Una bambina e il suo bambolotto? L’ennesimo caso di sciacallaggio mediatico.
Io questa bambola l’ho vista ieri notte durante la diretta. Il
cameraman l’ha inquadrata da vicino, ma non c’era alcun corpo accanto ad
essa. La bambola è stata presa dal fotografo e messa accanto a un corpo
morto per scattare la foto simbolo della strage. I giornali l’hanno
sbattuta in prima pagina, il fotografo l’ha venduta bene in barba a
qualsiasi codice deontologico del giornalismo.
Miliardi di dollari in informazione in mezza giornata: a chi volete che freghi, quindi, dei morti?
Sotto vi ho fatto un’analisi dell’assurdità della foto.
Per verificare dovete cercare le immagini in diretta di ieri, ore 2.00 circa, di sky Tg 24.
A.Cascio
La foto del bambolotto che cammina. Questo è uno dei video che ritraggono la bambola senza alcun corpo accanto.
Gisella Rossi Rossa con Carlo Romano e altre 22 persone.
La volgarità di «Libero» contro gli archeologi - di MARCELLO MADAU (il MANIFESTO)
La polemica. Il quotidiano si scaglia contro gli esperti del nostro patrimonio
storico-artistico: la tragedia dei treni pugliesi, secondo Mario Giordano, è da attribuire alla tutela di "tre ciotole"
Un quotidiano che si autodefinisce Libero titola che la colpa della
tragedia ferroviaria pugliese è degli archeologi. Come è noto, quando ci
sono i morti arrivano sciacalli e avvoltoi. E i responsabili non sono
mai da cercare nelle politiche degli ultimi decenni, nello sviluppo
senza controlli. Sono da cercare nel lavoro: ieri i ferrovieri, oggi gli
archeologi.
«Sono queste le pratiche dell’archeologia
preventiva, adottate in tutti i Paesi civili, da anni vigenti nel nostro
Paese e recentemente riviste nel nuovo Codice degli Appalti. Sono
procedure che non bloccano i lavori ma anzi li facilitano, rendendo
compatibili la conoscenza e la salvaguardia del patrimonio culturale e
la realizzazione di importanti opere pubbliche», dicono gli archeologi
in un a dura nota congiunta.
Non si tratta semplicemente dello
squallore di un fogliaccio reazionario, che indica il nome di un
collega: qualcuno da dare in pasto alla “ggente”. C’è l’irrisione
dell’analisi specialistica, c’è ancora integro un reperto: la vena
fascista del «culturame». Ma, soprattutto, vi è la rappresentazione
rozza di una mentalità più ampia, che permane da anni e cerca di eludere
la tutela del paesaggio.
Si costruiscono a questo scopo nuove
leggi, spesso affrettate e impugnabili ma efficaci nel breve periodo,
magari affidando archeologia o paesaggio alla Protezione Civile (come
nel 2009 con la nomina di Bertolaso a commissario di Roma) per sottrarli
al controllo pubblico e cercare di regalarne il controllo alla politica
corruttibile; oppure li mette all’indice, come nelle linee di un
presidente noto per il suo fastidio della tutela dei monumenti, prima
nell’esperienza fiorentina, ora a Palazzo Chigi.
Si elude la
salvaguardia del paesaggio con eccezioni, grandi opere, l’attacco alla
norme urbanistiche, lo Sblocca Italia; si intacca quel patrimonio ancora
difeso dall’articolo 9 di quella Costituzione che fra poco, con gravi
cambiamenti, andrà sotto referendum.
Gli archeologi lavorano a
quel patrimonio che tutti dicono essere una delle grandi risorse morali e
materiali dell’Italia. Danno fastidio perché operano nel territorio.
Formatisi con senso del patrimonio pubblico e dei beni comuni, in numero
crescente lavoratori indipendenti che operano nei piani urbanistici,
nella programmazione culturale, ai quali è affidata, come obbligo di
legge, la valutazione archeologica preventiva delle opere pubbliche.
Ho l’impressione che ciò spieghi, assieme alla familiarità stretta con
il concetto di “culturame”, il volgare attacco e ne costituisca la
ragione profonda.
La cultura non si mangia e neppure si
digerisce. Serve al massimo a trovare un capro espiatorio e pensare alle
mani libere sul territorio, insomma, al servizio degli speculatori di
ogni risma.
Ma non prendetevela solo con Libero e Mario Giordano.
Essi sono gli esecutori di un piano che ci vuole riportare alle opere
senza valutazione di impatto ambientale, che prosegue la deregulation
berlusconiana (della quale il giornale era sostenitore), attraverso
Monti e Letta sino all’attuale governo.
Non prendetevela con Libero e Mario Giordano, perché essi fanno parte della maggioranza al governo.