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26.6.25

israeliani e palestinesi non solo guerra ma prove di coesistenza e di solidarietà . la storia di Mussa Assaqra, palestinese di 18 mesi, in attesa di un trapianto di cuore che riceve l'organo da un bambino coetraneo israeliano

 Su  un account    fb  di uin amico     ho  trovato    che  Stefano Massini recupera dai quotidiani di 5


anni fa la storia di un bambino palestinese di 18 mesi, in attesa di un trapianto di cuore. Ed è una vicenda tutta da ascoltare,
che può diventare simbolo di un dialogo oggi all’apparenza impossibile.

 

"Allora. Corrado tutto vero, tutto indiscutibile. Le posizioni, le responsabilità, le colpe, le culture, religioni. Tutto vero. Poi però, per fortuna c'è anche quello che ti racconto io che qualcosa dovrà pur valere, no? Allora 2018 quanti ospedali ci sono al mondo? Migliaia.Quanti bambini nascono ogni anno al mondo? Milioni fra questi milioni di bambini che nascono al mondo, rra tutti questi ospedali che ci sono nel mondo, nel 2018 nasce un bambino.Questo bambino ha delle profonde complicazioni al cuore. I medici dicono probabilmente non sopravvive e invece sopravvive. Le settimane diventano mesi, è quasi attaccato a un respiratore, riesce ad arrivare al traguardo del primo anno, poi del primo anno e mezzo di età. All'età di 18 mesi i medici dicono o gli viene fatto un trapianto oppure muore.A quel punto accade qualcosa.

Accade che dentro all'ospedale c'è un altro bambino che ha 18 mesi pure lui e che per ragioni indipendenti muore.
Gli organi sono espinatabili, i genitori vengono chiamati e gli viene detto "Siete interessati? Siete disposti a dare il corpo di vostro figlio a un altro bambino che sta morendo? I genitori rispondono Sì.
Passano 24 ore.
I genitori vengono richiamati di nuovo dall'ospedale che gli dice: "Scusate, come Niente, dobbiamo fare, come non vi avessimo detto niente. C'è una complicazione, c'è una differenza fondamentale. La differenza sta nel fatto che vostro figlio è israeliano e quel bambino che avrebbe bisogno del suo cuore è nato a Ramallah, in Cisgiordania. È un palestinese."
I genitori dicono e "quindi il problema dove sarebbe?" E l'ospedale chiaramente risponde dicendo "il problema è che voi siete israeliani, non darete mai il cuore di vostro figlio perché batta dentro il petto di un palestinese."
E a questo punto i genitori di questo bambino danno una risposta una risposta che secondo me vale la pena stasera di essere ascoltata perché serve soprattutto a parlare di una cosa di cui non si parla che è la pace la pace che è qualcosa che, Corrado, in una serata come questa sembra sempre di venire qua e fare la parte del cretino.
Appena vieni qua e parli di pace sembra di fare la parte di quello che è buonista e retorico, che appende le bandierine fuori dalle scuole elementari, che fa i disegni dei bambini.
Ci prendiamo tutti in giro.
La pace, invece la pace è una cosa molto concreta.
Quei genitori dicono ai medici dell'ospedale: "Scusate, spiegateci il cuore di nostro figlio ha gli atri, ha i ventricoli, ed è un muscolo che pulsa sangue. Il cuore che batte dentro un bambino palestinese non ha gli atri, non ha i ventricoli, non è un muscolo che pulsa sangue? Fisiologicamente sono due cuori esatti, uguali, Identici", appunto, rispondono i genitori.
Vorrà dire che il cuore di nostro figlio batterà dentro il petto, in un palestinese.
E così è successo oggi Mussa Assaqra ha cinque anni di età e vive grazie al cuore di un israeliano.
Diceva Victor Hugo la pace e l'eguaglianza fra esseri umani, prima ancora di essere materia per chiacchiere, per parole e per retorica, è un'evidenza scientifica.
Ora Diceva "Victor Hugo" , l'eguaglianza fra esseri umani,prima ancora di essere materia per chiacchiere, per parole e per retorica, è un'evidenza scientifica. Infatti ci sono storie belle senza tempo visto che la notizia è del 2018 da raccontare, dove i giochi politici e i tornaconti personali lasciano spazio all’umanità e alla fratellanza. Questo episodio dà la possibilità di credere che la guerra non è un atto dovuto. Non è un qualcosa che debba rimanere inalterato, ma che può cambiare e permettere a due popoli di vivere in pace.

