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25.4.14

Ucciso dai nazisti fu seppellito a Kanalski Lom, in Slovenia Ora l’Anpi di Nuoro ha riportato i suoi resti in Sardegna Dopo settant’anni su pitzinnu “Varadda” ritorna nella sua Bitti


 musica  in sottofondo  


  ci sarebbero anche    consigliatimi da  Roberto Ansaldi del gruppo di radiofaber ( radio dedicata a fabrizio de Andrè )


Mi  vengono i mente  anche    il battaglione  alleato  sempre dei modena  e  il  film musicale    \  e  disco  "materiale resistente"  di Guido  chiesa




Ucciso dai nazisti fu seppellito a Kanalski Lom, in Slovenia  Ora l’Anpi di Nuoro ha riportato i suoi resti in Sardegna   Dopo settant’anni  su pitzinnu “Varadda” ritorna nella sua Bitti


di Natalino Piras 

Questa è la storia di Joglieddu (Giorgio) Sanna. Era nato a Bitti il 30 giugno 1924. Aveva appena vent'anni quando fu ucciso a Tolminski Lom, Slovenia, il 28 novembre del 1944. Era partigiano, nome di battaglia “Varadda”, nella Brigata triestina d'assalto, una sezione della Brigata Garibaldi che in Slovenia combatteva i nazisti insieme con le forze della Resistenza jugoslava guidata dal maresciallo Tito. Joglieddu era cresciuto ragazzo-pastore, nella dura campagna. A 19 anni venne mandato alla guerra di Mussolini e Hitler ma si trovò a fare il partigiano. Cadde in battaglia e fu sepolto a Kanalski Lom.




