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27.11.12

El Alamein - La linea del fuoco di Enzo Monteleone


In un pomeriggio cupo e plumbeo , non avendo voglia  di  documentarmi  ( anche se dovrei farlo )  sui nomi e le caratteristiche delle  piante  , approfittando   degli url messi per  approfondire 

 il post  d'ieri     e i  fatto che  : << La Storia è fatta di tante, troppe, storie individuali che i libri non riportano. >> come  dice  un a famosa  canzone\poesia Una delle canzoni più belle e significative nel repertorio della musica Italiana!!



ho visto il film El Alamein - La linea del fuoco  un film del 2002 diretto da Enzo Monteleone, con Paolo Briguglia, Emilio Solfrizzi, Thomas Trabacchi, Luciano Scarpa e Pierfrancesco Favino.
Mio padre  mi ha detto  : <<  ma come  dopo dieci anni  >> ? . In effetti  . Il fatto  è  che  , aprioristicamente  , dopo aver visto   qualche anno fa    quando  si  parlavo  dei  60 anni dell'evento i  film :  1) El Alamein, film del 1957 diretto da Guido Malatesta,  2  ) La battaglia di El Alamein, film del 1969 diretto da Giorgio Ferroni troppo retorici  e  pieni di propaganda  , credevo che fosse un esaltazione  dell'ideologia fascista veedere  il video sotto  fra  gli approfondimenti  , o un proporre  in chiave cinematografica  l'utopistica  e forzata memoria  condivisa  (  vedere post  citato  ) .Invece  .... Mi sbagliavo 


Un film duro  , anti retorico o quasi , obbiettivo che libera  la vicenda storica   dalle   incrostazioni  neofasciste  ( vedere il video sotto tra gli approfondimenti ) e  la  riporta  per quello ch' è stato  tanto da risultare indigesto ai più  ,  bello   non   un polpettone  ( Salvate il soldato rayan   ) o melenso ( Pearl Habor   )  ,poetico in certe scene Esso ha rafforzato le mie tesi sula memoria condivisa  ( vedere post  su  alamein prima  citato ) ,   . Buono  nonostante  alcuni limiti e pecche  (ma  che secondo me lo rafforzano )  :

da  http://it.wikipedia.org/wiki/El_Alamein_-_La_linea_del_fuoco"Al di là di ogni ideologia i veri problemi del film sono di ordine cinematografico, perché Monteleone, già sceneggiatore di film come Mediterraneo, Marrakech Express, Alla rivoluzione sulla 2 cavalli, evita la retorica bellicistica ma non quella generazionale, sicché questi soldati persi nel deserto nel 1942, confrontati al pericolo, ai disagi, alla dissenteria, alle cannonate che piovono improvvise, a volte polverizzandoli letteralmente, finiscono malgrado tutto per somigliare un po troppo ai combattenti od ai reduci di altre epoche. Domina una chiave soft che per non speculare sull'orrore toglie impatto al racconto e dribbla i veri problemi di messinscena posti dal soggetto"[1].
"Gli episodi surreali sono le cose migliori di El Alamein - La linea del fuoco, assieme ad un'efficace scelta dei personaggi che non ricorre agli stereotipi del war-film americano, dove tutti sono ipercaratterizzati (molto alti, molto bassi, molto grossi) onde essere riconoscibili malgrado l'uniformità della divisa. Per il resto il film adotta uno schema narrativo molto classico, filtrando dal racconto di Serra secondo il modello, un tantino abusato, della presa di coscienza"[2].
La sceneggiatura fa ricorso a "prestiti" di lusso: l'episodio del carico di lucido da scarpe è riportato da Paolo Caccia Dominioni -che vi assistette- nel suo "El Alamein", la cui attenta lettura è senz'altro stata utilissima alla regia (tra l'altro il magnifico sacrario è opera sua). La caratterizzazione del Sergente Rizzo è largamente ispirata al Rigoni Stern del "Sergente nella Neve" del quale viene addirituttura riproposto -con grazia, va detto- il tormentone "Sergente, ci arriveremo a casa?". Citazioni eccellenti e appropriate, che avrebbero pero' meritato un riscontro esplicito dagli autori.
"Nel finale di El Alamein - La linea del fuoco Enzo Monteleone ci insegna con quale spirito si deve entrare in un sacrario di guerra. Dopo un secolo e mezzo di orribili monumenti ai caduti, scopriamo che per onorarli non servono vittorie alate né muscolari di bronzo: bastano i nomi e magari neppure quelli. È sufficiente la parola «Ignoto» su una lapide per farci provare una stretta al cuore in un misto di sentimenti che al rispetto associano la rabbia. E volutamente ignoti, scelti nell'anonima manovalanza della guerra, sono sullo schermo i soldati della Divisione Pavia, comandati ai bordi della depressione di Quattara fra ottobre e novembre 1942: una pattuglia sperduta proprio alla Ford. Travolti in una battaglia di oltre dieci giorni che agli italiani costò 9.500 morti e 30.000 prigionieri, questi giovani (impersonati da attori tanto bravi da sembrare veri come lo stranito volontario Paolo Briguglia, il sergentaccio Pierfrancesco Favino, il tenente Emilio Solfrizzi e altri) fanno il loro dovere fra alternanze insopportabili di calori diurni e freddi notturni. Cannonate che sollevano nuvole di sabbia e insidiose fucilate di cecchini, reticolati e campi minati, fame molta e acqua poca. Il film non parla di politica né di alta strategia e sui signori della guerra si concede appena qualche stilettata ironica. Arrivano derrate di lucido da scarpe per la parata di Alessandria, che non si farà, e transita il cavallo di Mussolini suscitando tentazioni gastronomiche. Monteleone ci trasporta all'interno della tragedia con la semplicità di Rossellini, mostrando una situazione dove la posta in gioco è la sopravvivenza: «Le pattuglie sono utili se tornano indietro» raccomanda il pragmatico Solfrizzi. Arpeggiando sui notturni e sui rombi guerreschi, ingegnose soluzioni all'italiana sono attuate dalla produzione per illuderci di star vedendo più di ciò che il budget ha concesso di mettere nell'inquadratura. La stupenda fotografia, sapientemente decolorata, è di Daniele Nannuzzi. Qualche «cammeo» di attori noti ravviva il cast: Silvio Orlando, generale suicida, Roberto Citran, colonnello imbecille, Giuseppe Cederna, medico stoico"[3].
  1. ^ Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 8 novembre 2002
  2. ^ Roberto Nepoti, la Repubblica, 23 novembre 2002
  3. ^ Tullio Kezich, Il Corriere della Sera, 9 novembre 2002

