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29.6.25

Come si visita un museo? Alcune dritte che potrebbero aiutarci, soprattutto in questa stagione, se ogni tanto vi siete sentiti un po' spaesati o respinti

 dopo i fatti di Verona e di Firenze di cui  si ampiamente  parlato anche   qui da  noi ,ecco Alcune dritte che potrebbero aiutarvi, soprattutto in questa stagione, se ogni tanto vi siete sentiti un po' spaesati o respinti  o si hanno ancora su dubbi su Come si visita un museo . 

da https://ilpost.link/zGfR2DrhHI 

 I musei possono disorientare, annoiare o addirittura sfinire i propri visitatori. Alcuni, come il Kunsthistorisches di Vienna, il Louvre di Parigi e il British Museum di Londra, sono organizzati dentro a edifici vastissimi, ospitano migliaia di oggetti e anche dopo esserci tornati più volte è praticamente impossibile riuscire a vedere tutto senza che la visita diventi frenetica e confusionaria.

                                            Alcuni visitatori di una mostra al museo di arte contemporanea di Teheran, in Iran                                                                                                                                (Majid Saeedi/Getty Images)

In realtà, persino da un posto come il Louvre è possibile uscire lucidi e relativamente riposati. Molto, infatti, dipende dal modo con cui si decide di approcciare un museo, da quanto avete le idee chiare su quello che state cercando – soprattutto se avete poco tempo, come capita spesso ai turisti – e da quanto siete organizzati.
Evitare code e affollamentiUna gita al museo è più piacevole quando gli spazi sono vuoti e silenziosi, ma nei musei più grandi e famosi questo non è sempre possibile. Quando sono molto pieni può capitare che si senta un brusio costante, fatto di passi, sussurri, commenti sommessi e qualche guida in sottofondo.I momenti migliori per evitare affollamenti sono le prime ore della mattina (dove però c’è il rischio di imbattersi in una classe in gita, nei giorni feriali) e le ultime del pomeriggio. Tra lunedì e venerdì i musei sono meno frequentati rispetto al fine settimana, ovviamente. Diversi musei grandi poi restano aperti fino a tardi almeno una volta a settimana, solitamente il giovedì o il venerdì: il giovedì per esempio la Ny Carlsberg Glyptotek, uno dei più importanti musei danesi, chiude alle 21 al posto che alle 17, come negli altri giorni della settimana.Per quanto riguarda le mostre, se volete schivare il trambusto è meglio evitare di andarci durante le settimane di inaugurazione e di chiusura, cioè le più affollate.
Non c’è bisogno di vedere tutto
Secondo diversi studi la capacità media delle persone di rimanere concentrate durante una visita al museo si colloca tra i 20 e i 45 minuti. Nei musei più grandi per riuscire a vedere tutto ci vorrebbero giorni interi; ma anche nei più piccoli, spesso, non ha senso cercare di vedere più cose possibili o addirittura cercare di vedere tutto.In alcuni musei molto grandi i percorsi organizzati possono durare delle ore, e per questo la cosa migliore da fare è di capire sin dall’inizio che cosa si vuole vedere a tutti i costi, in modo da non selezionare involontariamente solo le opere situate all’inizio.Nei musei d’arte quello che spesso viene consigliato è di concentrarsi su poche, pochissime opere. Massimiliano Rossi, storico della critica d’arte che per decenni si è occupato anche di museologia, suggerisce di sceglierne una o due, e di studiare in anticipo le informazioni sugli autori e sul contesto storico-artistico in cui sono state fatte. «Questo è un approccio che può restituire una piacevolezza: bisogna fare una selezione. Poi magari in quel museo ci ritorni per vedere anche altre cose», spiega Rossi.Se invece volete improvvisare e il museo non è troppo vasto, potete prima fare una passeggiata esplorativa al suo interno per capire che cosa vi piace, così da capire a quali oggetti esposti volete dare la priorità, prima di perdere la concentrazione.
Ovviamente molto dipende dal tipo di esposizione offerta o dalle esigenze dei visitatori, in certi casi non c’è proprio bisogno di restare concentrati: magari cercate solo un posto dove lasciar scorrazzare i vostri pensieri.

