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26.1.09

Benedizioni

In questi giorni non posso dedicarmi al blog come vorrei. Ed è un vero peccato, perché di cosette interessanti ce ne sarebbero parecchie, e sarebbe anche il caso di soffermarvisi un poco. Dacché, appunto, non mi è del tutto possibile, mi limito a qualche lapidario commento.


Innanzi tutto sul neopresidente Barack Hussein (a lato, con la moglie Michelle). Il quale, per aver semplicemente manifestato di voler rispettare la volontà delle donne che abortiscono (ché questo è il VERO senso dell'abolizione delle norme oscurantiste del suo predecessore W.) si è beccato le infiammate reprimende del Vaticano. Conosciamo tutti a menadito la strenua battaglia d'un pugno di maschi celibi, misogini e saccenti contro le esecrande assassine che osano violare la legge divina e, soprattutto, la potestà dell'uomo sul loro corpo-contenitore. In nome della Vita, certo. Forse dovremmo rettificare con "integrità della stirpe". Già. Perché non è forse ozioso ricordare che l'aborto era considerato un reato abominevole anche presso i fascisti e i nazisti. Quanto questi regimi proteggessero la vita umana è, o meglio dovrebbe, risultar chiaro a chiunque, comunque di questi tempi pare sia diventato opportuno ricordarlo.


Ma è evidente che qui si cerca, per parlar come si mangia, di "ciurlare nel manico". L'aborto non è che un pretesto. Il Vaticano è fortemente irritato per l'elezione di H., malgrado i verdi e ipocriti sorrisi. Tifavano per il repubblicano, antiabortista, antigay, antieutanasia, ché questi per la Chiesa di Ratzinger (non dico cattolica) sono gli autentici nemici da combattere. E, si badi bene: con questo atteggiamento i papisti non fanno altro che impedire fin dall'inizio ogni dibattito sereno e approfondito sui temi in questione. Ma, in verità, non gliene importa nulla.



Cosa importa se Barack Hussein vuol chiudere Guantanamo? Anche lì sono state stroncate vite umane, ma sembra che ai loro lamenti il Vaticano sia molto meno sensibile. Per non parlare degli altri argomenti toccati nel discorso d'insediamento, dalla disoccupazione ai rapporti con l'Islam, che meriterebbero ben altra attenzione da quella che sto prestandovi io.



Ad ogni modo: all'approssimarsi della Giornata della Memoria, la Chiesa di Ratzinger (non dico cattolica) ha pensato bene di compiere, come ha scritto l'"Osservatore Romano", un "atto di misericordia". Strano atto davvero, perché per ottenere misericordia occorre quantomeno un pentimento, altrimenti il perdono è impossibile, "per la contradizion che no 'l consente".


Questi perdonati non pentiti sono i seguaci dell'ex scomunicato arcivescovo Marcel Lefebvre (foto in basso). Su Wikipedia qualche suo adepto ha stilato un'agiografia del sant'uomo, ma non è difficile reperire notizie "serie" sul suo conto. Il sig. Lefebvre (fra poco lo canonizzeranno sul serio, ma io continuerò a reputarlo scismatico), in nome della Tradizione pietrificata nel passato, era un fondamentalista. Considerava il Concilio Vaticano II opera del diavolo. Rifiutava l'ecumenismo, considerava "false" le altre religioni, perché tutti dovevano (devono: i suoi successori la pensano ancora così) convertirsi al cristianesimo. Tacciava d'eresia tutti i Pontefici dopo Pio XII. Ovviamente, da arcivescovo di Dakar, non mi risulta rifiutasse il colonialismo (tutt'altro); quanto agli ebrei, è altrettanto ovvio che si oppose con tutte le sue forze alla revoca della maledizione contro di loro, in quanto "deicidi". E due anni prima di essere scomunicato, nel 1986, ricordo bene che orde di lefebvriani invasero Roma per contestare chiassosamente l'incontro di Giovanni Paolo II con l'allora rabbino capo della città, prof. Elio Toaff. Sorvolarono i cieli della capitale in elicottero gettando volantini nei quali si leggevano le seguenti parole: "Papa fermati, non andare da Caifa".


E ricordo bene pure Ratzinger, i giorni immediatamente successivi alla scomunica di Lefebvre. "Quest'uomo ha molti meriti", rifletteva sconsolato con la sua voce bianca, flebile, quasi aerea. Si capiva chiaramente che, fosse stato per lui, non avrebbe mai e poi mai cacciato da Santa Romana Chiesa questa perla d'uomo.