per approfondire  
  • il documentario se  riuscite  a trovarlo ( io non l'ìho trovato ho trovato solo questo  ( cliccare sopra per ingrandire ) 




 e i link  alla  fine del post  terra del 4\11\2'012 ( 70 anni di Alamein ) e ....

25.11.12

terra del 4\11\2'012 ( 70 anni di Alamein e la memoria condivisa )

dopo  aver  visto   questa puntata (  del  4\11\2012 )  del programma terra  di mediaset
 ( se  non riuscite  a  vederla , perchè a volte  capita  che i file scaricato con linux o programmi open source  come  donwloadhelper  di mozzila  firex  non vadano d'accordo  con  quelli ufficiali come  real player   e  simili  )  la trovate  qui, fin quando la lasceranno, sul  canale video di mediaset  )  piena di melassa retorica  , di un revisionismo storico e  di una pseudo e utopistica  memoria condivisa  , parte  l'ottimo servizio  e ricostruzione storica  con testimonianze   fatto da  sandro provvisionato  e le toccanti interviste  ai reduci  , confermo  quanto   dissi   in qui  sul post   celebrare o ricordare il 4 novembre  :  <<   (....) " ricordare non basta. Memoria è un ricordo "attivo" che vuole comprendere i meccanismi, le cause e dunque le ragioni che determinarono una storia, e sa rileggerle nel presente per capirne le "mutazioni" e le mimetizzazioni nelle forme nuove in cui quella stessa violenza torna e tornerà ad esercitarsi. Forme diverse sempre più evolute e sofisticate. E' dunque solo la Memoria a dare senso al proprio impegno per costruire un futuro in cui si possa sperare che quella violenza non torni a mostrarsi, con volti diversi ma la con medesime atrocità, per il nostro passivo ed ignaro consenso.Perdere "la Memoria storica" ci rende estranei a noi stessi, incapaci di riconoscere le nostre radici, di capire il nostro presente, di costruire un qualsiasi futuro.” ( da www.ritatria.it )   (....)  il resto cliccando  sull'url  prima del  corsivo >>

A  chi m chiede perchè  sono contrario  alla memoria  condivisa   rispondo  che essa è  un utopia  perchè  anche  se nel ricordo  ci sono delle  differenze  . E poi  in Italia   non si è ancora  pronti  .
infatti  perchè essa ci sia  occorre  :
 1  quando la si smetterà  di  strumentalizzare ( portare  acqua  al proprio mulino  alla propria parte  politico\  culturale  )  le  scelte fatte   coerentemente  o per  opportunismo e conformismo  , la scelta  , in questo caso   d andarci volontario o se obbligato  non rifiuto
2 quando faremo  . senza  assolverci  e a 360 ° gradi  possibilmente senza retorica e  senza piangerci addosso  , i conti  (  tralasciando  gli ultimi  30  anni perchè troppo freschi  e troppo vicini )
3) non mettere sullo stesso piano le scelte e le cause  di chi  ha combattuto  -  s'è schierato o da una parte o dall'altra  o  in alcuni casi ha  esercitato  :<< la facoltà di non sentire \ la possibilità di non guardare >> (  linea  Gotica  degli ex Csi )