Dipinti di Giorgio Morandi a Palazzo Citterio, Milano, venerdì 6 dicembre 2024 (Foto AP, Luca Bruno)

                     Dipinti di Giorgio Morandi a Palazzo Citterio, Milano, venerdì 6 dicembre 2024
                                                            ( Foto AP, Luca Bruno )

Informarsi un po’, prima della visita
I dati sulla frequentazione e sugli orari di punta di un museo si possono trovare facilmente su Google Maps. Ma in generale il consiglio che viene dato da chi lavora nei musei è quello di farsi sempre un giro sul sito del museo che si vuole visitare per capire quali servizi sono offerti (per esempio, se c’è il guardaroba o un’area dove poter lasciare i cani). Inoltre, in alcuni posti è necessario prenotarsi perché gli ingressi sono contingentati, mentre a volte le biglietterie fanno orari particolari: meglio controllare prima, per evitare spiacevoli sorprese.
Oltre che per avere un’idea più chiara di dove si sta andando, informarsi prima della visita può stimolare la curiosità e aiutare ad arrivare sul posto con un po’ di informazioni di contesto. Molte delle persone sentite dal Post sull’argomento suggeriscono di provare a informarsi sulla storia del museo – se per esempio ha puntato storicamente su una certa corrente artistica, anche minore, e ha un patrimonio che non si trova da nessun’altra parte – e sugli argomenti dell’esposizione a cui si è più interessati. A volte vale la pena approfondire anche la storia del palazzo che ospita il museo, che spesso, soprattutto in Italia, ha di per sé un valore artistico e culturale.
Non serve essere degli esperti
Informarsi può essere utile, ma non significa che per apprezzare un’esposizione bisogna essere molto competenti sull’argomento. È un problema percepito soprattutto nei musei d’arte, che ad alcuni possono apparire un po’ respingenti.A volte verso l’arte si prova un timore quasi reverenziale, e ci si può convincere che per visitare bene una galleria si debba avere una qualche dimestichezza con la storia dell’arte (cosa che senz’altro aiuta). «Ma per godersi un’opera non c’è per forza bisogno di sapere chissà che cosa», spiega Laura Orlic, imprenditrice nel settore museale. Secondo Orlic addirittura a volte le informazioni contenute nelle didascalie e nelle audioguide possono diventare un ostacolo e portare a un’eccessiva razionalizzazione. Specie nelle mostre d’arte, per le quali certe persone preferiscono un approccio contemplativo.

Meglio le guide delle audioguide
Nella maggior parte dei casi però ha senso capire esattamente cosa si ha davanti. In questo caso, se si ha la possibilità di scegliere, meglio affidarsi a un umano che a una voce registrata. Secondo Orlic una buona guida può adattare il percorso della visita e le spiegazioni in base agli interessi e alle reazioni del gruppo, offrire vari spunti, e rispondere a domande e curiosità.I tour guidati costano di più, è vero, ma nulla vieta di mettervi in ascolto di quel che si dice, nel caso fortuito in cui la guida decida di soffermarsi proprio sulla stessa opera, o sullo stesso oggetto, su cui stavate puntando anche voi (ma non approfittatevene troppo).

Le prime audioguide mentre vengono testate al Louvre; sullo sfondo Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David. Parigi, 1966 (Imagno, Getty Images)

     Le prime audioguide mentre vengono testate al Louvre; sullo sfondo Il giuramento degli Orazi
                               di Jacques-Louis David. Parigi, 1966 (Imagno, Getty Images)

