Visualizzazione post con etichetta guerriglia contro culturale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta guerriglia contro culturale. Mostra tutti i post

13.1.24

La Ciurma”, due libraie aprono un nuovo negozio di quartiere a Como

 lo so che  è vecchia  dal  punto  di  vista  cronlogico . Ma  in tempim in cui la mediocrità  , la  cancel  culture   ,  spopolano  are  iuna  libreria  o  come  dicevo in  : << ALLA PAURA DEL CLASSICI NON SI RISPONDE CON LA CANCEL CULTURE MA LEGGENDOLI >>    l'apertura   ., soprattutot  da parte  di giovani  di librerie   è  simbolo  di resistenza   o  meglio  quella  che  io  chiamo   con il  tag  querriglia  contro cultrale   . 

  da  https://www.illibraio.it/news/librerie  del  22.11.2023 e da quicomo.it

 “Abbiamo chiamato la nostra libreria la Ciurma perché ogni libro per noi è un viaggio”: Laura Aspa e Laura Seveso hanno aperto un nuovo negozio indipendente 

 
da  (quicomo.it)



Una bella notizia che arriva da Como, dove Laura Aspa e Laura Seveso hanno da poco aperto una nuova libreria indipendente.Come ha raccontato Quicomo.it, le due libraie, due amiche che lavoravano in negozi di catena, hanno deciso di mettersi in proprio e realizzare un sogno. È nata così (in viale Lecco 83) La Ciurma, libreria di quartiere che punta molto sia su narrativa, saggistica e manualistica, sia sui libri per bambini e ragazzi.A ilLibraio.it le due libraie spiegano: “La nostra è una piccola libreria indipendente di quartiere, adatta sia ad adulti sia ai più piccoli, in modo che ogni lettore possa sentirsi accolto e scovare il libro perfetto. È un centro culturale attivo e partecipe in città, un posto dove scambiarsi consigli e idee, dove perdersi per poi ritrovarsi”.



Dall’inaugurazione, lo scorso 13 ottobre, sono già stati organizzati alcuni eventi e laboratori: “Abbiamo chiamato la nostra libreria la Ciurma perché ogni libro per noi è un viaggio“, hanno spiegato le libraie.



Laura Aspa e Laura Seveso sono due donne coraggiose che dopo aver lavorato per anni nelle così dette librerie di catena, dei grandi marchi per intenderci, hanno deciso di mettersi in proprio e realizzare il loro sogno. A Como in viale Lecco 83 ha aperto La Ciurma, una libreria di quartiere, indipendente, uno di quegli spazi dove conta ancora il rapporto con i lettori e la cura nelle scelte da proporre. Laddove prima c'era il Cafè Mirage, il bar gestito con amore da Lele per ben 17 anni, arrivano con altrettanto entusiasmo e voglia di fare le due Laure con la loro "libreria aperta per resistenza".
"Ci sembrava - ci spiega Laura Aspa - che a Como mancasse uno spazio del genere. Noi abbiamo sfogliato centinaia di cataloghi e tramite le varie fiere del libro siamo entrate in contatto direttamente anche con i piccoli editori. Vorremmo dare risalto a queste realtà, alle piccole chicche editoriali. Ovviamente terremo anche i titoli più in auge e chiunque potrà ordinare il proprio libro e averlo in pochi giorni: tutti i lettori troveranno un libro giusto per loro".
La Libreria la Ciurma ha aperto la sua porta per la prima volta venerdì 13 ottobre, in barba alla data scaramanticamente poco promettente: "Abbiamo avuto talmente tanti inghippi burocratici che non volevamo più posticipare: venerdì 13 è stato perfetto".
L' inaugurazione ufficiale, ci spiegano, sarà il prossimo 11 novembre a partire dal primo pomeriggio con laboratori che coinvolgeranno i bambini e poi a seguire gli incontri con alcuni autori fino all'aperitivo.
"Abbiamo chiamato la nostra libreria la Ciurma perché ogni libro per noi è un viaggio". Un'idea romantica che si affianca all'era del digitale e che cerca di avvicinare le persone alla lettura tradizionale. Libri curati per tutti le età, a partire dai bambini: libri in stoffa, incartonati, quelli che suonano e quelli che si trasformano.
Se dovessero consigliarne uno oggi sceglierebbero Vedere il giorno di Emma Giuliani (Edizioni Timpetill): "Un libro per qualunque età. È fatto a fisarmonica ed è illustrato: ogni pagina è interattiva e in maniera molto poetica racconta la forza e fragilità del ciclo della vita".
La libreria vuole essere un centro culturale attivo in città e quindi si concentrerà molto sulle presentazioni degli autori e su laboratori e attività.

