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22.4.25

diario di bordo n 117 anno III ormai anche i cantautori si vendono alla pubblicità .,Vive in una cella foderata di libri e si laurea da dietro le sbarre: «Una rivincita per me» ., Storia di un ragazzo adottato: «Così ho saputo tutto sulla donna che mi abbandonò»

  Concordo    con   l'intervento  pubblicato il   19\4\2025   dal il  Fatto    quotidiano  ma

Sempre più frequentemente il cantautore, un tempo rigidamente schierato contro la commercializzazione della sua musica, rompe il confine fra tradizione e tradimento e vende i suoi diritti alla pubblicità riducendo brani storici a jingle per aziende.
Niente di nuovo, lo fece anche Modugno con “Nel blu dipinto di blu”, prestandola a Fiat e Alitalia.
Ma quella di De Gregori, Vecchioni, Ligabue, e indirettamente Gaber, è una rivoluzione copernicana non tanto per questioni di opportunità di monetizzazione ma perché toglie alla più nobile canzone d’autore il ruolo di sentinella e testimone del nostro tempo, così come proprio loro l’avevano sempre voluta intendere e trasmettere.
È precipitato improvvisamente il senso critico, quel fare
le pulci alla Storia che connotava nel profondo il loro verbo e la loro azione. L’indignazione e la protesta hanno lasciato il posto a teneri e rassicuranti sguardi sul mondo.
Forse i nostri cantautori si sono distratti, ma i percorsi storici delle aziende con le quali flirtano sembrano per loro improvvisamente essere solo costellati di operai di buona volontà che illuminano case al crepuscolo, di automobili romantiche custodi dei primi amori giovanili e di grandi strade sulle quali sfrecciano famiglie felici verso le vacanze.Tali itinerari invece sono stati anche spesso illuminati dai riflettori della cronaca e della magistratura. L’associazione così leggera di frasi come“la storia siamo noi”, “sogna ragazzo sogna” o “la libertà è partecipazione” a percorsi tanto controversi, sorprende non poco.Gli eredi di quelli che a buona ragione Umberto Eco definiva “cantacronache”, sembrano aver perso la loro stella polare e quel rigore nel procedere in “direzione ostinata e contraria” indifferente all’hit parade.Vasco Rossi tempo fa fece “mea culpa” dopo aver concesso due brani alla pubblicità, ricordando che la canzone non è solo di chi l’ha scritta ma anche di tutti coloro che l’hanno amata e magari impugnata in stagioni complicate per il nostro Paese.Forse questo messaggio nessun grande cantautore che abbia avuto il merito di non allinearsi dovrebbe mai dimenticarlo.

aggiungo     che    bisogna     distinguere     fra     chi    fa  il canta autore   o  cantante   per  mestiere  cioè vive solo  di  quello  e  è  quindi  è costretto a  prestare  il suo  ingegno  per  opere  d'indubbio gusto e   a

 [...] Colleghi cantautori, eletta schiera
che si vende alla sera per un po' di milioni
voi che siete capaci fate bene
a aver le tasche piene e non solo i coglioni
Che cosa posso dirvi? Andate e fate
tanto ci sarà sempre, lo sapete
un musico fallito, un pio, un teorete
un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate!
Guccini  -L'avvelenata  


e   fra    quelli   che    lo  fanno  per hobby  e passione    che posso o  essere   coerenti   o totalemente    cioè  a non vendersi   e imanete indietro o di nicchia oppure   ad  aprirsi al   al mondo circostante   cercando    di.  farlo  in maniera  etica    come  i caso  di  Blowin' in the wind' di Bob Dylan diventa uno spot  :  « [... ] della pubblicità del Co-operative Group; è la prima volta che Dylan concede un suo brano al mercato pubblicitario britannico. Il Co-operative Group gestisce vari servizi, tra i quali viaggi e pompe funebri, ma anche una rete di supermarket simile a quella delle Coop italiane; il rappresentante di Dylan ha riferito che la scelta dell'artista è stata influenzata dalla politica del Co- operative Group, che pone l'accento sul mercato equo e solidale e sull'impatto ambientale. »

Quindi attenzione  ⚠️  a giudicare un opera o un cantante

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Vive in una cella foderata di libri e si laurea da dietro le sbarre: «Una rivincita per me»


