prima la butta nell'androne politico parlamentare dicendo di volerla candidare( scelta condivisibile se fatta seriamete ) e poi non la mette in lista e la candida . #vergogna . giu le mani da Ilaria salis .
“Non è emerso alcun taglio di tipo autolesivo. Non si è difesa”. Sono le valutazioni di Andrea Gentilomo, il medico legale incaricato di effettuare l’autopsia sul corpo di Giulia Tramontano, la 29enne uccisa incinta al settimo mese a Senago, nell’hinterland di Milano. Il medico ha spiegato che la morte è da ricondurre a un “processo emorragico derivante da lesioni vascolari, in particolare arterie e la vena succlavia”. Quando in aula sono state mostrate le immagini del corpo, tutti i cronisti e il pubblico presente nell'aula della corte d'Assise (in particolare scolaresche) sono state fatte uscire. [... segue qui msn.com/it-it/notizie/italia/sn.com/it-it/per coloro che hano stomac forti e gusto del macabro ] .
vi rispiarmo quella non è cronaca ma morbosità . No importa come lo ha fato , ma che lo abbia fatto , soprattutto in maniera cosi bastarda ed atroce
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Germania, la Baviera vieta l’uso di un linguaggio inclusivo nelle scuole
Banditi da tutte le istituzioni pubbliche asterischi o puntini all'interno di un sostantivo, documenti ufficiali, corrispondenza o lezioni scolastiche.
Florian Herrmann, consigliere del premier conservatore bavarese Markus Soeder, ha affermato che la promozione di un linguaggio sensibile al genere sarebbe guidata dall’ideologia. A suo dire tutto questo rischierebbe inoltre di avere un effetto di esclusione nei confronti di coloro che non lo adottano. “Per noi il messaggio è: il linguaggio deve essere chiaro e comprensibile”. “Ma si tratta anche di mantenere aperto lo spazio di discussione in una società liberale”. Infatti , pur essendo per una lingua inclusiva e per la libertà linguistica sono almeno nei canali ufficiali ( scuola , istituzioni , ecc ) non gioisco e cerco di non farne una battaglia ideologica come i nostri reazionari affermando che << [...] Hanno rotto le balle: che goduria la Baviera che mette al bando la schwa. [...] >> dahttps://www.nicolaporro.it . Ora va bene una riforma \ svechiamento del linguaggio ed adeguamento ai cambiamenti della società ma :
“ L e professoresse sono convocate in assemblea plenaria per le ore 09.30 di domani. Firmato: la rettrice professor Mario Rossi”. E i professori? Convocati anche loro. Dove? «Nella sala delle professoresse». Per l’occasione «le studentesse avranno un giorno di vacanza». E gli studenti? «Anche loro». Non abbiamo alzato il gomito prima di metterci a scrivere. È l’effetto woke. I pensatori “inclusivisti”, che scrivono con asterischi e schwa, sostengono con grande fracasso mediatico che di molte parole finora è stato fatto un uso irrispettoso e sbagliato. Sono invecchiate male. Vanno adeguate ai tempi moderni, che sono fluidi e vendicativi. Per secoli c’è stato un abuso del maschile “sovraesteso”, ossia comprensivo dei due generi e dei due sessi. D’ora in poi sarà sovraesteso il femminile. Lo ha deciso, ponendosi come avamposto dell’esercito woke in Italia, il senato accademico dell’Università di Trento. Che ha promulgato un documento di cinquanta pagine, di cui il rettore Flavio Deflorian, che ormai dovremo chiamare rettrice, fa questa sintesi: «i termini femminili si riferiscono a tutte le persone». La castrazione delle parole procede. A impugnare i bisturi sono soprattutto gli uomini. Che ora quella menomazione non se la infliggono più, come recita una vecchia spiritosaggine, per fare un dispetto alle mogli. Bensì per appagarle e vendicarle.