Gli incontri di novembre
Già per novembre sono previsti 3 eventi.
Il 3/11 in collaborazione con Fuorifuoco si parte alle 18 con la presentazione di Francesca Bubba "Preparati a spingere", un libro sull’essere madri oggi in Italia (Rizzoli).
Secondo appuntamento il 7/11. Alle 18 Anna Vera Viva presenterà il giallo che ha scritto per Garzanti "L’artiglio del tempo", ambientato tra gli oscuri vicoli di Napoli.
Infine il 25/11 in occasione della giornata contro la violenza sulle donne sarà ospite dalle 16 Ferri Spandri, una donna vittima di violenze, che, affiancata dalla psicologa Melissa Rigoli, racconterà la sua testimonianza nel libro "Il cuore non ha le rughe”. La sua intenzione è di trasmettere il messaggio che è possibile uscire da questo genere di situazioni.


Per ordinare i vostri libri e per informazioni 351 569 8461








1.9.23

Basta retorica sugli stupri di gruppo e sul femminicidio , guardiamo in faccia il nostro fallimento solo cosi posssiamo iniziare a fare prevenzione

dopo il post  : <<  il problema degli stupri  specie  quelli condotti da minorenni  non va   affrontato di pancia  di  Gennaro Pagano  >>  su come fare risolvere   ed  asffrontare  il problema  degli stupri e  della  violenza  di genere , ecco da http://www.huffingtonpost.it/ un  articolo -a Storia di Antonella Boralevi

Ansa© Fornito da HuffPost Italia





Forse[  è  già arrivata  corsivo  mio   ] sta arrivando una valanga. Forse questa valanga ci  [ ha  sommerso sempre  aggiunta mia   ] sommergerà. Di certo, ci cambierà [  speriamo ]. Il coraggio della ragazza di Palermo, che ha denunciato, a rischio della vita, i 7 maschi che l’hanno stuprata, ha aperto un buco nell’omertà che circonda l’orrendo reato di usare la donna come un pezzo di carne. Ogni giorno, o quasi, la cronaca racconta nuovi casi, nuove coraggiose denunce. Il gruppo dei maschi che cattura la preda, e la usa come sfogatoio bestiale. Parole dure, parole di cui mi scuso. Ma credo che le parole siano pietre. Vanno pronunciate. Anche se sono pugni.
È in atto una guerra dei maschi (alcuni, ma troppi) contro le donne. Il padre di Saman che la fa uccidere perché vuole essere libera. Il barman che avvelena col veleno per topi la compagna incinta, e siccome non funziona rapidamente come dovrebbe, la accoltella, sventrandola. Insieme al loro bambino. I bravi ragazzi di buona famiglia che scelgono la preda in discoteca e ne fanno carne da macello. La Terrazza Sentimento dove le urla della ragazza violentata per due giorni di fila, sono presidiate da guardie del corpo dietro una porta imbottita, in una stanza piena di telecamere. Quando non si prevede l’omicidio, si fa un video. E il video diventa virale in rete.

Primo fatto: chi cerca e guarda e diffonde un video di uno stupro a mio parere deve essere chiamato a correo e incriminato.

Secondo fatto: finora, evidentemente, non ha funzionato nulla degli apparati che abbiamo messo in atto, noi “buoni”, per proteggere le vittime ed educare gli aguzzini. Forse bisognerà chiederci se quello che da anni ci raccontiamo: “Serve l’educazione sentimentale nelle scuole” sia una favoletta rassicurante? L’educazione sentimentale a scuola c’è già. Da un secolo. Si fa senza psicologi, bensì con gli insegnanti. Che sono, quelli veri, educatori. La letteratura e la storia, persino la biologia e la chimica, sono “educazione sentimentale”. La Monaca di Monza e il “Buio oltre la siepe”, Eurialo e Niso e “Se questo è un uomo”. Il testosterone e la gravidanza. Credo che delegare, a uno specialista psicologo, il ruolo che fonda la qualità dell’insegnante sia mettere la testa sotto la sabbia.

