Visualizzazione post con etichetta pene alternative. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pene alternative. Mostra tutti i post

13.2.15

Dorgali, distruggono i lampioni del parco Le mamme li accompagnano dal sindaco che li ha nominati amministratori della località turistica di Cala Gonone., Sanluri, invia all'amica una foto osé Lei: "Pagami o la pubblico su Facebook"

  fonte degli articoli  unione sarda   del 13\2\2015  

La prima   come da   titolo è  successa a  Dorgali . Ed  è importante  perchè dimostra  che  in una società  sempre  più allo sbando o meglio  : << (....)  In questa terra senza più fiumi\In questa terra con molti fumi\Tra questa gente senza più cuore \ E questi soldi che non hanno odore \E queste strade senza più legge\E queste stalle senza più gregge\Senza più padri da ricordare\E senza figli da rispettare.(...)  >>



 

Hanno distrutto i lampioni del parco Palmasera a Cala Gonone, località turistica sulla costa orientale della Sardegna, e le mamme di sette ragazzini, tutti al di sotto dei 14 anni,
Cala Gonone
responsabili dell'azione, hanno portato i loro figli dal sindaco di Dorgali, Angelo Carta, per autodenunciarsi. Ed il primo cittadino - che è anche consigliere regionale del Psd'Az - per "punizione" li ha nominati amministratori di Cala Gonone. A raccontare il fatto è lo stesso Carta, nella sua pagina Facebook, affinché "questo sia di esempio per tutti". "Quel giorno le sette mamme arrivarono nel mio ufficio con i ragazzi - racconta Angelo Carta - erano già consapevoli della fesseria compiuta e desiderosi di poter in qualche modo riparare". Dopo la discussione il sindaco decide per loro una "punizione": "I ragazzi vengono nominati amministratori di Calagonone, con la responsabilità di individuare le cose che non vanno e quelle che devono essere fatte per migliorarlo. Ogni settimana hanno un calendario di interventi che mi devono inviare: per esempio pulire il giardino della scuola, pulire la pineta, la spiaggia, raccogliere rifiuti abbandonati; io approvo o modifico il programma di lavoro per la settimana successiva e aspetto il nuovo programma per il venerdì seguente. Mi hanno chiesto quando finirà - prosegue il sindaco - io a mia volta ho chiesto perché avevano fatto il danno al parco. Mi hanno risposto: boh, anch'io ho risposto loro boh". "Ringrazio queste mamme - conclude Carta - che hanno dimostrato di tenere a cuore l'educazione dei figli. Il loro comportamento mi auguro sia di esempio per tutti noi e un augurio di buon lavoro ai nuovi amministratori di Gonone".
nobilissimo esempio di civismo, da parte dei genitori (   cosa rara  , visto che adesso i genitori  arrivano   a  denunciare    quando   va  bene  visto che  ain alcuni casi si  è  anche arrivati a picchiare    l'insegnante  che rimprovera  il figlio  o danno ragione    ai  figli quando hanno torto marcio )  e del Sindaco, tranne che ai vandali in erba che nonnsnno neppure  spiegare  il loro gesto almeno prima   , ai mie tempi ,  anche se  con dele motivazioni ridicole   lo si spiegava  .Brave mamme e bravo Sindaco.Ecco quello che si chiama buon esempio di educazione e senso civico.Queste sette mamme hanno fatto la scelta migliore ottenendo in cambio un'ottima risposta da parte del Sindaco. 


La  seconda  invece  ,   se pur  sintetizzata  a differenza  dea prima    sempre dala versione free  dell'unione sarda  

La vicenda ha coinvolto i compagni di classe, i professori, il dirigente scolastico e i genitori.
Protagonisti della vicenda due 14enni, un ragazzo e una ragazza studenti di Sanluri. Questa volta è stato lui ad inviare alla compagna una foto sul cellulare che lo ritraeva nudo. Poi il ricatto dell'amica "Se non vuoi che faccia vedere la foto, mi devi dare tremila euro". Per la vittima inizia il calvario.