Ci ha pensato un po', poi, diventato Papa, ha ritirato quella scomunica. Di sabato (il giorno sacro degli ebrei). Tra i "graziati" i vescovi Williamson, Fellay e don Davide Pagliarani. Ciò che soprattutto Williamson pensa sulle camere a gas e, in genere, sulla Shoah è degno di menzione. "Al massimo - ragiona Williamson - duecentomila o trecentomila ebrei morirono nei campi di concentramenti nazisti, ma le camere a gas non sono mai esistite". Al massimo. Due o trecentomila, cosa volete che siano? Alla fine, si tratta solo di ebrei! Ma non è finita: secondo il giornalista di "Repubblica" che ha riportato la notizia, Williamson avrebbe fornito spiegazioni tecniche dettagliate, facendo notare l' altezza e la forma secondo lui inadeguate dei camini e le porte che secondo lui non erano stagne, cioè non a prova di gas.


Altra perla: "L'antisemitismo può essere cattivo solo quando è contro la verità, ma se c' è qualcosa di vero non può essere cattivo. Non sono interessato alla parola antisemitismo".


Don Davide Pagliarani, rappresentante della Comunità qui in Italia, incalzato su Williamson ha così risposto al Tg2 di sabato sera: "Io non sono uno storico e delle camere a gas non mi sono mai interessato".


Mons. Fellay, dal canto suo, afferma che lui alla Shoah crede, del resto "non si è trattato dell'unico genocidio della storia", e si sa che per la Chiesa uccidere anche una sola persona è atto estremamente malvagio, ecc. Si può scommettere che un aborto farebbe fremere di orrore mons. Fellay molto più di sei milioni di luridi deicidi.


Questi sono i nuovi pastori d'anime della Chiesa ratzingeriana (non dico cattolica). Da sabato scorso "antisemitismo" non è più sinonimo di male assoluto; ne esiste infatti anche una versione buona. E non vengano a ciarlare che l'opinione "politica" (?) d'un singolo vescovo non conta nulla: conta, invece, e il Vaticano ha sempre dimostrato di badarvi moltissimo, specie quando si è trattato di schiacciare i teologi della liberazione e di lasciar solo mons. Romero (forse vale la pena di puntualizzare che nei confronti di questi ultimi non sono previste né riconciliazioni, né misericordia, né pubblici abbracci, ecc.).



Post scriptum. Barack in arabo significa "Benedetto". Ma le analogie tra il presidente americano e il papa tedesco si fermano qui. Grazie a Dio (che naturalmente, in tutto questo discorso, non c'entra nulla).


Daniela Tuscano



16.3.07

scoperto l'autori di tutti i reati terroristici dell'universo mondo

Il terrorismo globale non c’è più: il cervello ha confessato

Maurizio Blondet

16/03/2007


Il «super-terrorista» Khalid Sheikh Mohammed


«Sono responsabile dell’operazione dell’11 Settembre dalla A alla Zeta»: finalmente il cervello di Al Qaeda ha confessato.
Spontaneamente.
A Guantanamo.
In udienza a porte chiuse.
Davanti a giudici militari senza nome.
Senza difesa legale.
E attraverso un «rappresentante personale», qualunque cosa ciò voglia dire.
Khalid Sheikh Mohammed è dunque il numero uno di Al Qaeda?
O il «braccio destro» di bin Laden? O uno dei tantissimi «bracci destri»? Certo è che finalmente la complicata matassa è stata sciolta.
Il terrorista braccio destro o numero uno, un pakistano arrestato nel 2003, torturato (per sua denuncia poi ritrattata), è l’intero terrorismo islamico che gli Stati Uniti stavano cercando.
Non è solo uno, è tutto.
L'intero terrorismo mondiale in una sola persona.
Si è dichiarato colpevole dell’11 settembre.
Ma anche di aver organizzato il precedente attacco alle Twin Towers, quello del 1993.
E’ reo confesso dell’attentato alla discoteca di Bali.
Di aver cercato di far esplodere in volo due aerei tramite terroristi suicidi con scarpe esplosive.
Ha provato a far saltare l’Empire State Building, la Sears Tower di Chicago, la Library Tower in California, e Wall Streeet.
Ha ammesso di aver ammazzato il giornalista Daniel Pearl.
Di essere stato il comandante operativo militare, ma anche il responsabile - media (sic) di Al Zarkawi.
E’ stato il direttore della «Casa dei martiri» nella provincia di Kandahar, dove ha addestrato tutti i 19 dirottatori dell’11 settembre.
E’ il responsabile della pianificazione e del finanziamento di operazioni (mai avvenute) per bloccare lo stretto di Ormuz, il porto di Singapore e lo stretto di Gibilterra facendovi saltare e affondare petroliere o navi d’altro tipo.
E non si dimentichi che ha pianificato lo stesso attentato per il canale di Panama.
Ha architettato anche la distruzione dei ponti sospesi di New York, e i piani per uccidere vari presidenti USA, fra cui Carter.
Nel frattempo, ha pianificato anche la distruzione, a Londra, del Big Ben, dell’aeroporto di Heathrow, del quartiere Canary Warf.
Ha programmato di colpire la città israeliana di Eilat con aerei decollati dall’Arabia Saudita.




