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23.4.20

Lucca, infermiera trova biglietto nella posta: "Ci porti il Covid"

Leggendo   l'articolo che  trovate  sotto   rimango basito  . Non  basta  la moria di persone   e le  vite spezzate che   l'epidemia di  covid 19  si sta lasciando  dietro   ogni  giorno   le  accuse  d'essere untori  , le   sofferenze  fische  e psicologiche    di  : chi  l'ha   affrontatanto  o lo sta  affrontando    non solo i malati  ma  anche   le  persone deboli   e con handicap   soprattutto mentali   ci mancava  dopo il precedente insulto \  attacco appesso addirittura  sulla porta  di casa   ad un altra  dottoressa  ci  mancava ure  questo  . Ora  non so  che  altro  aggiungere  a  quanti  scrittto  di getto    sul mio facebook    
Giuseppe Scano
5 h
la Repubblica
 · certa gente è proprio bastarde inside . io gli farei fare lo stesso lavoro di quella che ha vigliaccamente denigrato ed insultato . e poi gli avrei insultati allo stesso modo , giusto per vedere come reagirebbero . ma poi l'idea mi passa perchè mi abbasserei al loro stesso livello df'infami e di vigliacchi . E .... qui mi fermo che è meglio

Lascio  la  parola   all'articolo   di repubblica



Lavora nel reparto Malattie infettive: "Quelle parole mi hanno ferito... Sono mesi faticosi, mi capita di uscire in lacrime dal reparto, non mi aspetto un grazie, ma nemmeno parole così". Il sindaco Tambellini: "Anche io ricoverato lì. Stanno facendo un lavoro immane. Tutta la solidarietà mia e della nostra comunità"


                                                    di LAURA MONTANARI

Lucca, infermiera trova biglietto nella posta: "Ci porti il Covid"
Il biglietto lasciato nella posta per l'infermiera 
Ha sentito suo fratello e sua madre parlare fuori, nel cortile di casa, e si è affacciata. Capannori, centro a pochi chilometri da Lucca. "Mi sa che ti hanno lasciato un messaggio...". E' così che Damiana Barsotti, 48 anni, infermiera del reparto di Malattie infettive all'ospedale San Luca si è trovata tra le mani quel foglio scritto al computer. Poche righe, ma parole affilate: "Grazie per il Covid che tutti i giorni ci porti in corte. Ricordati che ci sono anziani e bambini, grazie". Messaggio anonimo, ma purtroppo chiaro: "Non è che uno si aspetta un grazie, ma sinceramente quel messaggio mi ha ferito", racconta Damiana che fa l'infermiera da quasi trent'anni. "Sono momenti durissimi, mi capita di piangere andando a vestirmi in reparto o di piangere uscendo a fine turno, non mi era mai capitato di stare in mezzo a un dolore così diffuso, a una malattia così imprevedibile".Racconta dei turni a lottare contro il contagio da coronavirus, dell'ansia: "Ho in testa gli occhi di chi sta sdraiato sul lettino con la maschera di ossigeno alla bocca e chiede a noi: "ce la farò?" e noi facciamo di sì con la testa, ma è per fargli coraggio. Perché la verità è che non sappiamo niente. Se ce la farà o non ce la farà perché non conosciamo la grammatica di questo virus e a volte vediamo miglioramenti che ci lasciano sperare e poi peggioramenti improvvisi e inaspettati. Non è come per le altre malattie che dai una medicina e ti aspetti un certo decorso".Damiana 

Lucca, infermiera trova biglietto nella posta: "Ci porti il Covid"