La sua è una resurrezione metaforica dall'inferno della galera, grazie allo studio, che ben si inquadra nel clima dei giorni di Pasqua. Accusato di mafia, anche se lui si è sempre dichiarato innocente, condannato a quasi dieci anni di carcere, è riuscito ad ottenere la laurea magistrale in Scienza della Formazione «frequentando» l'università da dietro le sbarre di un penitenziario di massima sicurezza. Lunedì scorso, 14 aprile, la discussione della tesi e la proclamazione del titolo di dottore nel campus di Arezzo dell'università di Siena.
Il titolo della ricerca con la quale il protagonista si è presentato davanti alla commissione è già significativo dell'intento con il quale lui ha affrontato gli ultimi due anni dei corsi accademici: «La formazione e il lavoro rendono l'uomo libero». La sintesi di un lavoro che nella sua seconda parte è in gran parte autobiografico, come spiega il professor Gianluca Navone, responsabile del polo universitario penitenziario senese, cui sono iscritti un centinaio di detenuti, che lo ha seguito da vicino nel suo percorso universitario.
Nome e cognome restano coperti dal segreto per ragioni di privacy e anche di sicurezza. Di lui si sa che è sulla cinquantina, siciliano della parte occidentale dell'isola, rinchiuso nel penitenziario di massima sicurezza di San Gimignano, provincia di Siena, dove sta scontando l'ultimo anno di una pena inflittagli per associazione mafiosa. Non ha mai commesso delitti di sangue ma sarebbe stato nella cerchia di un boss di prima grandezza, circostanza che lui ha sempre negato. In primo grado i giudici gli avevano dato ragione, ma in appello è invece arrivata la condanna, pesante, che gli è costata la reclusione in alcuni dei carceri più duri della penisola.
Molti, nella sua stessa condizione, avrebbero affrontato la pena con protervia o con disperazione, oppure con la cupa depressione dalla quale si fanno distruggere i tanti che non resistono all'esperienza carceraria, specie quella dei penitenziari di massima sicurezza. Non lui che invece ha trovato nell'università un'alternativa di vita capace di restituirgli la speranza.
Diploma di scuola superiore tecnica alla mano, ottenuto quando era ancora un libero cittadino, il detenuto senza nome aveva già conseguito la laurea triennale all'università di Urbino, quando era ancora rinchiuso in un altro istituto di massima sicurezza, quello di Fossombrone, nelle Marche.
Poi il trasferimento a San Gimignano e la decisione di arrivare fino al massimo grado degli studi, quello magistrale: Scienza della formazione, uno dei dipartimenti nati dalla vecchia facoltà di magistero che per l'ateneo di Siena si trova nel campus del Pionta ad Arezzo. Lo hanno seguito il professor Navone, il dottor Gioele Barcellona, che gli ha fatto da relatore di laurea, e alcuni studenti tutor, quelli cioè che hanno curato più da vicino il percorso universitario del neo-dottore facendogli da tramite con l'ateneo e il dipartimento. Anche loro meritano di essere ricordati: Mattia Esposito, Simone Pietrolati e Matteo Burdisso Gatto.Gli esami, spiega Navone, li ha affrontati in parte dentro il carcere, con il professore di turno che entrava nel penitenziario, dove c'è un'ala apposita, e in parte al campus aretino, con dei permessi speciali. «Ma quello che mi ha emozionato di più – racconta il docente – è stato l'impegno che ci ha messo. La sua cella è foderata di libri e anche quando, di recente, si è dovuto ricoverare in ospedale per un intervento piuttosto serio ha continuato a studiare. Siamo andati a trovarlo alla vigilia dell'operazione e lo abbiamo trovato immerso fra gli appunti, le dispense e i volumi. Dico al verità. Al suo posto non ce l'avrei fatta e mi sarei piuttosto preoccupato della malattia».
Poi finalmente, il gran giorno della laurea, nel quale gli si è stretta intorno tutta la famiglia: c'erano la moglie, una delle figlie anche lei in dirittura di arrivo all'università, l'anziano padre, i fratelli e i nipoti. L'altra figlia doveva affrontare l'ultimo esame universitario ed è stato lui a chiederle di rimanere in Sicilia a prepararsi. Davanti alla commissione il laureando si è presentato da solo, senza scorta di agenti penitenziari, con un permesso speciale previsto per occasioni come questa, doveva solo rientrare a San Gimignano entro un determinato orario.
C'è stata anche una festicciola con i parenti, l'hanno incoronato con il lauro come da tradizione per tutti i neo-laureati. «Ce l'ho fatta - tra le sue poche parole – ed è una rivincita pure per ribadire la mia innocenza. Nella tesi ho voluto raccontare la mia esperienza dentro il sistema carcerario, con dati oggettivi e pure con il mio vissuto personale».
Se la storia del detenuto con la laurea finisce qui, il professor Navone ha un altro cruccio: «Di recente – spiega – il Dap (il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria del ministero della giustizia) ha introdotto una stretta sulla base della quale i detenuti nei carceri di massima sicurezza devono rimanere in cella almeno 16 ore al giorno. Il che significa la fine dello studio che prima i detenuti iscritti all'università conducevano in comune. Uno scambio di punti di vista ed esperienze che era utile a tutti, impedito adesso da questa norma inutilmente punitiva. Mi auguro che sia cambiata al più presto».




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Storia di un ragazzo adottato: «Così ho saputo tutto sulla donna che mi abbandonò»



Questa storia inizia a Bologna, anno 2018. Michael Petrolini compie 25 anni. È l’età, secondo la legge n.184/83, in cui ogni figlio adottato riconosciuto alla nascita può richiedere informazioni sui genitori biologici. Michael, quei nomi, li vuole sapere. Ma ci tiene soprattutto a
sapere che cosa abbia spinto sua madre a lasciarlo. Fa richiesta al tribunale per i minorenni di Bologna. Sul sito sono riportati i costi: 27 euro per la marca da bollo più 98 euro contributo unificato per la pratica. Lui paga, compila i moduli e aspetta: giorni, mesi. «Le tempistiche sono bibliche. Dopo quasi un anno, il tribunale finalmente mi contatta per dirmi che ho la possibilità di accedere al fascicolo. Vado e sembra di essere in edicola, ricevo un papiro di fogli con le informazioni sul mio passato e stop… Aiuti psicologici? Zero. Assistenti sociali? Zero. Dovevo cavarmela da solo, ero io e il mio passato».