Mettersi comodi, fare delle pause
Se c’è il guardaroba, usatelo: posate lo zaino, in modo da rendere meno faticosa la visita. Anche indossare vestiti e scarpe comode può fare la differenza, visto che in molti musei il grosso dell’esposizione viene fruito stando in piedi.Se è estate e siete freddolosi, portate qualcosa per coprirvi: alcuni musei d’arte, per esempio, devono mantenere temperature relativamente basse (attorno ai 20 o ai 21 gradi), in modo da ottenere un microclima adatto alla conservazione delle opere.Sedersi ogni tanto e prendersi delle pause (magari al bar, se il museo ne ha uno) aiuta a “ricaricare” anche l’attenzione.
Nei musei si può tornare
A volte concepiamo i musei come posti da visitare solo una volta e poi basta, come se dovessimo spuntare una casella. Se si ha tempo, tornare in un museo e diluire le visite le rende più piacevoli, e permette di vedere tutto (proprio tutto) con calma.Secondo una custode museale, che per motivi di opportunità preferisce rimanere anonima, i musei possono essere visti anche come luoghi dove passare il tempo, o incontrarsi con gli amici per fare una cosa diversa. A volte è possibile fare un abbonamento annuale a una rete di musei di una città o di una regione, che in molti casi permettono accessi senza limiti: in Italia esiste una tessera che vale per la maggior parte dei musei pubblici in Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta.La custode consiglia di familiarizzare con alcuni musei della propria città, col personale che ci lavora, di conoscere meglio le iniziative – cineforum, esibizioni temporanee, presentazioni di libri – che organizzano durante l’anno: «si può scoprire che in un museo si possono fare tante cose, più di quelle che sono vietate».
Parlare col personale
Nel suo lavoro la custode si occupa soprattutto di accogliere i visitatori. «Spesso l’idea che si ha di un museo è un po’ come quella che si ha di un tempio: si entra in punta di piedi, si ha paura di chiedere e di sbagliare», dice. In realtà, il personale del museo può aiutare molto i visitatori a orientarsi. Per esempio rispetto alla fruizione degli oggetti in esposizione: a partire dai vostri gusti possono consigliarvi delle sale o delle cose specifiche da vedere. Secondo la custode il contatto con le persone che lavorano nei musei è spesso sottovalutato. Lei, invece, consiglia di non essere timidi nel condividere con loro dubbi, esigenze e desideri.

Sbizzarritevi Andare al museo resta comunque un’esperienza personale e soggettiva: non c’è un modo giusto per farlo, e non per forza deve essere un momento istruttivo. L’importante è avere bene a mente questa cosa e non sentirsi in dovere di imparare qualcosa, magari controvoglia. Ciascuno, poi, funziona in modo diverso e ha bisogno di contesti diversi per assorbire informazioni. «Si può provare a disegnare, oppure si può mettere della musica in cuffia in modo da creare una colonna sonora della propria visita», dice la custode.


17.6.25

l'installazione rovinata a verona è arte o vandalismo ? secondo me entrambe

Di cosa stiamo parlando
Al museo Maffei di Verona   dei turisti    daneggiano  la  sedia di cristallo dell’artista Nicola Bolla sedendoci per   farsi un selfie  . Ma  vengono  ripresi  dale  telecamere  e  il video diventa  virale .   per    saperne    di più  https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/06/httpswww.html


 

 Dialogando con **** un  mio  amico  prof  universitario di  storia   dell'arte     sul  fatto    di  Verona  , mi  è  venuto da  fargli provocatoriamente    questa  domanda    : « Secondo   te  la a rottura   della    sedia  di Verona   è arte  o vandalismo ? » ecco la  sua eccelsa riposta  : « È una domanda provocatoria e importante, Giuseppe. La “Sedia di Van Gogh” dell’artista Nicola Bolla, esposta a Palazzo Maffei a Verona, è stata gravemente danneggiata da due turisti che si sono seduti sull’opera per scattarsi   selfie  \  una foto. L’opera, realizzata con centinaia di cristalli Swarovski, non era pensata per essere toccata, e tanto meno usata come oggetto funzionale.Il museo ha definito l’episodio un gesto “superficiale e irrispettoso”, sottolineando come l’arte debba essere vissuta ma soprattutto rispettata. In questo contesto, più che arte, si tratta di vandalismo inconsapevole, figlio di una cultura dell’apparenza che spesso sacrifica il rispetto in nome di un selfie virale.Ma proprio da questo gesto può nascere qualcosa: il museo ha scelto di non limitarsi alla denuncia, ma di trasformare l’accaduto in un’occasione di sensibilizzazione sul valore dell’arte e sulla responsabilità del pubblico. » Stavo  , colpito ed  affondato, per  cambiare  discorso  . Ma  ecco che  interviene   un  amica   comune     che   aveva  ascoltato la  nostra  conversazione   in silezio     ,  mi  chiede  :   Quindi  tu come la vedi?  se  d'ccordo con ****  ?  È solo maleducazione o un sintomo più profondo del nostro rapporto con la bellezza e la memoria? » secondo   me   è  scarsa conoscenza  dell'arte   moderna .Osservando  la  loro espressione  ,   soprattutto lui , nel  rispondere : «Verissimo, Giuseppe. La scarsa conoscenza dell’arte moderna spesso porta a fraintendimenti, superficialità o persino gesti irrispettosi—come quello accaduto con la “Sedia” a Verona. L’arte contemporanea, con il suo linguaggio spesso simbolico, concettuale o provocatorio, richiede un diverso tipo di sguardo: meno estetico, più interpretativo.Ma questo non è necessariamente un fallimento dell’arte… forse è anche una sua forza: costringe a porsi domande, a mettersi in discussione. Quando un’opera viene fraintesa o usata impropriamente, ci mostra quanto ci sia ancora da fare in termini di educazione visiva e culturale. E ogni occasione può diventare un seme piantato per far crescere consapevolezza.Se ti va, posso consigliarti artisti, opere o movimenti che hanno segnato il nostro tempo e che spesso sono stati fraintesi… oppure possiamo esplorare perché l’arte oggi non vuole più solo essere ammirata, ma vissuta. Dimmi tu. 🎨🧠✨» leggo  un  aria  di  condivisione  .   Infatti   avrei tanto  voluto    continuare   la  discussione   ma     sono dovuto    andare    via    altrimenti     rischiavo   di perdere   il   torpedone 😁😇😂 ....  ehm ......  pulman per  rientrare  in paese  .

