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21.5.16

il rispetto passa per la pluralità di fedi e di opinioni non a senso unico . il caso di Pontoglio nel bresciano il ministero dei Trasporti al sindaco: "Via quei cartelli anti-islam dalle strade"

IL caso  di   Pontoglio nel bresciano non è  pèurtroppo solo un caso isolato  come  dimostrano  il recente  comparire  (  anzi     ricomparire  nel caso dell'immigrazione  dal sud  )    di carteli  non si assumne   non si affitta    a  stranieri ed  a meridionali  . 

  indica  come  uccidere la diversità di pensieri ed imporre il ensiero unico . E ben altra cosa nel chiedere il rispetto . Il rispetto si può avere anche nella pluralità dele religion o nei credi .
 Infatti  secondo me   tali cartelli   ricordano    anche se  in maiera  implicita    sia    i cartelli  all'estero in svizzera ed  in germania fra  gli anni  1950\70 dove  era   , vedi  immagine sotto  ,   dove  addirittura    proibito   entrare   nei locali   ma  anche   , ancora  continuano  nel  nord   italia  ai meridionali  ed esteso  agli  stranieri    sia  nelle  offerte  di lavoro  sia     negli affitti   come   di  mostrano 
  foto  prese  da forum.termometropolitico.it la prima    e  da ciaosilvia.forumfree.it


Alcuni diranno :  <<  Questo non è un cartello anti-islam in quanto non menziona nè quella religione nè altre religioni ad eccezione della cristiana per la quale si chiede rispetto. Poi quando una cosa la vogliono strumentalizzare.....  >>   Vero ma  mi chiedo  quale cultura, ma quali tradizioni? Le Alpi e la pianura sottostante,  storicamente patrie della cultura dell'accoglienza e della tradizione dell'ospitalità,verso le difersi fedi e  religioni  . Infatti in quelllla  zona  per  secoli   convissero  insieme a quella  cattolica   diverse religioni  : catari , valdesi  ,  protestanti e  cristiani . Oggi    hanno smarrito le  loro più autentiche radici sostituendole con una bieca preconcetta ostilità verso l'altro  e il diverso, e con lo stolido cieco egoismo  dei "padroni a casa propria", le stesse parole d'ordine che 2000 anni fa hanno  costretto una povera  straniera a partorire un povero bimbo in una stalla, e che oggi rappresentano  la "tradizione cristiana" che si vuole tenere viva in quel di Pontoglio !!!  e  non solo
Ma quale cultura, ma quali tradizioni? Le Alpi e la pianura sottostante,  storicamente patrie della cultura dell'accoglienza e della tradizione dell'ospitalità, hanno smarrito le  loro più autentiche radici sostituendole con una bieca preconcetta ostilità verso l'altro  e il diverso, e con lo stolido cieco egoismo  dei "padroni a casa propria", le stesse parole d'ordine che 2000 anni fa hanno  costretto una povera  straniera a partorire un povero bimbo in una stalla, e che oggi rappresentano  la "tradizione cristiana" che si vuole tenere viva in quel di Pontoglio!!!
Ma quale cultura, ma quali tradizioni? Le Alpi e la pianura sottostante,  storicamente patrie della cultura dell'accoglienza e della tradizione dell'ospitalità, hanno smarrito le  loro più autentiche radici sostituendole con una bieca preconcetta ostilità verso l'altro  e il diverso, e con lo stolido cieco egoismo  dei "padroni a casa propria", le stesse parole d'ordine che 2000 anni fa hanno  costretto una povera  straniera a partorire un povero bimbo in una stalla, e che oggi rappresentano  la "tradizione cristiana" che si vuole tenere viva in quel di Pontoglio!!!
Ma quale cultura, ma quali tradizioni? Le Alpi e la pianura sottostante,  storicamente patrie della cultura dell'accoglienza e della tradizione dell'ospitalità, hanno smarrito le  loro più autentiche radici sostituendole con una bieca preconcetta ostilità verso l'altro  e il diverso, e con lo stolido cieco egoismo  dei "padroni a casa propria", le stesse parole d'ordine che 2000 anni fa hanno  costretto una povera  straniera a partorire un povero bimbo in una stalla, e che oggi rappresentano  la "tradizione cristiana" che si vuole tenere viva in quel di Pontoglio!!!


infatti  ne  avevo già parlato a  Gennaio  non  ricordo se  qui o sul mio fb    , ma   il fatto   ha  avuto  uno  svilupo recente  visto che lo stesso ministro  dei trasporti



Pontoglio, il ministero dei Trasporti al sindaco: "Via quei cartelli anti-islam dalle strade"Installati a gennaio tra le polemiche, la scritta sulle indicazioni: "Paese a cultura occidentale". Ma sono su sfondo marrone e dovrebbero dare informazioni turistiche e cultura
   da http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/05/18/