Terzo fatto: i ragazzi hanno da anni scelto un unico punto di riferimento. Non i genitori, ma il gruppo. Ogni gruppo ha un leader, la sua autorità è inappellabile. Il leader agisce tramite i suoi devoti, e si assegna il ruolo di regista. Dell’agguato e del video che lo documenta. In modo che diventi una medaglia dell’orrore, dove l’orrore diventa vanto e onore.

Questi sono i fatti, secondo me. Brutali, insostenibili. Ma non è una ragione valida per continuare a raccontarci favole. Bisogna guardare il nostro fallimento negli occhi.


ed  attuare  una  politica  una  guerriglia  contro culturale  perchè  di  combattere  ed  contrastare  tale  cultura  tossica  si tratta     

13.6.16

le storie dei figli delle vittime dei femmicidi ovvero gli orfani di stato



 in sottofondo


 
Di alcune storie ( salvo casi eccezionali ma relegati in fondo quasi all'ultima pagina prima dei programmi tv e dello sport in queli nazionali o nelle prime a livello locale regionale come il caso di quella di Vanessa ora diventa mele ed aver abbandonato il cognome del padre uxoricida ho raccontato nei dettagli la storia in qualche vecchio post del blog ) riguardanti i femminicidi si parla solo della violenza ma non del post violenza e soprattutto di figli\e che hanno visto uccidere la loro madre ed hanno ed ancora subiscono tutto il travaglio psicologico che ne consegue . Ed è questo articolo interessante  che  voglio riportarvi  .
da repubblica de 11\6\2016