In quei fogli, Michael rintraccia parte della sua infanzia. Scopre il nome di sua madre e quello di suo padre. Scopre che sua madre è napoletana, suo padre tunisino e non lo ha riconosciuto. Scopre di avere due fratelli e due sorelle. Racconta: «In quel momento ho completato un piccolo pezzo di puzzle, era pura curiosità sapere le mie origini, però si era aperto un altro capitolo. Mi chiedevo: e adesso, che cosa devo fare?». Fino a quel momento Michael-adulto conosce poco di Michael-bambino piccolo: sa che è nato a Torino, che ha vissuto con la madre biologica due anni e poi in una casa di accoglienza. Si interroga sulle sue origini già a scuola quando i compagni gli domandano: «Sei nordafricano? Sei brasiliano?». Lui è consapevole di avere dei lineamenti diversi, ma non risponde altro che «sono di Parma», città dove abita allora con i genitori e una sorella. Spiega agli amici che è stato adottato e ne va fiero.
Iniziare un viaggio dentro (e fuori) sé stesso significa sentire meno quel vuoto, che lui definisce durante l’intervista «buco da colmare». Come lui, sono in tanti e tante a chiedersi il perché dell’adozione. Un’indagine dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e Regione Toscana inquadra il fenomeno prima del Covid. I dati risalgono al 2019. Non ci sono studi recenti a livello nazionale, assicurano a 7. Delle 226 persone che si sono rivolte allo sportello Ser.I.O. – il Servizio per le informazioni sulle origini – 140 sono uomini e donne adottate.
Il motivo prevalente: ricerca dell’identità familiare e la comprensione delle ragioni dell’abbandono (153 persone su 226 contatti). Altre ragioni: sapere l’identità della madre biologica (53 persone), conoscenza di eventuali fratelli e sorelle (12 persone), ricerca del luogo/regione di provenienza della famiglia (6 persone). Altre ancora: indicazioni sul padre «che non si è fatto carico del suo ruolo» (2 persone). Oltre a conoscere la famiglia naturale, in molti chiedono l’anamnesi familiare. Domandiamo a Michael perché è stato così importante per lui ricercare le origini. «Ognuno di noi ha il diritto di sapere chi è per costruire la sua identità, non mi sentirei mai completo se non sapessi che cosa è successo nel mio passato, è un buco da colmare che rimarrebbe vuoto, mentre obiettivamente la madre biologica lo sa, conosce le motivazioni per cui ti ha lasciato». Adesso sente di aver chiuso il cerchio? «Non del tutto, ma so che cosa è successo nei primi tre anni della mia vita, non è banale».
Per scoprirlo, appena riceve il fascicolo, Michael va a uno degli indirizzi segnati. Parte da Bologna e arriva a Reggio Emilia. Si ricorda che lì si trova anche la sua casa di accoglienza. La via riportata nel documento però non esiste più. Lui entra in un bar del quartiere e chiede se qualcuno conosce sua madre. Un tizio si ricorda di lei e della sorella. Dice a Michael di aspettare un altro cliente del bar. Questo signore arriva, lo riconosce, gli dice che lo guardava sempre da bambino, che conosce sua zia e sua madre. «Quel signore mi dà il contatto di mia zia, io la chiamo e in 20 minuti lei si precipita al bar». Sua madre è l’ultima persona che Michael incontra. Lei si presenta con il figlio più piccolo. «Non avevo ricordi insieme a lei, non me la ricordavo. Mi ha fatto piacere sapere come fosse fatta fisicamente. I miei parenti biologici per me erano stranieri, degli estranei, mi sono difeso molto a livello emotivo», ammette.
Michael abbassa appena la voce, fa un accenno su suo padre - «uno spacciatore di Reggio Emilia, che entra ed esce di galera» - e si sofferma invece a lungo su sua madre: «Le somiglio molto. Ho gli occhi, il naso e la bocca uguali ai suoi. Lei è una senzatetto, vive in una roulotte abbandonata, è cresciuta a Scampia e ha fatto parte della camorra. Mi hanno prelevato gli assistenti sociali perché vivevamo in mezzo alle macchine. Mia madre ha cinque figli da cinque uomini diversi, solo il minore è rimasto con lei, gli altri sono tutti stati adottati. Vive a Torino. Ora mia madre ce l’ha a morte con gli assistenti sociali, ancora crede che avrebbe potuto tirarmi su da sola. Però lei è una persona buona, cresciuta in un contesto disagiato, e questo aspetto mi ha fatto avvicinare». Vi sentite? «Abbiamo instaurato un rapporto, se la vedo ci abbracciamo, mi sono affezionato. Mi scrive per chiedermi soldi per pagarsi le visite o la ricarica telefonica. Io se posso l’aiuto, altrimenti no. Le ho fatto capire sin da subito che non sono qui per darle supporto economico». Michael spesso va a Torino a trovarla, lui è un regista e sta facendo le riprese per un documentario sulla sua storia.
Cita spesso i suoi genitori «che sono quelli adottivi». «Mi hanno fatto sentire amato, mi hanno lasciato spazio per indagare sul mio passato. Da loro ho preso l’umiltà e l’educazione. Ma ho preso tanto senza volere anche da mia madre biologica: il bisogno di spostarmi, la creatività, l’adattamento in situazioni difficili». Anche sua sorella aspetta di conoscere i nomi dei genitori biologici. Ricorda: «Sono quasi tre anni che è in attesa del fascicolo dal tribunale per i minorenni di Bologna. C’è molto menefreghismo. Si parla tanto dell’accompagnamento alle famiglie, ma dovrebbe esserci anche un percorso per i giovani-adulti alla ricerca delle proprie origini».
Quest’altra storia invece comincia a Bergamo, anno 2021. Sara (nome di fantasia) cerca le sue origini vari anni dopo la morte dei genitori. È per loro che ci chiede di proteggere la sua identità con l’anonimato, «una questione di rispetto». In tutta l’intervista ripete molte volte di essere fortunata. «Ho avuto una storia adottiva felicissima». Lei, il vuoto descritto da Michael, non lo ha mai sentito. «Non mi sono mai sentita abbandonata, i miei genitori mi hanno adottata neonata e mi hanno detto quel poco che sapevano sulla famiglia d’origine». Il suo è stato un parto in anonimato, sua madre biologica non l’ha riconosciuta quando è nata. Varrebbe il comma 7 dell’articolo 28 della legge 184 del 1983 che impedisce a figli e figlie di conoscere il nome della madre biologica che ha deciso di «non voler essere nominata», a meno che la madre non sia deceduta.
Ma quanti sono i bambini abbandonati alla nascita? In Italia se ne contano quasi 300 ogni anno, secondo un vecchio studio della Società italiana di Neonatologia. Contattata da 7, la Sin evidenzia che adesso «non ci sono dati abbastanza aggiornati» e quei numeri non comprendono i neonati lasciati fuori dalle strutture ospedaliere.
Il caso di Sara pone sotto un cono di luce una questione molto discussa: il diritto della madre di non voler essere nominata prevale sul diritto del figlio di conoscere le proprie origini? Nel 2012, la storia di Anita Godelli, che a 69 anni si oppone al divieto della legge 184 di conoscere l’identità della madre, segna un prima e un dopo nella giurisprudenza. In quell’anno, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per aver violato l’articolo 8 della Convenzione, definendo la normativa italiana più a favore della tutela dell’anonimato della madre biologica. L’anno dopo, un’altra sentenza della Corte costituzionale dichiara in parte illegittima la legge perché non consente al figlio di fare interpello.
Nel 2024 l’associazione ItaliaAdozioni (italiaadozioni.it) depone una proposta di legge in Senato per modificare la normativa sulle adozioni. Tra i vari punti c’è anche quello di uniformare gli iter in tutti e 29 tribunali per i minorenni e consentire l’interpello della madre biologica nei casi non riconosciuti alla nascita. «Adesso chi è nato con parto in anonimato e vuole andare alla ricerca della propria storia può recarsi in tribunale e chiedere di interpellare la madre biologica per sapere se è ancora intenzionata a mantenere l’anonimato. Questa però non è una legge, è una soluzione che hanno trovato i tribunali e si applica in modo diverso da Regione a Regione», spiega Ivana Lazzarini, presidente di ItaliaAdozioni. Poi sottolinea: «Adesso in tanti portano avanti ricerche sulle proprie origini in totale autonomia. Vanno sui social e cercano nomi e cognomi dei familiari. Questa pratica è pericolosa, potrebbe diventare un gesto violento nei confronti di chi non vuole essere rintracciato. Online si possono comprare anche i test genetici che fanno scoprire le provenienze. Che cosa si aspetta a cambiare la legge italiana? Ormai è anacronistica».
A 51 anni Sara vuole chiudere il cerchio. Quando avvia la ricerca assicura di non avere nessuna urgenza. Da Bergamo parte per Milano, città dove è nata. «Vado all’archivio storico e chiedo di accedere ai miei dati personali per ragioni sanitarie. Non mi interessavano i dati sensibili di mia madre o di un eventuale padre. L’archivista mi dà il fascicolo sanitario e mi propone di fare la domanda al tribunale per i minorenni. Mi dice: “La vedo così risolta che dovrebbe provarci”». Sara usa più volte le parole «risolta» ed «equilibrata» quando si descrive. «Risolta» ed «equilibrata» glielo dice anche la giudice onoraria con cui fa il colloquio conoscitivo al tribunale per i minorenni di Brescia (il tribunale di riferimento per chi vive nella provincia di Bergamo).
«A quella giudice racconto della mia vita felice di figlia adottiva, le dico che essere adottata non era né un assillo, né un problema. E le preciso anche che vorrei sapere le circostanze per le quali mia madre biologica avesse deciso di lasciarmi», racconta. Sara aspetta due anni prima di avere delle risposte, la sua pratica rimane a lungo nei cassetti del tribunale. Lei chiede aiuto a un avvocato. «Loro ti dicono che non serve un legale, invece io lo consiglio: al tribunale si erano dimenticati del mio caso perché la giudice era stata trasferita. Poi si sono scusati». Nel 2023 ottiene il fascicolo e scopre che sua madre biologica è lombarda ed è morta molti anni prima che lei iniziasse la ricerca. Scopre che lei, Sara, è nata in casa e quando sua mamma è rimasta incinta lavorava fuori dal paese e non era coniugata.
Sara abbassa gli occhi per leggere qualche appunto che tiene sotto il mento. Dal fascicolo scopre di avere un fratello più grande, anche lui deceduto molti anni prima. Le chiediamo quali emozioni le abbia suscitato. Risponde prima «dispiacere», poi «gratitudine»: «Dopo un po’ di tempo sono andata al cimitero del paese di mia madre e le ho portato un fiore sulla tomba, almeno ho visto una sua foto. Un gesto così vuol dire doppia gratitudine, significa grazie per avermi dato la vita potendo decidere diversamente e grazie per avermi permesso di avere i miei genitori».

