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24.5.14

A NEW YORK, DISCUTENDO DI GRAMSCI E PIGLIARU PASSANDO PER LOU REED: IL PROFESSOR PAOLO CARTA RACCONTA L’AMERICA

da  http://tottusinpari.blog.tiscali.it/


Paolo Carta
di Barbara Faedda
Paolo Carta  nato a Sassari nel 1968, è professore ordinario di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Trento. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia del pensiero politico nel Rinascimento e nell’età contemporanea. Ha curato la pubblicazione di due volumi di Antonio Pigliaru e il riordino delle sue carte. Visiting professor all’Ecole Normale Supérieure, Fellow dell’Italian Academy Columbia University, ha insegnato e tenuto lectures a Parigi, Lione, New York e Oxford.

Professor Carta, ci può raccontare il suo primo impatto con l’America e soprattutto con New York? È stato amore a prima vista e naturalmente New York è la città che più mi ha incantato e dalla quale, di fatto, non sono mai andato via. Ho sperimentato personalmente il significato dell’espressione ‘New York State of mind’. E in omaggio a New York, dunque, diamoci del ‘tu’. Come aveva scritto Tocqueville, New York è una città nella quale le persone, anche quelle più autorevoli, sono ‘approachable’. Ho respirato questa disponibilità e libertà quando, dopo alcuni brevi soggiorni, ho avuto modo di vivere a New York per un più lungo periodo di tempo, nel 2011, grazie a una fellowship dell’Italian Academy a Columbia University. Da allora ritorno regolarmente per proseguire le mie ricerche nelle sue ricchissime biblioteche e per godere dell’energia straordinaria che la città sprigiona. C’è poi un altro aspetto dal quale sono stato travolto e che ha poi finito per incidere anche sul mio lavoro: la curiosità insaziabile. A NYC se qualcosa è interessante, non importa di che si tratti, musica, scienza o arte, non la si può perdere. Si impara subito a profittare di questa ricchezza. Ciò funziona anche in ambito accademico: chi si occupa di pensiero politico, come me, sbaglierebbe a concentrarsi unicamente, in una realtà come NYC, sui propri specifici ambiti di ricerca. Molte idee interessanti emergono non solo nei bellissimi seminari di political theory, ma anche durante una lecture di musicologia, neuroscienze, arte contemporanea o architettura. Questo è ciò che più mi affascina della città e della sua vita accademica e culturale. Ogni volta che arrivo, tento di non perdere quel che posso e che anche solo istintivamente mi incuriosisce. Mi pare sia un atteggiamento tipicamente newyorkese. Quanto alla disponibilità e alla semplicità delle persone, ricordo di aver assistito al Miller theatre della Columbia a una splendida conferenza di Laurie Anderson, seduto accanto a un sorridente Lou Reed. In una settimana ho incontrato e conosciuto due miei miti: il compianto Rubin ‘Hurricane’ Carter e Lewis Nash. Non si tratta di casi eccezionali, è semplicemente New York, una città in cui è facile incappare in Patti Smith da Strand, mentre sei alla ricerca di un libro di aforismi curato da W.H. Auden.
Quali sono state le differenze tra l’immaginario creato intorno alla Grande Mela e la realtà che hai vissuto durante la tua permanenza in questa città? L’immaginario è legato ad alcuni cliché che non corrispondono al vero, soprattutto da una decina d’anni a questa parte. Ciò che colpisce per chi la vive è innanzitutto la serenità e la civiltà. Vivere a New York, anche con la propria famiglia e con i bambini, è molto semplice. La cordialità delle persone, la disponibilità all’ascolto, il desiderio di scambiare opinioni e punti di vista, è qualcosa che si può respirare quotidianamente, semplicemente uscendo per strada e mostrandosi disponibili al dialogo. Almeno questa è la mia esperienza. Un bagno di civiltà spontanea e contagiosa.