racconta anche la paura: "A volte mi chiedo: sono coperta bene? Ho messo tutti i dispositivi per proteggermi?". Non ha idea su chi possa aver depositato quel biglietto nella posta di quel gruppo di case in cui abita: "Siamo in diversi qui e a volte c'è stato qualche battibecco con i vicini perché a me piacciono molto i cani, ma non mi sarei mai aspettata un biglietto come quello e in un momento così difficile". Ha chiamato i carabinieri che hanno scritto in un verbale la storia di quel messaggio. La vicenda è stata riportata anche sul Tirreno."Va detto che dopo che si è sparsa la notizia ho ricevuto la solidarietà del sindaco di Capannori Luca Menesini, degli infermieri del reparto e dei medici e quella dei dirigenti dell'Asl Nord Ovest e la cosa mi ha fatto piacere. Siamo noi i primi a fare la massima attenzione ai comportamenti quando usciamo dal reparto e siamo noi i primi a pagare se dovessimo commettere una qualche disattenzione", dice ancora Damiana che non presenterà nessun esposto: "A che serve? Non ho tempo, sta per cominciare il mio turno ... 
E anche il il sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini, attraverso Facebook ha voluto esprimere la propria solidarietà e gratitudine all'infermiera: "Non c'è ragione che possa giustificare un gesto tanto vile e irresponsabile. A chi ogni giorno rischia la propria vita per la vita degli altri bisogna solo dire grazie. Questo è l'unico messaggio che Damiana Barsotti, l'infermiera del reparto di malattie infettive del San Luca, che tra i tanti si è occupata anche di me quando ero ricoverato, meriterebbe di trovare nella cassetta delle lettere o davanti alla porta di casa". Tambellini è stato tra i ricoverati per Covid all'ospedale di Lucca ed è di pochi giorni fa la notizia della sua completa guarigione. "Damiana, così come le sue colleghe e i suoi colleghi, sta facendo un lavoro immane - conclude il sindaco - Merita rispetto. Merita gratitudine. A lei tutta la mia solidarietà e quella della nostra comunità".

10.8.17

non tutti gl adolescenti sono bimbiminkia ed apatici ed altre storie



da http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/08/10

Forfait dei ragazzini per il servizio civile, la protesta di Luca Lo sfogo di un tredicenne contro i coetanei: «Era così bello, ma in tanti hanno preferito la play station» 

di Rossella Canadè






BORGO VIRGILIO. Perché i ragazzini sono più critici degli adulti, e quando fai a pezzi i loro sogni diventano i giudici più impietosi. Perché non accettano che non tutte le ciambelle riescano con il buco, come hanno imparato i grandi, che non devono cedere alla frustrazione di predicare nel deserto. Non si fa abbastanza per i ragazzi? Questa piccola storia dimostra il contrario, e a raccontarla, con la rabbia e l’incapacità di comprendere dei suoi tredici anni, è Luca, un ragazzino che frequenta le scuole medie a Borgo Virgilio. È incavolato nero, Luca, in questa estate bollente, proprio con i coetanei che hanno infranto il suo sogno di sentirsi utile e parte di una comunità. «In tanti si lamentano che d’estate nei paesi ci si annoia, e poi quando viene organizzato qualcosa per noi i ragazzi non vengono». Questa estate, per lui, ha il sapore amaro della delusione.

L’anno scorso, appena raggiunta l’età richiesta, ha partecipato al servizio civile volontario promosso dal suo Comune, un’iniziativa voluta e sponsorizzata dal sindaco Alessandro Beduschi e dall’assessore alla pubblica istruzione Elena Dall’Oca per impegnare i ragazzi durante l’estate in piccole mansioni di utilità pubblica, affiancati da operai esperti nelle vesti di coordinatori. Dalla pulizia e manutenzione delle scuole, dei giardini, fino alla riverniciatura di alcuni muri del paese. «Eravamo impegnati dal lunedì al venerdì per tre ore al giorno e abbiamo ridipinto tutti i muri imbrattati degli spogliatoi della nostra palestra. C’era anche il sindaco con il pennello, ci siamo divertiti un sacco e a settembre è stato bello vederli tutti puliti». 
Luca, memore del divertimento dell’anno scorso, che aveva scacciato la noia di luglio in attesa delle vacanze, quest’anno si è iscritto di nuovo, convinto di mettere a frutto la sua esperienza e soprattutto di passare del tempo con i suoi coetanei in modo un po’ inusuale dal solito. Ma le cose non vanno come se le aspettava. «Nonostante l’anno scorso ci sia stata una grande partecipazione dei ragazzi, quest’anno già all’inizio ci siamo ritrovati solo in sette, con un calo nelle ultime settimane quando siamo rimasti in tre», racconta Luca, con un broncio troppo grande per i suoi tredici anni. «Il fatto che ci è dispiaciuto tanto, a me e agli altri due, è che li invitavamo a tornare a collaborare con noi, ma loro preferivano stare a casa davanti ai videogiochi. Avevano paura di far fatica e alcuni ci hanno detto che non sarebbero stati pagati, secondo noi incitati dai genitori». Uno, aggiunge Luca sconcertato, «come scusa mi ha detto che aveva paura di prendere un’insolazione!» 
Una Caporetto che non ha permesso di terminare il progetto: «siamo riusciti a pulire un po’ i giardini Quarantini dai rifiuti, abbiamo pitturato dei muri sporcati con lo spray, ma non abbiamo imparato come fare le piccole riparazioni e la manutenzione alla bicicletta». Per un gruppo così ridotto all’osso sarebbe stato complicato mantenere in piedi il progetto. Arrabbiato e deluso, Luca, e stavolta non dagli adulti, ma dai suoi coetanei. Così tanto da decidere di raccontarlo, perché «vorrei che questi ragazzi si facessero un esame di coscienza». 