mentre   rientravo in pulman sfogliando   internet    leggo   su https://insideart.eu/   che  il museo    ha  oltre  ad     aver  diffuso  ilvideo della telecamera   vuoluto  lanciare  un messaggio in cui si sottolinea non solo come l’opera fosse da poco rientrata in esposizione dopo un lungo restauro, ma anche come l’occasione debba rappresentare un invito a una riflessione collettiva: “Condividiamo questo episodio non solo per dovere di cronaca, ma per dare avvio a una vera campagna di sensibilizzazione sul valore dell’arte e sul rispetto che le è dovuto”. Speriamo    che   ciò  possa  essere  Un occasione di sensibilizzazione visto   che Questo episodio è solo uno dei tanti sintomi di un’estetizzazione sempre più mediatica dell’esperienza artistica. Ci si chiede allora quale spazio resti oggi per il rispetto e la contemplazione silenziosa e intima dell’arte. Un gesto come quello avvenuto a Verona va ben oltre l’atto maldestro: è il riflesso di un sistema culturale che premia l’apparenza, che naviga fra le ambizioni sociali delle persone. «Abbiamo deciso di non limitarci a una semplice denuncia dell’accaduto. Vogliamo trasformare questo episodio in un’occasione per riflettere e sensibilizzare il pubblico: l’arte va ammirata, vissuta, ma soprattutto rispettata. Sempre», ha dichiarato il museo. Un richiamo necessario, oggi più che mai, in un mondo in cui guardare davvero, prendersi il tempo di riflessione, sembra meno urgente e naturale che mostrarsi mentre lo si fa.»  , Sono d'accordo l'arte  va  anche  vissuta   e la  gente  deve  anche  interagire  con le  opere   altrimenti  un  opera  d'arte    diventa  qualcosa di  statico  .  Infatti    concordo pienamente  con quanto  a dichiarato l'autore   dell'installazione   (  foto a  destra  )     sul  corriere  della  sera      qualche   giorno  fa   sul corriere della sera

 [ .... ]

 E l'artista che ne dice?   «Eh, non è la prima volta che mi succede, è come i miei lavori stimolassero la fantasia di chi li avvicina…».

Fantasia forse un po’ troppo accesa.
«Rivedendo la scena nel video mi sono divertito. Quando la direttrice del museo veronese mi ha contattato non mi sono affatto arrabbiato. Forte delle esperienze precedenti, ho solo pensato ‘rieccoci’».

La sedia ha fatto venire in mente a tutti la moglie del personaggio di Alberto Sordi alla Biennale nell’episodio «Le vacanze intelligenti»…
«In effetti sì, la memoria corre a quella famosa sequenza comica. Anche se in questo caso, piena di brillanti com'era, non poteva essere scambiata per una sedia comune come nel film. Tra l’altro, che strano selfie pretendeva di fare il turista: sedendosi, l'opera scompare alla vista!».

Diceva di altre opere distrutte.
«Anni fa, su un set, un mio teschio con gli swarovski venne chiuso in un armadio e un attore entrandovi per girare una scena lo schiacciò inavvertitamente: ho deciso di non ripararlo, di tenerlo così, perché nelle mie opere ragiono sulla vanitas e quindi anche un teschio, simbolo classico del memento mori, se distrutto può assumere un significato altrettanto valido. Poi clamoroso fu il water a Pechino».

