La giovane donna, trentenne, trovandosi in una situazione di grave difficoltà e senza dimora, è stata soccorsa nei giorni scorsi dalla polizia municipale e dai servizi sociali del Comune di Avellino, che hanno tentato di offrirle un aiuto concreto. Nonostante l'impegno delle istituzioni, Rania ha rifiutato ogni forma di assistenza, dichiarando con fermezza «il desiderio di restare libera e di rivendicare il diritto all'autodeterminazione». La sindaca Laura Nargi ha avviato un dialogo con le autorità competenti e con l'azienda sanitaria locale per predisporre un piano di assistenza mirato. L'intento è quello di garantire a Rania un'accoglienza sicura in una struttura adeguata, dove potrebbe ricevere supporto sia dal punto di vista sociale che sanitario.
«Non siamo rimasti indifferenti di fronte a questa emergenza- ha dichiarato la sindaca - importante una risposta tempestiva e coordinata. L'obiettivo principale dell'amministrazione è sempre stato quello di offrire a Rania una via d'uscita dalla sua condizione di precarietà, coinvolgendo tutti gli enti preposti per costruire un percorso di recupero e reinserimento nella comunità». Ma Rania ha opposto un netto rifiuto all'assistenza proposta, dichiarando la volontà di non essere vincolata a strutture o programmi di recupero, ritenendo che la libertà personale debba prevalere su qualsiasi intervento esterno.
L'ex popstar ieri da Avellino si è incamminata ed è arrivata a Mercogliano, dove, questa notte, ha dormito sotto una pioggia battente. «Stiamo cercando di aiutare la giovane cantante olandese in difficoltà. Sono in contatto con l'ambasciata olandese-ha detto il sindaco di Mercogliano, Vittorio D' Alessio- alla quale ho spiegato la situazione di Rania e sto ricevendo le giuste indicazioni. Intanto, è sul posto la psicologa Michela Bortugno dei nostri servizi sociali che sta tentando di dialogare con la ragazza. Abbiamo già ottenuto la disponibilità di una struttura sul territorio, nella quale poter ospitare Rania non solo per una doccia, ma un posto sicuro per consentirle un recupero psicofisico».
Per Rania si sta impegnando anche Francesco Emilio Borrelli, il parlamentare napoletano. «Faremo da tramite con l'ambasciata olandese affinché possa essere messa in contatto con la famiglia - ha detto Borrelli - la storia di Rania è la testimonianza di come ognuno di noi, nessuno escluso, possa vivere, a prescindere dalla condizioni di partenza, dallo stato sociale, dalla professione, dal successo, momenti drammatici e farsi sfuggire dalle mani il controllo della propria vita».«Rania Zeriri è a Mercogliano». È un nome che a molti potrebbe non dire nulla, ma in olanda Rania è una pop star molto famosa. La 39enne ora si trova ad Avellino, non su un palco o in qualche hotel di lusso, ma per strada, come clochard. Sono tantissimi gli appelli sui social che riguardano la giovane donna. Il sindaco Vittorio D'Alessio ha condiviso un post sulla sua pagina Facebook.
Gli aiuti
«Sono in contatto con l'Ambasciata olandese» afferma il sindaco «alla quale ho spiegato la situazione di Rania e sto ricevendo le giuste indicazioni. Intanto, è sul posto la psicologa Michela Bortugno afferente ai nostri servizi sociali che sta tentando di dialogare con la ragazza.Abbiamo già ottenuto la disponibilità di una struttura sul territorio, nella quale poter ospitare Rania non solo per una doccia, ma un posto sicuro per consentirle un recupero psicofisico».
La giovane, infatti, «Dopo la morte della madre ha sviluppato psicosi e depressione, condizioni che l’hanno portata a vivere per strada ora si è ritrovata a vivere senza fissa dimora ad Avellino. Ora, la sua famiglia la sta cercando in Olanda».Secondo gli ultimi aggiornamenti, come condiviso sui social di Francesco Emilio Borrelli, i soccorritori assieme al sindaco Di Mercogliano hanno convinto oggi Rania, per la prima volta, ad accettare aiuti e cure.
Chi è Rania Zeriri
Rania Zeriri è una cantante olandese, nata il 6 gennaio 1986 a Enschede, nei Paesi Bassi. Cresciuta in una famiglia mista, ha studiato spagnolo in Spagna e ha lavorato nel settore dell'animazione turistica, iniziando a cantare in alberghi. Ha guadagnato notorietà partecipando alla quinta edizione del talent show tedesco "Deutschland sucht den Superstar" (DSDS), dove si è classificata quinta.
La sua carriera musicale è decollata dopo il programma, con la pubblicazione del suo singolo di debutto "Crying Undercover" nel 2008. Rania ha anche affrontato controversie durante la sua partecipazione al DSDS, inclusa un'accusa di uso di droghe, che ha respinto pubblicamente. Oltre alla musica, ha studiato al Conservatorio di Enschede e lavora come reporter per un'emittente locale.
Salvi dalla fucilazione, piantano un albero: la storia del monumentale “Piopp de Ambrous
Varedo. Sono 207 gli alberi monumentali presenti in Brianza. Giganti verdi custodi non solo di maestosità e bellezza, ma anche di storie lontane. E tra questi, c’è un albero in particolare che è testimone di un periodo storico importante per tutti noi: quello della
Seconda guerra mondiale. Si tratta del Pioppo di Varedo, “nato” nel 1946 come simbolo di libertà. I protagonisti di questa incredibile storia sono Carlo e Ambrogio, due fratelli. A raccontarci del loro pioppo è Saro Sciuto dell’Associazione RAMI che ha raccolto la testimonianza di Ambrogio.