 Non se ne sapeva niente fino a due anni fa. Poi come un miracolo. Di questi giorni, in tempo di Pasqua, siamo andati a riportarlo a casa, familiari bittesi e gente dell'Anpi (l’Associazione nazionale dei partigiani italiani) di Nuoro. Eravamo Rosetta Sanna, mia moglie, nipote del partigiano Giorgio, Bianca mia figlia e Pietro Dettori, presidente dell'Anpi nuorese. Da diverso tempo, con Dettori e altra gente dell'Anpi lavoriamo insieme per questo ritorno: Maria Giovanna Piras, Domenico Cabula, Bore Muravera e Piero Cicalò questi ultimi due coautori con Pietro e me del libro Pitzinnos Pastores Partigianos. Ragazzi a indicare i ventenni mandati a combattere, classi 1923-24, che provenivano da Bitti, Orgosolo, Orune, Dorgali, Orosei, Galtellì. Dopo il tragico 8 settembre 1943 si ritrovarono a "banditare senza causa" nelle campagne dell'alto Lazio. Furono arruolati tra i repubblichini di Salò e inviati da Roma al confine tra Friuli Venezia Giulia e terre slave. Una notte del gennaio 1944 i pitzinnos sardi scapparono in massa dalla caserma di Villa Opicina, in quel di Trieste. Diventarono partigiani. Il ritorno a Bitti di Joglieddu caduto in battaglia sembrava cosa impossibile. Due anni di ostacoli, specie burocratici, da quando abbiamo saputo del luogo di sepoltura, Kanalski Lom. Ma ci siamo riusciti. 15 aprile. Anton Bavdaž se ne sta appoggiato al muro di cinta del cimitero di Kanalski Lom. Da là si vede la risalita per Špile, a 900 metri, nido d'aquile, crocevia di sentieri. A Špile cadde Joglieddu e là andò a riprenderlo Anton Bavdaž. Oggi Anton ha 88 anni. Ne aveva 18 nel 1944. Sole freddo su Kanalski Lom, quel 28 novembre di settant'anni fa. Dal basso, a 700 metri, si sentivano il crepitare dei mitra e altri rumori di battaglia. Venne giù dalla montagna uno che commerciava in cavalli, per dire che a Špile c'era un uomo morto, ucciso dai nazisti. Anton fu incaricato di andare a recuperare il corpo. Disponeva di un carro con un bue. Arrivò a nel crocevia e vide l'ucciso, un fianco completamente squarciato, faccia al cielo. Stringeva nel pugno una medaglietta, una Madonnina. Aiutato da un forestiero che poi sparì, Anton caricò l'ucciso sul carro. Ci volle un'ora di viaggio per il ritorno. Nel cimitero di Kanalski Lom il parroco Štanko Sarf frugò nelle tasche dell'ucciso e così scoprì l'identità di Giorgio Sanna. Ora Anton è là, appoggiato al muro di cinta del cimitero, i gomiti che premono sulla pietra. A Špile ci aveva mostrato il punto in cui ritrovò Joglieddu, un albero tra i rovi, il fusto tutto crivellato di proiettili. Nel camposanto di Kanalski Lom si sono fatte quasi le 10 quando inizia lo scavo. Terra scura impastata con schegge di granate, residuo della prima guerra mondiale che qui ha infuriato cent'anni fa. Poi la seconda guerra, le battaglie dei partigiani contro i nazifascisti. Mitja, di Nova Gorica, e il suo aiutante mettono tavole di recinzione intorno alla tomba di Joglieddu. Poi iniziano a spaccare le pietre dell'aiuola. I colpi risuonano dentro il silenzio partecipe di una piccola folla di italiani e di sloveni. L'operaio continua a scavare e a un certo punto smette con la pala. Va a prendere una cazzuola. Siamo a 90-100 centimetri di scavo. Ancora terra. La cassa, quattro tavole messe su alla bell'e meglio, raccontava Anton Bavdaž, sono diventate anch'esse terra. Compaiono ossa. Un brivido. Smette il brusio. Ci si guarda fissi negli occhi. I sardi del Circolo di Gorizia hanno portato panni candidi per adagiarci sopra le ossa del partigiano. Ci sono tutte: la testa, le ossa lunghe, il femore, il bacino. Poi, all'altezza di una delle mani, compare una medaglietta. È quella che a Joglieddu, lo scrive nelle lettere che aviere a Perugia spediva a casa, gli aveva mandato da Roma zia Lucia, suora di clausura, morta nei bombardamenti alleati del 1943. 18 aprile. Lungo Venerdì Santo. Siamo appena tornati dalla Slovenia e fra un po' ripartiamo per Olbia dove intorno alle 19 atterrerà l'aereo proveniente da Verona. Poi, direzione Bitti. Arriveremo a sera inoltrata. Giorgio Sanna torna finalmente a casa. Per settant’anni i suoi famigliari hanno elaborato un lutto a corpo assente. Ora invece Joglieddu torna e nessuna parte del suo corpo manca. Tutto è composto in un'urna. Penso all'esumazione. Eravamo là nel cimitero Spoon River di Kanalski Lom. Prima dello scavo avevamo coperto la tomba con la bandiera dell'Anpi nuorese, fermata agli angoli da quattro copie del nostro libro. Il vessillo dei Quattro Mori, portato dai sardi del Circolo di Gorizia, lo abbiamo sistemato nel muro attaccato alla tomba, dietro la croce di legno, un lembo a contatto diretto con la bandiera della Slovenia. 20 aprile. Pasqua. Joglieddu sta nella chiesa della Pietà, al centro del suo paese natale. È tornato. Come fosse risorto.Anton Bavdaž ci aveva detto che, settant'anni fa, quando Joglieddu venne calato nella fossa, come all'improvviso comparvero partigiani sulle creste collinari intorno a Kanalski. Spararono in aria per rendere gli onori al compagno caduto. 

8.4.14

intervista a Francesco Trento autore di La guerra non era finita - I partigiani della Volante Rossa

Per  le  interviste  ad  autori  \  autrici   oggi   propongo  un intervista  a  (  foto a lato presa dal suo account di facebook ) a  Francesco Trento autore  del libro   :   La guerra non era finita - I partigiani della Volante Rossa   alla terza ristampa in un mese e mezzo .
Finalmente  un libro che s'oppone  "civilmente" agli ingigantimenti delle ultime opere di Pansa , suggerendo  sul suo account  dfi facebbok    : <<   lo hanno consigliato il Washington Post, Newsweek, El Paìs, Le Figaro. Insomma non è che abbiate bisogno che ve lo consigli io. Però è una lettura fondamentale per capire la storia del dopoguerra. Fondamentale. Uno di quei libri di storia imperdibili, come "Il secolo breve" di Hobsbawm. Una lettura seria e rigorosa della violenza in Europa subito dopo la seconda guerra mondiale, antidoto a tutte le Pansane di pseudostorici, controstorici e politici coi "giorni della memoria" selettivi, che ricordano la vendetta di uno senza dire cosa c'era prima e cosa c'è stato dopo, e cosa succedeva durante. Qui invece c'è tutto. Chiunque voglia oggi parlare di dopoguerra, deve ripartire da questo libro. >>.

