Visualizzazione post con etichetta povertà e dignità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta povertà e dignità. Mostra tutti i post

29.7.18

provocazioni sociali

colgo al balzo la provocazione  , fb serve  ( almeno dovrebbe )   anche  a questo , del mio contatto

21 h ·



SOLO UNA DOMANDA.
----
"Di che colore è la povertà?



domanda forse troppo semplice Talmente semplice per chi non ha il paraocchi o il prosciutto su gli occhi ed forse ovvia ed scontata per chi vede le cose a 360 ° cia saer vedere saper osservare senza preconceti e senza farsi influenzare dalla propaganda nazional popolare. Infatti

Rita Franceschi                                                                                                                     Ha diversi colori .C'è la povertà di chi vive onestamente con poco e con dignità .C'è la povertà nella mente di chi esibisce soltanto se stesso ,la sua arroganza e presunzione ,C'è la povertà d'animo di chi volta la faccia facendo finta di non vedere ,arricchendosi,con mille sotterfugi. La povertà discriminante è per me la peggiore ,siamo tutti sotto lo stesso cielo ,possiamo se vogliamo ,convivere ,cercando serenità e pace .La povertà è nel cuore di chi non sà amare .(semplice mi sembra ). 


Ecco quindi  che visto il clima , da cui nessuno è escluso sottoscritto compreso , d'analfabetismo funzionale e di ritorno le domande vanno poste in modo semplice come se le si stesse spiegando ai bambini delle scuole d'infanzia \ elementari .
Concludo a chi mi dice fatti un altra domanda : chi ha ridotto così la gente ??? rispondo lasciando parlare lo stesso autore del post
Roberto Chiapella Non era una domanda politica.Volevo dire che i poveri sono poveri indistintamente dal colore della pelle.Altrimenti la domanda l'avrei posta in un modo diverso. 

20.7.15

"Io, italiana povera, non penso che i migranti mi stiano togliendo il pane". E il post di Francescai acono 22 anni, diventa virale

potrebbe  interessartvi
http://www.wired.it/attualita/politica/2015/07/20/migranti-come-battere-storytelling-dellinvasione/
Lo so  che   con certe persone   è inutile



Ma    certe  storie  come quella  qui sotto  e questa qui  di cui  ho parlato in un post precedente  m'inducono  a  continuare  a  raccontare  e riporti  siffatti argomenti  . Perchè   la gente sta  iniziando a non poterne più  di bufale   e d'inciviltà  ma  sopratutto  contro  l'exenofobia  montante .

Ecco  la  coraggiosa ragazza   che  ha <<  a solo 22 anni, Francesca Iacono, ed è una ragazza come ce ne sono tante. Anche la sua storia, raccontata in un lungo sfogo su Facebook, non è poi così inusuale. Per questo, forse, il suo post ha ricevuto oltre 24 mila like ed è stato condiviso da oltre 9 mila persone. Perché Francesca racconta della sua vita "da povera", ma di una "povertà gestibile", come la chiama lei.>> Come potete  leggere  nel  suo stato d fb sotto  essa  << Racconta la trafila della richiesta di sussidi, di quella per un posto in una casa popolare, racconta del lavoro cercato e non travato, dell'adeguarsi a certe condizioni per poter avere di cosa vivere. E poi ancora della macchina di "quinta mano" e dei "libri in comodato d'uso".  >>  da http://www.huffingtonpost.it/ del 20\7\2015  .
Eppure, assicura Francesca, nonostante questo, mai che le sia venuto in mente di credere che i migranti le "stanno togliendo il pane di bocca, le popolazioni rom e sinti non hanno più diritti di me". 

Ragazza   coraggiosa  nonostante  gli  attacchi ignobili becero populisti come quello ( vedere sotto ) de il giornale ( montanelli si starà rivoltando nella tomba nel vedere com'è ridotto) e ho Ho cliccato e ho letto commenti di lettori di questa spazzatura di giornale che sono a dir poco raccapriccianti! Ma come si fa?? alcuni razionali ( anche se con lo stesso refrain ) altri rriferibli ed osceni





Comunque avete rotto il cazzo con la storia che "gli italiani c'hanno bisogno prima, gli zinghiri ricchi tutto pagato".
La mia famiglia è più povera della maggior parte di quelle dei miei contatti.
Niente di eclatante, una povertà normale e gestibile. 

Cioè, i miei genitori non me l'hanno mai fatta vivere come una condanna, una tragedia, ohmiodio pietà.

Una famiglia umile.

Che negli ultimi anni sudando l'anima è riuscita persino a costruirsi delle cosine carine.