Che collegamento vedi – se esiste – tra le due isole: la Sardegna e Manhattan? Difficile fare un paragone. Sono però due isole, due mondi a sé, caratterizzati da un effervescente pluralismo culturale, che rappresenta l’autentica ricchezza di entrambe. Manhattan reinventa continuamente se stessa, la sua cultura, è perennemente impegnata nella costruzione di una propria tradizione. È carica di presente e futuro, nonostante una storia ormai imponente. Per costruire questa tradizione non si priva di alcuna esperienza. La Sardegna, che è invece una terra sovraccarica di storia e di tradizione, è rimasta per un lungo periodo immobile e ha finito per subire un’idea di sviluppo economico e sociale che contrastava con i suoi tempi e con la sua stessa natura, con la sua naturale vocazione. Ora, dopo un periodo di crisi, drammatico, assomiglia molto a quelle zone degli Stati Uniti che sanno rialzarsi, rimettersi in piedi. L’isola attualmente è un fermento di idee, cultura, iniziative, di intelligenze e talenti, coltivati con passione e rigore, che non fanno più fatica a mostrarsi al mondo. Ho idea che tra non molto farà quel balzo in avanti che le sue potenzialità meritano.
Da accademico, puoi spiegarci l’entità dell’apporto intellettuale sardo alla cultura internazionale/globale? Non saprei dire quale possa essere l’apporto intellettuale sardo alla cultura. Non credo ci sia una specificità in tal senso: a differenza di quanto accadeva ancora 20 anni fa, oggi non si hanno difficoltà a studiare, che so, Dickens, in Sardegna così come in qualunque parte del mondo. Dunque l’intellettuale, lo studioso nato e cresciuto in Sardegna dialoga con il mondo. Tuttavia qualcosa di più si può dire. Al di là della sua storia, particolarmente ricca, soprattutto per quel che riguarda l’antichità, penso che sia stato straordinario l’apporto che la riflessione sulla realtà sarda ha dato alla storia del pensiero politico e giuridico internazionale. Gramsci, ad esempio, matura la sua riflessione politica tenendo costantemente presente la realtà sociale dell’isola. E l’interesse intorno ai concetti elaborati da Gramsci, subalternità ed egemonia, con cui oggi si interpreta la politica e il diritto nella sua dimensione internazionale e globale, può beneficiare da una approfondita conoscenza della Sardegna, della sua storia, delle sue tradizioni e delle sue lingue. In tal senso si era mosso Antonio Pigliaru, in ambito antropologico e giuridico. Il suo fondamentale e controverso studio sulla Vendetta barbaricina non ha ancora oggi smesso di generare nuove riflessioni sugli aspetti più controversi dell’idea di giustizia. C’è molto interesse per la Sardegna nel mondo, forse più di quanto si percepisca nell’isola. Si tratta di creare ponti tra l’isola e il mondo, un po’ come è avvenuto a Manhattan, dove questi ponti sono anche visibili.
Paolo Carta  nato a Sassari nel 1968, è professore ordinario di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Trento. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia del pensiero politico nel Rinascimento e nell’età contemporanea. Ha curato la pubblicazione di due volumi di Antonio Pigliaru e il riordino delle sue carte. Visiting professor all’Ecole Normale Supérieure, Fellow dell’Italian Academy Columbia University, ha insegnato e tenuto lectures a Parigi, Lione, New York e Oxford.
Professor Carta, ci può raccontare il suo primo impatto con l’America e soprattutto con New York? È stato amore a prima vista e naturalmente New York è la città che più mi ha incantato e dalla quale, di fatto, non sono mai andato via. Ho sperimentato personalmente il significato dell’espressione ‘New York State of mind’. E in omaggio a New York, dunque, diamoci del ‘tu’. Come aveva scritto Tocqueville, New York è una città nella quale le persone, anche quelle più autorevoli, sono ‘approachable’. Ho respirato questa disponibilità e libertà quando, dopo alcuni brevi soggiorni, ho avuto modo di vivere a New York per un più lungo periodo di tempo, nel 2011, grazie a una fellowship dell’Italian Academy a Columbia University. Da allora ritorno regolarmente per proseguire le mie ricerche nelle sue ricchissime biblioteche e per godere dell’energia straordinaria che la città sprigiona. C’è poi un altro aspetto dal quale sono stato travolto e che ha poi finito per incidere anche sul mio lavoro: la curiosità insaziabile. A NYC se qualcosa è interessante, non importa di che si tratti, musica, scienza o arte, non la si può perdere. Si impara subito a profittare di questa ricchezza. Ciò funziona anche in ambito accademico: chi si occupa di pensiero politico, come me, sbaglierebbe a concentrarsi unicamente, in una realtà come NYC, sui propri specifici ambiti di ricerca. Molte idee interessanti emergono non solo nei bellissimi seminari di political theory, ma anche durante una lecture di musicologia, neuroscienze, arte contemporanea o