( tacitus unione sarda 4\IV\2024 )
Una soluzione accettabile mi sembra coome è stato proposto in germania “Autoren” (scrittori) è stato trasformato in ordine sparso in: Autor*innen, Autor/innen, Autor:innen, Autor_innen o AutorInnen. Oppure la versione boldriniana con dentro entrambe le forme: "Autorinnen und Autoren". Cioè modificare e svecchiare la lingiua ai cambiamenti della società , un altro è detrurparla con simboli astrusi ed incomprensibili o i difficile lettura soprattutto agli stranieri . Infatti gli esperti sono divisi a loro la parola : <<Asterischi, schwa e chiocciole: i rischi di un italiano improbabile >> da www. avvenire.it
Ha ragione tale sindaco . Qui non si tratta di razzismo ma : di coerenza e di buon senso .Se una persona che decide di prendersi la cittadinanza italiana e risiede per 20 anni senza conoscere la lingua tanto da non capire cosa gli viene chiesto di giurare non la merita . A prescidere che sia un sindaco di un ideologia opposta alla mia , ha perfettamente ragione
Il sindaco di Pontoglio l'ha fatto di nuovo. Il leghista Alessandro Pozzi ha negato la cittadinanza a una donna marocchina, residente in Italia da 21 anni. Era successo già nel 2022, con una donna di origini indiane. Con un lungo post sui social, Pozzi ha spiegato che «è stata un gesto doveroso, di rispetto verso i cittadini di origine straniera che sono diventati italiani e si sono integrati nella nostra comunità».«Questa signora, residente in Italia dal 2003 (21 anni), ha purtroppo dimostrato, non solo di non possedere il livello minimo di conoscenza della lingua italiana, ma, ancor più preoccupante, durante la cerimonia ha mostrato difficoltà nel capire la richiesta di pronunciare il giuramento richiesto dalla normativa. Come vostro rappresentante, e ancor prima come pubblico ufficiale, è mio dovere udire il giuramento dell'intervenuto: questa signora, dopo tre richieste, non è riuscita a pronunciarlo - ha scritto -. Negare la cittadinanza è stata una conseguenza inevitabile».Continua Pozzi: «Non sapere nemmeno rispondere ad un semplice "Come ti chiami?", dopo oltre 20 anni, solleva non solo legittime preoccupazioni pratiche, ma anche interrogativi più ampi sulle barriere che potrebbero esistere nel processo di integrazione, sia a livello familiare che sociale. È preoccupante pensare che una donna possa trascorrere così tanto tempo in Italia senza acquisire una conoscenza minima della lingua del paese ospitante, ciò solleva dubbi sulla reale inclusione nel corso di questi anni. Mi pare evidente che non abbia mai voluto integrarsi e partecipare ai corsi di italiano offerti, messi a disposizione anche dal mio Comune dove non era tra gli iscritti. Nemmeno a quelli di Chiari. Questo sarebbe stato il "primo passo" necessario, in virtù della richiesta di ottenimento della cittadinanza.
Incuriosito , dopo il mezzo flop del film la profezia dell'armadillo , ho voluto dare una seconda possibilità a una trasposizione cinematografica delle opere di Zero calcare .
La serie di Netflix strappare lungo i bordi a differenza del film prima citato mi è piaciuto tantissimo . Essa è una serie molto poetica , auto critica e auto ironica , toccante e delicato nell'affrontare un tema caldo come il suicidio . Una bella l’educazione sentimentale quella espressa in questa serie di di Zerocalcare. Commuove e diverte, educa nel senso migliore: senza eroismi e moralismi pedanti. Leggo che ha grande successo e ne sono contento, perché Strappare lungo i bordi è insieme a Peanuts e aThe Catcher in the Rye (Il giovane Holden di J.D. Salinger, ndr) un racconto terapeutico che fa bene a tutti. Nel suo viaggio individuativo (non c’è bisogno del drago junghiano, basta un treno per Biella), Zero dialoga di continuo con la sua coscienza-armadillo che lo asseconda e lo sfotte, infierisce ma non lo abbandona. È un oggetto interno.