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Proprio  per  questo   volevo chiederli come si sentiva  ad  essere definito dalla recensione di Angelo D'orsi su La Stampa che lo definisce come "il Pansa di sinistra". 
Ma  l'autore   ha  già risposto  a  nel video  delle librerie    Arion, la prima catena di librerie indipendenti a Roma.  qui ulteriori  news   su di loro 



Ma Ora   bado alle ciance  ed ecco l'intervista  

  come mai  hai deciso di rivangare queste storie del passato?
Beh, in realtà ho iniziato a studiare la Volante Rossa molti anni fa.
Uno dei motivi che mi ha spinto a proporre ora questo libro è senz’altro la quantità di fesserie che pseudostorici e “controstorici” scrivono su quel periodo. Ero un po’ stufo di leggere pansane qui e là, e siccome sulla Volante esistevano solo gli ottimi libri di Massimo Recchioni e Cesare Bermani, oltre al volume del 1995 di Guerriero e Rondinelli, ho pensato di dare il mio contributo. Con un libro leggermente diverso, che racconta, attraverso una piccola storia, la storia dell’Italia del dopoguerra, in quei tre anni e mezzo che
hanno deciso le sorti successive di questo paese.
Come scrive Keith Lowe nel suo “Il continente selvaggio”, “I fatti distorti sono molto più pericolosi di quelli reali”, perciò .... 
 quale di queste  due  " definizioni  "  della volante rossa  è quella   più giusta ? http://it.wikipedia.org/wiki/Volante_Rossaita.anarchopedia.org/Volante_Rossa
Allora, la prima pagina, quella di wikipedia, è stata palesemente scritta da qualche “revisionista” ed è in gran parte basata sul libro di Cicchino e Olivo, che sulla Volante Rossa prendono una cantonata dopo l’altra. È poi del tutto inaccettabile la definizione “organizzazione terroristica”, mutuata dal linguaggio odierno ma assolutamente fuori luogo in questo contesto. È piena di inesattezze, e di fatto dimostra come una storia poco indagata generi facilmente miti e leggende. Sarebbe lungo far le pulci a quelle righe qui, ma per farti un esempio è falso che la Volante Rossa abbia mai rivendicato l’omicidio di De Agazio, che peraltro non ha nemmeno compiuto, come spiego nel libro (anche se il giornalista figurava su una lista di persone che gli uomini di Paggio “tenevano d’occhio”).
L’altra pagina è sicuramente più favorevole alla Volante, ma incorre in una lunga serie di inesattezze.
Sei revisionista  o negazionista? Equipazionista? Giustificazionista?
Mi sembra divertente il gioco degli "isti". Sicuramente non sono revisionista né equipa, ne negazionista...  
Ragionerò su una definizione, ma forse "cerco di raccontare la verità" è la miglior risposta.Ma guarda, non ci sarebbe bisogno di tutti questi –isti se gli storici facessero solo il loro mestiere, che è quello di cercare tutte le fonti a disposizione, vagliarle con imparzialità, e cercare sempre la verità. In questo libro ho dovuto mettere insieme fonti diverse, le testimonianze orali le ho confrontate con gli atti processuali, i verbali di polizia, gli interrogatori, gli articoli di giornale, tentando sempre, sopra ogni cosa, di raccontare il meglio possibile un pezzo di storia di questo paese. La miglior dimostrazione che questo è un libro onesto, e anche uno dei premi migliori al lungo lavoro che ha preceduto questa pubblicazione, è stato ricevere nell’arco di 24 ore i complimenti di Nadia Paggio, la figlia del comandante della Volante Rossa, e dei nipoti di De Agazio, che grazie a questo libro hanno scoperto che non furono gli uomini del “tenente Alvaro” a uccidere loro nonno.
 fu un qualcosa di spontaneo oppure furono usati dal Pci?
Fu un fenomeno spontaneo, anche se il gruppo di Paggio dal 1946 stringe legami saldi con la Federazione milanese del Pci, presso la cui sede gli uomini della Volante svolgono a rotazione un turno di guardia notturna per evitare il ripetersi di attentati neofascisti. Se da un lato il Pci nazionale, con Togliatti, non vede di buon occhio fenomeni come quello della Volante, di sicuro a Milano i rapporti con Alberganti e Lamprati sono ottimi. Tanto è vero che dal 1948 la Volante viene in qualche modo legittimata, svolgendo servizio d’ordine al VI congresso del partito. Successivamente partecipa agli scontri durante la durissima campagna elettorale, e il segno dei suoi buoni rapporti con i dirigenti milanesi lo dà la storia dei giorni successivi all’attentato a Togliatti: quando gli uomini di Alvaro decidono di dare l’assalto alla caserma dei carabinieri di Milano, pensando di essere alla vigilia di un colpo di stato e cercando quindi di iniziare una rivoluzione, il Pci li ferma dicendo: “tornate a casa”. E loro, ordinatamente, tornano a casa.
Gli  avevo preparato altre  domande   del  tipo :    le azioni della  volante  rossa  furono azioni  di giustizia proletaria o di vendetta  ?    il periodo   delle loro azioni può essere considerato un appendice  della guerra civile o  un ritorno  agli arditi del popolo  ?    fu un qualcosa di spontaneo oppure furono usarti dal Pci ? 7)  la  volante  rossa  fu terrorismo o leggitima  difesa ?  la  volante  rossa  ha avuto  rapporti  con i Gap  ?   Se  ci sono stati    quali  furono  ? luoghi comuni , ed  errori degli pseudo  storici  e storici di parte  , che smonti nel tuo libro ?  la volante rossa  assolta o condannata  dalla  storia  ?
