Il Bollettino di Cadorna parla di reparti in fuga, ma i reparti sono costituiti dai battaglioni di poche centinaia di uomini e non da migliaia di soldati delle divisioni.«Le cose andarono di-versamente», conclude Gaspari: «Attaccati e circondati da forze fresche e prepoderanti gli italiani combatterono sino a morire o ad essere catturati in 300 mila.
Un numero enorme,di cui non si seppe nulla sino a guerra finita.Furono interrotte le comunicazioni e il comando di Cadorna incapace e disorganizzato,questo sì,per ordinare una reazione, scaricò le colpe della disfatta sui soldati».
Carlo Figari
Carlo Figari