  da 
Reggio Emilia, l'appello del sindaco contro la paura: "Restiamo umani"Una lettera contro il disprezzo degli ultimi, dei più deboli e dei più fragili, di qualsiasi genere, nazionalità o etnia: l'appello del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi a "restare umani" ha ricevuto 700 firme in sei giorni. E continuare a viaggiare in rete, ormai virale, contro l'odio (video a cura di Andrea Scutellà)
La lettera   \  appelllo ha ottenuto   fin adesso  settecento firme contro la paura .La lettera del sindaco Vecchi apre una riflessione sui più deboli come fonte di paura. Raccolte in sei giorni 700 firme di docenti, medici, artisti, cittadini reggiani. (...)   

Ecco  l'appello integrale  pubblicato   semprwe  da http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca



Restiamo ancorati ai nostri valori, non facciamoci travolgere dalla paura per il diverso, non abbandoniamo i più deboli ma aiutiamoli perché, un giorno, i più deboli potremmo essere noi. È una risposta che ha avuto un riscontro imponente nella comunità reggiana.
Il documento, che circola sull’account di Google Drive cittainclusiva@gmail.com, è arrivato anche nella redazione della Gazzetta di Reggio. Quello che inizialmente era un testo preparatorio verso un incontro nazionale dell’Anci a Reggio Emilia, di cui Vecchi è rappresentante per quanto riguarda il welfare, si è trasformato in un manifesto contro il razzismo, la paura, il populismo.
E così, su internet e su WhatsApp, è iniziata una catena di firme. Medici, docenti, artisti, scrittori, volontari, rappresentanti del mondo cooperativo e sociale, sportivi. Una lista arrivata a settecento persone ma che continua a crescere di ora in ora. Un’alzata di scudi, si legge nelle parole del sindaco, non solo verso i richiedenti asilo. Anzi. Loro sono il punto di partenza da cui si sta diffondendo un’intolleranza nei confronti di tutti i più deboli. Quelle persone che “vorremmo vedere un po’ più in là rispetto a casa nostra”.
Ex tossicodipendenti, ex alcolisti, senzatetto, dipendenti dal gioco d’azzardo, persone afflitte da patologie psichiatriche. In una parola, i diversi. Ecco perché, visto il numero e la qualità delle firme in calce alla lettera del sindaco, abbiamo deciso di pubblicarne integralmente il testo. Riportare invece tutti i firmatari, per quanto ci sarebbe piaciuto, per questioni di spazio non ci è stato possibile. I circa settecento nomi arrivati fino ad ora, però, da oggi si potranno trovare sulla versione online del nostro giornale.

