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29.8.24

La cina dominerà il medagliere della paraolimpiadi anche in queste edizioni ? ., i tre nuotatori paralimpici italiani Simone Barlaam, Federico Morlacchi e Alberto Amodeo le tre gambette maschili dell'italia ., sta cambiando il linguaggio su come presentare gli atleti paraolimpici


Le gare di queste Paralimpiadi sono appena iniziate, ma con ogni probabilità si sa già e  si prevede  (  salvo  colpi  di  scena   )   quale nazione vincerà il medagliere alla fine dei Giochi: la Cina. È così da 20 anni. È già successo ad Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012, Rio 2016 e Tokyo, nel 2021: nell'ultima edizione la Cina vinse 96 ori, più del doppio della Gran Bretagna seconda nel medagliere.

Il sollevatore di pesi Qi Yongkai, portabandiera 
della Cina alla cerimonia di apertura
 (Julien De Rosa-Pool/Getty Images)

Il motivo principale per cui la Cina è così forte alle Paralimpiadi sono gli ingenti investimenti statali nello sport paralimpico. A nord di Pechino c'è il più grande centro di preparazione al mondo per atleti di alto livello con disabilità: Le Monde lo ha visitato (ma non ha fatto foto). È un posto grande 0,23 chilometri quadrati con strutture di ogni genere per lo sport, finanziato dallo stato. Fu inaugurato nel 2007, poco prima dei Giochi olimpici e paralimpici di casa a Pechino. Ci vanno atleti paralimpici di sport diversi e per diverse settimane all'anno prima dei grandi eventi, ma poi solitamente per il resto del   tempo si allenano in altri 30 centri regionali: la struttura ben ramificata sul territorio aiuta a scovare i talenti e a coltivarli.Fin qui  niente    d'eccezionale  in   quantro uno statgo a prescindere  dalla  forma di  governo  ha sempre  sostenuto e  incentivato   economicamente    e  non   lo  sport     sia  disabili che  non  .
 Ma  Il successo della Cina alle Paralimpiadi è molto criticato a livello internazionale, perché fuori dallo sport le persone con disabilità sono spesso ai margini della società: ci sono state diverse denunce da parte di organizzazioni per i diritti umani contro la segregazione nel sistema educativo dei bambini con disabilità, che vengono spesso esclusi dalle scuole tradizionali perché non può essere loro garantito un sostegno adeguato. L'accusa che viene più spesso mossa alla Cina è di interessarsi alle persone con disabilità solo quando possono portare successi sportivi. Secondo le statistiche ufficiali negli ultimi anni le cose sarebbero migliorate: nel 2021 circa 470mila giovani cinesi con disabilità frequentavano le scuole tradizionali, più del doppio rispetto al 2012.

Fra  le  gare   d'oggi  ci  sono  quelle  del nuoto   ed   proprio    su  d'esse  che  si  basa   l'articolo   preso  dalla  newsletrter odierna  pari de ilpost.it 



                        Le 3 gambette  e  un po' Un po' di spiegazioni sul nuoto

Visto che da oggi ci saranno le gare di moltissime specialità, e visto che l'Italia ha una delegazione eccezionalmente competitiva. Ci saranno peraltro gare per quasi tutta la durata dei Giochi: andranno avanti fino al 7 settembre. Il luogo è lo stesso delle gare di nuoto alle Olimpiadi, la Defense Arena di Parigi.
Il nuoto è uno dei tre sport paralimpici (insieme ad atletica e tennistavolo) in cui gareggiano atleti con tutti e tre i diversi tipi di disabilità previsti alle paralimpiadi: motoria, visiva e intellettiva. I nuotatori paralimpici sono divisi in 14 categorie a seconda delle disabilità, da S1 a S14. Queste devono poi combinarsi con le diverse discipline del nuoto (stile libero, dorso, farfalla, rana e misto). La “S” davanti al numero può essere accompagnata da altre lettere: quando c'è solo la “S” significa che sono gare di stile libero, dorso o farfalla; “SB” sono le gare di rana; “SM” quelle miste.
– Le categorie da S1 a S10 indicano disabilità fisiche: più basso è il numero, più alto è il grado di disabilità. Possono nuotare nella stessa categoria anche atleti con disabilità tra loro apparentemente molto diverse, ma che si considera abbiano un impatto simile sulla prestazione.
– Le categorie da S11 a S13 sono per atleti con disabilità visive: nella 11 ci sono nuotatori ciechi o con visibilità molto limitata, e poi più si alza il numero più aumenta la visibilità degli atleti o l'ampiezza del loro campo visivo. I nuotatori ciechi hanno un assistente detto “tapper” (“battitore”) che usa un'asta per dare loro dei colpetti quando si avvicinano alla fine della vasca.
– La categoria S14 è per atleti con disabilità intellettive.

Qualche settimana fa i tre nuotatori paralimpici italiani Simone Barlaam, Federico Morlacchi e Alberto Amodeo hanno reso pubblico un profilo Instagram scherzoso che gestiscono insieme già da un po' di tempo: si chiama “Le 3 gambette”, in riferimento alle loro disabilità alle gambe.


La foto più recente postata sul profilo. Da sinistra: Barlaam, Morlacchi e Amodeo



Barlaam e Morlacchi hanno entrambi fin dalla nascita un’ipoplasia, cioè uno sviluppo incompleto, di un femore (rispettivamente destro e sinistro); Amodeo invece perse la gamba destra in un incidente a 12 anni.
Sono simpatici e tutti e tre molto forti, quindi vi consigliamo di seguire il profilo, che in questi giorni di gare potrebbe riservare qualche contenuto notevole.

sempre   dalla   stessa fonte  


Il racconto dello sport paralimpico è cambiato
Nelle campagne promozionali e sui social, atlete e atleti sono meno "superumani" di una volta e delle loro disabilità si può addirittura scherzare




