la prima è quella di Ghina Khalil ha 14 mesi,
la seconda
Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese che si trova a Damasco.Prima della guerra con suo padre costruiva e riparava strumenti, ora suona come volontario per alleviare il dolore della gente del suo quartiere
SIEDE al piano scordato fra le macerie di Damasco, e sotto la musica l'eco delle bombe. Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese, quartiere che si trova nella capitale siriana, ne ospita oltre 137 mila. Con i suoi amici Ahmad porta in giro un piano scassato e suona le canzoni della storica tradizione palestinese o quelle più recenti, della resistenza siriana. Chi passa si ferma e canta.
"Lunghi anni sono passati, abbiamo assaggiato la amarezza del dolore. Dacci di più nostra Patria, chiediamo ciò che abbiamo perso. Dacci più amore e speranza, dacci di più". La sua musica si muove stonata fra le vie in cui non ci sono più cibo nè medicine.
L'osservatorio siriano per i diritti umani calcola che soltanto negli ultimi due mesi 86 persone sono morte di stenti soltanto a Camp Yarmouk in cui si sopravvive grazie alla solidarietà e al volontariato anche di persone come Ahmad che di professione, fino a prima della guerra, con suo padre, costruiva e riparava strumenti. Ora che nessuno li suona più, ora che violini e pianoforti restano in silenzio fra la polvere delle macerie e non ci sono più bambini a studiare gli spartiti stracciati. Ora che le notti sono accompagnate dalle esplosioni. Lui suona. E idealmente è parte di un'orchestra. La sua musica si mischia a quella dell'uomo col passamontagna che suonava Einaudi all'esterno della City Hall di Kiev e alle note di "O sole mio" suonate al centro di piazza Tahrir mentre si scontravano esercito e dimostranti. E a quella dell'italiano Davide Martello e del suo Beethoven a piazza Taksim.
SIEDE al piano scordato fra le macerie di Damasco, e sotto la musica l'eco delle bombe. Ahmad Ayham suona fra le vie di Camp Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese, quartiere che si trova nella capitale siriana, ne ospita oltre 137 mila. Con i suoi amici Ahmad porta in giro un piano scassato e suona le canzoni della storica tradizione palestinese o quelle più recenti, della resistenza siriana. Chi passa si ferma e canta.
"Lunghi anni sono passati, abbiamo assaggiato la amarezza del dolore. Dacci di più nostra Patria, chiediamo ciò che abbiamo perso. Dacci più amore e speranza, dacci di più". La sua musica si muove stonata fra le vie in cui non ci sono più cibo nè medicine.
L'osservatorio siriano per i diritti umani calcola che soltanto negli ultimi due mesi 86 persone sono morte di stenti soltanto a Camp Yarmouk in cui si sopravvive grazie alla solidarietà e al volontariato anche di persone come Ahmad che di professione, fino a prima della guerra, con suo padre, costruiva e riparava strumenti. Ora che nessuno li suona più, ora che violini e pianoforti restano in silenzio fra la polvere delle macerie e non ci sono più bambini a studiare gli spartiti stracciati. Ora che le notti sono accompagnate dalle esplosioni. Lui suona. E idealmente è parte di un'orchestra. La sua musica si mischia a quella dell'uomo col passamontagna che suonava Einaudi all'esterno della City Hall di Kiev e alle note di "O sole mio" suonate al centro di piazza Tahrir mentre si scontravano esercito e dimostranti. E a quella dell'italiano Davide Martello e del suo Beethoven a piazza Taksim.
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