I dettagli della notizia oggi in edicola con L'Unione Sarda nell'articolo di Santina Ravì.
dimostra come  glo   adolescenti  avrebbero sicuramente bisogno di maggiori attenzioni da parte dei genitori anche verso le loro amicizie e il tempo che trascorrono con il PC e sui cellulari 

6.4.14

Il giovane centrocampista dell’Atalanta Primavera, Alberto GrassiCalciatore espulso per razzismo sconta la sua pena tra gli immigrati

in  sottofondo  
Francesco De Gregori - La leva calciStica della classe '68


 Su    http://www.dirittiglobali.it   foto  comprese , eccetto la  prima  scatata  con il  mio smartphone direttamente  da  repubblica  cartacea  .  trovo   questa  storia   presa  da  la Repubblica  5 aprile2014

Squalificato per aver detto “vu cumprà” a un avversario ghanese Il giovane centrocampista dell’Atalanta Primavera, Alberto Grassi, ha scelto di fare il volontario per dimezzare la punizione
PAOLO BERIZZI,

SORISOLE (BERGAMO) 
TRENTACINQUE giorni all’alba, e Franti sa che non può sgarrare. Dietro la lavagna della vita sta scoprendo che il centrocampo è popolato da «vu cumprà», però quelli veri. Senza tetto, giovani detenuti, drogati, malati di Aids e emarginati sbarcati a Lampedusa ai quali il reprobo adesso serve da mangiare e porta i vestiti che la gente imbuca nei cassonetti di raccolta. «Ho sbagliato, ma non sono razzista. Mai stato. Il compagno di squadra con cui mi trovo meglio è nero (Bangal, mozambichese, ndr) e mia madre ha tenuto a comunione una ragazza di colore. Che effetto mi fa stare qui? È una grande lezione umana, mi apre gli occhi e la testa», dice contrito mentre nel giorno delle presentazioni prende per mano Daniel che è rumeno e ha perso l’autosufficienza dopo aver tentato il suicidio in carcere inalando il gas di un fornelletto.
Franti è Alberto Grassi, 19 anni, bresciano di Lumezzane (la prima squadra di Balotelli professionista) anche se «ormai mi sento bergamasco dentro ». Centrocampista dell’Atalanta Primavera e dell’Italia Under19. Carriera in ascesa, con un prima e un dopo. Lo spartiacque è un insulto: «Alzati, vu cumprà!». È l’8 marzo: 44’ minuto del secondo tempo di Atalanta — Hellas Verona. Il destinatario dell’offesa è a terra e risponde al nome di Alimeyaw Salifù, ghanese, coetaneo di Grassi che è il mittente. Salifù non sente il garbato invito, l’arbitro sì. Risultato: Grassi espulso e mazzata del giudice sportivo. Dieci turni di squalifica per «insulto razzista». Passano pochi giorni e la punizione viene dimezzata (da 10 a 5 giornate). Grazie all’intervento di un sacerdote. È un prete di trincea, uno di quelli che, fuor di retorica, meritano la fama di «amici degli ultimi». Lui è don Fausto Resmini  (  sotto a destra  ) , cappellano del carcere di Bergamo e presidente del Patronato San Vincenzo. La comunità di don Resmini da vent’anni accoglie sulla collina di Sorisole, a 3 chilometri da Bergamo, disperati da ogni continente: soprattutto ragazzi.
Che c’entra il prete con Alberto Grassi? «Lo conosco da quando viveva alla Casa del Giovane (dove alloggiano i ragazzi delle squadre giovanili dell’Atalanta che vengono da fuori provincia, ndr). Quando lo squalificano gli scrivo una lettera e lo invito a venire da noi a svolgere un servizio socialmente utile», spiega Resmini (l’anno scorso il prete “rieducò” due giocatori degli Allievi che avevano postato su Fb un video blasfemo con al centro un crocifisso). Pronti. L’Atalanta, a cui la squalifica di Grassi era sembrata un’enormità ma che ha appena varato un nuovo codice etico, rinuncia a fare ricorso alla Corte di Giustizia Federale. Che dimezza la pena a Grassi perché il giocatore accetta di pagare dazio qui, nel girone degli ultimi. «È un’esperienza che mi servirà e che mi farà crescere — dice — . So che è una specie di castigo ma io non lo vivo così. Sono qui perché ho fatto un errore. Quel giorno ho detto una stupidata. Salifù mi ha insultato e io ho risposto in quel modo.