Per le Paralimpiadi di Londra 2012 la televisione pubblica britannica Channel 4, che trasmetteva i Giochi, fece un’estesa campagna pubblicitaria intitolata «Eccovi i superumani», che ebbe grande risonanza mediatica internazionale e negli anni successivi influenzò molto il racconto dello sport paralimpico. Non fu la prima o l’unica di quel tipo, ma è tuttora una delle più note e ricordate. Da qualche tempo il movimento paralimpico sta facendo diversi sforzi per liberarsi da quella retorica, che vede gli atleti con disabilità come persone “speciali” o “supereroi”, da esaltare per il solo fatto che riescano a partecipare alle Paralimpiadi.
Da alcuni anni, e in vista delle Paralimpiadi di Parigi 2024, il Comitato paralimpico internazionale ha avviato un tipo di comunicazione che ha l’obiettivo di far concentrare il pubblico più sull’attività sportiva degli atleti paralimpici che sulla loro storia di persone disabili; che spieghi le particolarità di certi sport meno noti e che mostri le difficoltà degli atleti legate alle disabilità come una parte dei molti problemi che qualsiasi sportivo di alto livello deve affrontare, senza drammatizzarle. Gli atleti paralimpici stessi ultimamente hanno preso sempre più spesso posizione per chiedere di essere trattati appunto come tutti gli atleti professionisti, piuttosto che come persone e atleti in qualche modo “speciali”.
Come parte di questa nuova strategia comunicativa, sui social network e soprattutto su TikTok, i profili ufficiali delle Paralimpiadi pubblicano ormai sistematicamente video in cui si scherza sulla disabilità, nel tentativo di normalizzarla ma anche di aumentare la visibilità degli sport paralimpici e attirare l’interesse del pubblico: alcuni video sono stati criticati perché giudicati sconvenienti, per esempio perché si fa ironia su un atleta cieco che non trova la sua bici. Ma è un approccio rivendicato dal Comitato paralimpico, sta avendo successo ed è stato accolto generalmente bene dagli atleti.

Le Paralimpiadi di Londra 2012 sono abbastanza unanimemente riconosciute come un grande momento di svolta per lo sport paralimpico, perlopiù in positivo. Fu la prima volta in cui le Paralimpiadi vennero davvero trattate come parte di un evento sportivo unico insieme alle Olimpiadi, invece che come qualcosa di secondario e isolato. La campagna di promozione fu senza precedenti (ebbe successo anche perché fu in lingua inglese) e iniziò con mesi d’anticipo. Nelle pubblicità erano molto presenti gli atleti paralimpici britannici, essendo Londra la sede, ma si puntò moltissimo soprattutto sul sudafricano Oscar Pistorius, che a quell’edizione dei Giochi sarebbe diventato il primo atleta amputato a gareggiare ai Giochi olimpici e che partecipò poi anche a quelli Paralimpici (vincendo in questi ultimi due ori e un argento). Attualmente Pistorius sta scontando una pena a oltre 13 anni di carcere per aver ucciso la sua ex compagna Reeva Steenkamp (all’inizio del 2024 è uscito di prigione ma è ancora in libertà vigilata).
Londra 2012 è tuttora l’edizione delle Paralimpiadi in cui vennero venduti più biglietti, 2,7 milioni, un numero che con ogni probabilità non sarà eguagliato nemmeno a Parigi 2024, nonostante fossero stati fatti piani per provare a superarlo. Fu in generale un’edizione di grande successo per diverse ragioni, che ebbe molto seguito anche grazie a una copertura televisiva eccezionale per le Paralimpiadi, almeno fino a quel momento, e che da quel punto di vista influenzò positivamente le edizioni successive.
L’eredità delle Paralimpiadi di Londra però è ancora oggi in parte dibattuta: a livello locale perché secondo molti a quel successo – che fu molto celebrato dalle istituzioni – non seguirono miglioramenti per la vita delle persone disabili nel Regno Unito; e poi a un livello più generale perché contribuirono a rendere popolare la retorica degli atleti paralimpici come “supereroi”. Oggi è ancora piuttosto presente e diffusa, ma è percepita da molti come superata ed è ormai ritenuta più che altro dannosa dagli addetti ai lavori.
Un esempio di come le cose siano cambiate solo di recente lo mostra l’approccio tenuto dalla stessa Channel 4: dopo la campagna pubblicitaria sui “superumani” del 2012, ci furono quella di Rio 2016 intitolata «Siamo i superumani» e quella di Tokyo 2020, «Super. Umano», tutte molto simili. Per Parigi 2024 invece il messaggio di fondo è radicalmente diverso. Il video della nuova campagna si intitola «Considerato cosa?», in riferimento a una scena in cui due ragazzi stanno guardando una gara paralimpica e una dei due commenta dicendo: «Sta andando bene lei, tutto considerato». L’altro le chiede, appunto: «Considerato cosa?».
«Piuttosto che mostrare gli atleti che “superano le loro disabilità”, il video ritrae i paralimpici che affrontano e superano forze come la gravità, l’attrito e il tempo […], che non fanno eccezione per nessun atleta», ha scritto Channel 4 in un comunicato per presentare la campagna. Non fa riferimento esplicito alla comunicazione usata per le precedenti edizioni dei Giochi, ma la rottura rispetto al passato è molto evidente. Tra le altre cose, Channel 4 ha assunto come presentatrice per i suoi programmi del pomeriggio l’attrice sorda Rose Ayling-Ellis.
Un altro esempio recente di un cambio di approccio allo sport paralimpico è il caso che si è creato in Francia intorno alle parole del judoka Teddy Riner, recente vincitore di due medaglie d’oro olimpiche, che alcuni giorni fa parlando in radio delle Paralimpiadi aveva descritto gli atleti sempre come «supereroi». Ci sono state molte reazioni critiche da parte di atleti paralimpici, francesi ma non solo. Il capitano della nazionale francese paralimpica di basket, Sofyane Mehiaoui, ha commentato la cosa sui suoi profili social rivolgendosi direttamente a Riner: «Devi smetterla di parlare di noi in questo modo, non ci stai aiutando», ha detto. E ancora «prima di essere persone disabili, siamo atleti di alto livello».
Un’altra atleta paralimpica francese, la giocatrice di tennistavolo Thu Kamkasomphou, ha commentato: «Quando la gente mi dice “avete più meriti degli altri”, io dico no! Facciamo solo sport in modo diverso. Loro hanno le loro difficoltà, noi le nostre». Kamkasomphou, che ha 55 anni ed è nata in Laos, è alla sua settima Paralimpiade e ha vinto medaglie in tutte le precedenti sei edizioni a cui ha partecipato dal 2000. Lo svizzero Marcel Hug, uno dei migliori atleti paralimpici di sempre, che gareggia su varie distanze della corsa, ha commentato il caso sul suo blog scrivendo che «una copertura mediatica equa e critica significa che siamo presi sul serio», auspicando quindi anche commenti negativi sulle prestazioni degli atleti paralimpici.
In generale molti atleti paralimpici si stanno spendendo per incoraggiare un racconto diverso della loro attività sportiva. Nelle ultime settimane per esempio molti hanno condiviso sui social network una campagna creata dal Comitato paralimpico internazionale, con una foto che dice: «Non parteciperò ai Giochi paralimpici di Parigi 2024», e lascia credere a chi legge che la scritta sia l’annuncio di un infortunio o comunque di un ritiro dalla competizione. Scorrendo alla foto immediatamente successiva invece si legge: «Gareggerò». L’intenzione è sottolineare come nel racconto dei media gli atleti paralimpici siano spesso descritti come “partecipanti”, invece che come “persone che competono” (la campagna usa il termine inglese “competitors”). L’ha condivisa anche la nota schermitrice italiana Beatrice “Bebe” Vio, facendo spaventare diversi fan.