Una scena della serie tv Strappare lungo i bordi di Zerocalcare (su Netflix): Zero è in auto con l’amica d’infanzia Sarah, che compare anche nei suoi fumetti
«Cintura nera de come se schiva la vita», Zero è terrorizzato dai sentimenti, più li prova più li nega. Tutto lo fa sentire in colpa, il peso è enorme, ma si vede che dentro c’è un fuoco, è che lui non sa come accenderlo, sospeso sempre tra l’amore e l’accollo. Abitato da grandiosità segrete come ogni fragile narcisista adolescente, Zero (omen nomen) teme il confronto perché teme il giudizio, perché teme il rifiuto. È infatti sentendoci nani che ci pensiamo giganti, convinti che tutto ruoti intorno alle nostre incertezze. Allora grazie Sarah per la tua storia zen dei fili d’erba. Ora mi chiedo ma davvero come ho già detto precedentemente , qualcuno ha sbroccato per il romanesco di Zero? Li mortacci, non si strappa la lingua all’artista. A proposito, Strappare lungo i bordi parla dell’illusione dei percorsi obbligati, quelli che crediamo ci esonerino dall’ascolto, dall’invenzione di altre tracce, dalla possibilità di cambiare il disegno previsto. Il foglio ha due rischi: si ingiallisce o si lacera. Le linee di confine, border-lines, sono territori psichici sempre interessanti: nel vocabolario clinico segnano il passaggio della personalità verso territori di sofferenza, in quello di Zero e dei suoi amici adorabili separano il terreno della paura da quello della vita. Prevedono cicatrici (mica trasferelli) e si tracciano strada facendo. Il disegno arriva sempre dopo.E' incredibile come si passi dall' ammazzarsi dalle risate alla commozione vera, genuina, in pochi minuti. Uno spaccato generazionale irreverente, esilerante, emozionante ma anche tanto, terribilmente onesto, privo fi inutili paraculate e finti moralismi. Strappare lungo I bordi e' destinato a diventare un cult ... se non lo e' già. , un racconto emozionante e divertente, a tratti crudo, un pugno nello stomaco. Per me comunque un inno alla vita.I diversi strati, dell’interiore e dell’esteriore, del dentro e del fuori, del ricordo e del presente, del dolore e della catarsi, vengono finalmente visti dall’alto e accolti nella loro imperfezione e parzialità . Infatti .... cazz ..... stavo per spoilerare il finale.
La consiglio 1) è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso lascia posto alle lacrime
Una coinvolgente altalena di emozioni. 2) Strappare lungo i bordi è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico lascia posto alle lacrime delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso
Una coinvolgente altalena di emozioni. 3) Gli spettatori, infatti, si confrontano ( almeno che non la si guardi solo per moda e acriticamente ) costantemente con personaggi totalmente differenti, che rappresentano alcuni degli innumerevoli atteggiamenti e stili di vita dei giovani di oggi:
Zerocalcare: il protagonista della storia è un personaggio fortemente autocritico costretto a confrontarsi con dubbi esistenziali.
Sarah: una ragazza in grado di mantenere sempre la calma. Non intende rinunciare ai propri sogni, nonostante le difficoltà. Affronta anche le situazioni più impegnative in modo razionale.
Secco: è il menefreghista per eccellenza. Non ha obiettivi o sogni nel cassetto. Prende tutto con estrema leggerezza. La sua risposta è sempre e solo una: "S'annamo a pija er gelato?".
Mi trova d'accordo il voler precisare da parte di Zero Calcare che le polemiche attorno al “romanesco”, su cui sono intrise ascissa e ordinata di senso linguistico culturale di Strappare lungo i bordi, non meritano nemmeno di essere ascoltate: “La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Infatti se questa storia non fosse stata in dialetto romanesco avreste perso l'essenza, la quotidianità e il modo di fare di un romano di borgata. Insomma sarebbe stata mediocre e impersonale. E poi Dicevano così anche di Brancaleone, nessuno lo voleva produrre ... Poi hanno girato anche un secondo film.Lo capivano tutti
Quindi le persone che lo criticano solo per questo : 1) possono essere o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali., 2) poca voglia di sforzarsi a capire una variante dell'italiano ovvero un dialetto . Ora
Strappare lungo i bordi (QUIla nostra recensione) è un avvincente viaggio alla ricerca di sé, di quella consapevolezza necessaria per affrontare una vita priva di libretto di istruzioni, un percorso che ci si illude di poter controllare, magari seguendo una linea pre-tagliata ma che è inevitabilmente soggetto a deragliamenti e lacerazioni.