"Quale spazio avranno nei prossimi anni, a Reggio Emilia e altrove, le persone fragili, tutte le persone fragili? La battaglia per estendere i diritti vale ancora la pena di essere combattuta? Come ci poniamo verso chi soffre, verso chi paga il prezzo delle diseguaglianze?
La questione è molto meno accademica di quanto non appaia e molto concreta proprio oggi, nel momento in cui il confronto su alcune centinaia di profughi sta rapidamente evolvendo, nell'analisi che emerge anche nella nostra terra: prende le mosse dall’argomento delle migrazioni e approda a valutazioni su dove collocare “i malati di mente” (citazione testuale).
Qua e là sulla rete non si risparmiano minori deceduti – come a Luzzara recentemente – singoli e famiglie in difficoltà economiche, mentre c'è chi vorrebbe che i servizi sanitari si rifiutassero di curare persone la cui documentazione non sia “perfettamente in regola”. I deboli e gli ultimi, dunque, come fonte di paura.
Ciò interroga ognuno di noi e la comunità, la nostra identità, e richiede lo sforzo di un dialogo laico e sincero, su che tipo di società immaginiamo e per quale futuro lavoriamo. Sta bene a tutti, come da alcuni viene propagandato orgogliosamente in questi contesti, il concetto secondo il quale “d’ora in poi chi ce la fa da solo bene, chiunque resti indietro deve essere escluso?”.
Non stupisce il fatto che un dibattito prima di tutto europeo e nazionale sia atterrato in chiave locale. È un’epoca di inquietudini profonde e di incertezze, da ascoltare con attenzione per provare a trovare le giuste soluzioni. Davanti alla constatazione che qui le cose funzionano meglio che altrove, che non vengono segnalati casi di malaffare o malagestione, si può e si deve peraltro avere il coraggio di testimoniare una situazione spesso taciuta o ignorata.
Esiste a Reggio un sistema che ha curato e dato risposta – servizi pubblici e terzo settore, volontariato e associazionismo, secondo le autonome competenze – ai bisogni dei più fragili e delle loro famiglie, di migliaia di persone.
Esperienze e realtà che hanno operato non solo verso gli stranieri (anzi, a scanso di strumentalizzazioni, in percentuale sono una netta minoranza), ma verso tantissimi altri: hanno intrapreso percorsi con ex tossicodipendenti ed ex alcolisti, adulti con problemi psicologici, donne fatte oggetto di persecuzioni o di tratta, vittime delle ludopatie, anziani in difficoltà, scoperto le potenzialità di persone con abilità diverse; aiutato poveri, ex carcerati, lavorato nell'ambito della cura educativa dei minori e delle fragilità familiari e genitoriali.
Ogni donna o uomo nella propria vita può attraversare momenti difficili, ha un parente o un amico che cade, che necessita di una mano. Basterebbe prestare un po’ di attenzione per scoprire quante storie di riscatto e di realizzazione si sono concretizzate, partendo da una condizione di debolezza.
Una rete ampissima s’è rimboccata le maniche, lontano dai riflettori, in modo solidale e serio, rispettoso delle norme e della dignità umana. E, anche davanti alla crisi economica, la nostra città e la nostra provincia hanno continuato a investire sul welfare, sulle persone: su tutte le persone “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, per citare l’art.3 della Costituzione.
Guardiamoci dentro e diciamoci la verità: è stato un errore? Noi pensiamo che non lo sia stato, e vogliamo continuare a restare umani. Se si può raggiungere un grado sempre più elevato di giustizia per la comunità è lavorando uniti in questa direzione, non uno per uno. Una società con più diseguaglianze è sempre una società con anche meno sicurezza.
Le comunità democratiche non de
vono smarrire il primato della razionalità che unitamente al senso di umanità è ciò che può accompagnarci a comprendere e affrontare fenomeni complessi, respingendo la deriva dell’odio e della paura e riscoprendo la strada della fiducia nella convivenza civile.
La retorica, nell’era contemporanea, sta tutta nel campo di quelli che raccontano di avere la soluzione di ogni problema “con un colpo di bacchetta magica”, e poi non si impegnano mai su nessun fronte. Tutti gli altri si sforzano di realizzare nel quotidiano una piccola cosa, e la sommatoria di queste azioni finirà per cambiare la storia della nostra generazione e il corso del nostro futuro. 
                                Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia

una  riposta   a quesgtas  canzone  un misto    di :  complottismo  , bufale  ,  becero nazionalismo e  populismo ,  identità chiusa ,  sovranisno  . Va  bene  essere  contro corrente   ed  essere libero ed  contro  lil nuovo ordine  morale  .  Ma   qui  lo si fa    con beceri luoghi  comuni ed  chiusure






27.10.16

Coscogno di Pavullo, l’anti-Gorino «Noi sfamiamo i profughi»