Sembra che anche gli sponsor stiano andando nella stessa direzione. In questi giorni il grande marchio sportivo Nike ha pubblicato uno spot sulle Paralimpiadi che è parte di una campagna più ampia intitolata “Winning isn’t for everyone”, vincere non è per tutti. Il nuovo video mostra scene di sport paralimpici accompagnate dalla voce proprio di Bebe Vio, che dice: «Dicono che già solo il fatto di essere qui vuol dire vincere, che partecipare vuol dire vincere… L’ultima volta che ho controllato io, vincere voleva dire vincere». Il messaggio è piuttosto chiaro: agli sportivi con disabilità interessa vincere esattamente come interessa a tutti gli altri.

S

econdo Giulia Riva, giornalista e nuotatrice paralimpica che commenterà sulla Rai i Giochi di Parigi 2024, «si sta cominciando a capire che quando parli di giochi paralimpici devi parlare prima della competizione, e lasciare l’aspetto sociale in seconda battuta». Riva dice anche che non è semplice, perché spesso le due cose vanno necessariamente tenute insieme: «Bisogna dare gli strumenti per seguire gli sport, far capire le regole che sono tante» e spiegare le categorie in cui gareggiano gli atleti a seconda della disabilità.
La copertura giornalistica della Rai a cui contribuirà Riva – che sarà nel programma serale SportAbilia, su Rai Sport – è peraltro un’altra dimostrazione di come sta cambiando il racconto mediatico degli sport paralimpici: per la prima volta le Paralimpiadi saranno trasmesse durante tutta la giornata da una rete generalista in chiaro, Rai 2.
L’altra grossa parte del racconto mediatico riguarda i social network. Le cose più visibili stanno succedendo su TikTok, dove le Paralimpiadi hanno un profilo ufficiale dal 2020 che oggi è seguitissimo: ha 4 milioni e mezzo di follower (molto più che su qualsiasi altro social network) e per via della sua crescita nell’ultimo anno ha suscitato molti commenti, apprezzamenti e qualche critica. In generale certi contenuti hanno destato un certo stupore per il fatto che scherzano senza troppe inibizioni sulle disabilità degli atleti: c’è per esempio un video in cui una cestista cade goffamente dalla carrozzina dopo aver preso una pallonata in testa, o di un’altra a cui la palla si incastra sotto la carrozzina fino a farla ribaltare; o ancora un video che mostra l’arrivo concitato in una gara di un ciclista con una sola gamba, con sotto una canzone che ripete «sinistra, sinistra, sinistra, sinistra» (la canzone originale direbbe anche «destra», ma è stata modificata apposta).In parte sono contenuti pensati per TikTok, dove video divertenti abbinati a certi trend o a certe canzoni funzionano bene, ma in parte servono anche per far conoscere meglio gli atleti paralimpici, le loro discipline e le loro difficoltà: nel video del ciclista per esempio il profilo delle Paralimpiadi ha aggiunto anche un commento in cui spiega che l’atleta è l’australiano Darren Hicks, che in quella gara vinse l’oro nella prova a cronometro alle Paralimpiadi di Tokyo. «Ridiamo con gli atleti, non degli atleti», ha commentato in un’intervista Craig Spence, responsabile della comunicazione del Comitato paralimpico internazionale. Secondo Spence questi contenuti ironici sono positivi perché possono diventare virali e allo stesso tempo «insegnare alle persone le difficoltà che devono affrontare gli atleti paralimpici».
Il fatto che si possa ridere della disabilità comunque non è niente che stupisca le persone del settore o che lo conoscono meglio: «È un ambiente dove è sdoganata qualsiasi cosa, l’unica che dà fastidio è la pietà», dice Giulia Riva. Gli stessi atleti paralimpici scherzano spesso sulle proprie disabilità. I tre nuotatori italiani Simone Barlaam, Federico Morlacchi e Alberto Amodeo per esempio hanno da poco reso pubblica una pagina Instagram che gestiscono insieme chiamata “le 3 gambette”, che ironizza sin dal nome sulle loro diverse disabilità alle gambe: Barlaam e Morlacchi hanno entrambi fin dalla nascita un’ipoplasia, cioè uno sviluppo incompleto, di un femore (rispettivamente destro e sinistro); Amodeo invece perse la gamba destra in un incidente a 12 anni.

il racconto ironico e la richiesta degli atleti olimpici di essere trattati senza enfasi eccessive comunque non escludono gli obiettivi sociali e di inclusione che gli sport paralimpici si propongono fin da quando sono nati. Una delle ultime campagne molto condivise dagli atleti è stata per esempio quella in cui l’inaccessibilità degli spazi per le persone con disabilità nella vita quotidiana viene definita «la disciplina non ufficiale» degli atleti paralimpici. Giulia Riva la spiega così: «È un modo per ricordare che la fatica c’è anche nel gesto quotidiano, che riuscire nello sport non significa poter fare tutto e che parlare di “Superumano” non ha senso».

20.10.21

La dottoressa che cura le bambole e i ricordi , Musica e nuoto: la piscina dove si impara il ritmo, Auto come opere d'arte, il restauro è in officina

A Torino esiste una dottoressa speciale: la dottoressa delle bambole. Il suo nome è Greta Canalis, ha 32 anni e come scrive nel suo sito: "Restaura bambole, orsi e sogni d'infanzia infranti". Il suo studio si trova nel cuore del centro di Torino, in via Barbaroux, a pochi minuti dal palazzo Reale e da palazzo Madama. "Ho iniziato questo mestiere per riportare in vita i ricordi. Sono preziosi e hanno bisogno di qualcuno che li sistemi", spiega Greta Canalis. Nel suo negozio ripara di tutto: dalla bambola antica a Spiderman e Ciccio Bello. "Da me arriva chiunque, dall'anziana signora che mi porta la bambola della sua infanzia, alle madri di oggi che vogliono insegnare alla bambina a prendersi cura delle cose. Essa cura le bambole e i ricordi si definisce riparatrice "di bambole, orsi e sogni d'infanzia infranti". Nel suo studio di Torino arrivano esemplari di pregio, ma anche pupazzi moderni
di Davide Cavalleri e Andrea Joly


  incuriosito da     questo  video  
Con le corde del basso un musicoterapista sardo aiuta i movimenti in vasca di campioni come Filippo Magnini e il paralimpico Usai: un progetto nato con i ragazzi disabili



di Ilenia Mura  qui    maggiori informazioni su questo bellissimo progetto  https://www.swimnswing.it/
 ho cercato     in  in rete      e   su  riccichiara.com  ho  trovato ulteriori  informazioni 