  Ma   lui  , è questo  che mi piace  di lui   e  mi fa   onore  ad  averlo fra i miei contatti di facebook  ,  è stato perspicace    e  "  creativo  "£  e  le  ha riassunte  \  condensate   nell'ultima domanda   : 
    la  volante  rossa  fu terrorismo o la prosecuzione della guerra civile?  
Odio questo uso del termine “terrorista”, sta diventando  ormai una specie di intercalare. Nel suo ultimo libro, “Bella ciao. Controstoria della Resistenza”, Pansa usa addirittura il termine “terrorista” per indicare i gappisti, medaglie d’oro della Resistenza come Giovanni Pesce.
Basterebbe prendere un vocabolario per capire quanto la definizione non sia corretta: un terrorista colpisce indiscriminatamente per seminare il terrore, allo scopo di sovvertire le istituzioni. Attacca lo Stato. I gappisti attaccavano l’invasore tedesco, per liberare il loro paese da coloro che stavano sterminando 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento. Attaccavano i loro alleati repubblichini. Attaccavano chi tutti i giorni uccideva, torturava, opprimeva la popolazione dell’Italia del Nord. Ma chiamarli “terroristi”, Pansa lo sa bene, mira a farli percepire come assassini. È buffo come in questi libri in genere anche i più terribili torturatori nazifascisti diventano “uno che aveva inferto duri colpi ai Gap”, che poverini poi stranamente vengono uccisi a guerra finita, poi però se chiudi il libro di Pansa e vai a cercare notizie su quel tizio che aveva “inferto duri colpi ai Gap”, Giusto Veneziani, scopri che torturava sistematicamente i partigiani, che aveva fatto abortire una donna a pugni sullo stomaco, e una sequela di altre ripugnanti azioni che evidentemente Pansa non ha ritenuto opportuno menzionare.
Gli uomini di Paggio sicuramente compiono varie azioni a guerra finita, e lì bisogna distinguere anche tra le varie fasi della storia della Volante Rossa. Le azioni dell’immediato dopoguerra sono assolutamente simili a ciò che accadde in tutta Europa in quei mesi, con la punizione di fascisti e collaborazionisti, mentre gli omicidi del 1949 sono sicuramente fuori tempo, con la formazione che non è più clandestina da tempo, e infatti causano l’arresto di molti dei suoi militanti.
Non va dimenticato che Paggio e i suoi agiscono in un’Italia che più passano i mesi più si rivela un paese alla rovescia, dove fascisti responsabili di incredibili atrocità invece che venire puniti rimangono ai loro posti nelle amministrazioni pubbliche e nelle forze di polizia, mentre i partigiani entrati subito dopo il 25 aprile vengono via via allontanati con una serie di risibili cavilli. Un paese in cui l’unica epurazione che davvero ha luogo con successo è quella dei partigiani dalle forze di polizia. Un paese che vede chi ha lottato per liberare l’Italia incarcerato per azioni commesse durante la guerra partigiana, e per le strade, liberi, i fascisti.
Libero Junio Valerio Borghese, comandante della X Mas, che nel dopoguerra si renderà protagonista di un tentato colpo di stato. Libero il “boia di Genova” Basile. Libero il criminale di guerra Graziani,  inserito dall'ONU nella lista dei criminali di guerra su richiesta dell'Etiopia, per cui l’Italia non concederà mai l’estradizione nonostante sia accusato dell'uso di gas tossici sulla popolazione civile, nonostante sia accusato di aver bombardato ospedali della Croce Rossa. Eccetera eccetera. Parlando della Volante Rossa e di fenomeni simili non si può ignorare questo contesto, o si rischia di ragionare sulla storia senza coglierne il sapore, senza calarsi nel clima di quegli anni. E quindi senza capire.
A Milano in quegli anni non c’è un gruppo di pazzi che si fa giustizia da sé. A Milano in quegli anni c’è una guerra tra i gruppi armati neofascisti da una parte e molti ex partigiani dall’altra (non solo la Volante Rossa, perché come racconto nel libro ci sono almeno altre due organizzazioni armate a Milano in quegli anni, all’interno di sedi del Pci). Perché quello che molti pseudostorici o “controstorici” dimenticano spesso di dire è che i fascisti sono rimasti armati, e nel dopoguerra si riorganizzano in fretta, e colpiscono quotidianamente le sedi dei partiti di sinistra, le attaccano con bombe, esplosivi, colpi di mitragliatrice. Attaccano la sede della camera del lavoro, e la custode, Stella Zuccoletti, ci rimette la vita. Attaccano la sezione comunista di Porta Genova, e un bambino di 5 anni, Franco Flammeni, è dilaniato dall’esplosione di una bomba. Attaccano la Casa del Popolo di Lambrate, sede della Volante Rossa, che solo grazie a un infiltrato riesce a sapere prima dell’attacco e a organizzare una difesa.
Questo è il contesto storico in cui agiscono gli uomini di Paggio, e raccontarlo per quello che era non è una questione di giudizio storico o etico, è semplicemente una questione di fare bene il proprio lavoro. Se uno vuole “revisionare” la storia prima la deve studiare.

