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26.11.14

Quest’uomo, fotografando la moglie malata e morta di tumore a l seno , ha saputo mostrare il lato più vero dell’amore.




Non sapendo  se  è fra i post persi  nel trasdferimento  del blog  da  spinder  a  blogger  oppure  fra  quelli salvati  ,  la ripropongo  . Mi scuso se nel caso  fosse presente  fra i  post  salvati   con voi  lettori\trici 

  da   http://www.incredibilia.it/

Un altra  cosa  simile  è stata  fatta   da  donne  http://www.incredibilia.it/tutto-per-amore-vere-amiche/



Quando abbiamo visto queste foto che Angelo Merendino ha scattato alla moglie, Jennifer, mentre lottava contro il tumore al seno, abbiamo avvertito un tonfo al cuore, è stato come entrare nell’intimità delle loro vite private e vivere la loro battaglia. Questi scatti sembrano dare un volto umano al cancro e catturano le difficoltà, la paura e la sofferenza di quanti hanno vissuto una delle esperienze più devastati della vita stessa.
Angelo commenta: “Queste foto non ci definiscono, queste foto siamo noi.”




















































Siamo soliti pubblicare notizie e cose curiose che alimentano pensieri positivi e strappano un sorriso, ma siamo anche convinti che condividere esperienze così intese, seppure tristi, sia un modo per esprimere la nostra vicinanza a tutti coloro che lottano questa battaglia e un’esortazione ad apprezzare e rispettare di più le nostre vite.

Puoi saperne di più su Angelo e la sua storia attraverso il suo sito “La battaglia che non abbiamo scelto – La lotta di mia moglie contro il tumore al seno” (in inglese), QUI o sulla sua pagina Facebook o seguirlo su Twitter

6.9.13

Il coraggio di Federica e la vita che non muore

La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette, nei film non ci sono tempi morti, la vita è piena di tempi morti, nei film sai sempre come va a finire, nella vita non lo sai mai. (  dal film radio freccia  ) 

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Apro l'unione  online  è  leggo    questa triste news (confermata da  questo video del tg Sardo di videolina)

E' morta la  ragazzza Cagliaritana che ha sfidato il tumore creando un blog e pubblicando le cartelle cliniche sul web

Sulla sua pagina di Facebook qualcuno ha scritto che alla fine la guerra l'ha vinta “lui”. Ma forse non è così. Forse, a ben guardare, ha davvero vinto Federica, anche se ora non c'è più. Perché il tumore contro cui ha combattuto come una leonessa e che alla fine l'ha portata via, non potrà mai cancellare ciò che questa ragazza cagliaritana è riuscita a realizzare aggrappandosi solo al suo coraggio e alla sua tenacia, incrollabili come il granito della sua terra. Né, soprattutto, potrà mai togliere la speranza che il suo straordinario esempio ha dato a chi oggi subisce lo stesso calvario.In questo senso lo sconfitto è “lui”. Quel male bastardo che ha tentato senza riuscirci di piegarla, di spegnerne il sorriso, di trasformare una donna nella primavera della vita in una malata terminale sepolta dentro un guscio di disperazione. Federica Cardia, la bella e forte Federica, se n'è andata ieri, a 31 anni, nel silenzio della sua casa di Pirri.Ne aveva due in meno quando scoprì di avere un cancro al colon. Diploma al liceo Pacinotti, laurea alla Sapienza di Roma, un posto di lavoro alla Sony, dopo i primi momenti di disperazione decise di alzare subito la testa. Così, nonostante i medici le avessero detto che non c'era nulla da fare, pubblicò su Facebook le sue cartelle cliniche chiedendo a chiunque poteva di aiutarla. Anche economicamente. Era decisa a tutto Federica, anche a fare da cavia per costosissime cure sperimentali. E per far capire quanto fosse determinata, creò un blog dal titolo eloquente: «Tanto vinco io». In un attimo la sua storia fece il giro dei social network e divenne un caso mediatico. Tanti hanno fatto la fila per intervistarla, c'è chi le ha dato dei premi, chi l'ha paragonata addirittura a una indomabile Giovanna d'Arco dell'era di internet.A lei però non è mai sfuggito quale fosse il reale obiettivo. E se anche per un attimo l'avesse perso di vista, c'era sempre lui, il tumore, a ricordarglielo. Dolori lancinanti, interventi chirurgici demolitivi, sfibranti cicli di chemioterapia. Il suo scopo era dare un messaggio prima a se stessa che agli altri: mai arrendersi anche quando tutto sembra perduto, mai mollare se dentro di te c'è ancora un granello di vita. Viene voglia di piangere leggendo i suoi ultimi post su Facebook, ormai l'unico contatto con le migliaia di persone che si erano innamorate della piccola guerriera sarda in lotta contro il male per definizione. «Due anni e mezzo con il mal di pancia. No, non è umano» . E ancora: «In qualche remotissimo angolo di mondo ci sarà un po' di felicitá anche per me» .Poi però rileggi l'intervista rilasciata lo scorso dicembre a Francesco Abate sull'Unione Sarda e capisci che non è stato tutto inutile. «La mia forza - diceva - è stata nel chiedere aiuto e dire alle persone guardate che forse c'è una speranza anche nella situazione più drammatica. Condividendo energie, conoscenza, un messaggio su facebook di affetto, di amicizia forse riusciamo a cambiare questo cinismo. Un'amica mi ha detto: grazie perché in un'epoca in cui non crediamo più in niente tu credi».È vero, Federica. Alla fine hai vinto tu. Anche se ci mancherai tantissimo.
Massimo Ledda