Dario Masala e il suo progetto "Swim'n'Swing": nuotare è tutta un’altra Musica - Chiara Ricci

(Graphic Art Chiara Ricci)
(Graphic Art Chiara Ricci)

La rubrica online “Piazza Navona” incontra il musicoterapeuta Dario Masala, il creatore del progetto “Swim‘n’Swing” per imparare a nuotare a ritmo di funk, jazz e swing. Nuotare non sarà più la stessa musica!

La settimana della rubrica online “Piazza Navona” inizia con un incontro davvero interessante. Infatti, ospite della nostra piazza virtuale è Dario Masala, il musicoterapeuta originario della Sardegna che ha creato ed elaborato il suo interessante progetto Swim‘n’Swing portando la musica in piscina così da aiutare anche i nuotatori disabili a creare il proprio ritmo. Si tratta di un progetto che rivede e rivoluziona il concetto di sport e del nuoto.

Ascoltiamo cosa ha da dirci Dario Masala che mosso dalla passione per il suo lavoro ha idee molto chiare. E c’è anche un messaggio per il bassista Mark King

"Swim 'n Swing"
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Quando ha scoperto il suo amore per la Musica?

Per caso, quando avevo 17 anni un mio amico mi chiese di suonare il basso. Io non sapevo nemmeno cosa fosse. Mi presero un po’ tutti in giro per questa cosa qui. Ovviamente i miei amici erano tutti musicisti mentre io ero l’unico che non suonava ma facevo gare di nuoto. Ero un po’ scoraggiato perché suonavo con questi ragazzi che erano già bravi. Io ero un po’ giù, venivo deriso da tutti ma poi incontrai una persona, un batterista che mi disse, “Guarda, ascoltati questo e vedrai che ti verrà la voglia di suonare il basso”. Ed era esattamente un video dei Level42 e lì impazzii. Mi ritirai a vita privata per sei mesi, un anno e mi misi a suonare solo ed esclusivamente Mark King.

"Swim 'n Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Quale è stata la sua formazione artistica e professionale?

Iniziai da autodidatta con i Level42, i Toto poi passai agli Iron Maiden. Avevo questa forte doppia personalità musicale che mi caratterizza in tutte le cose che faccio. Avevo questo forte dualismo dentro di me: adoravo Mark King e Steve Harris degli Iron Maiden quindi il funk con l’heavy metal. Poi iniziai a prendere lezioni da Massimo Moriconi, il bassista di Mina. Per me è stato determinante perché con  lui ho iniziato a suonare in maniera un po’ più precisa, professionale anche se poi mi sono affidato molto più al mio istinto. Ma questa è la regola numero uno di Massimo Moriconi.

"Swim 'n Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

In che modo ha intuito gli effetti terapeutici della musica ed ha deciso di diffonderli, di metterli al servizio di chi avrebbe potuto beneficiarne?

È stato importante il mio percorso di musicoterapia, un triennio che tengo tanto a lodare, mi ha insegnato molto. Ho studiato a Milano presso la Scuola CMT, Centro di Musicoterapia Studi e Ricerche. Qui docenti super preparati mi hanno fornito importanti nozioni e ho realizzato una tesi improntata sul movimento avvalendomi dell’aiuto di una neurologa molto brava qui a Cagliari e di una fisioterapista di Nuoro molto competente. Per realizzare la tesi ho musicato i movimenti di una persona con problemi sul cammino. Abbiamo usato la musica come parte integrante di un lavoro di fisioterapia e di valutazioni neurologiche riguardati il cammino. Abbiamo compiuto un lavoro sul passo abbinando pattern ritmici e musiche suonate con strumenti  a percussione e a corda. 

"Swim 'n Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Come e quando nasce il suo progetto Swim’n’Swing?

Io ho scritto tanto sul mio lavoro utilizzando poi il mio elaborato per depositare il progetto, l’idea alla sezione Olaf, Opere dell’ingegno della Siae. Lo Swim‘n’Swing nasce quando io ero ragazzino e facevo dei seminari sul nuoto con un grande allenatore ungherese che si chiamava Thomas ma dal cognome impronunciabile e difficile da ricordare. Mi ricordo questi appunti che ci lasciava e la prima voce era il nuoto è ritmo. Allora ho pensato: se il nuoto è ritmo perché non si parla di ritmo? E da lì ho iniziato a osservare tutti i nuotatori forti che lui portava con sé per farci i corsi di formazione.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

A quel punto ho iniziato a usare tutti gli esercizi di Massimo Moriconi, ho iniziato ad ascoltare le musiche più adatte alle nuotate, ho iniziato a capire dall’esterno alcuni movimenti dei nuotatori e successivamente ho iniziato a nuotare e a capire tutti i miei movimenti, “nuotandoli e suonandoli”. Dopo averli suonati con il basso ho creato una vasta gamma di esercizi e di brani via via sempre più complessi per arrivare all’optimus, cioè alla nuotata evoluta dell’atleta. Ho sbirciato le nuotate degli atleti più forti, i video didattici di nuoto, le immagini sul web e ho iniziato a suonare con il basso tutte le  loro nuotate. Questo ho iniziato a farlo quando ero agonista intorno ai vent’anni. Poi la mia vita è cambiata perché ho iniziato a lavorare in una clinica come istruttore di nuoto per i disabili all’interno di uno staff sanitario occupandomi della parte sportiva. Dopo la chiusura della clinica e dovendo ricominciare tutto daccapo ho ripreso a sviluppare e a perfezionare questa idea.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Ho iniziato a notare che ad iscriversi ai miei corsi per disabili erano anche persone senza disabilità. In termini didattici ho ottenuto molti risultati. La musica mi ha permesso di comunicare con gli allievi in maniera diversa. Questa che propongo è una variante del nuoto che non esclude tutto il resto. L’obiettivo delle mie lezioni, infatti, riguarda la fluidità del movimento e l’intenzione ritmica della nuotata. Pensiamo a Federica Pellegrini che nuota in quel modo, ha quell’espressione ritmica e musicale che io riproduco in musica principalmente con il basso e la batteria: la batteria è lo scheletro del movimento mentre il basso è il sangue della musica dando quel  senso di movimento fluido e oscillante (proprio come l’acqua). Swing e il funk sono i generi che più oscillano cosi come fluttuano i nuotatori nell’acqua. Massimo Moriconi ricorda in un suo libro: “il walking bass va suonato con efficacia e fluidità, le stesse caratteristiche richieste al surfista con la sua tavola sulle onde”.