di mria Novella de Luca


ROMA. Si sentono orfani due volte,sopravvissuti nel silenzio, avvolti nel lutto come una seconda pelle. Sono 1628, secondo l’ultimo parziale censimento, i più piccoli
hanno pochi mesi, i più grandi sono già adulti. Sono i figli, anzi gli orfani del femminicidio, la Giustizia li definisce “vittime collaterali”,un esercito di bambini le cui
madri sono state uccise dai mariti,dagli ex, dai compagni. Assassiniche poi si uccidono, o finiscono in carcere, ma per i figli è lo stesso: si ritrovano soli, affidati a parenti,dati in adozione, migranti tra istituti, comunità, case famiglia.
«Come può uno di noi coltivare un sogno, se in pochi istanti da figlia ti ritrovi orfana, e nessuno più si occupa di te, perché per lo Stato non siamo altro che fantasmi?
» si chiede Nancy Mensa, 22 [  foto  sotto  cn relativa  intervista  ] anni, tenace giovane donna che dopo l’assassinio della madre e il suicidio del padre, studia per laurearsi e diventare magistrato. Ed è oggi il simbolo di tutti gli orfani del femminicidio.
O Vanessa Mele,[  foto  a  destra   ] di Nuoro, chedi anni ne ha 30 e vive a Liverpool,e ha dovuto combattere contro un padre, Pier Paolo Cardia, che dopo aver sparato alla madre con la sua pistola
d’ordinanza,una volta uscito di prigione era riuscito ad avere la pensione di reversibilità della moglie. « Avevo soltanto 6 anni quando lui l’ha uccisa,sono cresciuta con i miei zii,è insieme a loro che ho deciso dicombattere in tribunale perché fosse dichiarato indegno di ricevere quella pensione, che spettava a me. Pensate che assurdità, lo Stato che pagava un omicida con i soldi della vittima...». Una battaglia legale lunga e difficile, che Vanessa ha portato avanti con il supporto della sua avvocatessa, Annarita Busia, fino a che il Parlamento non ha modificato quella legge assurda. E Vanessa, come Nancy, chiede che per gli orfani del femminicidio lo Stato istituisca un indennizzo, un risarcimento,
come avviene per i parenti delle vittime di mafia e del terrorismo.
Perché gran parte delle madri di quei bambini che la Giustizia con termine algido definisce “vittime collaterali”, avevano denunciato più e più volte i loro persecutori,ma nessuno le aveva protette, o peggio ascoltate. Figli e figlie che nel 50% dei femminicidi hanno assistito al massacro delle madri, come è accaduto al fratellino di Nancy Mensa, ad Avola, in una sera d’agosto del 2013. Bambini che smettono di parlare, di mangiare, non dormono più, fanno atti di autolesionismo, a volte deviano, spesso si rintanano nella droga.Un’emergenza che ad ogni strage familiare crea nuove “vittime secondarie”: oggi sono 1628,già un numero enorme. Un censimento che si deve alla tenacia di una studiosa, Anna Costanza Baldry,psicologa e criminologa, la prima a far emergere in Italia la tragedia degli orfani del femminicidio con il progetto europeo “Switch-off”, che vuol dire spento.
Come la vita di un bambino che si ritrova testimone del male assoluto: la mamma uccisa dall’uomo con il quale aveva condiviso la vita. Stragi non a caso definiti olocausti familiari. «Volevamo capire quanti fossero e come vivessero questi ragazzi. Quali sono le risposte familiari, giuridiche,sociali che vengono offerte.Ne ho incontrati molti, e tranne in alcuni casi, attorno a loro c’è il deserto. Pochissimi sostegni economici a chi li accoglie, rari sostegni psicologici, e poi una grande
solitudine. Quando si spengono le luci della cronaca e dei processi, sulle loro vite calano silenzio ed indifferenza.E molti non ce la fanno a salvarsi». Dai dati del progetto «Switch-off” emerge che il dramma maggiore è quello di sentirsi “figli di”, con il cognome di un padre diventato assassino.
Ed è per questo che Vanessa,non appena compiuti i 18 anni, il cognome di suo padre l’ha buttato alle ortiche, ed oggi si chiama Mele, come la madre. «Sono stata amata e sostenuta dai miei zii, ma non è stato certo lo Stato a pagarmi lo psicologo o gli studi. Io ce l’ho fatta, ma chi non ha una famiglia forte e mezzi economici rischia di soccombere. Per questo voglio aiutare chi ha vissuto la mia stessa tragedia». E dopo aver ottenuto il cambiamento della legge sulla reversibilità, oggi l’avvocata Annarita Busia e VanessaMele hanno scritto una proposta di legge perché i beni dei padri assassini possano essere automaticamente bloccati e sequestrati.
Spiega Busia: «Le leggi già ci sono, ma per ottenere il sequestro dei beni, le vittime devono sempre fare un procedimento civile. Noi chiediamo invece l’automatismo di queste misure, come già avviene contro i mafiosi e il gratuito patrocinio per le vittime dei femminicidi».
Per adesso però la risposta delle istituzioni è stata di assoluta indifferenza. È quello che denuncia Emanuele Tringali, avvocato di Nancy Mensa e dei suoi fratelli,fin dai primi giorni che seguirono all’assassinio madre Antonella e al suicidio del padre. Dice Tringali: «Bisogna puntare sulla prevenzione, sui tempi della Giustizia.Ma i figli dei femminicidi hanno diritto ad un risarcimento, perché nel 90% dei casi quelle stragi erano precedute da denunce non ascoltate, e quindi lo Stato ha una responsabilità. Non è una elemosina, è un diritto. Perché questi bambini non siano orfani due volte: senza genitori e senza diritti».


quindi , da  maschio faccio  io  l'appello del quotidiani  il maifesto      (  con relativa  autorcritica   )   a cui  hanno aderito  Abati Velio, Bevilacqua Piero, Baioni Mauro, Bianchi Alessandro, Camagni Roberto, Cervellati Pier Luigi, Fiorentini Mario, Dignatici Paolo, Gambardella Alfonso, Indovina Francesco, Masulli Ignazio, Nebbia Giorgio, Ottolini Cesare, Quaini Massimo, Roggio Sandro, Salzano Edoardo, Saponaro Giuseppe, Scandurra Enzo, Siciliani de Cumis Nicola, Stucchi Silvano, Toscani Franco, Vannetiello Daniele, Viale Guido    e  che triovate   qui

14.5.14

'Il razzismo e l'imbecillità ? Si combatte con l'ironia' La risposta di Barbara Ababio, candidata sindaco in una roccaforte leghista di Porcìa (Pordenone),