Aveva sfidato il tumore, raccontando la sua battaglia contro la malattia su un blog che iniziava così: «tanto vinco io». Federica Cardia, cagliaritana, 31 anni di puro coraggio, è morta ieri nella sua casa di
Pirri, salutata da centinaia di messaggi lasciati sul suo profilo Facebook. Struggente il ricordo del padre Mario: «Ho perso una figlia ed è un dolore immenso, è sempre stata combattiva, sin da piccola. Voleva vincere lei».
Con gli occhi  ,  pur  non conoscendola  nè direttamente  nè indirettamente  , gonfi di lacrime  ( come mi accade  per  le morti  specie  quelle  giovanili  vedi post  precedente sulla morte di un mio compaesano   )  leggo  dall'unione  sarda  di  venerdì 06 settembre 2013 - Primo Piano (Pagina 2)  sia l'incipit  del post  sia   questi  due articoli 


«Ha combattuto tanto»
Il padre e la madre distrutti dal dolore: «La sua non era più vita»
La sorella: «Sono orgogliosa, i veri eroi fanno qualcosa di grande»
Il papà Mario, la mamma Milena e la sorella Alessandra sostenuti dall'abbraccio di parenti e amici nella loro casa di Pirri: «Almeno adesso Federica ha smesso di soffrire».

Il libro sul comodino lasciato a metà, i cd disposti con ordine sulla mensola sopra il letto. «Amava leggere e la musica. Aveva una voce divina», Alessandra, venticinque anni, fa fatica a trattenere le lacrime. «Avrei voluto dire tante cose a mia sorella, ma sono sicura che lei le sappia già». Nella cameretta al primo piano della palazzina grigia in via Acuto 8, all'ingresso di Pirri, è tutto come l'ha lasciato Federica. Il copriletto con le margherite, lefoto alle pareti, l'armadio a ponte, la libreria piena.Lei è nella stanza accanto, sembra addormentata, serena come non è mai stata in questi anni di sofferenza. Mamma Milena piange, accarezza i piedi alla sua bambina, la osserva rassegnata, con un senso di impotenza lacerante. Alessandra ha una consapevolezza che va oltre il dolore. Questo mese discuterà la tesi, nella prima pagina la dedica alla sorella: «I veri eroi non sono quelli che vivono nei grandi e nei piccoli schermi, ma quelli che ogni giorno si alzano, lottano e fanno nella vita qualcosa di straordinario» Papà Mario è un uomo forte, ha gli occhi lucidi, ma trattiene l'emozione: «Ho perso una figlia è un dolore immenso. È stato tremendo vederla soffrire per tre anni. È voluta morire così, le do tutte le ragioni del mondo». Dalle finestre affacciate sulla strada si vedono gli amici di Federica. Sono davanti al portone, sotto la pioggia battente, in silenzio, stretti in un dolore sordo. Dentro casa è un viavai continuo di parenti. I volti cupi, e di parlare nessuno ha molta voglia. Federica non c'è più, l'assenza della ragazza guerriera pesa come un macigno. «Era tosta anche da bambina», racconta il padre, orafo a Pirri. «È sempre stata molto combattiva, il suo motto era Tanto vinco io . Voleva battere la malattia, ma negli ultimi tre mesi ha iniziato a perdere la speranza».Aveva un blog, Federica, dove ha messo nero su bianco il suo calvario. «Non sono mai riuscita a leggere niente. Mio marito ogni tanto mi raccontava qualcosa. Io non ce l'ho mai fatta, mi faceva troppo male», ammette la mamma col viso contratto dal dolore. Poi prende i giornali con tutte le interviste a Federica, diventata esempio di coraggio per tante persone che come lei soffrono. «Era una ragazza semplice, solare e umile. Amava scrivere, era molto colta». Alessandra ha un sogno: «Voglio mandare avanti il sito di mia sorella, so che lei desidererebbe questo»..Sulla sua pagina Facebook Federica ha più di tremilaetrecento mi piace, il volto sorridente sulla sinistra, sotto l'ultimo post datato 3 settembre: «Tre mesi e più di ospedale (non continuativi, ma più o meno siamo lì) tra alti e bassi, interventi chirurgici e tanta, troppa stanchezza. Spero di darvi buone notizie nelle prossime settimane, per ora buonanotte!». Sul suo blog il racconto del suo calvario iniziato nel 2011. «Quando la tua vita sembra andare a gonfie vele, quando hai ottenuto il lavoro desiderato da una vita, nella città che ami, quando hai degli ottimi amici e fai una vita attiva, sempre sulla cresta dell'onda tra aperitivi, musica e palestra, quando ti sembra di toccare il cielo con un dito e di poter spaccare in due il mondo con la sola forza del pensiero... ecco, è proprio in questo momento che la tua esistenza viene stravolta da una piccola parolina insignificante che inizia con la lettera C. Ho il cancro ». Federica ha combattuto con tutte le forze, ma il suo male era troppo grande. «Gli ultimi giorni è crollata psicologicamente, diceva io voglio lottare ma questo è troppo», confida il papà. «Mi diceva: Che vita sto facendo?Amava il mare, ma non ci poteva andare. Le piaceva stare con gli amici, e non poteva farlo. A trentun anni rinunciare a tutto questo è troppo».
Sara Marci