28.11.21

L'eredità di Don Roberto ucciso tra i poveri A un anno dal delitto di Como, i volontari continuano l’opera del sacerdote accoltellato da uno degli uomini che assisteva: "La sua morte ha dato una scossa alla città" ed aiuto reciproco come il caso di Assia ragazza marocchina che aiutata adesso aiuta gli altri

 indipendentemente  da essere  laici , credenti ,  atei , confessionali   (  miscredenti  come  dicevano le mie  nonne  )     ai cattolici  ( ma  non solo visto che in italia    del  nord  ovest      esiste  una   forte minoranza    valdese  )   dobbiamo molto     a  loro  .   



Como è sempre stata una città accogliente ma la scomparsa di Don Roberto  (  vedere    video  )  ha aperto una lunga riflessione su come il povero e gli ultimi siano nostri fratelli". Parla chiaro Luigi Nessi, volontario, da anni in prima linea in carcere e nell'aiuto verso i più bisognosi. Nessi conosceva Malgesini da tanto tempo e insieme a lui andava a distribuire le colazioni tutte le mattine davanti alla chiesa di San Rocco, la parrocchia di don Roberto. "Oggi quella macchina non si è fermata" racconta Luisa, ostetrica in pensione da anni volontaria al fianco del don nella distribuzione di colazioni. "I volontari continuano il loro lavoro nonostante la figura fisica di Roberto non ci sia più". Ma a Como non c'era solo Don Roberto a fare un lavoro di accoglienza. Da anni la parrocchia di San Martino, guidata da Don giusto della Valle, si occupa di integrazione attraverso progetti educativi mirati per i migranti e gli ex detenuti. "Lo stile di Don Roberto è un'ispirazione perché era uno stile gentile e sempre disponibile per tutti noi che facciamo accoglienza - spiega Giusto - un modo e l'opportunità che ci sfida tutti i giorni".



Ovviamente questo non vuole dire assistenzialismo anche se il rischio c'è che si possa trasformarsi in esso . Ma    sia  che  sia   fatto in maniera   laica  (  come la  storia  che  riporto  sotto    )  sia   in  maniera   confessionale  o semi  confessionale   come  il  caso sopra  riportato , esso  ti  arricchisce  e  arricchisce  se   fatto bene      chi lo  riceve    come   la storia  che   riporto sotto  . Infatti  L’esperienza di Assia ha fatto da apripista al progetto “adotta uno scolaro” nella Provincia di Rovigo. Insegnanti in pensione aiutano bambini o ragazzi in difficoltà gratuitamente.

Lei è Assia. Vive in Marocco. La famiglia è numerosa, tira avanti a fatica. Ha 5 anni. Il padre decide per tutti. Si va in Italia, in Veneto. Assia apre la porta della sua nuova casa. È tutto grigio, freddo. Piange per giorni. Mamma e papà lavorano nei campi, si spezzano la schiena tutto il santo giorno, purtroppo non hanno tempo per asciugare le sue lacrime. Assia trascorre le giornate dai vicini di casa. Madre, padre, e tre figli la accolgono, le offrono gentilezza, cibo, giochi, le regalano il materiale scolastico. A scuola però è una tragedia. Assia è timida, spaventata. I compagni la tengono a distanza, le insegnanti non la aiutano. Questo è sbagliato, sei lenta, non capisci. A fine anno convocano i genitori e mettono le cose in chiaro. Vostra figlia non andrà lontano. Bocciata. Assia piange così tanto che le bruciano gli occhi. Quella che intanto è diventata la sua famiglia italiana corre in soccorso e apre le porte di casa per le vacanze. Può stare da noi, farà una full immersion di italiano, i ragazzi le daranno una mano a studiare. I genitori sono commossi, ringraziano e colgono l’opportunità. Assia è diffidente, ma Guglielmo, Paola, Tatiana, Olga e Yuri credono in lei, la incoraggiano e la sostengono. Le giornate volano, Assia torna in classe che sembra un’altra, ora non ha niente da invidiare ai compagni. Spiega le vele, naviga senza paura. Si pappa il liceo Linguistico in un boccone. Studia Lingue a Bologna, fa un viaggio studio in Cina, un Erasmus a Lione, in Finlandia e anche in Marocco. È lanciata, finché il padre la riporta con i piedi per terra. Fai le valigie, ci trasferiamo in Francia. Assia barcolla. Il freddo e la solitudine sono dietro l’angolo. Ma adesso è una donna forte, che ha ben chiaro cosa vuole fare nella vita. Mi dispiace papà, io vi voglio bene, vi sono grata per tutti i sacrifici che avete fatto per me, ma ora voglio camminare sulle mie gambe, la mia casa è qui, in Italia. Oggi Assia ha 26 anni, parla sette lingue e fa l’insegnante.

La bambina che non doveva andare lontano ha girato il mondo, macinato chilometri, visto, assorbito, imparato. Poi è tornata a casa. Il primo giorno in cattedra, davanti a quegli occhietti che la fissavano, ha pianto di gioia. Dietro ogni studente non vede problemi, ma infinite possibilità.




  

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

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