19.12.24

Imprenditrice di giorno, escort di sera la doppia vita della cortigiana Chiara Martini Di base a Olbia con un'attività in Costa Smeralda, 38 anni:«Voglio evadere dallaroutine»



Sassari
«Scusa ma sono di fretta. Oggi parto per una se- riedi impegnidi lavoro e sono inritardo, fra due ore devo imbarcarmi e non ho ancora fatto le valigie». Chiara Martini, 88enne, sarda che vive a Ol- bia, non ha molto tempo libero da quando è uscito “Confessioni di una cortigiana”, ìl suo libro. Perché Chiara, che non è il suo vero nome, è la protagonista di.un racconto autobiografico .scritto per mettere nero su bianco le sue confessioni. Lei si definisce “cortigiana” in un tempo in cui si sente parlare di escort, onlyfanser e content creator? «In realtà mi definisco una cortigiana del nuovo millennio, che è quello che sono. Le escort, per quanto professionali, offrono un servizio breve in un lasso di tempo altrettan to
breve e perun target di persone medio. Anzi, popolare.
Lo dico senza offendere nessuno. lo offro compagnia a 360 gradi, fisica ed erotica, ma soprattutto întellettuale e cul- turale, che possa stimolare anche il cervello». Gi può fare un esempio?
 « Per me è importante condividere una conoscenza enologica, culinaria e culturale, Ecco, quando il mio ospite lo desidera, scelgo un menù raf- finato, con uno costo aggiuntivo, e lo consumiamo all'inter- no degli incontri dopo che è stato preparato da uno chef».
 Ospite? «Sì, chiamo così le persone che scelgo di incontrare». Cosa racconta nel suo li- bro? «Ho scritto i motivi e le moti- vazioni che mi hanno spinta Verso questa direzione, che poi fanno parte dei tanti aspet- ti che caratterizzano la mia personalità. Durante la pandemia avevo ben poco dafare e ho deciso di dedicarmi a qualcosa di stimolante che normalmente non avrei avu- to il tempo di completare. Ma soprattutto l'ho fatto perché mi interessava potermi mette- re.a nudo di fronte al pubbli- co. in modo da spiegare la mia scelta Perché alla fine è di questo chesi tratta, una scelta. «Proprio così, non lo faccio solo per avere un tornaconto economico o per risolvere le difficoltà. lo ho la mia vità, sono un'imprenditrice equesto nonè il mio lavoro principale. Ho un'attività ben avviata in Costa Smeralda, essere una cortigiana èsolo un modo per evadere». Quindi l'aspetto economi- co non conta? «Diciamo che è diventato un fattore, nonlo nego». Anche perché lei mette su- bito in chiaro le cose, a parti- re proprio dall'aspetto economico dei suoi incontri. «Fissare unacifra proibitiva per i più è la prima selezione per chi decide dî volermi in- contrare. Non tutti possono permettersi di spendere 600 euro per un incontro di un’ora, 700 per un'ora e mezza e 800 per due ore fino a 10mila per 48 ore». Lei dice di essere un’im- prenditrice, quindi a un certo punto ha deciso di cambiare vita? «No, non ho mai cambîato vita ho avuto ed ho una vita regolare, sono laureata in Scienze della comunicazione, ho un percorso di studi in ambito imprenditoriale e di marketing ad alti livelli. La verità è che sin da quando.ero ragazzina sognavo di vivere una vita alternativa. Volevo provare quello che fantasticavo,in compagnia dî uomini interessanti, di cultura, con esperienza mentale e fisica. Ho sempre avuto voglia di condividere l'intimità con quelli chedefinisco “gentiluomini"»; Però. queste “evasioni” comportano anche rischi. Si è mai sentita in pericolo? «Per fortuna non ho mai avuto paura. Nella maggioranza dei casi mi sono trovata molto bene, sempre con

persone  serie». È stata fortunata? «Non è questo. Grazie alla mia formazione sono in grado di capire chi sto incontran- do dopo pochi messaggi, perché inizia tutto su Whatsapp. È allora che io capisco se una persona è ansiosa o arrogan- te, se vuole comandare 0 pre- varicare. Riesco a capire la formazione, l'intelligenza emotiva.... E quando non riscontro queste qualità, blocco il con- tatto. Perché comunque è capitato di parlare al telefono con persone bizzarre», Le è mai capitato che un ospite si innamorasse di lei? «In realtà succede abba- stanza spesso. Ci sono perso- nechestinvaghiscono ma dopo un tot di tempo si rendono conto di dover mettere dei freni, capiscono da soli che non è il caso di continuare. Nel 99 percento dei casi si risolve così,sennò mi allontano io». Anche perché lei ha un compagno. «Sì, è vero. Siamo persone mentalmente libere e aperte e, lo dico subito, non siamo strani. Entrambi comprendiamo che non si debba rinunciare a vivere esperienze di questo tipo solo peri blocchi men- tali». Come avete vissuto questa esposizione pubblica? Dopo l'uscita del libro è  stata  contatta anche da giornali  brasiliabni . «Ma non parlo il portoghese (ride, ndr). La verità è che la mia esposizione pubblica lo ha rincuorato. Lui sa quanto io.sia selettiva e non si preoccupa. Quello che non mi va,lo scarto. Preferisco perdere un'occasione che rischiare qualcosa». Ritornando al suolibro, cosa c'è di vero în quello che racconta? «Tutto. Dico che la autobiografia è romanzata perché tutelo la mia privacy e quella dei miei ospiti. A viso scoperto non lo avrei mai potuto raccontare a nessuno». Quanto è importantela privacy «È fondamentale. Anche nel mio sito mostro solo par- zialmente il viso e poco altro. Pubblicare le mie foto sul web senza accorgimenti»sarebbe controproducente per il mio lavoro, quello vero. Poi la mia famiglia non conosce questo lato della mia vita e non vo- glio che lo scopra perché quello:che per me è solo un modo per evadere, per loro potrebbe essere divisivo. Inoltre desi- dero rimanere anonima, altri- menti sarebbe come essere una pornostar e portarsi appresso un'etichetta».