architettura. Questo è ciò che più mi affascina della città e della sua vita accademica e culturale. Ogni volta che arrivo, tento di non perdere quel che posso e che anche solo istintivamente mi incuriosisce. Mi pare sia un atteggiamento tipicamente newyorkese. Quanto alla disponibilità e alla semplicità delle persone, ricordo di aver assistito al Miller theatre della Columbia a una splendida conferenza di Laurie Anderson, seduto accanto a un sorridente Lou Reed. In una settimana ho incontrato e conosciuto due miei miti: il compianto Rubin ‘Hurricane’ Carter e Lewis Nash. Non si tratta di casi eccezionali, è semplicemente New York, una città in cui è facile incappare in Patti Smith da Strand, mentre sei alla ricerca di un libro di aforismi curato da W.H. Auden.
Quali sono state le differenze tra l’immaginario creato intorno alla Grande Mela e la realtà che hai vissuto durante la tua permanenza in questa città? L’immaginario è legato ad alcuni cliché che non corrispondono al vero, soprattutto da una decina d’anni a questa parte. Ciò che colpisce per chi la vive è innanzitutto la serenità e la civiltà. Vivere a New York, anche con la propria famiglia e con i bambini, è molto semplice. La cordialità delle persone, la disponibilità all’ascolto, il desiderio di scambiare opinioni e punti di vista, è qualcosa che si può respirare quotidianamente, semplicemente uscendo per strada e mostrandosi disponibili al dialogo. Almeno questa è la mia esperienza. Un bagno di civiltà spontanea e contagiosa.
Che collegamento vedi – se esiste – tra le due isole: la Sardegna e Manhattan? Difficile fare un paragone. Sono però due isole, due mondi a sé, caratterizzati da un effervescente pluralismo culturale, che rappresenta l’autentica ricchezza di entrambe. Manhattan reinventa continuamente se stessa, la sua cultura, è perennemente impegnata nella costruzione di una propria tradizione. È carica di presente e futuro, nonostante una storia ormai imponente. Per costruire questa tradizione non si priva di alcuna esperienza. La Sardegna, che è invece una terra sovraccarica di storia e di tradizione, è rimasta per un lungo periodo immobile e ha finito per subire un’idea di sviluppo economico e sociale che contrastava con i suoi tempi e con la sua stessa natura, con la sua naturale vocazione. Ora, dopo un periodo di crisi, drammatico, assomiglia molto a quelle zone degli Stati Uniti che sanno rialzarsi, rimettersi in piedi. L’isola attualmente è un fermento di idee, cultura, iniziative, di intelligenze e talenti, coltivati con passione e rigore, che non fanno più fatica a mostrarsi al mondo. Ho idea che tra non molto farà quel balzo in avanti che le sue potenzialità meritano.
Da accademico, puoi spiegarci l’entità dell’apporto intellettuale sardo alla cultura internazionale/globale? Non saprei dire quale possa essere l’apporto intellettuale sardo alla cultura. Non credo ci sia una specificità in tal senso: a differenza di quanto accadeva ancora 20 anni fa, oggi non si hanno difficoltà a studiare, che so, Dickens, in Sardegna così come in qualunque parte del mondo. Dunque l’intellettuale, lo studioso nato e cresciuto in Sardegna dialoga con il mondo. Tuttavia qualcosa di più si può dire. Al di là della sua storia, particolarmente ricca, soprattutto per quel che riguarda l’antichità, penso che sia stato straordinario l’apporto che la riflessione sulla realtà sarda ha dato alla storia del pensiero politico e giuridico internazionale. Gramsci, ad esempio, matura la sua riflessione politica tenendo costantemente presente la realtà sociale dell’isola. E l’interesse intorno ai concetti elaborati da Gramsci, subalternità ed egemonia, con cui oggi si interpreta la politica e il diritto nella sua dimensione internazionale e globale, può beneficiare da una approfondita conoscenza della Sardegna, della sua storia, delle sue tradizioni e delle sue lingue. In tal senso si era mosso Antonio Pigliaru, in ambito antropologico e giuridico. Il suo fondamentale e controverso studio sulla Vendetta barbaricina non ha ancora oggi smesso di generare nuove riflessioni sugli aspetti più controversi dell’idea di giustizia. C’è molto interesse per la Sardegna nel mondo, forse più di quanto si percepisca nell’isola. Si tratta di creare ponti tra l’isola e il mondo, un po’ come è avvenuto a Manhattan, dove questi ponti sono anche visibili.