Ecco una storia   da  far leggere   e raccontare  agli abitanti  (  compresi quelli   che  sono rimasti in silenzio e  non  si  sono opposti ai loro compaesani   ) di  Gorno   in cui la  gente  ragiona senza  usare  la pancia  lasciandosi prendere  dalla paura  e diventa  vedere  questo  video  ( non sono riuscito  a  trovare il   codice   per    riportarlo qui  sul  blog  )      xenofobo e razzista   anche  quando  non lo  è  mai stato  , stando  alle dichiarazioni  , lasciate per   gettare  acqua  sul fuoco e  non passare per  razzisti   )  infatti  non li volevano e li vedevano con sospetto ma poi ..... a


Coscogno di Pavullo, l’anti-Gorino «Noi sfamiamo i profughi»


Pavullo (Modena). Quando i profughi erano arrivati il 19 agosto era scattata la levata di scudi. Il sindaco fu costretto ad affrontare la situazione in un’assemblea pubblica. Dopo due mesi quei migranti che avevano scatenato un’accesa protesta, sono diventati quasi come dei figli per la popolazione in gran parte anziana del paese
La frazione di Pavullo ha adottato i migranti e li aiuta quando i soldi non bastano «Se lo meritano: sono bravi ragazzi, educati e sempre pronti a dare una mano»



di Daniele Montanari








PAVULLO. Quando erano arrivati il 19 agosto era scattata la levata di scudi “protettiva” sulla frazione. Nulla a che vedere con le barricate che si sono viste due giorni fa a Gorino, nel Ferrarese, ma il sindaco fu costretto ad affrontare la situazione in un’assemblea pubblica.
Ora, dopo due mesi quei migranti che avevano scatenato un’accesa protesta, sono diventati quasi come dei figlioli per la popolazione in gran parte anziana del paese, che sta vedendo in loro dei gran bravi ragazzi. Al punto da preoccuparsi anche che mangino abbastanza e da sopperire, in caso contrario.
Accade a Coscogno (Pavullo), dove è stato più che superato lo “choc” dell’arrivo di dieci profughi (sette dal Mali, due dal Gambia e uno dalla Costa d’Avorio), sembrati subito troppi a fronte di nemmeno 300 abitanti. La dimostrazione plateale la si è avuta in questi giorni, in cui si sono avvertiti i risvolti diretti del mancato pagamento da parte dello Stato alla Caleidos, la coop che gestisce l’accoglienza, di quasi 5 milioni di euro di arretrati. Prima a ognuno di loro venivano corrisposti 225 euro al mese, 150 per comprarsi da mangiare e 75 (la cosiddetta “pocket money”) per esigenze varie. Adesso la coop riesce a dare loro solo i 75, che devono servire per tutto. Ma nell’ultima settimana i ragazzi erano rimasti quasi senza niente: «Ci veniva fame», hanno raccontato ieri due del gruppo mentre aspettavano di andare alla lezione pomeridiana di italiano. «Però – hanno precisato subito – qui ci hanno aiutato tanto».



nfatti scattata la mobilitazione generale, tra persone che hanno portato loro qualcosa da casa e altre che hanno pagato da mangiare e bere al bar.
«Non si può fare altrimenti di fronte a persone così educate – conferma un signore che vuole l’anonimato ma è il benefattore maggiore – se vedono che c’è bisogno di una mano son subito lì. Portano pesi, puliscono, spazzano... E anche se fa freddo non vengono dentro al bar, se non li chiami». «Si stanno comportando solo bene, uno l’altro giorno voleva anche aiutarmi in concessionaria», sottolinea Giuliano Cornia. «Sono gentili, e non danno nessuna noia» conferma Leonardo Chezzi. «Sanno che mi fa male la schiena e mi aiutano a portare in casa la legna – racconta Armando Pignattari – io quando posso pago loro sempre qualcosa». «Ci fa piacere la solidarietà che si è attivata e ringraziamo la gente di Coscogno», nota Elena Oliva, presidente Caleidos.




«Anche il nostro personale sta facendo oltre il dovuto, anticipando in diversi casi i pagamenti al supermercato col proprio portafogli, perché nessuno ci fa più credito. Ma non può essere questo il sistema, lo Stato non può scaricarci addosso il problema contando sull’umanità.Questo è un sopravvivere, non un vivere. Non è il progetto d’accoglienza per cui ci siamo spesi».

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...