Il Piopp de Ambrous: l’albero simbolo di libertà
“La famiglia di Carlo e Ambrogio vive accanto alla Villa Bagatti, quartier generale dei nazisti in quel di Varedo. Visto l’orientamento politico non in contraddizione con gli obiettivi nazi-fascisti, sono ben conosciuti dal luogotenente locale, e la vicinanza tra i due edifici è talmente esigua da permettere al piccolo Ambrogio di poter guardare perfino nell’aia della storica villa, costruita nel secolo precedente”, spiega Sciuto. L’inizio di questa storia, però, risale al 10 luglio 1943.“Ambrogio ha soli 3 anni e 3 mesi: dalla radio un severo quanto speranzoso annuncio recita che gli Alleati sono sbarcati in Sicilia. Il piccolo Ambrogio è accanto al luogotenente e non dimenticherà mai l’espressione del nazista che esclama per ben tre volte un rassegnato: ‘Non va bene, non va bene, non va bene'”.
La guerra e quel pioppo di Varedo piantato per dire “grazie”
Da quell’estate del ’43, i ricordi di Ambrogio fanno un salto fino al 1945: i nazisti sono costretti alla resa e hanno ormai raccattato i loro averi, pronti per imboccare, a una certa altezza, la statale dei Giovi.
“A partenza imminente, un facinoroso antifascista sbuca da un bar e spara, ferendo mortalmente un tale Otto, che muore sul colpo. Il suo corpo resterà nel cimitero di Varedo per oltre 70 anni. La rappresaglia è praticamente immediata: vengono presi in ostaggio dai soldati sette uomini, tra i quali Carlo e suo fratello, pronti per essere giustiziati. Ma la regola nazista dice che devono essere dieci i condannati a morte per ogni singolo tedesco ucciso. Si cercano gli altri tre, ma in giro tutti si sono dileguati come potevano”, racconta ancora Saro Sciuto, che ha raccolto la testimonianza dell’anziano brianzolo.“Nel frattempo, il caporale tedesco riconosce in mezzo al gruppo Carlo e suo fratello e ordina che queste due persone non vengano giustiziate. Si cercano così inutilmente altri cinque uomini, che furbescamente si erano dileguati in vari nascondigli, chissà dove. La rappresaglia non viene eseguita e il capo ordina che per tre giorni nessuno si facesse vedere in giro e per nessun motivo. L’invito, però, non viene colto da tutti e alcuni curiosi vengono uccisi da infallibili cecchini. La guerra è finita”, conclude.
Come ringraziamento alla vita per essere stati risparmiati, nel 1946, quando Ambrogio ha solo 6 anni, i due fratelli mettono a dimora nel loro campo di Varedo due pioppi, uno accanto all’altro.
Tra i 207 alberi monumentali in Brianza, anche il Pioppo di Varedo
Di quei due pioppi, oggi ne è sopravvissuto solo uno. Ha 80 anni e misura ben 4 metri di circonferenza. Un gigante verde che custodisce un pezzo di storia davvero importante e sicuramente molti ricordi. Ambrogio accanto al suo pioppo. Foto di Saro Sciuto“Un albero della libertà? – conclude Sciuto – Ambrogio non lo reputa tale, perché il belligerante lustro ad Ambrogio non ha portato, tutto sommato, dolore, ma il contrario”.
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Mostra lo stato della medaglia d’oro vinta a Parigi 2024, non sa cosa fare: “È da restituire?”
Ancora una volta si torna a discutere delle medaglie degli ultimi Giochi di Parigi. Un altro atleta si è lamentato e non poco per le condizioni del prestigioso cimelio vinto alle ultime paralimpiadi. Si tratta di Hunter Woodhall, che ha conquistato l'oro nella prova dei 400 metri T62 maschili. A soli cinque mesi dal successo, in un video suo social, il classe 1999 americano ha posto ai suoi followers una domanda sulla fine da far fare alla
medaglia.Woodhall ha mostrato a tutti le condizioni della sua medaglia. In realtà il problema non è il premio vero e proprio, ma il laccio che lo tiene legato che si è quasi completamente tagliato. Per questo il campione olimpico nel video ha spiegato: "Ho bisogno del vostro parere su una questione. Come avrete visto, ho strappato accidentalmente il nastro della mia medaglia di Parigi. Mi sono rivolto agli organizzatori e hanno detto che avrebbero riparato il nastro. L'unico problema è che non puoi rimuoverlo senza rovinare la medaglia, quindi ho due opzioni".L'atleta può seguire solo due strade a questo punto: "O tengo la medaglia originale e aggiusto il nastro cucendolo e quindi possono tenere il tutto con ammaccature e colpi. Oppure posso rispedire indietro la medaglia e loro possono inviarmene una nuova con un nastrino fisso. In questo caso però sarà una medaglia diversa. Non riusciamo proprio a decidere".
Molto combattutto dunque Woodhall che si unisce al coro dei campioni olimpici e paralimpici che hanno avuto a che fare con problemi alle loro medaglie. Sono circa 100 gli atleti che hanno restituito i loro cimeli, alcuni di questi a causa di danni e ruggine. Una situazione che ha alimentato il dibattito sulla qualità dei premi, non proprio di primissimo livello. Infatti secondo la stampa francese, la dirigenza dell'azienda produttrice delle medaglie è stata tagliata fuori dal comitato olimpico. I problemi sono sorti proprio a causa della mancanza di tempo nella realizzazione delle stesse che ha portato ad un'accelerata nei test.