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20.8.23

insegniamo a giovani il significato della morte e della vita , ma soprattutto a distinguere l'ecezione dalla regola


 cazzeggiando     sulla  home  di fab  ho  trovato     questo post      secondo me     attuale    visto il forte  numero degli anziani  ed il calo  demografico .Infatti  l'articolista    ha  perfettamente  ragione  questo  si  chiama  accanimento  terapeutico  .  curiamoli  a  casa   o  se  non se  può  fare  a meno   in day  hospital . ma  no accaniamoci  inutilmente    i vecchi dovrebbero morire  nel loro letto  .
 Impariamo  a  accettare  che  tutto   ,  la  vita  compresa  ha  un inizio  ed  una  fine  . ma  soprattutto non  facciamo   gli ipocriti  ed  isegnaniamo  a  giovano  cosa  è  la  morte    vera  non quella  dei noir  triller  ,  splatter  , ecc. Infatti  un amico di famiglia medico in ensione  ha  scritto    come  commentri  a post  che  trovate  sotto   : << Bellissimo post che descrive con dovizia di particolari ciò che ho sempre notato e deprecato nella mia lunga vita di medico ospedaliero. Purtroppo, grazie alla medicina difensiva, se hai un paziente in reparto, hai l’obbligo di fare diagnosi e terapia e non importa se dopo tre giorni il vecchietto comincia a dare numeri, se, grazie ai vari cateteri intervengono le infezioni, o se si cominciano ad intravvedere le piaghe da decubito. Si sono seguite le linee guida! Soluzione sarebbe il divieto di ingresso in ospedale a meno di episodi cataclismici, potenziamento della medicina del territorio e così via. Ma entriamo nel territorio dell’utopia😥 >> . 



COME MUORE UN ANZIANO OGGI ? Muoiono in OSPEDALE.



Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
Esattamente lo stesso motivo (non per tutti, sia chiaro!) per il quale da diversi anni è rinchiusa in casa di riposo.
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”.
Chi lavora in ospedale si è trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una attempata signora di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Certe volte comprendo la difficoltà e il disagio in certi ragionamenti.Talvolta no.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la Signora ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.
A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo.
La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.
All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante (spesso il Rianimatore sollecitato di corsa per “fare di tutto”)scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”.
La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri anziani che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita.
Che serve amore, vicinanza e dolcezza.
Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché?
Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.
In ultimo, per noi medici: ok, hanno sbagliato, ce l’hanno portata in ospedale, non ci sono posti letto, magari resterà in barella o in sedia per chissà quanto tempo. Ma le nonnine e i pazienti, anche quelli terminali, moribondi,non sono “rotture di scatole” delle 3 del mattino.
O forse lo sono. Ma è il nostro compito, la nostra missione portare rispetto e compassione verso il “fine vita”. Perché curare è anche questo, prendersi cura di qualcuno.Anche e soprattutto quando questo avviene in un freddo reparto nosocomiale e non sul letto di casa.
di Carlo Cascone


 mentre  finisco      di  copiare  questa  storia    ecco che  su   facebook    ne  leggo un altra  , meno male   conclusasi  bene ,   multa  a parte 


Lei è Federica. Ha 28 anni. È incinta. La sua prima figlia sta per nascere. Ha già un nome, si chiama Maria Vittoria. Sono gli ultimi giorni di una gravidanza che ha attraversato il caldo soffocante di questi nostri tempi. Federica è pronta. Le hanno spiegato ogni cosa. Passeggiare, salire e scendere le scale. Lei esce in strada a fare due passi. Siamo a Napoli. Una piccola camminata. Una fitta. Improvvisa. Sotto la pancia. Sono proprio quei dolori. Quelli di cui le hanno parlato, che suonano la campana. L’inizio del parto. Federica ha un attimo di
smarrimento. Si guarda intorno. Pensa alla cosa più giusta da fare. Potrebbe chiamare il marito, un parente, un amico. Potrebbe chiamare un taxi. Vede arrivare un autobus. È proprio quello che va al Cardarelli, il più grande ospedale del Sud, il più attrezzato. Mancano giusto un paio di fermate. Federica è salita a bordo. Non l’ha deciso. Lo ha fatto. Si siede. Respira. Lenta. Resta calma. C’è un uomo. Le si para davanti. Chiede il biglietto. È un controllore. Federica non ha pensato al biglietto. Non lo ha timbrato, non lo ha nemmeno comprato. Respira. Lui vuole il biglietto. Ora. Adesso. Subito. Lei ha altro a cui pensare. Manca una sola fermata. Respira. Lui vuole i documenti. Federica gli passa il portafogli. Ci siamo quasi. Respira. Lui prende il documento, se lo tiene mentre fa il giro degli altri viaggiatori. Ecco il Cardarelli. Federica lo chiama, gli dice che deve scendere al Pronto Soccorso. La sua pancia sta scoppiando. Lui risponde non si preoccupi, scendo con lei. Lei chiede se è proprio il caso di farle la multa. Lui dice che è un pubblico ufficiale, e lei sta aggravando la sua posizione. Federica è nel panico. Scende. Cammina per mezzo chilometro. Il controllore non la accompagna. La lascia sola. Lei arriva al pronto soccorso. Partorisce qualche ora dopo. Nasce Maria Vittoria. Tornata a casa, Federica Caroccia trova la multa. Presenta ricorso. L’azienda dei trasporti lo respinge. Lei rende pubblica la sua storia. La stessa azienda si scusa..