5.4.19

Esino Lario, il sindaco mette all’asta il Comune: dal lampione al museo fino alla ghiacciaia: “Istituzioni ci lasciano soli”



di Francesco Zecchini |    dal ilfatto  quotidiano  5 Aprile 2019

Esino Lario, il sindaco mette all’asta il Comune: dal lampione al museo fino alla ghiacciaia: “Istituzioni ci lasciano soli”
Il primo cittadino Pietro Pensa ha comprato una pagina di tutti i principali quotidiani italiani per sottolineare che "ogni giorno i piccoli comuni italiani sono soli a lottare contro spopolamento e mancanza di fondi". Il comune era diventato famoso tre anni fa perché ospitò Wikimania 2016, raduno annuale dei volontari di Wikipedia

Esino Lario, il sindaco mette all’asta il Comune: dal lampione al museo fino alla ghiacciaia: “Istituzioni ci lasciano soli”
Un cartello stradale a 1.250 euro, tre panchine “utilizzate da cittadini e turisti durante le loro passeggiate” a 56o euro con l’offerta “prendi tre paghi due”, un lampione a 850 euro, una strada a 2500 euro. Queste le speciali offerte di un’asta online, come fossimo su eBay. Ma in questo caso a vendere è il comune di Esino Lario, piccolo paese di 700 abitanti tra le montagne che si affacciano su “quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti”. Il sindaco Pietro Pensa ha infatti registrato un video e comprato una pagina di tutti i principali quotidiani italiani (tranne che su La Repubblica) per sottolineare che “ogni giorno i piccoli comuni italiani sono lasciati soli a lottare contro lo spopolamento, la mancanza di fondi e la difficoltà delle istituzioni nel fornire supporto”. La soluzione provocatoria? Vendere tutto, municipio e strade compresi, in un’asta che si terrà mercoledì 10 aprile alle 10 sul sito “vendesiesino.it“. Giovedì 11 presso il Palazzo della Regione Lombardia si scoprirà chi si sarà aggiudicato edifici e monumenti.


Tutto in vendita, strada per strada
Esino Lario sembra tutto fuorché un paese senza vita. Nato nel 1927 dalla fusione tra Esino superiore ed Esino inferiore, è soprannominato “La perla delle Grigne” dal nome della catena montuosa che lo avvolge. Perfetto per le vacanze, non mancano neppure i servizi ai cittadini: ospita un asilo, una scuola primaria oltre ad un ecomuseo e un archivio privato. Ma, ad eccezione delle scuole, tutto è messo in vendita. Strada per strada. Già, perché anche le vie sono offerte online con la possibilità di scegliere il nome al modico prezzo di 2.500 euro. Esattamente come il museo delle Grigne (420.000 euro con lo sconto del 15%), la Via Crucis di Michele Vedani (600.000 euro) e l’archivio privato di Pietro Pensa, scrittore parente del sindaco e primo cittadino dal 1956 al 1975. Ma l’offerta più singolare è quella per la ghiacciaia ipogea del Moncodeno che si può acquistare per 450.000 euro.



La vittoria contro Manila
Il comune era diventato famoso circa tre anni fa. Vinse una gara contro Manila, capitale delle Filippine, ed ospitò Wikimania 2016, raduno annuale dei volontari di Wikipedia. Un evento che tra il 21 e il 28 giugno attirò centinaia di volontari nel paese. Un evento che ha lasciato alcune tracce, oltre a quelle nel museo: la regione Lombardia stanziò 500.000 euro e il sindaco chiese di installare la fibra in modo permanente. In questo modo nei punti più importanti del paese è possibile connettersi gratuitamente a Internet.
Insomma, tutto sembrava funzionare al meglio. Tanto che l’allora governatore Roberto Maroni promise di voler investire su Esino anche dopo la manifestazione affinché diventasse “un polo dei nuovi saperi e dell’innovazione”. Ma, a quanto pare, qualcosa non ha funzionato. A meno che non si tratti di una (geniale) trovata pubblicitaria: in quel caso i soldi investiti per comprare le pagine dei quotidiani nazionali varrebbero il ritorno economico del turismo. Senza bisogno di Wikipedia.

23.9.15

meglio morire di fame o vendere anche la propria dignità \ amor proprio per un lavoro ?Si sbottona: assunta. L’imbarazzante provino della conduttrice di Tg: “Mondo competitivo”



“Ho chiesto prima ai miei genitori cosa ne pensassero, e quando ho scoperto che mi sostenevano nella mia decisione, non è stato un problema per me di propormi in questo modo”. E’ la spiegazione che un’aspirante presentatrice ha dato del provino sostenuto per condurre il notiziario del canale all-news albanese ‘Zjarr‘. La donna si è presentata con la camicia completamente sbottonata, e ha ottenuto il posto. “Molti erano d’accordo sul fatto che lo stile della sua presentazione era un po’ imbarazzante, ma – ha detto un portavoce del canale ha dichiarato – ci stiamo lavorando e ad essere sinceri non sembra stia facendo male, visti i dati di ascolto”. Candida, la neo-assunta ha messo a tacere tutte le malelingue: “E’ stato un modo di mettermi in mostra in un settore competitivo”

8.1.15

The more things money can buy, the harder it is to be poor

The more things money can buy, the harder it is to be poor "We've become a market society where almost everything is up for sale – there are cash incentives for doctors who diagnose dementia patients and for teachers whose students get better exam results." The problem, says Harvard philosopher Michael Sandel, is that where money determines access to necessities such as health and education, inequality matters more than it otherwise would.



via theguardian.com: http://gu.com/p/443z7/tw




  traduzione 
Le cose più il denaro può comprare, è difficile essere poveri "siamo diventati una società di mercato, dove quasi tutto è in vendita – ci sono incentivi in denaro per i medici che diagnosticano i pazienti affetti da demenza e per gli insegnanti cui studenti ottengono migliori risultati esame." Il problema, dice il filosofo di Harvard Michael Sandel, è che dove il denaro determina l'accesso alle necessità come sanità e istruzione, disuguaglianza conta più di quanto sarebbe altrimenti.
 
