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2.2.17

Vasto divisa dopo la tragedia. Arcivescovo: "Con una magistratura più veloce si poteva evitare"

non giudico come ho già detto nel   finale    del post precedente ma condivido in pieno quello che riporto sotto dopo   questi  url che riassumono la  vicenda  


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   repubblica   02 febbraio 2017


L'avvocato Cerella: "D'Elisa non si era mai neanche scusato. Tre mesi dopo aveva ottenuto il permesso di guidare la moto". Il procuratore della città: "Clima d'odio e un'incomprensibile campagna di Giustizia". Di Lello in carcere. Il capo d'imputazione sarà formalizzato domani dopo l'interrogatorio del pmdi KATIA RICCARDI

Da sinistra: Italo D'Elisa, Roberta Smargiassi e Fabio Di Lello







VASTO - ll giorno dopo una vendetta resta solo il vuoto. Tre famiglie distrutte, ognuna ha perso un figlio. Roberta Smargiassi morta a 34 anni, investita da Italo D'Elisa, il 22enne che non si era fermato al semaforo rosso, ucciso ieri da Fabio Di Lello, marito di lei, che l'ha freddato con tre colpi al cuore. Era distrutto da un dolore che niente è servito a lenire.
"Con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare" la tragedia si sarebbe potuta evitare, dice l'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte: "La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un'ingiustizia".
La città che si era stretta intorno a Di Lello oggi legge la cronaca nera dei giornali, domani seppellirà i suoi morti. Fa spallucce, innocente per non aver premuto il grilletto della semiautomatica che Di Lello ha abbandonato sulla tomba della moglie. Ma c'era stata una campagna di odio intorno a D'Elisa. Subdola, silenziosa, partita dalla rete e solidale solo nel voler spingere avanti chi, infine, ha sparato sperando di trovare sollievo. Nessuna giustizia, solo vendetta. "Non c'è vendetta che può essere ritenuta giustizia. La vendetta è un atto immorale", conclude l'arcivescovo.
Restano i commenti, tentativi innaturali di trovare giustificazioni. Ha fatto bene, ha fatto male. Chiacchiere da social network, domande, facili risposte che dividono l'opinione pubblica, i Montecchi e i Capuleti di Vasto e Roccavivara. Da lì viene la famiglia del ragazzo ucciso. "Italo D'Elisa, dopo l'incidente, non ha mai chiesto scusa, non ha mostrato segni di pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi" dice a Radio Capital, l'avvocato Giovanni Cerella, già legale di parte civile per il procedimento che riguardava l'incidente e ora difensore di Fabio Di Lello.

Omicidio Vasto: legale Di Lello: "D'Elisa non ha mai chiesto scusa"



"D'Elisa - dice l'avvocato - tre mesi dopo l'incidente aveva ottenuto il permesso per poter tornare a guidare la moto, perché gli serviva per andare a lavorare". "Fabio era sotto shock, era depresso per la perdita della moglie, andava molto spesso al cimitero, pensava giustizia non fosse stata fatta ma incontrandolo non ho mai avuto l'impressione che stesse ipotizzando una vendetta. Sono rimasto sbalordito quando ho saputo. Lui non aveva dimestichezza con le armi".
L'ex difensore diventato attaccante, è in carcere. Il capo d'imputazione sarà formalizzato domani dopo l'interrogatorio del pm Gabriella De Lucia, alla presenza del suo legale. Di Lello al cimitero c'è andato anche ieri, subito dopo l'omicidio, per appoggiare la pistola sotto la lapide che visitava ogni giorno promettendo giustizia a un ricordo. Il rinvio a giudizio per D'Elisa, accusato di omicidio stradale, era stato firmato alla fine del 2016 e a breve ci sarebbe stata la prima udienza dinanzi al gup di Vasto. Ma a 22 anni, senza precedenti, senza omissione di soccorso, senza guida in stato di ebbrezza, e col dubbio che Roberta avesse il casco messo male, non sarebbe finito in prigione. Infine, sulla tesi difensiva di D'Elisa l'avvocato Cerella chiarisce: "Tutte sciocchezze. C'è una perizia che ha fatto piena luce sulle responsabilità".

Fabio Di Lello era stato calciatore di buon livello nei tornei dilettantistici abruzzesi fino ai primi anni del Duemila. Nella sua carriera ha indossato le maglie di diverse formazioni regionali, come quelle del Casoli, della Virtus Cupello, del S.Paolo Calcio Pro Vasto e del Vasto Marina. Aveva esordito ancora minorenne nel campionato nazionale di serie D con la Vastese
Nel dicembre scorso, il legale di D'Elisa, l'avvocato Pompeo Del Re, puntualizzava che il suo assistito non era "un pirata della strada" in quanto "subito dopo il sinistro, pur essendo anch'egli ferito e gravemente scosso, non ha omesso soccorso, ma ha immediatamente allertato le autorità competenti e chiesto l'intervento del personale medico-sanitario". Inoltre, affermava che gli esami "medici e ospedalieri avevano accertato "che il medesimo non guidava in stato di ebbrezza, né con coscienza alterata dall'uso di sostanze stupefacenti", concludendo "come la dinamica del sinistro evidenziasse una serie di fatalità non imputabili all'indagato".
Fatalità non è una parola appagante. È solo caso, non un semaforo rosso. E le frasi della difesa avevano offeso ancora. La famiglia di Roberta Smargiassi aveva replicato tramite Cerella: "Il capo di imputazione a carico dell'uomo è omicidio stradale aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale relative all'eccessiva velocità e al mancato rispetto del segnale con luci rosse dell'impianto semaforico". E ancora. "Le responsabilità dell'accaduto sono chiaramente ed unicamente riconducibili all'indagato".
L'avvocato Cerella già allora insisteva sul punto delle scuse: "Nessun componente della famiglia del 21enne, indagato compreso, ha espresso pentimento", le dichiarazioni fatte dalla famiglia del giovane erano inoltre ritenute dai congiunti di Roberta "offensive e dolorose". E la rete, Internet, Facebook, hanno propagato l'onda di rabbia, impotenza, dolore. Per il procuratore della Repubblica di Vasto Giampiero Di Florio è grave. Parla di clima di odio, ingestibile per una mente indebolita da una perdita del genere. "Claque di morbosi - dice Di Florio - che ha portato avanti un'incomprensibile campagna di Giustizia in assenza di un procedimento entrato nell'aula del Tribunale e quindi di una discussione indirizzata. Questa claque doveva aiutare Fabio a venirne fuori, invece hanno alimentato il suo sentimento della vendetta ogni giorno".
Il luogo dove è stato ucciso Italo D'Elisa, di fronte al Drinkwater Café



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