Nel corso dei suoi sei episodi, micro-film in cui il protagonista Zerosviscera ogni aspetto della sua insofferenza, lo spettatore ha l’occasione di ripercorrere le tappe della propria giovinezza, rielaborando le stesse domande esistenziali del protagonista, un ragazzo introverso e sensibile, poco avvezzo ad entrare in profonda empatia con gli altri per la sola paura di accettare quel lato imprevedibile che – nel bene o nel male – rende la vita un’esperienza degna di essere vissuta, nonostante le inevitabili cicatrici che comporta. ......
potrei continuare a citare l'articolo ma rischierei di spoilerare ( come stavo per fare prima all'inizio del post con il finale ) troppo è rovinarvi l'eventuale visione ., comunque se siete sadici lo oltre gli url citati nelle sue righe trovi qui https://www.cinematographe.it/focus-serie/strappare-lungo-i-bordi-storia-vera/ il resto dell'articolo .Le mie impressioni collimano con il commento lasciato sul promo dellla serie
Serie meravigliosa! Tempi comici perfetti, proprio quando può risultare il tutto troppo serioso c’è una battuta che smorza l’atmosfera e cattura l’attenzione dello spettatore facendolo riflettere sul fatto che anche temi tristi, orribili, possono essere affrontati con un pizzico di leggerezza, e che in fondo tutti siamo fili d’erba in un campo!
per chi come me avesse difficoltata ( alcune le ho capite al volo , dopo 4 serie ed i libri di rocco schiavone ) qui trova un glossario con l'espressioni usate nella serie
Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «Dopo la serie la mia vita è diventata invivibile. La polemica sul romanesco è ridicola»
«La seconda stagione? La mia vita è diventata invivibile, ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio»
Ilaria Ravarino 28 Novembre 2021, 09:20
Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «La polemica sul romanesco della serie è ridicola»
Arriva in ritardo, con il fiatone, l'aria sconvolta: «Ho fatto il chioppo», dice, mimando l'impatto della sua macchina contro qualcos'altro. Ma appena prova a spiegare la dinamica dell'incidente, le persone che l'aspettano per il firmacopie, in libreria, scoppiano in un caloroso applauso. La vita di Michele Rech, 37 anni, fumettista, in arte Zerocalcare, è cambiata nel giro di una settimana. La sua serie tv, Strappare lungo i bordi, è la più vista su Netflix. Il suo ultimo libro a fumetti, Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (raccolta di storie uscite sui giornali e un inedito sul dietro le quinte della serie), provoca file bibliche in libreria. E le etichette si sprecano: simbolo di una generazione, bandiera degli oppressi, alfiere della romanità, ultimo intellettuale d'Italia. «È andata oggettivamente super bene dice lui - ma non me la sto vivendo benissimo. Conto che sbollisca. Lo spero». Si stupisce di avere successo in tutta Italia?«No, ho sempre avuto pubblico anche fuori dalla mia città. Non così ampio, ovviamente».
Zerocalcare, la forza di un dialetto che smonta le nevrosi
È stato criticato per la scelta del romanesco. Pentito?
«La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Le altre persone o sono in malafede, o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali».
La cultura italiana è romanocentrica?
«Mi pare evidente che in giro ci siano mille cose diverse in mille dialetti. Qualcuno è meno rappresentato degli altri? Mi dispiace. Ma veramente quello del romanocentrismo è un dibattito che sta fuori dal mondo. Alla gente normale non frega nulla».
Si sente, come è stato definito, l'ultimo intellettuale d'Italia?
«Non è un titolo di cui mi vanto e non mi ci riconosco assolutamente. Appena l'ho saputo ho pensato: mo' mi rovinano. E infatti sono arrivati gli haters».
Dicono che guadagna come Chiara Ferragni: è vero?
«Spero per lei di no. Ho un tenore di vita che mi va bene. Se anche guadagnassi cento volte di più, quei soldi non saprei come spenderli».
Dai centri sociali a Netflix: il capitalismo ha vinto?
«In una società capitalista il capitalismo vince sempre. Io cerco di rimanere onesto con le persone, di essere coerente. Non rinuncio, pur di ottenere un pubblico più ampio, alla radicalità dei contenuti o al supporto delle cause che sostengo. Ma insomma: questo è il mio lavoro, non è la mia missione. Né ho mai pensato che il mio lavoro fosse trovare la soluzione al capitalismo».
«"Strappare lungo i bordi" troppo romanesco», Zerocalcare risponde alle polemiche sulla serie cult. «Come ve va de ingarellavve...»
C'è chi ha notato che vive in periferia, ma ha frequentato una costosa scuola francese. Le dà fastidio?