Avvertimenti ai musulmani affissi su tutte le strade di ingresso al paese, affinché chi oltrepassa il confine sappia: "Pontoglio è un paese a cultura occidentale e di profonda tradizione cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene". Messaggio chiaro quello del sindaco della cittadina del Bresciano, Alessandro Seghezzi, eletto da una lista di centrodestra, che ha voluto una segnaletica ad hoc, già posizionata in strada dopo l'approvazione della delibera da parte della giunta comunale




Installati a gennaio tra le polemiche, la scritta sulle indicazioni: "Paese a cultura occidentale". Ma sono su sfondo marrone e dovrebbero dare informazioni turistiche e culturali 
Il ministero dei Trasporti ha concesso due settimane di tempo al sindaco di Pontoglio, nel Bresciano, Alessandro Seghezzi, sostenuto da una coalizione di centrodestra, per rimuovere i cartelli stradali ribattezzati anti-Islam che da gennaio, quando sono stati installati in paese, non hanno smesso di far discutere. "Paese a cultura occidentale e di profonda tradizione Cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene", è il testo del messaggio piazzato agli ingressi della cittadina, definito "un avvertimento" dallo stesso sindaco, convinto di non offendere nessuno.




"Qui si rispettano le nostre regole", aveva spiegato rivolgendosi chiaramente alla comunità islamica.
  Secondo il ministero i cartelli non rispettano il codice della strada perché su sfondo marrone, colore che dovrebbe indicare informazioni turistiche e culturali non contenute invece sui cartelli di Pontoglio. Qualcuno, comunque, nei mesi scorsi era intervenuto cancellando la scritta ed era partita anche una la raccolta firme per rimuovere la segnaletica stradale sistemata dopo una delibera ad hoc   del comune




157 giorni fa
achelaacala
Ma quale cultura, ma quali tradizioni? Le Alpi e la pianura sottostante,  storicamente patrie della cultura dell'accoglienza e della tradizione dell'ospitalità, hanno smarrito le  loro più autentiche radici sostituendole con una bieca preconcetta ostilità verso l'altro  e il diverso, e con lo stolido cieco egoismo  dei "padroni a casa propria", le stesse parole d'ordine che 2000 anni fa hanno  costretto una povera  straniera a partorire un povero bimbo in una stalla, e che oggi rappresentano  la "tradizione cristiana" che si vuole tenere viva in quel di Pontoglio!!!

del Comune

6.4.14

Il giovane centrocampista dell’Atalanta Primavera, Alberto GrassiCalciatore espulso per razzismo sconta la sua pena tra gli immigrati

in  sottofondo  
Francesco De Gregori - La leva calciStica della classe '68


 Su    http://www.dirittiglobali.it   foto  comprese , eccetto la  prima  scatata  con il  mio smartphone direttamente  da  repubblica  cartacea  .  trovo   questa  storia   presa  da  la Repubblica  5 aprile2014

Squalificato per aver detto “vu cumprà” a un avversario ghanese Il giovane centrocampista dell’Atalanta Primavera, Alberto Grassi, ha scelto di fare il volontario per dimezzare la punizione
PAOLO BERIZZI,

SORISOLE (BERGAMO) 
TRENTACINQUE giorni all’alba, e Franti sa che non può sgarrare. Dietro la lavagna della vita sta scoprendo che il centrocampo è popolato da «vu cumprà», però quelli veri. Senza tetto, giovani detenuti, drogati, malati di Aids e emarginati sbarcati a Lampedusa ai quali il reprobo adesso serve da mangiare e porta i vestiti che la gente imbuca nei cassonetti di raccolta. «Ho sbagliato, ma non sono razzista. Mai stato. Il compagno di squadra con cui mi trovo meglio è nero (Bangal, mozambichese, ndr) e mia madre ha tenuto a comunione una ragazza di colore. Che effetto mi fa stare qui? È una grande lezione umana, mi apre gli occhi e la testa», dice contrito mentre nel giorno delle presentazioni prende per mano Daniel che è rumeno e ha perso l’autosufficienza dopo aver tentato il suicidio in carcere inalando il gas di un fornelletto.
Franti è Alberto Grassi, 19 anni, bresciano di Lumezzane (la prima squadra di Balotelli professionista) anche se «ormai mi sento bergamasco dentro ». Centrocampista dell’Atalanta Primavera e dell’Italia Under19. Carriera in ascesa, con un prima e un dopo. Lo spartiacque è un insulto: «Alzati, vu cumprà!». È l’8 marzo: 44’ minuto del secondo tempo di Atalanta — Hellas Verona. Il destinatario dell’offesa è a terra e risponde al nome di Alimeyaw Salifù, ghanese, coetaneo di Grassi che è il mittente. Salifù non sente il garbato invito, l’arbitro sì. Risultato: Grassi espulso e mazzata del giudice sportivo. Dieci turni di squalifica per «insulto razzista». Passano pochi giorni e la punizione viene dimezzata (da 10 a 5 giornate). Grazie all’intervento di un sacerdote. È un prete di trincea, uno di quelli che, fuor di retorica, meritano la fama di «amici degli ultimi». Lui è don Fausto Resmini  (  sotto a destra  ) , cappellano del carcere di Bergamo e presidente del Patronato San Vincenzo. La comunità di don Resmini da vent’anni accoglie sulla collina di Sorisole, a 3 chilometri da Bergamo, disperati da ogni continente: soprattutto ragazzi.
Che c’entra il prete con Alberto Grassi? «Lo conosco da quando viveva alla Casa del Giovane (dove alloggiano i ragazzi delle squadre giovanili dell’Atalanta che vengono da fuori provincia, ndr). Quando lo squalificano gli scrivo una lettera e lo invito a venire da noi a svolgere un servizio socialmente utile», spiega Resmini (l’anno scorso il prete “rieducò” due giocatori degli Allievi che avevano postato su Fb un video blasfemo con al centro un crocifisso). Pronti. L’Atalanta, a cui la squalifica di Grassi era sembrata un’enormità ma che ha appena varato un nuovo codice etico, rinuncia a fare ricorso alla Corte di Giustizia Federale. Che dimezza la pena a Grassi perché il giocatore accetta di pagare dazio qui, nel girone degli ultimi. «È un’esperienza che mi servirà e che mi farà crescere — dice — . So che è una specie di castigo ma io non lo vivo così. Sono qui perché ho fatto un errore. Quel giorno ho detto una stupidata. Salifù mi ha insultato e io ho risposto in quel modo.