 

5.1.15

Milano saldi esagerati: a Milano entri nudo e ti vesti gratis

macchinu  (  follia  )  protagonismo  , mancazna   di € ?  chi lo  sa   . L'unica  cosa  è  che ormai  non c'è più senso del ridicolo  pur  d'avere  capi firmatio  a gratis 
Saldi esagerati: a Milano entri nudo e ti vesti gratis Hanno sfidato il freddo presentandosi in biancheria intima nelle prime ore del mattino di fronte al negozio  Desigual in via Torino, a Milano, e sono stati ricompensati con abiti gratuiti per rivestirsi da capo a piedi: sono i cento vincitori del 'Seminaked party in red', iniziativa lanciata dal brand spagnolo per celebrare l’inizio dei saldi invernali (Lucia Landoni)
 
 le  altre  26 foto le  trovate    su  http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/01/05/ più precisamente  qui 

25.12.14

s'arrende alla crisi e per vivere si prostituisce e poi dice che è colpa dello stato se lei è costretta a fare questo

Musica  consigliata Mi vendo - J-ax feat Riky  (lyrics video)
  
 episodio simile

http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/11/nuda-sul-web-per-pagarmi-gli-sfizi.html

Mentre  in sotto fondo  c'è   All Summer Long - Kid Rock  . Ora    la canzone  ed   il Il racconto che  trovate  sotto   mi  hanno fatto  ritornare  in mente uno stralcio, nel   colegamento trovate la citazione  per  intero  di un famoso  film <<  Credo che non sia giusto giudicare la vita degli altri perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. >> ( cit  cinematografica )  .
 Ora    la canzone  ed   il Il racconto che  trovate  sotto   mi  hanno fatto  ritornare  in mente uno stralcio, nel   colegamento trovate la citazione  per  intero  di un famoso  film <<  Credo che non sia giusto giudicare la vita degli altri perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. >> ( cit  cinematografica )  .
Esso è  il racconto   di una donna di 39 anni, di famiglia benestante, costretta dalle circostanze a rimettersi in gioco. "Ho cercato di tutto ma è stato impossibile trovare un lavoro dignitoso che ti consentisse di vivere decentemente. Non mi vergogno di me stessa. Mi sento piuttosto vittima di uno Stato che non fa nulla per affrontare la vergognosa piaga della disoccupazione",servizio di MARINA CAVALLIERI. montaggio di MARZIA MORRONE 
Ora lo so  che   non è bello  giudicare e  pontificare  ma  questo è uno dei   casi  i  cui  non riesco  Perchè  ha  scelto la  via  più semplice  per  vivere  e sopravvivere    . E  voi  che  idea  vi siete fatti  ?








22.11.14

La sexy barista di Nuoro Valentina Loddo contro l'anoressia

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Leggendo   questa  storia   secondo me la verità sta nel mezzo  .
Ma ultimamente è moda tirare in ballo le malattie più disparate per appagare il desiderio di notorietà? Prima quell'idiozia delle secchiate d'acqua contro la SLA, poi quelli che si fotografavano con un calzino sul pene contro il cancro ai testicoli, l'altra settimana i selfie con i baffi contro il cancro alla prostata, ora questa che si denuda contro l'anoressia....qualcuno mi spiega che c'entra l'anoressia con queste foto da calendario sexy per camionisti  , meccanici e  calzolai  ? Sinceramente non capisco.
 Inizialmente   ho pensato come un commento al post  della pagina fb dela  nuova  sardegna  : << 
Beh se voleva farsi notare ok..ma farsi pubblicita con una malattia come l' anoressia..>> Mai   poi  ho  sentito Maria Grazia Loddo   che  ha raccontato al Tg di Videolina la sua nuova iniziativa per aiutare le donne con problemi di anoressia.E mi e  sembrata  sincera  ed  emancipata  , provocatoria

Sempre a come si dice  in tali commenti  Sarà una brava persona...ma queste foto tendono o  sono molto  vicine  i   al porno... non vedo cosa possano centrare    le tette in bella vista con completi succinti ..mutande stile vedo non vedo, pizzi e balle varie con l'anoressia. Foto un po'   troppo spinte . Poi che sia una brava persona non ci metto becco perché non la conosco personalmente .
 Essa   -- sempre  secondo  l'unione sarda  -- I moralisti, le donne invidiose, gli ipocriti: li mette a tacere subito.
Maria Grazia Loddo, barista, curvy model, ovvero fotomodella non certo pelle e ossa. Riconosciuta a furor di popolo dai social network dispensa messaggi di incoraggiamento rivolti all'universo
E ora, la familiarità con la macchina fotografica vuole metterla, però, al servizio di chi allo specchio non riesce a guardarsi.
Dopo l'alluvione ha anche realizzato un calendario per la raccolta fondi. Oggi deve comunque combattere ancora tanto con i pregiudizi.
Troppe donne soffrono di disturbi alimentari e allora Maria grazia ha iniziato e portare avanti la sua personalissima battaglia contro anoressia e bulimia.
femminile.
 Mi chiedo a  che situazione  siamo arrivati    se  per  una giusta  causa  bisogna  usare il proprio corpo  ( vedere  l'url  citato  all'inizio del post ) .

5.1.14

morti di fame o scrocconi ? o declino-dell'occidente-deficienti-seminudi-in-fila-per-vestirsi-a-torino-e-roma/

  Leggendo  l'articolo  http://voxnews.info  che    riporto  qui sotto  mi  ritornano  in mente   questi versi danteschi   (   Divina  Commedia   canto  III  purgatorio  versi  79-93  )    di lontana memoria  


                                         da  http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/pur03.htm

 ancora attuali   e mi chiedo   come  la  mia  utente  facebookiana;    Eva Darklady  <&lt Ma che fine ha fatto la dignità!!!!???? Come ci siamo ridottiiiii!!!! Poveri noi...... Si poveri di cervello e di valori...... L'unico rimasto..... Il Dio denaro!!!!! >>  


  ora  l'articolo in questione  



Deficienti: dal latino deficiens , participio presente di deficĕre ossia “mancare”. E a loro mancano i vestiti. Oltre alla dignità.Sbarca anche in Italia l’idiota – ma riuscita, visto che ne parliamo anche noi – idea pubblicitaria di una marca spagnola di abbigliamento. Presentarsi seminudi nei loro negozi per vestirsi gratis.L’idea non poteva che venire dalla Spagna, che in questi anni è stata il centro del relativismo etico, con il suo zapaterismo morale ed economico che ha visto le bolle gemelle (immobiliare ed etica) nutrirsi a vicenda fino alla catastrofe economica.Certo, siamo in Italia, quindi non c’è stato l’assalto e i disordini che si sono visti in questi periodi nei regni del consumismo multietnico americano e inglese, ma è comunque un segno di decadenza. E non è ‘moralismo’: c’è un momento in cui essere seminudi è giusto, e altri no. Farlo per qualche vestito è ridicolo. Chi lo fa, è ridicolo. Si è quasi perso il senso della propria dignità.