«Da quando ho due mesi abito a Rebibbia. Sono francese e quindi ho fatto la scuola francese. Rebibbia poi non è il ghetto. E io non mi sono mai dipinto come uno del ghetto. Non vedo perché mi debba giustificare».
Mattia Torre (uno degli autori di Boris, ndr) ha raccontato prima di lei la stessa generazione. È un modello?
«Sì, ma inarrivabile. Mattia Torre per me ha fatto le cose più belle prodotte in Italia negli ultimi trent'anni. Non oso accostarmici, le sue cose per me sono un modello assoluto. Quanto a me, credo che le persone che si riconoscono nei miei fumetti siano quelle più impicciate. I miei personaggi parlano poco alle persone risolte. Evidentemente la nostra è una generazione impicciata».
Ora la leggono anche i bambini: che ne pensa?
«Che è buffo. Mi chiedo cosa gli arrivi. Alcuni temi sono molto adulti. Però è vero che quel senso di ansia rispetto al deludere la maestra di cui parlo nella serie io stesso l'ho provato da bambino. E avrei voluto che qualcuno mi dicesse di non preoccuparmi, che se si va male a scuola non si spezza il cuore dell'insegnante».
Il prossimo fumetto?
«Esce tra maggio e giugno, e racconterò del mio viaggio in Iraq. Sicuramente un tema che mi interessa di più della polemica sul romanesco».
La seconda stagione della serie si fa?
«Da quando è uscita la serie la mia vita è diventata cosi invivibile che o trovo una centratura, oppure non mi va di stare ingolfato in mezzo alle polemiche. Non c'è niente al mondo che mi costringa a farlo. Sta a me. Ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio».
Lo capisco ma sarebbe un peccato , non solo per chi non lo conosce ancora bene , che zero calcare lasci una cosa incompleta , infatti mancano ancora le vicende di " cinghiale " uno dei protagonisti delle sue storie .
il romanesco è sulla bocca di tutti. Dagli stornelli al teatro di strada sino alla commedia all'italiana, nelle serie tv sempre sul crinale fra serio e faceto, il dialetto romano è capace di stupire e stordire il pubblico, altissimo o greve, partendo dal popolo ma capace di pungere tutti. Ma allo stesso tempo d'infastidire , forse per la pronuncia . Caratteristiche che lo rendono anche inviso ai puristi, come dimostra la polemica nata sull'onda del grande successo riscosso da Strappare lungo i bordi, la prima serie tv creata dal disegnatore Zerocalcare, in streaming su Netflix. C'è davvero chi avrebbe voluto che Michele Rech - in arte Zerocalcare (Arezzo, 1983) usasse l'italiano corrente per raccontare il mondo attorno a Rebibbia, cogliendo la società dei 30-40 enni e le sue disillusioni. Invece, Strappare lungo i bordi, composta di sei puntate da venti minuti, è un omaggio all'essenza capitolina e mentre la polemica sull'eccessivo uso del dialetto montava sui social, il disegnatore entrava a gamba tesa, twittando,
gettando altra benzina sul fuoco.
See non l' avesse fatta con l' accento romano non sarebbe stata la stessa cosa, e come se la serie Gomorra fosse solo in Italiano «A ben vedere racconta il linguista Luca Serianni la forza di questa parlata è proprio la sua potenza dirompente, il gusto della battuta, la capacità di non prendersi e non prendere mai nulla troppo sul serio, scrollandosi dalle spalle il mondo intero con una smorfia». E mentre il web si schiera ma l'appoggio per Zerocalcare è pressoché univoco in città si terrà Roma, un nome, più lingue, il terzo incontro della rassegna Conversazioni romane ( svoltatosi veneri scorso a Palazzo Firenze, in collaborazione con la Società Dante Alighieri e la Fondazione Marco Besso) in cui proprio Serianni, autore del saggio Le mille lingue di Roma (Castelvecchi), ripercorrerà le fasi più salienti del plurilinguismo romano, dall'antichità ai giorni nostri.