"Swim'n'Swing" (Courtesy of Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Queste sensazioni di oscillazione e di rotondità proprie del nuoto ce l’hanno anche il funk e il jazz e i pilastri della ritmica di questi interessanti generi musicali. Il funk dei Level42, ad esempio, è un funk particolare perché è emotivo e ha un qualcosa di quasi goliardico e frizzante che sa di festa. Loro hanno questa parte giocosa, molto rotonda trasmessa da Mark King attraverso la sua risata e la sua abilità tecnica . Un nuotatore deve essere così: pensante , giocoso e istintivo. L’equilibrio tra queste virtù compone, secondo me, il nuotatore che più si avvicina alla perfezione come per esempio i grandi Phelps, Thorpe, Pellegrini e Paltrinieri. Pensiamo alle doti di coordinazione e di predisposizione di coordinazione di Mark King che firma autografi con la sinistra e suona con la destra cantando e suonando con il basso – allo stesso tempo – linee completamente differenti. Mark King dovrebbe essere oggetto di studi di Michael Touth, il neuroscienziato americano che studia le relazioni esistenti tra musica e cervello o del Professor Giuliano Avanzini dell’Istituto Carlo Besta di Milano. Questi scienziati  si divertirebbero a studiare il cervello di Mr Level42: Mark King dovrebbe mettersi a disposizione della scienza!

Come è stato accolto il suo progetto nel mondo sportivo, in particolar modo in quello del nuoto?

Il nuoto è diviso in due grandi aree: quella degli agonisti e il resto del mondo che, spesso, non avendo accesso alla tecnica agonistica, cioè quella che ti rende maggiormente fluido in acqua, si iscrive in una palestra. Un giorno una ragazza viene in piscina per fare la lezione di prova (aveva già preso lezioni in un’altra piscina ma era curiosa e un po’ scoraggiata per la sua tecnica ), entra in acqua e mi vede con il basso a tracolla a bordo vasca con il set di percussioni. Lei ha sorriso spiazzata. Le dico di nuotare e lei nuota come solitamente fa l’adulto eseguendo colpi di gambe in ottavi continui e rigidi collegati ai quarti della bracciata. Lo schema è completamente rigido portando spesso a un affaticamento notevole. Poi è uscita dall’acqua e abbiamo iniziato a suonare cose molto semplici. Poi le ho chiesto di nuotare sulla musica e ha iniziato a scivolare rispettando la metrica che aveva suonato sui bonghi. Ad ogni sua bracciata corrisponde un’estensione numerica, metrica e di intenzione ritmica. Le persone sono tutte diverse ovviamente e io cerco di capire i messaggi musicali più adatti mantenendo delle costanti , faccio quindi  rilassare i miei allievi su dei pattern ritmici a seconda degli stili (delfino, dorso, rana e stile libero). La ragazza alla fine avanzava con il minimo sforzo ed era arrivata dall’altra parte della vasca seguendo ciò che aveva ascoltato e suonato.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)
Questo è stato fatto anche con i disabili e mi sono incuriosito quando ho visto che persone senza disabilità preferivano unirsi ai corsi più specializzati per i disabili. Adesso le persone che frequentano i corsi sono tante sia a Cagliari che a Sassari, c’è infatti un team formato da psicomotricisti, nuotatori, pedagogisti musicoterapeuti, educatori, musicisti e fisioterapisti. Piano piano sta nascendo il progetto che avevo in mente.
"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (  Per gentile concessione di Dario Masala)

Quali sono i ritmi, gli stili, gli autori musicali più adatti a metter sulle note e sul pentagramma le nuotate in piscina?

I musicisti cui io faccio riferimento sono: Mark King e quindi i Level42, i Toto, Allan Holdswroth (in particolar modo il suo disco Secret determinante per il mio lavoro), poi ci sono delle interpretazioni di Standard Jazz di Massimo Moriconi, Bill Evans, Sting e il batterista Vinnie Colaiuta. Ci sono alcune canzoni di Vasco Rossi dei primi dischi come Sensazioni forti (nella sua parte centrale è un po’ swing) e Amore, altri brani degli Earth, Wind & Fire, Dizzie Gillespie e Charlie Parker, Miles Davis, gli Yellow Jackets. Spendo poi due parole per Fabio Poddighe Sassares quattro volte campione di pentathlon, allenato da Ilario Ierace il quale ogni tanto mi concede un concerto insieme al suo atleta. Lui nuota e io suono sulla sua nuotata perfetta (dispari – asimettrica).

A chi è rivolto il suo progetto?

Il mio progetto è rivolto a chi ama il cambiamento e ha anche un po’ di timore di cambiare. Perché chi ha timore di cambiare, se cambia, diventa felice. Io mi entusiasmo dell’entusiasmo ma mi entusiasmo ancora di più con la persona che non sa di avere del talento in una cosa e quasi ride prima di scoprire di averlo. E far sì che questo si realizzi per me è interessante. Una persona che si iscrive perché vuole nuotare e rassodare i glutei non gliene frega nulla del basso o di Sting. Poi a un certo punta si compra il basso. Molti dei miei allievi in piscina, soprattutto le donne, hanno acquistato il basso e ora hanno una loro vita bassistica.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Quali sono i suoi programmi per il futuro?

