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29.12.19

Il fatto è che mia figlia, a 16 anni, non può girare da sola per Roma all’una di notte Siamo nell'era del figliarcato: i genitori non sanno più imporre regole

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non sono genitore ,  ma    avendo amici    e conoscenti  con figli di quell'età o adolescenziali   e   vedendo , abitando in una zona di  locali  , vedendo  ragazzini\e   d'età inferiore  a quelle  delle  due ragazze  morte  ,  in giuro fino  alle  4    del mattino   o  in coma etilico (  o  morto vicino  ) non solo    a  carnevale  o (  ovviamente  non tutti )  fare  danni  ed  atti di vandalismo     do  ragione    ed  non biasimo   tale articolo  . Lo dice  un libertario ed  un ribelle  .

https://www.tpi.it/opinioni/

Siamo nell'era del figliarcato: i genitori non sanno più imporre regole.
Il commento di Giulio Gambino


Immagine di copertinaMi rendo perfettamente conto che quello che sto per scrivere sarà impopolare. Ma voglio dirlo lo stesso. Il punto è che a 16 anni, da sola in giro per Roma, all’una di notte, mia figlia non ci dovrebbe girare. E meno che mai attraversare una strada sotto il diluvio, iper-trafficata, ormai più simile a un’autostrada per le velocità di percorrenza che a una via del centro città. Non è bigottismo o ritorno alle vecchie maniere, è buon senso.
Siamo nell’era del figliarcato e il dramma è che i genitori sono sempre più stanchi e arrendevoli di fronte a coloro ai quali, come i propri figli, viene concesso ogni genere di permesso. Non è modernità, è menefreghismo. Del resto se a mio figlio dico sempre sì, penserà di poter fare quel che vuole, cosa per altro irrealistica e mai vera nel mondo reale. Ma, soprattutto, penserà di poter essere così forte da avere i super-poteri e attraversare una strada in piena notte (non sulle strisce) sotto il diluvio, scavalcando un guard rail.
Non sto colpevolizzando Gaia e Camilla, e meno che mai assolvendo Genovese: per quello che mi riguarda sono tutti e tre innocenti, responsabili solo di essere nati in una società in cui regna una parziale degenerazione delle regole, e anche dei comportamenti genitori-figli così come delle lezioni che i primi devono impartire ai secondi.
Temo che questo laissez-fairismo sia il frutto di un fortissimo senso di colpa che caratterizza i genitori di oggi, privi di forza contrattuale nel rapporto padre-madre/figli poiché consapevoli del fatto che i valori a cui loro stessi hanno col tempo ceduto oggi non abbiano più senso per la propria prole: una crisi di identità e valoriale senza precedenti nella storia della società italiana, forse.
Mi hanno colpito le parole del padre di una delle due ragazze, anche lui vittima di un incidente in passato e per questo finito su una sedia a rotelle: “Adesso non ho ragioni per andare avanti”. O della sorella di Camilla: “Oggi ho scoperto il senso vero della mia vita, quel senso sei tu”.
Ciascun padre/madre si comporta come meglio crede, ma i primi a dover ripensare il loro modo di agire sono i genitori. Usare il pugno duro non significa tenere a casa in castigo i figli. Dire anche di No non equivale a essere troppo apprensivi. E non dare ai figli alcune regole, peraltro sane nella vita di ogni giovane, significa soprassedere al proprio ruolo di genitore.
È evidente che non siamo di fronte a un fenomeno universale, né possono esistere cifre e numeri a sostegno di quanto scriviamo. Questo non è un inno al non prendere più l’auto o al trincerarsi in casa: gli incidenti a volte non dipendono da noi, li subiamo e basta, ma quello che dobbiamo assolutamente recuperare è il ruolo centrale dei genitori e, da parte loro, una presa di posizione più consapevole a costo di essere impopolari o severi; a costo di risultare i genitori che non fanno fare questa o quella cosa ai proprio figli.
L’incidente avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 dicembre a Roma, in cui Gaia e Camilla sono morte dopo essere state investite da un loro quasi coetaneo a bordo di un auto, non è il primo né l’ultimo di questa serie. Quella stessa notte, poche ore più tardi, un altro tragico incidente è avvenuto nel quartiere Ostiense, vicino alla Piramide, su viale Marco Polo, quando un ragazzo è morto dopo essere stato investito. Se ne è parlato molto meno anche perché in quel caso ad investire e uccidere accidentalmente il ragazzo è stato un anziano, che diversamente da Genovese non aveva bevuto e, soprattutto, non è il figlio di un noto regista.
Non solo: pochi giorni fa una persona a bordo di un motorino è stata investita su viale Gregorio VII (quartiere Boccea). I vigili stanno ancora cercando testimoni di quello che credono essere un pirata della strada, colpevole di aver investito la persona a bordo del motorino e di essere poi fuggito.
Voi stessi lettori ce lo avete segnalato lamentando da parte dei media due pesi e due misure nel trattare questi incidenti, specie poi quando i riflettori delle nostre telecamere si sono accesi, venerdì 27 dicembre, sui funerali di Gaia e Camilla, per un vizio mediatico a volte inspiegabile che rende una notizia più ‘importante‘ di altre. Ma non è così: ogni 14 ore in media viene investito un pedone a Roma. Solo nella capitale, nel corso del 2019, ci sono stati almeno 43 morti investiti. E queste notizie vengono spesso coperte dai giornali, anche se non tutte assumono la stessa mediaticità (e non sempre per volontà dei media).
È dunque possibile rallentare la spirale di incidenti mortali che da sempre avvengono ovunque nel mondo? Quasi impossibile. Ma quello a cui possiamo porre rimedio, partendo proprio dal tragico e brutale incidente avvenuto a ridosso della vigilia di questo Natale, è il comportamento di alcuni genitori che oggi sembrano aver perso il proprio ruolo.

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