27.11.13

Studentessa "in attesa del 110" vende foto per comprare scooter

mi vendo - renato zero 

 provocazione  o  verità  ? o scherzo  ?  dopo il corpo  con web cam  vedere il precedente post :   






adesso  ci si vende , se  dovesse risultare  vero  ,  anche per  un motorino ecco la storia   

In attesa della laurea, una studentessa napoletana è pronta a vendere le sue foto osé.
La giovane ha pubblicato un annuncio nella bacheca sul portale Skuola.net e poi ha creato una pagina Facebook ("Mary in attesa di 110"") per farsi un po' di pubblicità. Uno scherzo? Una provocazione? "Al momento è l'unico modo che ho per avere uno scooter nuovo", spiega lei. E si chiede: "Avrò mai la mia indipendenza economica?".
www.unionesarda.it Mercoledì 27 novembre 2013 20:40

  storia  verificata   sul sito  di  skuola.net 

Studentessa vende le sue foto hard causa crisi

Accade all’Università di Napoli, dove ieri hanno fatto capolino numerose le locandine di Mary, una studentessa che in attesa di laurearsi vende le sue foto hard in cambio di denaro. La motivazione? C’è crisi e il suo motorino si è appena rotto…

di: Serena R. - 27 novembre 2013 


Della serie non solo baby squillo. Anche le ragazze più grandi sono disposte a vendere il proprio corpo per denaro. In questo caso però solo in fotografia e alla luce del sole. Accade all’Università di Napoli, dove ieri tra annunci di affitti e ripetizioni affissi nelle bacheche, sono comparse numerose  locandine dal contenuto poco equivocabile. Un decolté in bella evidenza e un messaggio chiaro: “In attesa del 110, giovane laureanda invia le proprie foto”. La segnalazione è arrivata alla redazione di Skuola.net da un genitore di una studentessa, che si interroga: “Le sembra possibile che ci siano annunci del genere in quella che dovrebbe essere la casa della cultura? Per i ragazzi tutto questo sembra essere una cosa normale, sarò mica io l'unico a stupirsi

”.
NESSUNO SCHERZO: LA MERCE SI PAGA - Si tratta di una provocazione? Skuola.net ha approfondito la questione intervistando la diretta interessata, che ha anche creato una fan page su Facebook per l’occasione. Contattando Mary in attesa di 110 è possibile infatti parlare direttamente con la studentessa e concordare le condizioni di pagamento della “merce”. Non si tratta di uno scherzo, Mary mette a disposizione immagini del suo corpo dietro pagamento di compenso. A precisa domanda infatti confessa che “Non era uno scherzo. Mi piace fare foto e voglio divertirmi così. Anche se scritto in maniera sintetica credo che sia molto chiaro il messaggio”.
VENDO FOTO PER UNO SCOOTER - Quello che colpisce maggiormente di questa storia è lamotivazione. Infatti, a indurre a una raccolta fondi così originale non è una situazione di povertà, quanto la mancanza di un mezzo di trasporto personale: “Il mio scooter è rotto... me ne serve uno nuovo”. Insomma, la ricerca di un bene non classificabile sicuramente come di prima necessità. Ma anche una certa sfiducia rispetto alle possibilità per un giovane di trovare un lavoro normale: “In attesa della laurea e di un futuro lavorativo, che vedo davvero difficile, mi diverto così... e magari riuscirò anche ad avere un nuovo scooter”. Sicuramente a Mary non manca la creatività. Questa sì speriamo che venga apprezzata da un mondo del lavoro sempre più chiuso nei confronti delle nuove generazioni.
BOOM DI RICHIESTE - Ad apprezzare l’idea sono stati soprattutto i coetanei: “Sto ricevendo troppi messaggi, alcune foto le ho già mandate”. Ragazzi che guardano bene dal farsi identificare: la pagina Facebook conta infatti solo pochi “Mi piace”: chi acquista le foto vuole rimanere anonimo, quindi il contatto avviene tramite messaggistica privata.

23.3.11

la storia di Franca Viola farà cambiare ide alle nuove gatte morte dei festini d'Arcore















in tempi di bunga bunga e meretricio sempre obbligato o ricattatorio sempre più incalzante e diffuso voglio raccontare la storia di Franca Viola di una donna coraggiosa che con i suoi NO cambiò la legge e il costume maschilista dell'epoca che permetteva nel caso di violenza \ stupro un matrimonio riparatore . Una storia che le giovani gatte morte ( metaforicamente parlando ) dei festini del vecchio bavoso che va minorenni e della sua congrega d'amici e dei loro genitori mai sazi di prebende e denaro facile sembrano ignorare o considerare retaggio del passato, disposti ad immolare le proprie figlie all'altare della celebrità e della ricchezza , gettandole fra e braccia (e non solo) potente anfitrione di turno .


La storia avvenne , ma visto il clima culturale del nuovo edonismo e del successo a tutti i costi sembra oggi , a metà degli anni ' 60 a d Alcamo in una Sicilia ( ma poteva essere una zona qualunque del meridione e del sud dell'Italia del tempo ) rurale ed arretrata ma che fu proprio grazie a Viola e a suo padre capace di ribellarsi e d ad infrangere un tabù quello "dello stupro istituzionalizzato \ legalizzato " lo Stato Italiano la supportava nel codice penale. Il vecchio articolo 544 (abrogato solo nel 1981) ammetteva il "matrimonio riparatore", considerando la violenza sessuale come un oltraggio alla morale e non alla persona. L'accusato di delitti di violenza carnale, anche su minorenne, avrebbe avuto estinto il reato nel caso di matrimonio con la persona offesa. Insomma Melodia aveva la legge dalla sua parte e soprattutto la tradizione.. E poi ridotto \ sminuto fino alla nuova legge sulla violazione sessuale agli anni '90 ( ma questa è un altra storia ) considerato dai codici come reato contro il patrimonio e non come ora contro la persona .Gli ulteriori particolari della storia sono presi da ricerche in rete .
Fra le notizie degne di menzione, in quel volgere di anno 1965, la storia di Franca Viola sembra oggi sepolta da una miriade di fatti “più importanti”: proprio negli stessi giorni infatti l’Italia viene messa in allerta da una intervista al democristiano La Pira che dalle pagine del Borghese tuona contro l’amico Fanfani: “Attenti sarà il nuovo De Gaulle!”
Fra velleità golpiste, o solo dirigiste, e il boom di vendite dei televisori (il 49% degli italiani ne possiede uno) sembra strano pensare che una vicenda personale, piccola piccola, accaduta oltretutto laggiù, in Sicilia terra di emigrazione e malavita (basti pensare alla torinese La Stampa che tuona: “Attenti i criminali sono tutti figli di immigrati”) ed accaduta a una giovane di 18 anni possa essere ricordata per anni e diventare anzi l’alba di un nuovo atteggiamento delle donne verso leggi retrive e assurde oltre  che discriminanti 
Ammesso per legge il matrimonio riparatore (art.544), considerata la violenza sessuale un oltraggio alla morale e non alla persona, è chiaro che Franca Viola, 18 anni, residente a Alcamo, non possa desiderare altro che sposarsi dopo essere stata rapita e tenuta nascosta per otto giorni da un guappo del paese, tale Filippo Melodia.
Il giovane infatti, respinto dalla ragazza, ha una bella pensata: la rapisco, la violento e poi la sposo ( magari mi faccio aiutare da 12 amici caso mai dovesse ribellarsi). E anche se lei dovesse opporsi, il padre acconsentirà, ne va dell’onore di una famiglia.
nella  foto grande dietro le  sbarre   i rapitori e sotto  a  sinistra lei   foto presa  da n °1 BBC di history aprile  2011
 Ma le cose non vanno proprio così, e forse una “questione privata”, per dirla con il titolo di un libro di Fenoglio uscito proprio quell’anno, diventa una questione pubblica che più pubblica non si può.
Il padre finge di acconsentire alle nozze e concorda, con i Carabinieri di Alcamo, una trappola: quando il Melodia scende in paese attorniato dai suoi ‘bravi’ e con la donna al seguito, scatta la trappola: ad attenderli c’è il padre con i Carabinieri. Filippo Melodia viene condannato a 11 anni di carcere ridotti poi a 10.
Nel 1968 Franca Viola sposerà, adesso si per scelta, il giovane Giuseppe Ruisi. Melodia invece, uscito dal carcere nel 1976, finirà assai male: il 13 aprile del 1978 si ‘scontra’ con una lupara e muore.
Nel 1970 anche il cinema onorò Franca Viola e il regista Damiano Damiani girò con Ornella Muti il film La sposa più bella.