17.1.13

Non ha soldi per ticket, paga infermiere A centro prelievi Massa con figlia gravemente malata

Cazzegiando  \  sminchionando  su facebook leggo questa  news    tratta  da  http://ansa.it/web/notizie/regioni/toscana/2013/01/16/

(ANSA)- MASSA (MASSA CARRARA), 16 GEN - Non ha i soldi per pagare le analisi del sangue della figlia, l'aiuto arriva da un infermiere, che paga per lei il ticket. E' avvenuto questa mattina al centro prelievi della Asl 1 di Massa. Con la figlia gravemente malata e le analisi prescritte dal medico curante, la donna si e' recata al centro di prenotazione senza soldi, preoccupata per le condizioni di salute della ragazza e disperata. Ma le analisi non potevano essere fatte senza un esborso immediato.

13.2.11

Ci siamo!

Nota. Per un improvviso problema alla pagina web, il testo, i link e quasi tutti i video di questo post sono andati perduti. Mi limito, pertanto, a riportare l'appello dei collettivi femminili del Nord Milano per l'importante manifestazione di oggi, a favore della dignità delle donne, che si svolgerà in tutte le piazze italiane e anche straniere. La delegazione umanista non mancherà all'appuntamento.




In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, pccupandosi di figli, mariti, genitori anziani. Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150° dell'Unità d'Italia - hanno costruito la nazione democratica.

Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.

Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mète scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici. Questa mentalità e i comportamenti che ne derivno stanno inquinando la convivenza sociale e l'immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione. Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? E' il tempo per dimostrare amicizia verso le donne. Lo chiedono anche, fra le tantissime aderenti famose, suor Rita Giarretta e Ouejdane Mejri, ricercatrice tunisina da anni in Italia, che assicura: "Anche le donne immigrate manifesteranno con le italiane" .
In verità, una risposta degli uomini, tardiva, insufficiente, è comunque arrivata, come dimostra l'appello "al maschile" di "Repubblica" : ma la loro voce è ancora flebile, e, prossimamente, ne analizzeremo le cause.
appuntamento per le/i milanesi è in piazza Castello alle ore 14.30. Sappiamo fin d'ora che saremo numerosissime/i.

23.10.10

news dal mondo dei disabili\ dell'handicap una buona e una cattiva

Oggi sui girnali due  news riguardanti il mondo dell'handicap quella buona viene  è fra le tante brutture ed arrabbiature che riguardano il mondo dell'handicap e dei disabili  di cui ne trovate sotto un esempio che riguardano  i rapporti fra il potere .. ehm ... amministrazioni e handicape   l'handicapè e la società     da , non riuscendo a trovarlo su repubblica online  d'oggi 23 c.m dove  ho letto la news  perchè presene nell'edizione a pagamento o nel cartaceo viene dal portale http://superando.eosservice.com


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25 anni di Venicemarathon e 13 ponti accessibili

Torna il 24 ottobre la Venicemarathon, con un nuovo percorso che unirà idealmente Piazza San Marco e Piazzale Ferretto, cuore rispettivamente di Venezia e di Mestre. E anche quest'anno, grazie alla collaborazione con l'Ufficio EBA (Eliminazione Barriere Architettoniche) del Comune di Venezia, tredici ponti del centro storico saranno resi fruibili a tutti, attraverso rampe con una pendenza a norma inferiore all'8%. Lo stesso Ufficio EBA, insieme al Servizio Città per Tutti, partecipa in questi giorni alle manifestazioni di Mestre Fiera Exposport e Coni Open Sport, con uno stand ove si illustrano i progetti in favore dell'accessibilità Uno dei ponti di Venezia resi accessibili in occasione della Venicemarathon