I miei programmi per il futuro… io so cosa voglio ma non esiste. Non esiste perché occorrerebbe un imprenditore che anziché costruire un ipermeracto in mezzo alla città o in periferia costruisse una piscina dotata di una sala di registrazione con il marchio Swim’n’Swing realizzando un sistema unico replicabile ovunque. È un nuovo modo di pensare il nuoto con piscine molto più piccole delle tradizionali. Ma nella realtà non esiste. Esiste nella mia mente. Questo sistema avrebbe un grande successo perché non ci sarebbe concorrenza, non esistono altre realtà simili, non esistono persone in accappatoio che arrivano col basso a  bordo piscina.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Un altro obiettivo è quello di coinvolgere musicisti anche di fama internazionale facendogli suonare il loro strumento sulle nuotate degli atleti. Seguo un ragazzo che è stato costruito dal punto di vista didattico da me, con il mio metodo e successivamente allenato da Gianluca Fenu (sport full time Sassari). Lui è in carrozzina e ha un solo braccio funzionante. È un ragazzo splendido. Ha avuto un incidente ed è arrivato terzo ai Campionati italiani paralimpici nel 2018 a Brescia. Lui con un braccio solo è come se suonasse la batteria in acqua. Mi immagino musicisti suonare su nuotate di atleti disabili e non disabili, tutti insieme, dove la musica e l’acqua facciano da riduttori di barriere così da costruire un ritmo e orchestrare dei movimenti sempre più coordinati. Sarebbe interessante poi far suonare i grandi campioni della musica con i grandi campioni del nuoto. Fondamentalmente penso a Mark King e a Ian Thorpe: sono fratelli e non lo sanno.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Tra i suoi musicisti preferiti c’è Mark King il quale è molto sensibile alla Musicoterapia impegnandosi in prima persona. Vuole lasciargli un messaggio?

Lasciare un messaggio a Mark King… caspita. L’ho visto in concerto tre volte: al Royal Albert Hall nel 2008 e gli ho stretto la mano. In realtà non ho stretto la mano a Mark King ma a un pensiero perché quando una persona diventa così grande diventa un pensiero. Mark King si stacca da Mark King e diventa un sistema di pensiero artistico. Tutti i grandi  si staccano dalla musica che fanno e diventano libri, parole, modi di essere e questo è quello che accade con Mark King e sarà cosi  anche fra cent’anni.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Cosa chiederei a Mark King? Di suonare a bordo vasca sulle nuotate dei miei allievi disabili  e di nuotare con noi. Piccoli laboratori percussivi con coloro che già hanno una minima preparazione in acqua  e vorrei che venisse nella nostra vasca per suonare il basso sulle nuotate degli atleti. Soprattutto sulla nuotata di Luigi Usai che, a seguito di un incidente stradale, è in carrozzina e ha solo un braccio funzionante. Mark King si renderebbe conto che se suonasse un 7/4 col suo basso sulla nuotata di questo ragazzo (un pattern abbastanza semplice che  farebbe in tre secondi) proverebbe la stessa sensazione di suonare con Gary Husband alla batteria.

"Swim'n'Swing" (Per gentile concessione di Dario Masala)
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala)

Quale nuotatore vorrebbe mettere in musica?

Mi piacerebbe mettere in musica Michael Phelps, cioè la sua nuotata e poi far suonare Mark King sulla nuotata di Michael Phelps. Ci vorrebbero un po’ di prove, vasca sgombra da corsie, impianto per basso di fianco la piscina, King e Phelps che si accordano su come arrangiare la nuotata. Io spiegherei le piccolissime direttive poi mi leverei di mezzo… lì il concerto è sul piatto d’argento.



                                       Auto come opere d'arte, il restauro è in officina
Viaggio nel laboratorio del Cuneese dove una coppia di sposi recupera modelli storici utilizzando le tecniche applicate per la conservazione dei beni culturali . Barbara e Ivano Toppino sono marito e moglie, lei restauratrice, lui carrozziere. Con una passione in comune: le auto d'epoca. Così dieci anni fa hanno messo su insieme, alle porte di Alba, in provincia di Cuneo, un luogo singolare: l'Atelier Toppino, dove si recuperano appunto le auto storiche utilizzando le tecniche del restauro d’arte. L'ultima novità? L'uso di un particolare laser per ripulire i metalli, un'idea che presentano alla fiera Auto e Moto d'Epoca di Padova del 21-24 ottobre 2021. Ecco un viaggio dietro le quinte del loro atelier, tra carrozzerie rimodellate, risanamenti di tessuti, studi sulle vernici, lavori certosini su auto ma anche carrozze.


di Giulia Destefanis

1.4.14

Giulia Ghiretti l'altra pellegrini del nuoto di cui i media embed non parlano o a malapena gli dedicano due righe





Una nuova Pellegrini peccato che la sua storia sia quasi del tutto ignorata come dicevo nei titolo , dai media embed pieni oltre che di faziosità evitabile di notizie edulcorate , pettegolezzi , ecc . 
da Swim4life del Giovedì 06 Marzo 2014 14:37
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Scritto da Paco Clienti


Decisa, forte e senza paura, ecco chi è Giulia Ghiretti!
La parmigiana è uno degli astri nascenti della nazionale paralimpica.




Giulia Ghiretti, 20enne da meno di un mese, parmigiana d’origine, milanese di adozione dopo essersi in parte trasferita nella città della moda per seguire il percorso universitario alla facoltà di Ingegneria Biomedica, era una ginnasta. Poi nel 2010, all’età di 15 anni, l’incidente durante un allenamento al trampolino elastico. Giulia cade e si rompe una vertebra, infortunio che le fa perdere l’uso delle gambe. Ma lei non si è fermata nemmeno per un istante, ha continuato a vivere la sua vita come se nulla fosse accaduto, con quel sorriso raggiante che illuminerebbe chiunque, attraverso il quale mostra ogni volta quanto sia gioioso vivere la vita. Ha voluto continuare a praticare l’attività agonistica, perché le mancava l’adrenalina delle gare. Si è tuffata quindi nel nuoto, dove ha continuato ad essere ciò che era prima, a fare ciò che faceva, competere nello sport! Ad oggi detiene i Record Italiani nei 50 dorso, 100 rana e 100 misti in vasca corta e 50 dorso e 100 rana in vasca lunga. Ad agosto 2013 ha preso parte al grandioso Mondiale Paralimpico per l’Italia che si è svolto a Montrèal, dove la Ghiretti ha conquistato una medaglia d’argento nella storica staffetta 4x50 stile libero ottenuta dalle Azzurre alle spalle dell’Ucraina ed ha partecipato a tre finali individuali su quattro, nei 50 dorso classe S5, nei 200 misti classe SM5 nei quali tra l’altro è stata protagonista di una esaltante rimonta, passando dalla settima alla quarta posizione e nei 100 rana classe SB4, dove è giunta al sesto posto dopo che in batteria aveva strappato il nuovo Record Italiano segnando 2’07”31!
Dopo le sue eccezionale vittorie, in vasca e fuori dalla vasca, nella vita di tutti i giorni, Giulia è diventata un esempio da seguire, una persona alla quale ispirarsi, una “insuperabile”.
Recentemente è stata testimonial dell’attività di promozione dello sport paralimpico a Parma, in occasione
della manifestazione Abili per lo sport e poi ospite della rassegna di film e documentari Senza capo né coda che si è tenuta presso il teatro comunale di Felino, dove sedevano tra gli altri anche i giovani nuotatori del Nuoto Club Parma ’91. Oggi è insieme a noi di Swim4life per raccontarci un po’ di lei, un po’ di Giulia Ghiretti.