6.12.14

daniela loddo fa Un maxi necrologio per il suo cavallo "Ci giocavo a nascondino tra gli alberi"


 canzoni consigliate
  •  extra terrestre -Eugenio  Finardi
  • assomigliami  - Biagio Antonacci
  • una  piccolla parte  di te  - Fausto leali
  • un giorno credi  - Eduardo Bennato
in sottofonmdo



da www.unionesarda.it   del 5\12\2014




Daniela Loddo ( foto sotto ) la donna che ieri ha usato un'intera pagina de L'Unione Sarda per un necrologio "speciale", racconta il rapporto con il suo cavallo Zeuss, venuto a mancare un mese fa.

Daniela Loddo con Zeus
Zeuss le fu regalato da uno zio 18 anni fa e da quel momento Daniela ha stretto con l'animale un rapporto come tra madre e figlio: ci ha parlato nei momenti di solitudine; ci ha giocato a nascondino fra gli alberi; ci ha raccolto fichi d'India ("lui mi reggeva il secchio con la bocca"); gli ha preparato una torta speciale a ogni compleanno e quando ha avuto uno stipendio, lo ha diviso con lui. Un amore speciale quello che da sempre li ha tenuti legati, e che la donna ha voluto raccontare giorno per giorno in un diario. Zeuss è morto un mese fa. Un attacco di coliche fulminante. Ora, giura Daniela, non potrà esserci nessun altro.


Ma  chi sono io  per  giudicare  ?  l'importante  che  con tale  gesto   non faccia  del male a  gli altri\e  o all'ambiente  .
Lo so  che , come uno dei commenti ,  lasciati all'articolo  originale  (   qui l'url ) , ti  vine  il  nervoso    tipo  : <<  poteva  spendere  tutti  quei soldi in qualcosa   di  più  utile  o  darl  a  chi ne  ha  bisogno ., vabbe che uno con i propri soldi può' farne quello che vuole, ma una carità' invece di sprecare quei soldi per che cosa? Per un cavallo??!! Si posso anche capire che un animale ti possa dare certe
emozioni, ma per favore evitiamo di ridicolizzare il tutto. Persone che instaurano tali tipi di rapporti con gli animali danno segni di una propria difficoltà' ad instaurare dei rapporti affettivi con i propri simili e trovano negli animali quelli amici invisibili che si creano da piccoli. ho forse piu' rispetto io per gli animali che chiunque litratti da "pupazzi" o da esseri "umani" e' chiaro che si debba piangere un amico anche se animale ed e' naturale, ma la storia del comprare pagine di un giornale per il necrologio..e' ridicola..scusa..quando per disgrazia (non sia mai e facciamo gli scongiuri) muore un parente..che fa per due mesi compra la prima pagina del giornale ??? andiamo non esageriamo.. >> , ma  avendo vissuto   una  esperienza   simile alla sua  (  trovate    due  foto una  a  sinistra  e  una  al centro   )


   ,  cioè  ho perso   il mio gatto  persiano   4 anni  fa   , viveva  con noi    da  12\13  anni  ,  questo sfogo   viene meno  anche  perchè non  è detto    chi  non ami   anche i propri simili   .  E'  vero che   ci saranno anche  (  e  desto  questo atteggiamento  ipocrita  ) ,  persone hanno dei problemini di equilibrio neurologico, così come a dei miei conoscenti, sempre pronti a difendere a spada tratta i poveri animali ma altrettanto pronti a prendere a brutte urla la propria figlia perchè non riesce a fare bene i compiti.Ma  non generalizziamo e  rispettiamo  le  scelte  delle persone   specie  quando  non le  conosciamo benissimo e    non   fanno  nessuno  danno  a  gli altri\e  .


 come dice  uno dei commenti più  belli all''articolo  sopra  vedere   anche url 

pulpul
05/12/2014 08:59
meraviglioso
Questo è un esempio di come questi splendidi animali ci riempiono le giornate ma soprattutto il cuore e che ci danno un amore incondizionato.
Purtroppo c'e anche chi ancora preferisce mangiarli....

Infatti  A volte il dolore per la perdita di un animale non viene capito  o viene deriso   Tutti ti ripetono: "pensa a Tizio che gli è morta la moglie, quello sì che ha il diritto di piangere"! Ma perchè non si può piangere il compagno di una vita? Il punto fermo, quell'esserino che ti ama in modo incondizionato, qualsiasi cosa succeda...Il lutto è lutto, per chiunque.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...