Comunque conosco a memoria la tiritera: domanda per la casa popolare, esenzione dal ticket, "mamma guarda che ho beccato l'annuncio di un'assistenza per un allettato, un'ora il pomeriggio. Ti interessa?", linea 2 e linea 3, domanda regionale per il rimborso dell'affitto, corsi OSS offerti dalla regione, ma a Sassari? e la benzina chi se la può permettere?, ancora graduatoria per la case popolari, fila dai sociali, mamma d'estate che fa le scale per 2,50 € a inquilino nei palazzi residenziali, il padrone di casa che ti fa l'aumento a fantasia che tanto lo sa che i soldi per il trasloco non li hai, ogni anno si deve scegliere se lavorare la Vigilia di Natale o a Capodanno, che tutte e due raramente ce le possiamo permettere.
"Asco' ma quella casa è occupabile?"
La parola "usucapione" a casa mia suona più celestiale e irraggiungibile di tutte. Ed è una delle prime parole dei grandi che ho imparato, molto prima di aoristo.
L'assegno di disoccupazione a casa nostra è un lusso, che il lavoro te lo assicurano sempre il giusto per non pagartelo. 
Ma la graduatoria delle case popolari è uscita?
La macchina è di quinta mano e i libri li avevo in comodato per tutto il liceo.
Tutto questo preambolo per dire che: sì, sono un'italiana che vive da secoli al di sotto della soglia di povertà e no, i migranti non mi stanno togliendo il pane di bocca, le popolazioni rom e sinti non hanno più diritti di me. 
Non sono arrabbiata con i rifugiati né penso che le difficoltà della mia famiglia siano lontanamente paragonabili alle loro.
Siete voi che siete razzisti, credete ad ogni minchiata sparata dal primo Salvini di turno, siete di un'ignoranza e di una cecità crassa e per favore smettete di usare la povertà altrui per spargere odio mentre progettate le vacanze, STRONZI.
Piace a 26.731 persone · 485 commenti · 10.193 condivisioni


Hai ben poco da imparare ...ma tanto da insegnarci!! Posso solo rubare e condividere  come ho fatto  qui  e  sulla mia  bacheca  di  fb  e  fncl   se  perderò ancora  contatti salviniani e siimli . Ma  certa  gente  vedi i commenti    vergognosi  a  questo  articolo


  da  http://www.ilgiornale.it/news/politica/

Lei, Francesca Iacono, 22enne di Padova, dice di essere povera. Lo ha scritto su Facebook, aggiungendo di non sentirsi scavalcata da rom e profughi: "I migranti non mi stanno togliendo il pane di bocca - scrive - le popolazioni rom e sinti non hanno più diritti di me".Opinione leggitima, ma che mette sotto lo zerbino le altrettanto legittime proteste degli italiani che non riescono ad ottenere il posto gratuito all'asilo perché nelle graduatorie vengono scavalcati in povertà da rom, profughi e immigrati. Non è una storiella raccontata dai razzisti, ma una verità in gran parte d'Italia. Perché avrebbe "rotto il cazzo" chi con dignità ha piazzato delle tende davanti ad un casale che l'Italia ha ristrutturato per poi donarlo all'accoglienza dei profughi e non a loro?Non è razzismo chiedere al governo di dare prima la casa a chi è cittadino in questo Stato e in questo Stato paga o ha pagato le tasse, quando aveva un lavoro.Nel post Francesca ha raccontato la sua esperienza di ragazza di Alghero in Sardegna, poi studentessa fuorisede a Padova. "Una famiglia umile, con una povertà normale e gestibile". Ticket gratuiti, la richiesta per la casa popolare, i "corsi Oss offerti dalla regione, ma a Sassari senza avere i soldi per la benzina per raggiungere il capoluogo". E poi ancora i lavori della madre a 2.50 euro l'ora, la macchina di quinta mano e i libri in comodato d'uso. Nulla da dire.Se Francesca non si sente scavalcata dagli immigrati, buon per lei. "Sono un'italiana che vive da secoli al di sotto della soglia di povertà - scrive su Facebook - e no, i migranti non mi stanno togliendo il pane di bocca". Frasi sufficienti per diventare in poco tempo l'idolo della sinistra che urla al razzismo degli altri e lo compie nei confronti degli italiani. Una sinistra che condivide il pensiero di chi chiama "stronzi" chi crede "alle minchiate di Salvini" e sulla sua pelle vive il disagio della povertà senza alcun aiuto dallo Stato. Ripeto, non è razzismo dire: "Prima gli italiani". È buonsenso. Sarebbe lodevole politica di uno Stato che prende le difese dei suoi cittadini e quando può accoglie gli altri.A Casale San Nicola non c'erano razzisti, non c'erano "stronzi". C'erano "profughi" anche lì: profughi a casa loro. Quattro milioni di italiani sotto la soglia di povertà sono un dato reale che un Paese non può non prendere in considerazione. Non basta elevare a eroina una di questi che dice di non sentirsi scavalcata dai profughi, dimenticando chi invece si sente scaricato dallo Stato in cui vive."Scusa Sara, sono di sinistra e pongo la solidarieta'al primo posto - scrive Efisio Loddo in risposta al post di Francesca - ma ho famiglia e so quanto costa garantire solo il pane giornaliero. Bene, non ho mai capito come fanno i rom a girare tutto il giorno con macchine e furgoni, avere sempre i denti in oro e accertati conti in banca a vari zeri". Poi conclude: "Non c'entra nulla il razzismo".Chissà se Francesca darà dello "stronzo" pure a lui.
è meglio perderla  che trovarla