Non dovevo farlo». «Percorso rieducativo », lo chiamano. È il “dopo” di Alberto. Per De Amicis sarebbe Franti. Per don Fausto è un «ragazzo che non viene a sostituire qualcuno ma a liberarsi dal pregiudizio». La catarsi può iniziare. Sveglia alle 7.30: Grassi parte da Lumezzane, accompagnato dal padre. Alle 9 è in comunità. I suoi tutor si chiamano Roberto, Paolo e Fabio, sono tre educatori. Si comincia con la distribuzione del vestiario alle persone che vivono per strada e che vengono accolte nei container durante la
notte. Poi Alberto da’ la sveglia ai residenti. Sono i ragazzi che abitano e lavorano all’interno della struttura. Detenuti che scontano la condanna in regime alternativo, rifugiati, ex tossicodipendenti, malati, vittime di tratta. Coetanei scappati dall’orrore e la miseria di terre lontane. Come Tamer, 15 anni, egiziano: 5 mila euro agli scafisti per arrivare a Lampedusa, altri 300 euro per il treno e per conoscere l’indirizzo della Questura di Bergamo che lo manda qui. «Davanti alle storie di questi ragazzi capisci quanto sei privilegiato e quanto ancora hai da imparare dalla vita», dice Alberto. Che gliel’abbiano suggerito o sia farina sua, non importa. Conta di più leggere dentro i suoi occhi quando gli si fa incontro Daniel: il passo incerto, una tuta da meccanico, le parole che non escono. A 21 anni voleva farla finita col gas, si è salvato per miracolo ma adesso è come se avesse 2 anni. «Ha bisogno di assistenza continua, non puoi mollarlo un attimo», spiega don Fausto. Turnano accanto a lui i ragazzi della comunità, ora c’è anche Grassi. Arriva, lo saluta. «Ciao Daniel, come stai? Hai lavorato?», butta lì un po’ imbarazzato. È l’ora del girolaboratori: assemblaggio, serigrafia, rilegatoria. «I miei genitori mi hanno detto che ho sbagliato e che devo stare attento a quello che dico in campo. Io vivo per giocare a pallone, però qui dentro ti dimentichi di tutto, e ti fa solo bene». Famiglia umile, i Grassi di Lumezzane.
Lavoratori, gente onesta, quel figlio che a 16 anni è finito in Nazionale. «Esco sempre con l’amico di Balotelli, figuriamoci se sono razzista ». Per cinque settimane, dalle 9 alle 12, ogni martedì e mercoledì — i giorni in cui non si allena a Zingonia, il quartier generale dell’Atalanta — Alberto non solo sfamerà e vestirà i sans papiers che approdano a Sorisole. Andrà anche sul “campo”. Niente maglietta e pantaloncini. Il campo è la stazione della Autolinee. «Salgo sul camper della comunità e raggiungo quel posto che è la casa degli emarginati. Lì arriva gente disperata che chiede aiuto, cerco di rendermi utile come posso… ». Don Resmini fissa un concetto. «A Grassi chiedo di fare uno sforzo: stare in mezzo a queste persone e aprire lo sguardo. Capirà che cosa vuol dire essere “vu cumprà”… la fatica che si fa a vivere da straniero in Italia». La chiosa finale è un pezzo di contrappasso: il calciatore che si fece volontario. Dice Alberto: «Se prima avevo delle chance di esordire con la prima squadra (in serie A), adesso con questa storia me le sono giocate». Palla al centro. Chissà se finirà davvero così.



chi vivra'  vedrà 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...