Approfondimenti:
Intervista a Franca Viola
Biografia scaricabile
Libro sul caso Viola
Tesi di laurea su Franca e il costume negli anni Sessanta

il secondo  dalla  voce  Franca  viola di Wikipedia 

Il 26 dicembre 1965, all'età di 17 anni, Franca Viola, figlia di una coppia di coltivatori diretti, venne rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Filippo Melodia, un suo spasimante sempre respinto, imparentato con la potente famiglia mafiosa dei Rimi, che agì con l'aiuto di dodici amici. La ragazza venne violentata e quindi segregata per otto giorni in un casolare al di fuori del paese; fu liberata con un blitz dei carabinieri il 2 gennaio 1966.
Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, ossia non più vergine, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l'onore suo e quello familiare. In caso contrario sarebbe rimasta zitella, venendo additata come "donna svergognata".
All'epoca la legislazione italiana, in particolare l'articolo 544 del codice penale, ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto "matrimonio riparatore", contratto tra l'accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona.
Ma, contrariamente alle consuetudini del tempo, Franca Viola non accettò il matrimonio riparatore. Suo padre, contattato da emissari durante il rapimento, finse di acconsentire alle nozze, mentre con i carabinieri di Alcamo preparavano una trappola: infatti, quando rapitore e complici rientrarono in paese con la ragazza furono arrestati.
Subito dopo il fatto, la famiglia Viola, che aveva contravvenuto alle regole di vita locale, fu soggetta ad intimidazioni: il padre Bernardo venne minacciato di morte, la vigna fu rasa al suolo ed il casolare annesso bruciato.
Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo che seguì, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d'amore, la cosiddetta "fuitina", allo scopo di mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto per ottenere il consenso al matrimonio.
Filippo Melodia venne condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 e a 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Pesanti condanne furono inflitte anche ai suoi complici dal tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e venne ucciso, nei dintorni di Modena, da ignoti con un colpo di lupara il 13 aprile 1978.
Franca Viola diventerà in Sicilia un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei subirono le medesime violenze ed ebbero, dal suo esempio, il coraggio di "dire no" e rifiutare il matrimonio riparatore.
Franca Viola si sposò nel 1968 con il giovane compaesano Giuseppe Ruisi, ragioniere, con il quale era fidanzata, che insistette nel volerla sposare, nonostante lei cercasse di distoglierlo dal proposito per timori di rappresaglie. La coppia ebbe due figli: si trasferì a vivere a Monreale per i primi tre anni di matrimonio, per poi tornare ad Alcamo.
Giuseppe Saragat, Presidente della Repubblica, inviò alla coppia un dono di nozze per manifestare a Franca Viola la solidarietà e la simpatia sua e degli italiani. In quello stesso anno i due sposi vennero ricevuti dal papa Paolo VI in udienza privata.
Il regista Damiano Damiani, nel 1970, realizzò il film La moglie più bella, ispirato alla vicenda e interpretato da un'esordiente e giovanissima Ornella Muti.Franca Viola ha due figli e una nipote e vive ad Alcamo.
Passeranno ancora sedici anni per l'abrogazione di quella norma inutilmente invocata a propria discolpa dall'aggressore: l'articolo 544 del codice penale sarà abrogato dall'articolo 1 della legge 442, emanata il 5 agosto 1981, che abolisce la facoltà di cancellare una violenza sessuale tramite un successivo matrimonio.

Ora care ragazze che volete fare le veline e non , prendete esempio da questa storia di una ragazza ( all'epoca dei fatti ) che  Personaggio simbolo della libertà e dell'emancipazione femminile, fu la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore con colui che l'aveva violentata. coraggiosa che ha cambiato non solo le leggi ma anche i costumi che ora rischiano di essere nuovamente messi indiscussione dal vostro accondiscimento che vi portare ad accettare passivamente le brutture imposte da vili .
Concludo questo mio sfogo consigliandovi la lettura , io ho pianto dall'inizio alla fine , di quest'opera di Massimo Carlotto che descrive ampiamente e benissimo il mondo di ruby e company , scritto in tempi non sospetti e prima degli scandali sessuali del nostro ( anche se io non l'ho votato è stato democraticamente eletto ) presidente del consiglio . Ecco la trama <<  Il racconto teso e vibrante di una "quotidiana" tragedia familiare. Sullo sfondo la Torino dei quartieri operai che operai non sono più. L'arrivo e la difficoltà di convivenza con gli extracomunitari. La mancanza di lavoro. La totale assenza di prospettive di vita di "qualità": la pensione, la difficoltà di sbarcare il lunario quando non si è più produttivi. L'essere consumatori, comprare per essere vivi. L'assenza di strumenti culturali per opporsi allo squallore dell'esistenza. La tv modello e unico sbocco e sfogo. Lo stato che non è più in grado di garantire diritti e servizi cosicché le contraddizioni esplodono all'interno della famiglia. >>
e lasciandovi alla canzone iniziale di Renato Zero che poi è anche la colonna sonora del post d'oggi .Non  so che altro dire   se non le  parole della stessa  Franca  Viola  che  dovrebbero servire  da  monito allle  ragazze  d'oggi  : 
<<
Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l'ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori 
>>
             

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...