4.12.14

La foto che commuove il Brasile La bimba fa il bagno nel tombino

  La foto della bimba a Rio

L'immagine scattata da un fotografo al quale il padre della bimba ha chiesto l'elemosina. E lei: "Non dategli niente!".
Suscita commozione, in Brasile, l'immagine scattata ieri da un fotografo a Rio de Janeiro. Una bimba di circa 5 anni fa il bagno nell'acqua sporca di un tombino aperto, sotto lo sguardo indifferente di molti passati. La piccola, che indossava solo gli slip, è rimasta nella pozzanghera fino all'arrivo del fotografo, al quale il padre, seduto poco lontano e in apparenza ubriaco, ha chiesto l'elemosina. Ma la bimba è intervenuta: "Non dategli niente - ha detto - altrimenti spende tutto".

5.1.14

morti di fame o scrocconi ? o declino-dell'occidente-deficienti-seminudi-in-fila-per-vestirsi-a-torino-e-roma/

  Leggendo  l'articolo  http://voxnews.info  che    riporto  qui sotto  mi  ritornano  in mente   questi versi danteschi   (   Divina  Commedia   canto  III  purgatorio  versi  79-93  )    di lontana memoria  


                                         da  http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/pur03.htm

 ancora attuali   e mi chiedo   come  la  mia  utente  facebookiana;    Eva Darklady  <&lt Ma che fine ha fatto la dignità!!!!???? Come ci siamo ridottiiiii!!!! Poveri noi...... Si poveri di cervello e di valori...... L'unico rimasto..... Il Dio denaro!!!!! >>  


  ora  l'articolo in questione  



Deficienti: dal latino deficiens , participio presente di deficĕre ossia “mancare”. E a loro mancano i vestiti. Oltre alla dignità.Sbarca anche in Italia l’idiota – ma riuscita, visto che ne parliamo anche noi – idea pubblicitaria di una marca spagnola di abbigliamento. Presentarsi seminudi nei loro negozi per vestirsi gratis.L’idea non poteva che venire dalla Spagna, che in questi anni è stata il centro del relativismo etico, con il suo zapaterismo morale ed economico che ha visto le bolle gemelle (immobiliare ed etica) nutrirsi a vicenda fino alla catastrofe economica.Certo, siamo in Italia, quindi non c’è stato l’assalto e i disordini che si sono visti in questi periodi nei regni del consumismo multietnico americano e inglese, ma è comunque un segno di decadenza. E non è ‘moralismo’: c’è un momento in cui essere seminudi è giusto, e altri no. Farlo per qualche vestito è ridicolo. Chi lo fa, è ridicolo. Si è quasi perso il senso della propria dignità.














2.7.13

La tenera storia di un'amicizia nella Olbia degli Anni CinquantaMario e il vecchio Ugo: un furto per la sua bara.