Iniziamo subito dai Campionati Italiani Invernali disputati a Como. Sei soddisfatta dei riscontri ottenuti? 

«Si, molto, soprattutto nei 200 misti, sono molto contenta anche perché stiamo lavorando tanto ed eravamo tutti curiosi di cosa poteva venir fuori da questi Campionati Italiani e siamo rimasti molto soddisfatti di come è andata la gara. Anche nei 50 dorso sono rimasta contenta in quanto era dai Mondiali di Montrèal che non riuscivo più ad andare tanto bene.»

A Como hai ritrovato il ritmo giusto quindi.

Si, ho ritrovato un po’ di smalto.»

Quali sono gli obiettivi per questa stagione?

«Non lo so nemmeno io, sicuramente fare bene e migliorare.»

Troppo facile questa risposta, sembra quasi tu non voglia dire ciò a cui punti veramente.

«Troppo difficile la domanda – risponde sorridente la Ghiretti - No a parte gli scherzi, voglio far bene agli
Europei dove voglio conquistare le finali, poi si vedrà.»

Magari un’altra super staffetta anche a Eindhoven.

«Mi piace molto la staffetta perché tra compagne ci si stimola l’un con l’altra, è fantastico!»

Adesso facciamo un salto nel tuo passato che è da ginnasta. L’avventura nel mondo del nuoto è iniziata circa tre anni fa, a seguito di un incidente che si è verificato mentre ti allenavi al trampolino elastico. Cosa ti ha spinto a voler iniziare subito l’avventura in vasca?

«Essere in competizione era una cosa che mi mancava, già da quando ero in ospedale, non riuscivo a starne senza. In acqua era l’unico posto dove non si doveva stare seduti su una carrozzina e quindi ho deciso di nuotare.»

Quali cambiamenti più significativi hai dovuto accettare dopo l’incidente?

«Più che cambiamenti, si trattava di adattarsi. In effetti si tratta solo di trovare un modo diverso per fare le cose.»

Cosa ti ha dato il nuoto in un momento di forti cambiamenti per ciò che ti era capitato?

«Iniziare a nuotare è stato per me molto naturale, non si trattava nemmeno di ripartire, ma continuare ciò che facevo già, ciò che ho sempre fatto. Com’era la mia vita prima, così doveva continuare ad essere dopo e il nuoto ha fatto si che così fosse.»

Cosa provi quando sei in acqua?

«Mi sento bene, mi sento libera! Sei tu con tutto il tuo corpo! Non hai una carrozzina, non hai limiti.»


Cosa provi e cosa pensi invece quando tocchi la piastra ed il tabellone cronometrico ti mostra il tuo personale?

«Appena arrivo mi viene sempre di alzarmi e guardare il tabellone. Gli ultimi metri sono sempre i più duri, ma anche i più belli. Poi guardo il cronometro e mi viene da sorridere per ciò che sono riuscita a fare.»

Sei una nuotatrice agonista da poco, ma nonostante questo sei arrivata già in nazionale e ad agosto 2013 hai partecipato al tuo primo mondiale prendendo parte alla gloriosa spedizione Azzurra di Montrèal. Cosa hai provato quando è arrivata la convocazione?

«Ero molto contenta, anche perché dopo poco tempo che nuotavo, avendo notato che i tempi ce li avevo, ci ho provato e sono riuscita ad arrivare dove sognavo di arrivare. Ricordo che il giorno in cui arrivò la chiamata, stavo studiando in preparazione della maturità che avrei dovuto a affrontare di lì a poco. Poi il cellulare prese a squillare, era il tecnico Riccardo Vernole e allora smisi subito di studiare e speranzosa mi dissi “adesso vediamo cosa mi deve dire”. Quando ho attaccato il cellulare ero molto felice perché si trattava per me di una grande conquista, una conferma del lavoro fatto e quindi una grande soddisfazione, energie che poi mi hanno permesso di avere una gran voglia di far bene!»


E infatti nonostante fosse il tuo primo mondiale, non ti sei fatta prendere dall’emozione, dimostrando da subito un grande carattere ed una grande preparazione mentale nell’affrontare una competizione di così alto livello, dote da vera campionessa. Come ti sei preparata fisicamente e mentalmente per affrontare così bene un evento così importante (nella foto a destra la staffetta vice campione del mondo a Montrèal)?

«Bè l’emozione c’era ed era anche tanta, però poi ho affrontato il Mondiale trasformandolo in una gara qualunque, senza pensare che fosse un Mondiale, pensando solo di andare a competere per fare il meglio che potevo.»

Quindi hai realizzato un nuovo record italiano e conquistato un argento con la staffetta 4x50 stile libero, risultati eccellenti al tuo primo Mondiale, in scioltezza?

«Si, tutto senza pensarci troppo.» – risponde sorridendo la Ghiretti.

Lo sai che sei entrata per sempre nella storia del nuoto paralimpico italiano vincendo quell’argento con la staffetta ai Mondiali?



«Si, l’ho scoperto dopo! Per me è comunque tutto un mondo nuovo, ma la gioia è stata ugualmente tantissima.»

Della tua avventura di Montrèal, cosa ricordi con più nostalgia?

«Il freddo me lo ricordo bene perché è stato qualcosa di allucinante! A parte le battute, si è creato davvero un bel gruppo insieme a tutti quanti, siamo stati molto bene, ci siamo affiatati e sono sicura che questo ha fatto si che poi venissero fuori risultati importanti per tutta la squadra.»

Come trascorri il tuo tempo fuori dalle vasche? 

«Adesso sto seguendo Ingegneria Biomedica alla facoltà dell’Università di Milano dove vivo per tutta la settimana, tornando a casa a Parma dai miei solo nel fine settimana. È stata una decisione che ho preso un po’ all’ultimo momento e quando l’ho comunicato ai miei, non sono stati proprio entusiasti di questo distacco.»

Cosa sogni per il tuo futuro?
«Sicuramente laurearmi, poi si vedrà. Non sogno di fare qualcosa in particolare, mi piaceva questo percorso di studi perché volevo seguire comunque qualcosa di scientifico ed ho deciso di intraprenderlo, ma senza particolari obiettivi futuri.»