Offese pesanti, attacchi inconsulti al suo colore delle pelle, bersaglio delle offese più becere. Ma lei, giovane di origini ghanesi in corsa con Sel per la carica di sindaco nel comune di Porcìa (Pordenone), reagisce con una campagna elettorale all'insegna dell'intelligenza: 'Il nero snellisce'di Angelo Mastrandrea


                                  Barbara Ababio


L’offesa più gentile è “non ho pregiudizi per il colore della sua pelle ma per le idee che certa gente ha”. Ma sul profilo Facebook (e su altre bacheche virtuali) di Barbara Alabio, nata a Palermo 23 anni fa da genitori ghanesi, commessa in un centro commerciale, mediatrice culturale e candidata sindaco di Sel nella roccaforte leghista di Porcìa (Pordenone), si trova di molto peggio: chi scrive “dalla faccia è tutto 
un manifesto della sua campagna  elettorale  gli altri li trovate
qui  http://tinyurl.com/kolxjxe

un programma”, chi la invita a prendere un barcone e tornarsene a casa e chi ha postato la foto di una scimmia.
Da quando si è ritagliata un ruolo pubblico, Ababio è bersagliata dal razzismo più becero, come a suo tempo l’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge (le due donne sono spesso accomunate negli epiteti xenofobi) o il calciatore del Milan Mario Balotelli.
All’Espresso racconta: “Appena mi sono candidata sono cominciati a piovermi addosso insulti di ogni genere. Ho scoperto che in questa terra il razzismo è sottile: non puoi oltrepassare una certa linea. Insomma, commessa sì, sindaco no”. Qualche mese fa, spiega, quando si è rivolta a un agente immobiliare per affittare un’abitazione si è vista sbattere la porta in faccia, “perché la gente non vuole affittare la casa a extracomunitari”,

All’Espresso racconta: “Appena mi sono candidata sono cominciati a piovermi addosso insulti di ogni genere. Ho scoperto che in questa terra il razzismo è sottile: non puoi oltrepassare una certa linea. Insomma, commessa sì, sindaco no”. Qualche mese fa, spiega, quando si è rivolta a un agente immobiliare per affittare un’abitazione si è vista sbattere la porta in faccia, “perché la gente non vuole affittare la casa a extracomunitari”, e a poco è servito spiegare che lei è italiana a tutti gli effetti e il Ghana, patria dei suoi genitori, lo ha visto solo in fotografia. Ora che è in piena campagna elettorale, le accade di essere insultata anche per strada. “Ma quello che più mi colpisce è la diffidenza che sento nei miei confronti. Addirittura c’è chi è arrivato a definire la mia candidatura come una provocazione. Perché non si pensa la stessa cosa di altri candidati che sono bianchi, maschi e italiani?”.
Barbara Ababio vive da dieci anni a Porcia. Dal circolo in cui è impegnata come interprete e mediatrice culturale è nata l’idea di presentare una lista multietnica, in un comune guidato da due legislature da un sindaco leghista: su 24 candidati, 15 sono “nuovi italiani”. Vengono dal Burkina Faso e Togo, dall’Algeria e dalla Tunisia, dalla Turchia, dal Bangladesh e dalla Repubblica Dominicana, tutte “persone nate qui, che a volte non hanno alcun legame con la terra d’origine e che hanno voglia di fare politica dove sono nati e vivono”.

Il 25 maggio dovrà vedersela con una destra divisa - Forza Italia da una parte, Lega e Fratelli d’Italia dall’altra – ma anche con il Pd che “non ha voluto le primarie” e con il Movimento 5 Stelle: in tutto sono sette gli aspiranti sindaci che si sfideranno al primo turno.

Agli attacchi razzisti ha deciso di replicare “usando questo bellissimo colore che porto addosso, il nero, come un punto di forza”. Lo ha fatto con ironia e intelligenza, con slogan quali “Il nero snellisce”, sottotitolo “i costi della politica per i cittadini”, “Nero su bianco” per promettere maggiore trasparenza, “Lista nera” per condannare le discriminazioni, o “Fuori i neri”, dove per nero si intende il lavoro sommerso, il precariato e le delocalizzazioni (con riferimento al caso della non lontana Electrolux).


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...