Beni confiscati, quando i fondi per la ristrutturazione svaniscono: la storia di Palazzo Teti Maffuccini

Foto di Pietro Nardiello (Antimafia Duemila)

di JACOPO SALVADORI
SANTA MARIA CAPUA VETERE (CE) – La storia di Palazzo Teti Maffuccini, bene confiscato in provincia di Caserta, è l’esempio più efficace per raccontare le occasioni perse dai fondi delle politiche di coesione per ristrutturare i beni confiscati alla mafia. L’edificio è stato sequestrato nel 1996 e si trova a Santa Maria Capua a Vetere, dove nel 1998 è iniziato il processo Spartacus, uno dei processi più importanti contro il clan dei casalesi. Ma questa non è la sua unica peculiarità. Là dentro, infatti, è stato scritto un capitolo della storia italiana: il 2 novembre 1860 è stata firmata la resa di Capua, dopo la quale il Regno delle Due Sicilie diventò parte del Regno di Sardegna. Nel 2010, alla vigilia dell’anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia e anno di conclusione di Spartacus, l’Unione europea ha destinato un finanziamento del valore di tre milioni di euro per ristrutturare parte del palazzo. Unico limite, la scadenza: i soldi dovevano essere spesi entro il 31 dicembre 2015. Ma gli intoppi burocratici e soprattutto gli interessi della camorra hanno fatto svanire quei tre milioni.LEGGI ANCHE: “Riprendiamoli”, la sfida per i beni confiscati alla mafia
Il vicesindaco-“padrino” e la confisca. Il vicesindaco democristiano di Santa Maria Nicola Di Muro è il proprietario di Palazzo Teti Maffuccini. È “il padrone e forse anche il padrino di Santa Maria Capua Vetere” secondo i giudici che lo accusano di concussione e associazione camorristica. Proprio per queste accuse, nel 1996 gli vengono sequestrati beni per un valore stimato di circa 100 miliardi di lire, tra cui lo stesso Palazzo (confiscato poi nello stesso anno) che nel dicembre 1998 è stato affidato al comune di Santa Maria. Nello stesso anno, proprio a Santa Maria, inizia il processo Spartacus, uno dei più importanti processi contro il clan dei Casalesi con più di 115 persone processate, tra cui Michele Zagaria, Antonio Iovine, Francesco Bidognetti (soprannominato “Cicciotto e’ mezzanotte”) e Francesco Schiavone (“Sandokan”). Nonostante il valore storico del Palazzo, nessuno se ne occupa mai davvero e per 12 anni la struttura rimane senza manutenzione, nel degrado, tra tegole che cadono e travi che marciscono.
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Foto di Pietro Nardiello (Antimafia Duemila)