Uno dei ponti di Venezia resi accessibili
in occasione della Venicemarathon






Grandi novità in occasione della venticinquesima edizione della Venicemarathon - Trofeo Casinò di Venezia, che si svolgerà domenica 24 ottobre, con un nuovo percorso che attraverserà oltre a Piazza San Marco a Venezia, anche Piazza Ferretto a Mestre, unendo idealmente il cuore delle due città.I maratoneti entreranno dunque accanto alla colonna di San Todaro, per poi percorrere un giro d'onore all'interno di Piazza San Marco: il Museo Correr, il Caffè Florian, tutte le Procuratie, la Basilica Marciana e la Torre dell'Orologio. Successivamente gli atleti transiteranno di fronte a Palazzo Ducale e nella Piazzetta San Marco, per poi ritornare sul percorso di gara tradizionale che da Riva degli Schiavoni giunge a Riva dei Sette Martiri.Anche quest'anno - grazie alla collaborazione tra l'Ufficio EBA (Eliminazione Barriere Architettoniche) del comune di Venezia e Venicemarathon club - tredici ponti del centro storico saranno resi fruibili a tutti, attraverso rampe con una pendenza a norma inferiore all'8%. Da segnalare poi che - per promuovere i progetti Venezia accessibile e A Venezia le barriere si superano di corsa - sempre l'Ufficio EBA e il Servizio Città per Tutti sono presenti in questi giorni, fino al 24 ottobre, con uno stand informativo (Stand 37) alla Fiera Exposport e al Coni Open Sport, presso il Parco di San Giuliano a Mestre. In particolare nel corso degli Open Sport, alcuni studenti hanno la possibilità di provare concretamente numerose discipline sportive, cimentandosi anche in attività riservate alle persone con disabilità, come ad esempio il basket in carrozzina, la scherma, il torball e la canoa, quest'ultima grazie alla collaborazione dell'International Canoe Federation.In tali occasioni - a coloro che ne fanno richiesta - viene distribuito gratuitamente il materiale del Progetto Venezia accessibile, comprendente dodici itinerari senza barriere e l'itinerario A Venezia le barriere si superano di corsa, creato ad hoc in occasione della   Venice marathon.
( Servizio Città per Tutti del Comune di Venezia ).

>>                                                                                                                                                   Tale  notizia già bella di per se  in  quangto tale stutture    sono state progetatte    dall'aatleta Sud Africano Oscar    Pistorius   atleta disabile ( foto a destra  )  che ha   in un intervista  sempe a repuublica del 23  cm  ,  ha detto : << Altro che medaglie  questa  è  una conquista di civiltà . (...) la corsa passa   , le rampe restano >>  Infatti   sarebbe ancora più bella se per una volta tanto i boiardi e i corrotti e corrutori  di stato le rendessero, attive  e fisse  indipendentemente dal fatto che Venezia è una città turistica a livello internazionale , per sempre solo cosi sarà un gesto serio e non da carità perlosa o puli coscienza verso chi soffre perchè ha  un handicap  o  lo è diventato per malattia o inciedente  come quello di Zanardi o Pistorius  per  citare i più noti e vip  , e vi combatte   tutti i giorni    con i problemi dovuti  ( barrriere archittetoniche , la  cattva  e  a volte disumana   ammiistrazione , ecc )   , i pregiudizi ed in comportamenti scorretti di noi "normali" dall'occupare pur  d'avver al macchina  sotto il  .... o farsi dare  dei pass  con la truffs  il parchegggi a loro riservati o  le macchine  con i marciapiedi cosi chi è in carrozzina deve andare  in mezzo alla strada , ecc  l'elenco è lungo e potrebeb continuare  .
                                              ------------------
Quella brutta   viene dal   il piccolo   quotidiano regionale    del friuli venezia  -giulia  credo d'oggi   perchè l'ho preso da repubblica online e bnell'articolo non era presente la  data    di cui il piccolo è uno  dei giornali di sua proprietà
                                di Marco Ballico

SCUOLA
"Classi differenziate per i disabili"
Bufera sul leghista Fontanini

I disabili nella scuola? "Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli su percorsi differenziati". Il leghista Pietro Fontanini interviene a un convegno a Palmanova e si scatena la bufera. Le dichiarazioni del presidente della Provincia di Udine davanti a 300 operatori del settore disabilità, trovano in serata la reazione "attonita e indignata" dell'assessore regionale alla Sanità, disabile, Vladimir Kosic (Pdl)
Pietro Fontanini
TRIESTE. I disabili  nella scuola? "Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli su percorsi differenziati". Il leghista Pietro Fontanini interviene a un convegno promosso dal Consorzio per l'assistenza medico-pedagogica a Palmanova e si scatena la bufera. Le dichiarazioni del presidente della Provincia di Udine, confermate da più testimoni e contestate dalla platea di 300 operatori sul tema della disabilità, trovano in serata la reazione "attonita e indignata" dell'assessore alla sanità Vladimir Kosic. Ma il primo a prendere le distanze, già al tavolo dei relatori, è Paolo Ciani, consigliere regionale del Pdl.  continua  qui  ( http://wwwnew.splinder.com/myblog/post/58797/23492058/yes#more-23492058

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...