Il water?
«Sempre decorato da castoni, ma per un bimbo che visitava la mostra con i genitori non fece differenza: era un wc e decise di farci pipì». 

Realtà e finzione pari sono.
«Che dire, sono un artista di opere fruibili (ride). Anche ai Giardini Reali di Torino una mia altalena venne usata in malo modo da due passanti nonostante fosse posta a una certa altezza».

Gli artisti piemontesi sembrano attirare gli ‘sprovveduti’. Ricorderà la Venere degli stracci di Pistoletto andata in fiamme due anni fa in piazza a Napoli.
«Certo, beh strana coincidenza…in realtà sono tanti gli artisti che fanno i conti con il danneggiamento delle opere. Le mie installazioni hanno sempre ispirato l’interattività, in fondo il mio lavoro sollecita un ammiccamento tra chi produce l'opera e chi ne fruisce perché vi si riflette l'ironia e l'evanescenza del mondo contemporaneo; quei manufatti ironici vengono scambiati per oggetti ‘seri’».

Ora l’opera è a posto?
«Sì, velocemente restaurata. Devo però ammettere che anche rotta aveva il suo perché. Poteva sembrare una sedia dalle gambe pieghevoli come nei film di Buster Keaton. Per un attimo ha acquisito una sfumatura surreale, sempre sulla linea vanitas-ironia».

Nelle prossime mostre bisognerà apporre un cartello ‘attenzione non sedersi’?
«Magari un avviso fatto di cristalli: la proibizione e la fruizione».

   ciò  testimonia  come , a  volte  ,    sulle  spiagge ( in questo caso  )  possano nascere  non solo riflessioni  interiori  (  vere  il  post  : « riflessioni e letture sotto l'ombrellone »   , ma  anche  interessanti discussioni   .



22.5.24

DIARIO DI BORDO N 52 ANNO II . Ingegnere cambia vita, si licenzia e molla tutto: «Giro il mondo in bicicletta» ., Ferite e vive per miracolo dopo incidente stradale si scattano un selfie sul bordo della strada ., ed altre storie




 Nnon è  mai troppo tardi per  cambiare  vita  e  rimettersi indiscussione  



Alex Battiston© Anthology

SAN VITO - Mollare tutto e fare il giro del mondo. Un pensiero che fa capolino nella mente di molte persone, almeno una volta nella vita. Alex Battiston lo sta facendo davvero, in sella alla sua bici. Classe 1985, il viaggiatore è originario di Sesto al Reghena. Dal borgo si era poi trasferito nella vicina San Vito, ma da una decina di anni la sua vita è in Finlandia. A portarlo nel nord Europa, la sua tesi di laurea incentrata sull'automazione. Alex è un ingegnere meccatronico e con i suoi studi si era guadagnato un'ottima posizione lavorativa a Helsinki. Un incarico che negli anni gli ha dato molte soddisfazioni, e che non ha lasciato a cuor leggero. Qualche settimana fa, la scena quasi da film. L'incontro con il capo per comunicare «mi licenzio e mi metto in viaggio». «È stata una scelta difficile racconta Alex -, ma avevo questo sogno da tanti anni e non volevo aspettare ancora. La cosa bella è che sono stato non solo compreso, ma anche appoggiato. Hanno capito tutti il valore che ha per me questa esperienza». 150 mila chilometri da percorrere su quello che da sempre è il suo mezzo preferito, alla scoperta di culture diverse, bellezze naturali, sapori e profumi di ogni parte del globo. Un tour che richiederà più di tre anni. E soprattutto un cambio d'abitudini radicale, dalla quotidianità "tradizionale" del lavoro in azienda, a quella nuova e a volte imprevedibile dell'avventura.
LE TAPPE
Ma da buon ingegnere, Alex è organizzato: tenda, materassino, fornello a gas da campeggio, piccoli attrezzi per la bici, telefono e pc, e lo stretto necessario per spostarsi in sicurezza. Il viaggio è cominciato qualche giorno fa dalla Finlandia, con un traghetto per arrivare a Tallinn, capitale dell'Estonia, e cominciare a pedalare «tra foreste - spiega Alex -, piccole città e gemme quasi sconosciute che meritano di essere viste». In questi giorni continua il tragitto in direzione sud-ovest, che toccherà, oltre ai Paesi baltici, la Polonia, la Slovacchia, l'Austria e la Slovenia. In Italia non mancherà la tappa in Friuli Venezia Giulia, per salutare la famiglia, e poi via per la Francia, l'Andorra e la Spagna. Terminata la parte europea del tour, sarà il turno dell'Africa, un momento molto atteso dall'ingegnere, che pensa al deserto del Sahara, e ai colori e alle ombre delle foreste tropicali. Pedalerà lungo tutta la costa occidentale del continente nero per poi risalire a est e arrivare in Etiopia. Seguiranno i soggiorni in alcuni Paesi del Medio Oriente, in India, Bangladesh, Thailandia, Malesia e Indonesia. E giù, fino all'Australia. «Un "must" - commenta Alex per chi come me ama i deserti». Il ciclista raggiungerà poi il Sud America e si sposterà verso l'emisfero Nord. Argentina, Cile, Bolivia, Perù e Colombia. E ancora Panama, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, Guatemala, Messico, per finire con gli Stati Uniti, da percorrere da ovest a est.
SUL SUO SITO
L'itinerario di Alex è pubblico, si possono leggere tutte le tappe sul suo sito, World On Bicycle. Nel portale, così come nei suoi canali social, l'ingegnere condivide foto e video della sua avventura. Scrive e parla in inglese, così da rendere i suoi contenuti fruibili per un pubblico più ampio possibile. Alex non nasconde di avere un ulteriore sogno: trasformare la sua passione in un lavoro, proprio grazie all'ausilio dei social media. Una passione che gli ha trasmesso il nonno Felice, «che mi ispira - spiega - ogni volta che conquisto una salita», e che nel tempo è cresciuta. Il desiderio di affrontare in bici sfide sempre più ardue è stato alimentato anche dal mondo del web, caro all'ingegnere. «Ho fatto i primi viaggi in Irlanda, Scozia, Islanda e Toscana - conclude - spinto da alcuni video visti su YouTube. Ora vorrei anch'io motivare altre persone, ispirarle a inseguire i loro sogni. Tutto si può fare, basta volerlo».