Pensi che il nuoto farà sempre parte della tua vita?

«Si, assolutamente. Una vita senza il nuoto, oggi, non riesco ad immaginarla!»

Come convivi invece con la tua disabilità nel quotidiano?

«Affronto e vivo giorno per giorno quello che viene. Fortunatamente la mia famiglia mi è sempre vicina e quando voglio fare qualcosa, troviamo insieme il modo per farla. Non ci siamo mai fermati davanti a niente.»
Cosa diresti a chi come te si ritrova ad affrontare una disabilità fisica?                                          «Di non fermarsi mai, perché un modo per fare le cose c’è sempre.»

Il nuoto per te in una parola?

«Divertimento! Se non ti diverti, non vai avanti e questo vale per qualsiasi cosa!»


16.10.13

un motivo in più per odiare lo sport agonistico Padre ossessionato dal nuoto, integratori al figlio 14enne

 lo so  che  non è bello giudicare  la scelta  aberrante  del padre  , ma non ce la  faccio .  Quindi mi chiedo  ma  che  cazzo  di genitore  sei  ? .


 La passione per lo sport, unita ad altissime aspettative per il figlio e a uno spirito di competizione fuori dal comune hanno giocato un brutto scherzo a un padre di Treviso. Perché quella passione e quelle aspettative, secondo la procura del capoluogo veneto, si sarebbero trasformati in una vera e propria ossessione.L’uomo, infatti, avrebbe obbligato il figlio 14enne a impegnarsi nella pratica del nuoto fino all’assillo: non solo calibrando le dimostrazioni d’affetto a seconda dei risultati conseguiti nelle competizioni; non solo costringendo il ragazzo a ritmi d’allenamento definiti “ossessionanti” e a un regime alimentare estremamente rigido; ma, addirittura, obbligando il figlio ad assumere integratori alimentari non adatti alla sua età, finalizzati ad aumentarne le prestanze fisiche. Il genitore è ora indagato per maltrattamenti in famiglia.

3.11.12

Vicenza Baby-nuotatore rasato a zero “Punito come gli ebrei”

Non Aveva  tutti  i torti   il  caro e  "  compianto  "  (  perso per  strada  )  cofondatore  del  vecchio blog   (  cdv.splinder.com )  Danny , alias  Danilo Pilato   che commentando  la morte  di Pantani  scrisse  un post   critico  sullo  sporalla  faccia dell'educazione  spartana  e  del  sacrificio  


qui la  versione originale  della sigla   del serial  in questione  )  con   o senza  droghe  e mezzi  sintetici


Infatti  leggete  nell'articolo sotto  da  repubblica  del  3\11\2012   a che cosa  s'è arrivati  .  Posso capire  , meglio  , allontanamento   \ la  scissione del contratto   ,  da parte degli istruttori   della  piscina  o della  squadra    se << Non si impegnava >>  ma  da li  a fare una cosa del genere  non nè  educativo nè formativo  

                        “Rasato come un ebreo”la punizione dell’allenatore

VICENZA — «Ora ti rasiamo i capelli, come agli ebrei». È la minaccia shock che due insegnanti di nuoto hanno rivolto ad un baby-atleta vicentino di appena 11 anni. La colpa da espiare: non aver vinto la gara di nuoto cui aveva partecipato.
Una minaccia che si è tradotta in gesto vero e proprio, eseguito da un’atleta più anziana della comitiva. A denunciare l’episodio, avvenuto a maggio, i genitori del piccolo.
GLI hanno rasato i capelli, come agli ebrei. È l’accusa shock a  tre istruttori di nuoto di Vicenza che avrebbero così punito un baby-atleta di appena 11 anni. La colpa da espiare: secondo alcuni non aver vinto la gara di nuoto a cui aveva partecipato,secondo altri non aver tenuto in ordine la propria stanza e aver commesso delle marachelle durante una trasferta a Locarno in Svizzera, dall’ 11 al 13 maggio scorso. La punizione sarebbe stata eseguita da un’atleta più anziana della comitiva. A denunciare l’episodio,che sarebbe avvenuto durante una meeting internazionale di nuoto, i genitori del piccolo che dopo la trasferta hanno visto tornare loro figlio completamente rasato, con una croce di capelli disegnata in cima alla testa.
L’undicenne ha spiegato di essere stato punito in questo modo dal responsabile degli allenatori, un uomo di 52 anni, e  dalla sua vice di 28, i quali avrebbero poi assegnato l’esecuzione materiale della “lezione” a un’atleta più anziana.
Partendo dall’esposto dei genitori, ora la Procura sta indagando per abuso di mezzi correzione e i tre al centro delle accuse saranno ascoltati dai magistrati il prossimo 8 novembre.  Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il taglio dei capelli sarebbe stato minacciato, ma  non attuato, anche nei confronti di un secondo ragazzino della stessa età, i cui familiari hanno a loro volta presentato denuncia. Il piccolo avrebbe evitato la punizione solo perché i genitori presenti a Locarno lo hanno allontanato dalle competizioni. «Abbiamo stabilito immediatamente di sospendere cautelativamente i due istruttori — spiega il responsabile della società di nuoto vicentina — . Lo abbiamo fatto per difendere i bambini e dar modo agli allenatori di spiegare le proprie ragioni nelle sedi opportune».
I maestri di nuoto si sono giustificati sostenendo che è abitudine rasare i capelli in occasione delle gare, che altri bambini lo avevano già fatto, e che la croce disegnata sulla testa del piccolo rappresentava solo il simbolo della Svizzera, senza alcun riferimento antisemita.
Tant'è , dicono, che in altre trasferte avevano fatto disegnare stelle o bandiere sul capo dei bambini, a seconda del Paese in cui gareggiavano. Una versione che nell'interrogatorio del prossimo 8 novembre dovrà convincere i magistrati. E in-
tanto arrivano le prime reazioni. Lo stesso responsabile della società sportiva ha ammesso: «Se la dinamica si rivelasse come hanno esposto i genitori, si tratterebbe di una cosa che si allontana totalmente dai valori sportivi che professiamo».Più duro il commento del sindaco della cittadina in provincia di Vicenza in cui è accaduto l’episodio: «La società di nuoto ha fatto bene ad allontanare i tre perché la punizione scelta è assolutamente poco felice».
Sulla vicenda indaga la squadra mobile di Vicenza, che però tiene il massimo riserbo considerata la giovane età dei protagonisti.






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