Ecco che quindi Netflix incassa un altro grande successo dopo Squid Game (in questo stranamente caso nessuno si era lamentato che fosse in coreano, senza doppiaggio ), il nuovo albo di Zerocalcare - Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, edito da Bao Publishing - è già in classifica, sempre con largo uso di romanesco, sfoderando un'ironia abrasiva, una certa vena di cattiveria che corre accanto al riso - ora omaggiando ora smontando il sacro - come Sordi ne Il Marchese del Grillo. Un'universalità che ritroviamo solo nel napoletano di Troisi e nel siciliano di Camilleri. «Il romano è mattatore precisa Serianni quella lingua cade sulle sue fattezze, talvolta rozza e volgare ma sempre capace di indurre al gioco, allo scherzo, lasciando affiorare con forza un elemento dissacrante che infine si rivela liberatorio». Piaccia
o meno, il romanesco ha una sua carica esplosiva ma proprio la sua forza può risultare un limite? Edoardo Albinati, scrittore romano e vincitore del Premio Strega con La scuola cattolica (trasposto al cinema, diretto da Stefano Mordini e vietato ai minori di 18 anni) non ha dubbi: «Per Zerocalcare era inevitabile l'uso del romanesco. E non mi riferisco al racconto di Rebibbia, piuttosto alla sua capacità di cogliere quella nevrosi umoristica, arrabbiata e urticante».
mi fermo qui altrimenti rischio d'essere troppo prolisso e di alimentare ulteriormente polemiche già di per sè sterili e di fare spoiler . buona visione
Sono stato accusato di fare come i fascisti una politica linguistica autarchica , d'essere nazionalistica .... bla ... bla . Basterebbe da solo come risposta il video di replica dell'autore del primo riportato sotto ma qiuelle rivolte l'autore dei due video
ma , chi mi conosce ( amici non virtuali \ di penna o reali ) lo sà , io :
[....] Sono un mulo che cammina dritto
Che se ne frega delle bastonate
A testa bassa con lo sguardo fisso
Io resisto perché sono il mulo... Io sono il mulo...Sono il mulo... Sono il mulo
Carmelo ManuliMassimiliano Amoroso la lingua è uno dei principali segni identitari di un popolo. Imporre la lingua inglese oltre limiti ragionevoli è svendere la nostra identità e consentire a forme subdole di colonialismo.
Massimiliano AmorosoCarmelo Manuli mah, non sono affatto d' accordo. É una visione autarchica del Paese che non condivido. Siamo nel XXI secolo e la lingua inglese, fallito l' Esperanto, ha dimostrato per semplicità lessico-grammaticale di assolvere benissimo al compito d…Altro...
Giuseppe GuerreraStiamo parlando di lingua, veicolo principale delle nostre intelligenze formatasi attraverso millenni di cultura. Chi la vuole soppiantare è il mercato che snaturerà la nostra storia. L'autarchia non c'entra nulla.
Carmelo ManuliMassimiliano Amoroso chiedo scusa per non essere stato chiaro, condivido pienamente la sua analisi delle cause endogene del nostro degrado, ma storicamente svilire l'identità è uno dei mezzi più efficaci e più usati per la sottomissione.
Giuseppe GuerreraUsare l'inglese è la sottomissione al mercato, come dice Carmelo Manuli, ma guardacaso quasi il mondo intero ha un diritto che si basa sul Diritto romano.
Massimiliano AmorosoGiuseppe Guerrera non sono d' accordo, rispetto la vostra prospettiva, ma la penso diversamente. Si poteva ragionare in questi termini prima della caduta del Muro di Berlino e prima della conseguente globalizzazione. Ora non ha piú molto senso. Idea mia, intendiamoci.
Massimiliano AmorosoSono dell' opinione che sempre di piú la salvaguardia della cultura coinvolgerà altre dinamiche, mentre ci dovremo rassegnare ad un indispensabile bilinguismo. Un po' come in passato, dopo l' unità d' Italia, si passó dai dialetti, alla coesistenza con l' italiano
Giuseppe GuerreraMassimiliano Amoroso infatti non dico che non dobbiamo imparare altre lingue ma dove non è necessario usiamo la nostra. Stiamo stravolgendo i significati. Per esempio, la parola premier per il nostro Presidente del consiglio non capendo che i due nomi indicano due funzioni e due poteri diversi. Il problema è culturale e con gli inglesismi possiamo solo che peggiorare.