Nei ritagli di tempo, ha progettato attentati alle ambasciate americane in Giappone, Australia  e Indonesia.
Senza tralasciare, en passant, di uccidere due soldati americani in Kuweit.
Ha diretto lui tutte le operazioni relative alla produzione di armi chimiche e batterioligche, compreso l’antrace comprovatamente uscito dal laboratorio USA di Fort Detrick.
E’ stato lui a mettere a segno l’attentato dell’Hotel di Mombasa.
E’ stato lui, ancora e sempre lui, a dirigere il lancio di un missile russo SA-7 contro un aereo El-Al in decollo da Mombasa.
Ha guidato la sorveglianza attorno a varie centrali aromiche americane, che intendeva far saltare.
Ha finanziato attentati anti-americani, anti-inglesi ed anti-ebraici in Turchia.
E’ lui il supervisore di operazioni intese a colpire le centrali NATO in Europa.
Si è dichiarato responsabile del tentativo di distruggere una «impresa petrolifera di proprietà dell’ebreo ex segretario di Stato Henry Kissinger nell’isola di Sumatra».
Si è confessato non autore unico, ma co-operatore, di un tentativo di ammazzare Giovanni Paolo II durante il viaggio alle Filippine, e Musharraf .
Non c’è notizia più bella.
Tutti i dubbi, gli interrogativi e le contraddizioni  riguardanti gli attentati «islamici» e le ambiguità di personaggi forse inventati come Al-Zarkawi sono risolti: è stato lui, Sheik Mohammed.
E lo ha fatto spontaneamente.
Quindi, non c’è dubbio.
L’intera questione del terrorismo islamico è stata risolta: essendo in galera a Guantanamo  questo cervello unico di tutte le malefatte e i delitti avvenuti e non avvenuti nel mondo, non esiste più alcun terrorismo islamico.
Faceva tutto lui, Mohammed, questo stakanovista del terrore.
Non è più necessario cercare bin Laden, che a questo punto si riduce a livello di numero 6 o 7: abbiamo nelle mani il vero numero uno, Mohammed il pakistano.
Dunque, a che pro restare ad occupare l’Iraq e l’Afghanistan?
La guerra globale contro il terrorismo è vinta.
Bush può dire, finalmente, «Mission accomplished».
E’ finita, si torna a casa.




E’ strano che questo personaggio fosse in galera dal 2003, e tuttavia Al Qaeda - della cui esistenza giura l’indubitabile Magdi Allam, e il cui organigramma ci è stato tanto spesso riferito minutamente da Guido Olimpio su indicazioni del Mossad - potesse in qualche modo operare.
Come faceva, senza Mohammed il pakistano, a cavare un ragno dal buco?
Da dove venivano i video di Al-Zarkawi, visto che l’uomo che ne curava non solo l’organizzazione bellica, ma anche l’immagine mediatica, era detenuto?
E da dove vengono i video Made in USA degli altri bracci destri e numeri-due che ci vengono ammanniti via Al Jazerra?
Strano anche il fatto che Mohammed non si sia dichiarato colpevole degli attentati di Londra e di Madrid.
Era in galera, ma che vuol dire?
Un uomo di tali capacità, con il dono dell’ubiquità e della bilocazione, può benissimo aver addestrato i terroristi di Londra e Madrid per via telepatica.
E la sua partecipazione all’assassinio di Hariri e al programma nucleare iraniano, perché ne tace?
Forse gli  specialisti di «interrogatori» a Guantanamo, nell’entusiasmo, hanno dimenticato di fargli domande precise.
Di stringergli i pollici nelle tenaglie.
Hanno pasticciato con troppa fretta nel «waterboarding», il soffocamento con acqua.
E così restiamo a corto di informazioni della massima importanza: Mohamed ha allestito Auschwitz? E’ un negazionista? Ha portato lui al potere Ahmadinejad, il nuovo Hitler?
Ha finanziato Hamas? Ha ammazzato lui Calipari? E’ lui la vera causa dell’effetto serra?
Dello scongelamento dell’Artide? Dello tsunami? Non sapremo mai la verità completa, senza un altro giro di tenaglie.



Ma anche così va bene: il cervello del terrorismo totale ha confessato, sicchè il terrorismo è finito e senza cervello.
Nemmeno il KGB nei suoi tempi migliori riusciva ad ottenere confessioni così complete e spontanee.
La civiltà occidentale ha vinto, ha trionfato la democrazia di mercato giudaico-cristiana.
Ecco finalmente una verità a cui Pezzana può credere ciecamente: questa sì è informazione corretta. Sono curioso di sapere cosa scriverà Magdi Allam.
E cosa Guido Olimpi o Massimo Introvigne: anche il loro lavoro è finito.
Dovranno cercarsene un altro.

Maurizio Blondet

(leggere, per credere, la spontanea confessione del delinquente al sito del Pentagono


http://www.defenselink.mil/news/transcript_ISN10024.pdf.)
 
 
dal sito http://www.effedieffe.com/index.php

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Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...