Non dovevo farlo». «Percorso rieducativo », lo chiamano. È il “dopo” di Alberto. Per De Amicis sarebbe Franti. Per don Fausto è un «ragazzo che non viene a sostituire qualcuno ma a liberarsi dal pregiudizio». La catarsi può iniziare. Sveglia alle 7.30: Grassi parte da Lumezzane, accompagnato dal padre. Alle 9 è in comunità. I suoi tutor si chiamano Roberto, Paolo e Fabio, sono tre educatori. Si comincia con la distribuzione del vestiario alle persone che vivono per strada e che vengono accolte nei container durante la
notte. Poi Alberto da’ la sveglia ai residenti. Sono i ragazzi che abitano e lavorano all’interno della struttura. Detenuti che scontano la condanna in regime alternativo, rifugiati, ex tossicodipendenti, malati, vittime di tratta. Coetanei scappati dall’orrore e la miseria di terre lontane. Come Tamer, 15 anni, egiziano: 5 mila euro agli scafisti per arrivare a Lampedusa, altri 300 euro per il treno e per conoscere l’indirizzo della Questura di Bergamo che lo manda qui. «Davanti alle storie di questi ragazzi capisci quanto sei privilegiato e quanto ancora hai da imparare dalla vita», dice Alberto. Che gliel’abbiano suggerito o sia farina sua, non importa. Conta di più leggere dentro i suoi occhi quando gli si fa incontro Daniel: il passo incerto, una tuta da meccanico, le parole che non escono. A 21 anni voleva farla finita col gas, si è salvato per miracolo ma adesso è come se avesse 2 anni. «Ha bisogno di assistenza continua, non puoi mollarlo un attimo», spiega don Fausto. Turnano accanto a lui i ragazzi della comunità, ora c’è anche Grassi. Arriva, lo saluta. «Ciao Daniel, come stai? Hai lavorato?», butta lì un po’ imbarazzato. È l’ora del girolaboratori: assemblaggio, serigrafia, rilegatoria. «I miei genitori mi hanno detto che ho sbagliato e che devo stare attento a quello che dico in campo. Io vivo per giocare a pallone, però qui dentro ti dimentichi di tutto, e ti fa solo bene». Famiglia umile, i Grassi di Lumezzane.
Lavoratori, gente onesta, quel figlio che a 16 anni è finito in Nazionale. «Esco sempre con l’amico di Balotelli, figuriamoci se sono razzista ». Per cinque settimane, dalle 9 alle 12, ogni martedì e mercoledì — i giorni in cui non si allena a Zingonia, il quartier generale dell’Atalanta — Alberto non solo sfamerà e vestirà i sans papiers che approdano a Sorisole. Andrà anche sul “campo”. Niente maglietta e pantaloncini. Il campo è la stazione della Autolinee. «Salgo sul camper della comunità e raggiungo quel posto che è la casa degli emarginati. Lì arriva gente disperata che chiede aiuto, cerco di rendermi utile come posso… ». Don Resmini fissa un concetto. «A Grassi chiedo di fare uno sforzo: stare in mezzo a queste persone e aprire lo sguardo. Capirà che cosa vuol dire essere “vu cumprà”… la fatica che si fa a vivere da straniero in Italia». La chiosa finale è un pezzo di contrappasso: il calciatore che si fece volontario. Dice Alberto: «Se prima avevo delle chance di esordire con la prima squadra (in serie A), adesso con questa storia me le sono giocate». Palla al centro. Chissà se finirà davvero così.



chi vivra'  vedrà 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...