Giuseppe Guerrera vero ma quando in italiano non sistono corrispettivi . allora usiamo pure l'inglese o l'italy inglese ma almeno usiamolo correttamente
[.... ] La lingua per definizione, va dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né da parte dell’accademia, può fermarla. ( Umberto Eco, Sulla letteratura, 2002 ) Infatti Chi pretende che istituzioni come l’Accademia della Crusca si facciano carico di direttive linguistiche da impartire agli italiani non si rende conto che quest’operazione è impossibile e antistorica. Tutto il faticoso percorso compiuto dall’italiano per diventare lingua della nazione sta a dimostrare che la nostra lingua, come tutte le lingue, non è un organismo immobile, ma in movimento, che possiede una capacità di autoregolazione Sono certamente fastidiosi gli inutili forestierismi che caratterizzano lo scritto e il parlato degli italiani, ma questa tendenza diffusa non sarebbe in alcun modo modificata se ci fossero divieti o addirittura tasse sull’uso delle parole straniere, come durante il Fascismo. Del resto anche la lingua francese, pur difesa da una legge apposita (la legge Toubon del 1994) è “inquinata” dall’inglese: nelle strade di Parigi i nomi dei negozi e le pubblicità affisse ai muri parlano inglese, e il franglais è diffusissimo. Proprio la storia vissuta dagli italiani nel ventennio dovrebbe insegnare che la lingua non può essere imbrigliata o obbligata attraverso leggi o divieti. Infatti ogni volta che rinunciamo a una definizione in italiano perdiamo l'occasione per far funzionare la nostra mente che ha come "autostrada" della nostra intelligenza la lingua che abbiamo imparato da bambini. Sarebbe come rinunciare a farci a mano un panino per mangiarci una merendina. Il primo ci fa funzionare molti neuroni e il corpo mentre la seconda ci impigrisce e non è un toccasana. Sono sicuro che apprezzerai questa metafora. Ora Giustamente chi vuole parlare o scrivere in inglese ed d'usare tale lingua se il corrispettivo italiano non è figo o suona male in un determinato contesto come il caso di triage il cui corrispettivo italiano è smistamento o l'uso --- come nel mio caso --- del temine ( spesso scritto male perchè non conosco l'inglese ) Mainstream al posto di :
<< ( .... ) Nell'ambito delle comunicazioni, il termine mainstream identifica canali, mezzi e prodotti comunicativi più radicati e con un più ampio spettro di diffusione, che godono di un maggior grado di penetrazione nel tessuto sociale[3]. Dal punto di vista dei contenuti e dei valori veicolati, tali mezzi di comunicazione si muovono all'interno di orizzonti di interpretazione e rappresentazione che riflettono sintonia ideologica con orientamenti ideologici definibili di "senso comune".Sono esempi di mezzi di comunicazione mainstream le televisioni generaliste, le grandi emittenti satellitari, i network radiofonici.[A questi esempi possono aggiungersi, a volte, anche alcune principali testate giornalistiche cartacee. [.... continua su https://it.wikipedia.org/wiki/Mainstream] >>
libero di farlo. Ma che ci devono "indottrinare" di un inglese maccheronico (senza offendere nessuno) non sono d'accordo Anche perché già hanno fatto sparire alcune tradizioni laiche compreso il nostro artigianato made italy nel nome del più becero liberismo . Infatti ogni volta che rinunciamo a una definizione ovviamente quando questa è possibile in italiano perdiamo l'occasione per far funzionare la nostra mente che ha come "autostrada" della nostra intelligenza la lingua che abbiamo imparato da bambini. Sarebbe come rinunciare a farci a mano un panino per mangiarci una merendina. Il primo ci fa funzionare molti neuroni e il corpo mentre la seconda ci impigrisce e non è un toccasana. Sono sicuro che apprezzerai questa metafora.