fra le tante   ovviettà e  fesserie   degli approffondimenti  estivi dei giornali   capità   di leggere  anche  storie interessanti  eccone  una  tratta  dall'inserto estivodell'unione sarda del  2\7\2013
di Piera Serusi
Olbia. Dietro il feretro c'era lui soltanto. I quattro uomini che portavano la bara, il frate di San Simplicio, un chierichetto con la croce. E Mario, che arrancava col capo chino e le preghiere in punta di labbra.«Chi est su mortu, Marie'?», gridò un giovane seduto sulla soglia di casa al passaggio del corteo funebre più corto del mondo. «Est unu amigu meu», rispose il ragazzino.«Tando benzo eo puru». Vengo anche io, annunciò quello alzandosi e mettendosi in coda con le mani giunte. Qualche centinaio di metri, il tanto di un eterno riposo, e sulla processione si abbatteva un'altra voce: «Chi est su mortu, Marie'?». Un amico mio, ripeteva il ragazzo. E allora vengo anche io. Fu così che, lungo il tragitto verso il cimitero di Olbia, la fila dei dolenti si rimpolpò e Mario Pischedda riuscì a fare un funerale degno di questo nome per il suo amico Ugo, l'uomo senza un passato.
«Di lui non sapevo niente, a parte il nome. Gli facevo molte domande, mi rispondeva: “Io sono la nullità che sta in questo mondo”. Però mi raccontava tante storie: della guerra, di grandi personaggi, di terre lontane. La nostra è stata un'amicizia durata solo un anno e mezzo, ma quanto mi ha dato...». Mario ha 68 anni, due figli e decine di canzoni registrate alla Siae. Scrive i testi per Pino d'Olbia, il Luciano Tajoli della Gallura, e suona nella band “Isola” con serate in Costa Smeralda e nei circoli dei sardi di mezzo mondo. La vita che sognava quel ragazzino con le scarpe rotte e un amico da accompagnare all'ultima stazione.Questa è una storia che sembra uscita da un racconto di Mark Twain. Una storia d'amicizia e di formazione, cuore e poesia, polvere e fame. Olbia, 1957. Mario Pischedda aveva 12 anni, tre fratelli, la quinta elementare e due lavori coi quali riusciva a portare a casa un po' di soldi per tirare avanti. Era diventato il capofamiglia dopo la morte del padre Francesco, agricoltore che curava i campi di grano. Il lutto portò via il babbo, il pane e il denaro, e così c'era da rimboccarsi le maniche per aiutare mamma Michelina a non lasciarsi piegare dalla disperazione. «Guadagnavo anche 70 lire raccogliendo sacchi di scarti di carbone da consegnare ai fabbri - racconta -. E in più, ogni santo giorno pulivo i gabinetti della nave “Lazio”: mi davano 50 lire più venti brioche».Erano i tempi della fame più nera, quelli. Non sarà mica a caso se la storia di una grande amicizia è cominciata con il profumo di un panino alla mortadella. «Io quell'uomo non l'avevo mai visto. Un giorno arrivò e occupò una stamberga in fondo alla via, poco distante dalla mia casa. Lo incontrai la prima volta mentre stava seduto su un gradino davanti all'uscio, tra le mani una grande pagnotta. Che fame. “Tieni appetito, eh?”, mi chiese. Aveva il viso di un vecchio, o perlomeno così sembrava a me che ero un bambino. Non era sardo; anni dopo ho ricondotto il suo accento alla parlata abruzzese. Non risposi né sì né no, feci spallucce. “Fame tieni tu, e fame tengo io”, disse lui mentre spezzava il panino in due. Aveva condiviso con me l'unico pasto di quella giornata. “Mi chiamo Mario e tu?”. Ugo, rispose. Non ho mai saputo nulla di più sul suo conto. Ma quel giorno ho conosciuto l'amico che mi ha spiegato il senso della vita e della morte. L'amico che, senza saperlo, mi ha aiutato a diventare un uomo».Ugo viveva nella casupola senza tetto, arredata con un letto di cartone e un focolare al centro della stanza. «Ogni mattina, prima di andare al porto per pulire i gabinetti del traghetto, passavo a trovarlo e lui mi preparava un caffè di cicoria e liquirizia, come quello dei tempi della guerra». E raccontava le storie, l'epopea dei grandi condottieri e le imprese dei campioni dello sport.Poi, un giorno, poco più di un anno dopo. «Un'alba di aprile. Lo trovai disteso sul suo letto di cartone. Era morto per il freddo. Cosa potevo fare, adesso, per lui? Un funerale, pensai, un bel funerale. Ugo aveva soltanto me al mondo. Andai da tziu Pippinu, il falegname. Me la fate una bara?, gli domandai. “Una bara? E dinare ne hai?”, mi chiese».Dinare? Accadde così che Mario Pischedda rubò per la prima e ultima volta in vita sua. «Presi 500 lire che stavano sul comò di mia mamma e tornai dal falegname. Vi bastano? chiesi. “Devo misurare il morto per vedere se è corto o lungo”, disse tziu Pippinu». Andarono alla baracca, presero le misure di Ugo e alla fine il baule di tavole venne fatto.E chi lo porta il morto?, gli domandò il vecchio vicino di casa zoppo che si era affacciato dentro la casupola mentre Mario, aiutato da tziu Pippinu, ricomponeva il defunto nella bara. Già, adesso bisognava organizzare il funerale. Il ragazzo corse in strada, bussò a un paio di porte e chiese aiuto a due giovani passanti. Quattro uomini. Se soltanto avessero accettato. «La portate una bara in spalla fino al cimitero?». Come no, fu la risposta, dacci solo l'orario. Mario volò in parrocchia, suonò al campanello della canonica e spiegò al frate affacciato sull'uscio che l'anima dell'amico era volata in cielo e che occorreva il viatico di una benedizione.Il funerale venne fissato per l'indomani, nel primo pomeriggio. Sotto un pallido sole di primavera, la bara di ruvido legno coi chiodi a vista sfilò - portata in spalla da quattro uomini - nelle vie quasi deserte. Davanti al feretro, il frate e il chierichetto. Dietro, Mario soltanto. «Chi est su mortu, Marie'?». Era un amico mio.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...