Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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16.1.15
Greta e Vanessa liberate e già sorgono le polemiche
da
Francesco Giorgioni Sardo di http://www.sardegnablogger.it/ d 'oggi

E SE AVESSERO RAPITO TUA FIGLIA?
“Greta e Vanessa libere, ci sono costate dodici milioni”
Questo è il titolo di apertura di Libero.
“Ci” sono costate. A noi sono costate, dicono, dodici milioni. Perché, sapete, hanno messo le mani nelle tasche di noi contribuenti, per salvare la pelle a queste
due ragazzine presuntuose e irresponsabili.
Varranno dodici milioni, queste due vite?
Valgono dodici milioni, due vite umane?
E poi con i terroristi non si tratta: se lo Stato cede ai criminali, allora è finita, quelli se ne approfittano.
C’erano tante ragioni per non piegarsi al ricatto.
Certo Vorrei porre una domanda a quel giornalista, all’autore di quel titolo: e se avessero rapito la tua, di figlia, e lo Stato si fosse rifiutato di pagare per non scendere a patti con i terroristi?
Se lo Stato si fosse rifiutato di salvare tua figlia?
Lo avresti scritto tale e quale quel titolo?
“Ci” sono costate. A noi sono costate, dicono, dodici milioni. Perché, sapete, hanno messo le mani nelle tasche di noi contribuenti, per salvare la pelle a queste

Valgono dodici milioni, due vite umane?
E poi con i terroristi non si tratta: se lo Stato cede ai criminali, allora è finita, quelli se ne approfittano.
C’erano tante ragioni per non piegarsi al ricatto.
Certo Vorrei porre una domanda a quel giornalista, all’autore di quel titolo: e se avessero rapito la tua, di figlia, e lo Stato si fosse rifiutato di pagare per non scendere a patti con i terroristi?
Se lo Stato si fosse rifiutato di salvare tua figlia?
Lo avresti scritto tale e quale quel titolo?
Lancio e sottoscrivo l'appello lanciato ai media da parete del mio contatto di fb Anna Deidda : << (...) Non fattene ora delle eroine da gossip televisivo. Risparmiatecelo per favore. >> per chi fosse interessato la discussione sulle due vispe terese continua sulla mia bacheca . Eccovi l'url https://www.facebook.com/redbeppeulisse1/posts/10206166365668060
7.2.14
dalla siria due storie : quella di Ahmad Ayham l pianista siriano che suona fra le bombe e macerie ., e quella di Ghina Khalil ha 14 mesi "bimba miracolo": sopravvissuta sotto le macerie
la prima è quella di Ghina Khalil ha 14 mesi,
la seconda
Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese che si trova a Damasco.Prima della guerra con suo padre costruiva e riparava strumenti, ora suona come volontario per alleviare il dolore della gente del suo quartiere
SIEDE al piano scordato fra le macerie di Damasco, e sotto la musica l'eco delle bombe. Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese, quartiere che si trova nella capitale siriana, ne ospita oltre 137 mila. Con i suoi amici Ahmad porta in giro un piano scassato e suona le canzoni della storica tradizione palestinese o quelle più recenti, della resistenza siriana. Chi passa si ferma e canta.
"Lunghi anni sono passati, abbiamo assaggiato la amarezza del dolore. Dacci di più nostra Patria, chiediamo ciò che abbiamo perso. Dacci più amore e speranza, dacci di più". La sua musica si muove stonata fra le vie in cui non ci sono più cibo nè medicine.
L'osservatorio siriano per i diritti umani calcola che soltanto negli ultimi due mesi 86 persone sono morte di stenti soltanto a Camp Yarmouk in cui si sopravvive grazie alla solidarietà e al volontariato anche di persone come Ahmad che di professione, fino a prima della guerra, con suo padre, costruiva e riparava strumenti. Ora che nessuno li suona più, ora che violini e pianoforti restano in silenzio fra la polvere delle macerie e non ci sono più bambini a studiare gli spartiti stracciati. Ora che le notti sono accompagnate dalle esplosioni. Lui suona. E idealmente è parte di un'orchestra. La sua musica si mischia a quella dell'uomo col passamontagna che suonava Einaudi all'esterno della City Hall di Kiev e alle note di "O sole mio" suonate al centro di piazza Tahrir mentre si scontravano esercito e dimostranti. E a quella dell'italiano Davide Martello e del suo Beethoven a piazza Taksim.
SIEDE al piano scordato fra le macerie di Damasco, e sotto la musica l'eco delle bombe. Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese, quartiere che si trova nella capitale siriana, ne ospita oltre 137 mila. Con i suoi amici Ahmad porta in giro un piano scassato e suona le canzoni della storica tradizione palestinese o quelle più recenti, della resistenza siriana. Chi passa si ferma e canta.
"Lunghi anni sono passati, abbiamo assaggiato la amarezza del dolore. Dacci di più nostra Patria, chiediamo ciò che abbiamo perso. Dacci più amore e speranza, dacci di più". La sua musica si muove stonata fra le vie in cui non ci sono più cibo nè medicine.
L'osservatorio siriano per i diritti umani calcola che soltanto negli ultimi due mesi 86 persone sono morte di stenti soltanto a Camp Yarmouk in cui si sopravvive grazie alla solidarietà e al volontariato anche di persone come Ahmad che di professione, fino a prima della guerra, con suo padre, costruiva e riparava strumenti. Ora che nessuno li suona più, ora che violini e pianoforti restano in silenzio fra la polvere delle macerie e non ci sono più bambini a studiare gli spartiti stracciati. Ora che le notti sono accompagnate dalle esplosioni. Lui suona. E idealmente è parte di un'orchestra. La sua musica si mischia a quella dell'uomo col passamontagna che suonava Einaudi all'esterno della City Hall di Kiev e alle note di "O sole mio" suonate al centro di piazza Tahrir mentre si scontravano esercito e dimostranti. E a quella dell'italiano Davide Martello e del suo Beethoven a piazza Taksim.
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