10.5.12

de andrè le storie d'ieri più attuale che mai

ringrazio l'amico  tassinari per il video




Mio padre aveva un sogno comune 
condiviso dalla sua generazione 
la mascella al cortile parlava 
troppi morti lo hanno tradito 
tutta gente che aveva capito. 

E il bambino nel cortile sta giocando 
tira sassi nel cielo e nel mare 
ogni volta che colpisce una stella 
chiude gli occhi e si mette a sognare 
chiude gli occhi e si mette a volare. 

E i cavalli a Salò sono morti di noia 
a giocare col nero perdi sempre 
Mussolini ha scritto anche poesie 
i poeti che strade creature 
ogni volta che parlano è una truffa. 

Ma mio padre è un ragazzo tranquillo 
la mattina legge molti giornali 
è convinto di avere delle idee 
e suo figlio è una nave pirata 
e suo figlio è una nave pirata. 

E anche adesso è rimasta una scritta nera 
sopra il muro davanti casa mia 
dice che il movimento vincerà 
il gran capo ha la faccia serena 
la cravatta intonata alla camicia. 

Ma il bambino nel cortile si è fermato 
si è stancato di seguire gli aquiloni 
si è seduto tra i ricordi vicini i rumori lontani 
guarda il muro e si guarda le mani 
guarda il muro e si guarda le mani

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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