L'ESPERTO. L'esempio della blogger visto dall'oncologo Giuseppe Murenu

«Reagire alla malattia aiuta»

Pensare positivo è una delle cure più importanti

«Avere un atteggiamento positivo e combattivo di fronte alla malattia è importante quanto seguire una terapia corretta. E per chi ne ha avuto il dono anche la fede aiuta tantissimo, anzi è fondamentale».
Giuseppe Murenu, primario di chirurgia sperimentale all'ospedale Oncologico di Cagliari, sa bene di cosa parla e non solo perché da medico deve ogni giorno fare i conti con la vita e la morte. Pure lui, qualche anno fa, si è trovato dall'altra parte della barricata e ha vissuto sulla sua pelle il trauma della malattia. «La prima cosa che pensi è “perché è capitato a me?”», confessa. Federica Cardia, la blogger cagliaritana morta ieri dopo due anni di lotta contro il cancro, confidò di aver avuto la stessa reazione. «È normale che sia così - spiega Murenu -, è la non accettazione di un qualcosa che ci fa paura e che non puoi controllare. Poi però bisogna reagire. Ecco perché l'esempio di questa ragazza è molto importante, perché è un esempio di coraggio. Non bisogna mai perdere la speranza e questo è il giusto modo di affrontare la malattia. Un atteggiamento così è utile anche dal punto di vista clinico e non solo psicologico: pensare positivamente è importante, non a caso l'insorgere di molti tumori è favorito dallo stress cronico».Pensare positivo dunque, anche perché negli ultimi anni la ricerca ha fatto dei passi da gigante. «Oggi la maggior parte dei tumori si possono curare - conferma Murenu - io mi occupo soprattutto del cancro alla mammella e se penso alle possibilità di guarigione che c'erano 30 anni fa rispetto a quelle di oggi dico che di strada ne abbiamo fatta tantissima: nel 2013 i tumori al seno per il 90 per cento si curano». Va da sé che si devono comunque evitare stili di vita e comportamenti a rischio: «Beh certo, quello è scontato anche se è sempre utili ricordarlo. Come è molto importante la prevenzione che consente di fare diagnosi precoci». ( m. le. )Essi  ( specie il  2 articolo )   rafforzano  la mia convinzione a  lottare    contro le malattie  sia fisiche  che  psicologiche  . Strada intrapresa  da sempre , ma  rafforzatasi   con   la lettura  sia della riedizione speciale    sia  della versione normale  di mater morbi di Dylan Dog   


GRAZIE  FEDERICA  

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