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leggendo   su https://www.fanpage.it/  la  vicenda      riporta  sotto  

Mi chiedo e mi sono sempre chiesto ( vedere il precedente post : << perchè non dobbiamo diffondere ulteriormente e non ho guardato ed diffuso il video della pompa di benzina di brescia o dintorni >> d'appassionato fotografo , io che volglio sempre cogliere l'attimo e fare foto da bastard inside 😇😂 agli amici senza chiedere di mettersi in posa , perché c'è un bisogno così costante di scattare una foto di tutto ciò che facciamo. Stiamo raggiungendo un livello ridicolo ed esagerato solo per attirare l'attenzione"? .

Ferite e vive per miracolo dopo incidente stradale si scattano un selfie sul bordo della strada
È accaduto in Messico, dove due ragazze gravemente ferite dopo un incidente stradale si sono scattate un selfie sul bordo della strada in attesa dei soccorsi.

                             A cura di Davide Falcioni

Scampate alla morte per miracolo dopo un terribile incidente stradale hanno trovato la voglia e il modo di scattarsi un selfie. Sta facendo discutere l'immagine scattata in Messico di due donne insanguinate, gravemente ferite e sedute su un marciapiedi intente a scattarsi una fotografia dopo essere state protagoniste di uno schianto nel quartiere Lomas del Mirador della città di Cuernavaca.
L'incidente è avvenuto sabato sera: nella foto scattata da un passante si vedono due ragazze sedute sul
bordo di una strada con lo smartphone in mano, intente a scattarsi un selfie mentre tutto intorno gli altri occupanti della vettura incidentata erano intenti a chiamare polizia e ambulanza. L'auto sulla quale viaggiavano intanto era ribaltata in mezzo alla strada con i finestrini rotti. Il sospetto delle forze dell'ordine è che lo schianto sia avvenuto a causa dell'eccessiva assunzione di alcol da parte della persona al volante.
Stando a quanto riferiscono i giornali locali entrambe le ragazze protagoniste del selfie avrebbero riportato ferite gravi e sarebbero state condotte in ospedale insieme agli altri tre occupanti della vettura. I dettagli dell'incidente non sono stati resi noti e le autorità messicane stanno ancora indagando, tuttavia online si è scatenato un acceso dibattito sulla "scena del selfie"