“Lo sciocco narcisismo con cui giornalisti, uomini politici, personaggi dello spettacolo esibiscono il loro inglese orecchiato, va denunciato con le armi della critica come un fenomeno di inferiorità culturale. Chi crede di apparire più colto ricorrendo a termini inglesi – che spesso sono di origine neolatina – ignora la ricchezza e grandezza della lingua italiana e perciò esibisce non la propria cultura e il proprio essere aggiornato, ma la propria ignoranza. Il ricorso a una lingua straniera, quando esistono equivalenti italiani, spesso semanticamente più ricchi e vocalmente più musicali, rivela un fondo di servilismo da popolo colonizzato, che svaluta la storia della propria lingua, cultura, civiltà. Perciò chi si fa strumento della creazione di un immaginario nazionale subalterno va criticato aspramente, additato come responsabile di un danno di immagine procurato al Paese, portatore di un messaggio diseducativo e fuorviante alle nuove generazioni
Sottoscrivo ogni parola di Bevilacqua e voglio provare a esemplificarne il senso e ad aggiungere ulteriori elementi. Credo che la situazione italiana sia pericolosa, per la nostra lingua e cultura, perché non esiste alcuna resistenza né reattività davanti all’espansione dell’inglese globale. Al contrario, la nostra classe dirigente sembra agevolarla dall’interno, operando scelte lessicali anglomani davanti a tutto ciò che è nuovo a costo di ricorrere agli pseudoanglicismi (come smart working o navigator). Basta che suoni inglese, insomma, anche se non lo è affatto. infattoi sempre secondo https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/ che ha lanciato la petizione sopra citata << In questa follia, in questa mania compulsiva elevata a strategia comunicativa (non sempre consapevole) ciò che sta accadendo travalica quello che si può spiegare con le categorie ingenue e datate del “prestito” che molti linguisti ancora utilizzano senza riuscire a comprendere cosa ci sta accadendo. Siamo in presenza di uno “tsunami anglicus”, per citare Tullio De Mauro, cioè a un travaso dell’inglese di ben altra portata.
Gli anglicismi non sono più poche manciate di semplici parole isolate (“prestiti”) che importiamo perché non ne abbiamo di nostre (e non vogliamo né tradurre, né italianizzare, né reinventare con neologismi autoctoni) o perché ci appaiono più prestigiose ed evocative. Siamo in presenza di un’emulazione basata sulle ricombinazioni di radici inglesi che si ricompongono in modo virale e generano un quantità di anglicismi che sfugge ormai alla possibilità di ogni classificazione (ne ho parlato in un articolo sul portale Treccani).Invece di parlare di fondi per la ripresa, durante la pandemia i politici e i giornali hanno scelto di utilizzare l’espressione inglese recovey fund. Il risultato è l’imposizione alla gente dell’ennesimo anglicismo che battezza un nuovo concetto attraverso un’espressione che viene trapiantata come fosse un nome proprio insostituibile, poco trasparente non solo alle masse, ma persino agli stessi trapiantatori che spesso la storpiano in modo errato, perché sono i primi a non conoscerla. Penso all’onorevole Gelmini che alla Camera ha pronunciato sistematicamente “recovery FAUND” e non “FAND” (lo si può ascoltare qui, al minuto 1,35 circa), come se fosse scritto “found” (inglese: not found! ). Questo non vuole essere un attacco politico, né personale, l’onorevole è in buona compagnia di altri colleghi parlamentari di ogni schieramento e anche di numerosi giornalisti che hanno sfoggiato la stessa dizione in tv e persino nello scrivere (vedi primo riquadro dell’immagine sotto).E allora a che giova ostentare questo tipo di inglese maccheronico?
Purtroppo non finisce qui. Al ridicolo si aggiunge il deleterio. L’introduzione di recovery fund diventa popolare perché ripetuto in modo martellante e senza alternative, e questo porta all’assimilazione di recovery che prende vita e produce altre ricombinazioni a catena dove tutto va bene, basta che non sia italiano. Si parla perciò anche di recovery bond, visto che le obbligazioni sono sempre più spesso bond, dagli eurobond ai coronabond, ma si trovano anche: recovery instrument, recovery initiative, recovery strategy, e alla fine Di Maio se ne esce con la necessità di un recovery plan, su cui ironizza Giorgio Comaschi in una delle sue pillole in video, che radica recovery ma anche il parlare di plan invece che di piano in una rinuncia all’italiano sempre più ampia. [..... continua qui] >>
Concludo concordando con la chiusa di questo ottimo reportage in due parti ( III ) dell'ottimo blog https://diciamoloinitaliano.wordpress.com
Opporsi al nuovo colonialismo culturale e linguistico che assomiglia sempre più alla “dittatura dell’inglese” non è da nostalgici né da “sovranisti”, è al contrario un atto di Resistenza, è la difesa del locale che rischia di soccombere davanti alla globalizzazione. Non è né di destra né di sinistra: dovrebbe essere un valore che appartiene a tutti.