per  approfondire  

El Alamein, simbolo della resistenza del regio esercito italiano in Africa, ebbe un ruolo di storica importanza nel corso della seconda guerra mondiale. Infatti essa costituiva il terminale nord di un corridoio est-ovest di circa 60 km di larghezza delimitato a sud dalla depressione di Qattara, che rappresentava un ostacolo impenetrabile ai mezzi militari; furono gli inglesi con delle truppe beduine a passare la depressione di Qattara e distruggere un avamposto italiano, uccidendo tutti senza condizioni di resa. Questo corridoio era diventato un elemento essenziale della linea difensiva britannica in Nordafrica e segnò il punto di massima penetrazione ad est delle forze italo-tedesche in Egitto.
La zona è stata teatro di due importanti battaglie:
  • la prima battaglia di El Alamein (1º luglio - 27 luglio 1942). Il 1º luglio Erwin Rommel attaccò la linea difensiva britannica che però resistette, se pur indebolita. Il giorno successivo il comandante britannico, generale Claude Auchinleck, contrattaccò ma senza successo. Si sviluppò quindi una situazione di stallo cui seguì una fase di logoramento fra attacchi e contrattacchi, nessuno dei quali veramente decisivo, che si protrasse fino alla fine di luglio senza nessun chiaro vincitore. Tuttavia sul campo Rommel non aveva perso. Anche se bloccato ad El Alamein, le sue tattiche di guerra tennero in scacco un avversario superiore in uomini e mezzi, fino all'esaurimento delle scorte nella seconda battaglia.
  • la seconda battaglia di El Alamein (23 ottobre - 4 novembre 1942). Il 23 ottobre 1942 le truppe britanniche, sotto il comando del generale Bernard Montgomery, sferrarono un poderoso attacco su El Alamein. Le forze di Rommel, molto inferiori di numero (2 nazioni dell'Asse contro più di 7 nazioni del Commonwealth), inizialmente riuscirono a contenere gli attacchi britannici. La sapiente disposizione dei campi minati tedeschi "I Giardini del Diavolo" com'ebbe a chiamarli Rommel medesimo facevano sì che i corridoi liberi dagli ordigni non erano rettilinei, ma sinuosi e terminavano proprio di fronte ai cannoni anticarro germanici. Nei giorni successivi vi furono numerosi attacchi e contrattacchi che non portarono a risultati apprezzabili. Tuttavia, a seguito di tali attacchi e della estrema lunghezza delle linee logistiche italo-tedesche, le forze di Rommel si erano gravemente assottigliate per via della mancanza di approvvigionamenti e rifornimenti, al punto che alla fine di ottobre la forza effettiva di carri armati a disposizione dell'Asse era ridotta a sole 102 unità. La seconda fase dell'offensiva inglese si svolse lungo la costa. L'attacco iniziò il 2 novembre 1942. Il 3 novembre Rommel disponeva ormai di soli 35 carri armati operativi, ottimi per il supporto della fanteria, secondo i suoi attenti piani tattici. Il 4 novembre dovette ordinare il ritiro. Il 6 novembre le forze dell'Asse iniziarono una ritirata che segnò una svolta della guerra. Winston Churchill commentò: "Ora, questa non è la fine, non è nemmeno l'inizio della fine. Ma è forse la fine dell'inizio". Sempre Churchill rese omaggio al valore dimostrato dai soldati italiani dichiarando ai Comuni:Dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore

I principali sacrari sono tre:
  • il Sacrario Militare Italiano di El Alamein, che ospita le spoglie di circa 5.200 caduti italiani e Ascari libici.
  • il Cimitero del Commonwealth, con le tombe dei soldati dei vari paesi che hanno combattuto dal lato britannico. Vi sono monumenti che commemorano le forze australiane, sudafricane, greche e della Nuova Zelanda. Il cimitero del Commonwealth, come molti altri simili cimiteri, consiste in file parallele di lapidi, ciascuna con inciso l'emblema dell'unità del soldato defunto, il suo nome e un epitaffio. Ovunque vi è un "milite ignoto" (e sono tanti, in questo cimitero britannico) vi è la scritta "Conosciuto da Dio".
  • il Sacrario Tedesco, un ossario contenente i resti di 4.200 soldati tedeschi, è costruito nello stile di una fortezza medioevale.
Oltre a tali cimiteri monumentali, El Alamein ospita un museo locale della Seconda Guerra Mondiale che espone diversi tipi di carri armati, blindati, cannoni ed aerei impiegati nelle battaglie del Nordafrica dai diversi eserciti combattenti


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...