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27.2.23

Scandalizzano gli scatti con la De Filippi davanti alla bara di Costanzo: ma il selfie è ormai strumento quotidiano di molestia collettiva e caduta di civiltà

Lo so ho già parlato dei selfie della De flippi nel mio precedente post : << Io la conoscevo bene cosi starà dicendo da dov'è Costanzo di sua moglie >> e dovrei guardare oltre ed andare avanti, insomma parlare  d'altro   . Ma 



  l'articolo      di  https://www.open.online/2023/02/26/  che trovate  sotto    è  la  risposta  che  avrei  voluto  dare     rispetto  a  quella  che  ho dato  a    Daniele  .  qui  la  discussione  avuta  su  fb  


Celeste Addis
Maleducati ...irrispettosi...vergognosi...lei gentilissima ...quando provi un dolore forte e sei al funerale con tantissima gente...prendi le condoglianze come un automa ...
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Meno scandaloso ma altrettanto tossico è tartassare un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno

La a notte in cui il selfie smette di essere un innocuo giochino personale e diventa un potente strumento di comunicazione di massa (e di molestia, come spiegheremo in questo pezzo) è quella del 3 marzo 2014, quando alla premiazione degli Oscar la presentatrice Ellen DeGeneres riunisce le star di Hollywood per un autoscatto e trasforma quella foto nell’inizio di un nuovo mondo. Da quel giorno, il selfie più condiviso della storia apre le porte a una nuova abitudine sociale: la foto con la star. Non è l’unico utilizzo dell’auto scatto, i selfie sono diventati un momento che ormai immortalata qualsiasi fase, ricorrenza o incontro della nostra vita, ma è certamente quello più tossico, invadente e corrosivo. Alzi la mano chi non ha chiesto, almeno una volta nella propria vita, a un personaggio famoso di fare
una foto insieme. Un gesto apparentemente innocuo e, soprattutto, considerato dovuto. Quei pochi “famosi” che rifiutano lo scatto vengono bollati come maleducati, presuntosi e ingrati.
Chi scrive ha avuto occasione, una mattina, di assistere a un frammento della vita di Francesco Totti in aeroporto. In attesa di imbarcare per un volo, si generò una fila di oltre 100 persone, ognuna armata di cellulare, e il paziente campione ha fatto tutta la trafila del check in sorridendo con degli sconosciuti; la fila è ricominciata dopo il decollo, in aereo, e all’arrivo è stata la stessa cosa. Quella scena mi ha consentito di visualizzare un concetto tanto banale quanto poco chiaro ai maniaci del selfie: non è “solo una foto”, è una forma di molestia pesante, ripetuta e invadente nella vita dei personaggi famosi, che si sottopongono ogni giorno a questa gogna solo per evitare di essere travolti dalle accuse di “tirarsela” troppo. Una perversione tanto molesta quanto inutile – cosa te ne fai di una foto estorta controvoglia a una persona che non ti conosce? – che non conosce sosta neanche davanti alla morte, come abbiamo scoperto in questi giorni quando degli incauti forsennati del selfie hanno chiesto a Maria De Filippi di fare una foto dentro la camera ardente di Maurizio Costanzo.

Da Sassoli a Pelè, la molestia collettiva

Una scena che ha fatto sollevare cori di critiche, tanto compatte quanto smemorate: ci siamo già dimenticati di cosa accadde quando scomparve il povero David Sassoli, con i politici impegnati a farsi i selfie nella camera ardente, oppure la triste scena dei vertici del calcio mondiale impegnati a farsi la foto con la bara di Pelè. E soprattutto queste critiche non hanno colto nel segno, perché si sono limitate a criticare non tanto la molestia del selfie, quanto – più semplicemente – la scelta del momento in cui è stato chiesto lo scatto. Dimenticando che è meno scandaloso, ma altrettanto molesto, tartassare di foto un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno e così via. Insomma, bisognerebbe cogliere lo spunto da questa vicenda per affermare un concetto: i selfie con i vip sono sempre una forma di molestia collettiva, non ci sono sono selfie buoni e selfie cattivi, e bisogna avviare una campagna di opinione per farla finita con questa abitudine tossica. Può sembrare una piccola cosa, ma ogni forma di maleducazione collettiva genera fenomeni negativi, come dimostrano le foto scattate nelle camere ardenti, che abbassano il livello medio di civiltà di una comunità.

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