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La paranza dei bambini - Roberto saviano
colona sonora
(...) Sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono, mi dà sollievo. Penso sia un miracolo. (...) Sono le parole di Lucia Montanino. IL marito Gaetano ( Mimmo) Montanino, guardia giurata di Ottaviano, venne ucciso a Piazza Mercato-Napoli la notte del 4 agosto del 2009. La lapide
che ricorda quel drammatico evento è posta nelle aiuole di via Marina, all'ingresso di Piazza Mercato. La moglie, Lucia, è molto impegnata nelle iniziative anticamorra dell' Associazione Libera insieme al sacerdote napoletano don Tonino Palmese. Questo suo impegno oggi si traduce in un gesto che sicuramente non riporterà indietro le lancette del tempo di quella triste notte, ma dona una speranza a chi vuole cambiare vita nel rispetto della vita.
"Amavo tantissimo mio marito. Ma sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono mi dà sollievo, penso sia un miracolo".
Sono le parole di Lucia, vedova della guardia giurata Gaetano Montanino, ucciso la sera del 4 agosto 2009.Montanino è stato freddato con un colpo di pistola mentre era in servizio a piazza Mercato, nel centro di Napoli. L’assassino, Antonio, un giovane di neanche 17 anni, era in giro con gli amici per tentare di portare a termine qualche rapina in città. Insieme al suo gruppo, Antonio ha cercato di sottrare la pistola alla guardia giurata e ne è derivato un conflitto a fuoco. Montanino è stato colpito mortalmente da 8 proiettili, mentre il collega che era in servizio con lui ha riportato gravi ferite.Oggi, a distanza di otto anni, la vedova Lucia ha deciso di perdonare colui che le portò via il suo uomo per sempre e prendersi cura della sua famiglia. Antonio, che era stato condannato a 22 anni di carcere, ha chiesto più volte negli anni di incontrare la moglie di Montanino, ma lei ha sempre rifiutato.Poco tempo fa i due si sono incontrati a una marcia dell’associazione Libera."Era sul palco, tremava, piangeva. Antonio mi ha abbracciata, chiedeva perdono. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo", ha raccontato Lucia. Da quel momento la donna ha deciso di prendersi cura di lui e dei suoi due bambini. "È il mio angelo custode", ha dichiarato il ragazzo, che da qualche mese lavora in un bene confiscato intitolato proprio a Gaetano Montanino.
come riporta http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/10/07/news/
Lucia, la donna che abbracciò l'assassino di suo marito a Napoli
La storia di Lucia Montanino, la vedova di Gaetano, guardia giurata, ucciso nel 2009 durtante una rapina: ha "adottato" la famiglia di Antonio, il più giovane del commando: aveva allora 17 anni
Lucia è diventata il suo "angelo custode". Per lei invece Antonio "è come il figliol prodigo". Perché dopo il delitto e il dolore, possono esserci anche la riconciliazione e il riscatto.
[ Infatti per i familiari di una vittima cio' ] È un cammino pieno di ostacoli, ma è quello che ha scelto di percorrere Lucia Montanino. Gaetano, il marito, lavorava come guardia giurata e fu ucciso mentre era al lavoro la sera del 4 agosto 2009 in piazza Mercato da quattro giovanissimi , fra cui Antonio , che volevano rapinargli la pistola. Lucia Aveva 45 anni, una bambina ancora piccola. Antonio invece era il più giovane del commando : diciassette anni non ancora compiuti, un bimbo anche lui, concepito appena una settimana prima. Li arrestarono tutti e Antonio fu condannato a 22 anni . Oggi è padre di due figli. E se, al compimento del venticinquesimo anno di età, non è stato trasferito dall'istituto minorile di Nisida in una cella di Poggioreale è anche grazie a Lucia. La moglie dell'uomo che ha assassinato. La donna che i suoi bambini chiamano "nonna Lucia". La persona che dà consigli alla sua compagna. Colei che gli ha aperto la strada per ottenere un lavoro e aiutare così anche i suoi figli. Perché da un paio di mesi Antonio lavora in un bene confiscato intitolato proprio a Gaetano Montanino. Lucia ha di fatto "adottato" la sua famiglia. E racconta: "Antonio era a Nisida. Aveva chiesto al direttore dell'istituto di incontrarmi.
Ma il solo pensiero mi faceva stare male. Non volevo trovarmi davanti a un assassino. Sono passati anni. Ogni tanto mi ripetevano che quel ragazzo voleva vedermi. "È importante per il suo percorso, ma bisogna farlo prima che venga trasferito a Poggioreale", dicevano. Il 21 marzo scorso è capitato quello che non avrei mai immaginato prima. Eravamo sul lungomare, alla marcia di Libera. Mi sentivo stanchissima. Mi trovavo accanto a don Tonino Palmese quando il direttore di Nisida mi disse che Antonio era lì. Sul palco. Rivolsi lo sguardo verso di lui. Cercavo un mostro, vidi un ragazzino. Tremava, piangeva. Non ho mai avvertito tanto dolore negli occhi di una persona. Era come un animale ferito dal male che lui stesso aveva provocato. Mi sono avvicinata. Antonio mi ha abbracciata. Chiedeva perdono. "Non dovevo farlo. Non lo farò più". Mentre parlava, stava per svenire. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo. "Ormai è fatta. Ma ora devi promettermi che cambierai vita", gli ho risposto".
Antonio ci sta provando. Fa le pulizie per una cooperativa e, all'occorrenza, il cameriere. Qualche volta parla ai ragazzi che rischiano di finire stritolati dal crimine come accaduto a lui e si presenta così: "Mi chiamo Antonio e nella mia vita ho fatto tanti errori. Ma ho promesso a Lucia, il mio angelo custode, di uscire dalle tarantelle. Lavoro con i disabili e non c'è cosa più bella al mondo che aiutare i più deboli. Lucia mi ha fatto capire tantissime cose. Prima di qualsiasi passo, anche il più piccolo, mi confronto con lei. La ringrazio, ma so che è sempre poco quello che fa per me".
Lucia sa che la strada è lunga. "Non sono la madre di questo ragazzo, né una terapista. Ma ci sto mettendo grande impegno. Amavo tantissimo mio marito. Ogni volta che vedo Antonio, vedo il dolore. Ma sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono, mi dà sollievo. A volte penso che sia un miracolo". Ai ragazzi che rischiano di finire come lui, un giorno Antonio ha detto: "Credetemi, niente è più brutto che sbagliare come ho sbagliato io. Il rimorso ti uccide dentro e te lo porti dietro per tutta la vita". Dopo tanta violenza, un barlume di speranza.