Visualizzazione post con etichetta pride. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pride. Mostra tutti i post

5.8.22

Diritti civili e matrimonio egualitario. Una chiacchierata \ Intervista di Giuseppe Scano con il filosofo Porcino Ferrara




Per i lettori del nostro blog il nome di Cristian A. Porcino Ferrara è più che familiare. In più occasioni abbiamo parlato dei suoi libri e dei suoi importanti riconoscimenti. Per volontà dell’Autore in questa occasione non parleremo dei suoi testi ma di diritti civili, comunitá Lgbt e discriminazione. 


1) Mi spieghi il concetto di appartenenza, soprattutto in ambito queer?


«Il senso di appartenenza va sviluppato e nutrito nel tempo. Purtroppo ho riscontrato in alcuni giovani (e non solo) una totale ignoranza riguardo la nostra storia. Non conoscono l’operato di Bayard Rustin, Harvey Milk, Audre Lord, Cleve Jones, Mario Mieli etc. Senza conoscenza non ci può essere vera appartenenza. Non possiamo rimuovere dal nostro orizzonte esistenziale chi ci ha preceduti in questa lotta. Citare popstar o attori/attrici di Hollywood non colma il divario culturale.  Come sosteneva Zigmunt Bauman: “Oggi sono tutti al corrente e nessuno ha la più pallida idea”. Ogni cosa ha una storia e la comunità Lgbt non fa eccezione». 



2) Secondo te l’arte ha ancora una funzione liberatrice?


«Tutte le espressioni artistiche hanno contribuito a liberare il mondo da stereotipi e pregiudizi. Penso ad esempio al mondo letterario e nello specifico a Wilde, Rimbaud, Verlaine, Whitman, Pasolini, Busi, Isherwood, Cameron, Aciman, Yourcenar, Woolf, Atwood, Warren, Rice etc. Mi ricollego sempre al medesimo concetto: la conoscenza. Sentirsi liberi è fondamentale ma non si può ignorare il percorso fatto da altri prima di noi». 





3) Come giudichi l’apatia e lo scarso interesse politico dei più giovani? Li vedi più o meno coraggiosi del passato? 


«Non mi piace generalizzare e non credo assolutamente in una gioventù senza interessi. Pensiamo ad Alessandro Reda che da anni porta avanti una rivoluzione pacifica per ottenere il matrimonio egualitario in Italia. Questo suo impegno gli ha procurato anche dolori e minacce ma la sua forza non è mai venuta meno. Ecco noi abbiamo bisogno di persone come Alessandro e so che ci sono nel nostro paese. Se guardiamo le manifestazioni per il ddl Zan e i vari pride la folla oceanica smentisce qualsiasi dubbio sulla scarsa partecipazione giovanile». 




4) Si voterà il prossimo mese e alcune battute omofobe di politici di destra destano preoccupazione. Come vedi la situazione?


«Le destre estremiste incombono all’orizzonte e i nostri diritti, sia quelli acquisiti che quelli da acquisire, possono essere messi in discussione. Motivo per cui invito tutti noi a solidarizzare e a unirci per difendere in modo compatto i diritti civili. Ovviamente ci saranno sempre punti di vista diversi tra di noi ma non possiamo avere opinioni differenti riguardo il nostro futuro. Dobbiamo ripristinare e valorizzare il concetto di Appartenenza. Sappiamo quali partiti stanno dalla nostra parte e quali invece fomentano l’odio verso la nostra comunità».



5) Quindi il tuo è un invito alla coesione rivolto esclusivamente alla comunità Lgbt?


«Da soli non andiamo da nessuna parte e questo lo hanno compreso i nostri fratelli e sorelle il 27 giugno 1969 con la rivolta di Stonewall a New York o nel 1979 con le rivolte nel quartiere Castro a San Francisco nella cosiddetta notte bianca. Non possiamo vincere una battaglia se ci dividiamo in fazioni. Dobbiamo focalizzarci su ciò che ci unisce e non su ciò che ci divide. Ad esempio io sono single e non ho in progetto, almeno per il momento, di unirmi civilmente o sposarmi con qualcuno ma questo mi spinge a lottare per il matrimonio egualitario e non a fregarmene. I nostri interessi personali devono essere messi da parte. Comunque il mio invito non è rivolto solo ai diretti interessati ma anche ai familiari e agli amici di persone con un orientamento sentimentale non eterosessuale. Chi ha a cuore i nostri diritti deve aiutarci a mantenerli e a completarli». 



6) Cosa chiederesti a Papa Francesco in merito al matrimonio tra persone dello stesso sesso?


«Io non ho nulla da chiedere al papa o alla Chiesa Cattolica. Non sono credente e di conseguenza non voglio alcuna benedizione al mio matrimonio civile. È lo Stato italiano che deve riconoscermi questo diritto e non i rappresentanti religiosi. Lo stabilisce l’articolo 3 della nostra Costituzione e lo riporto per intero. Repetita iuvant: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. È la nostra Repubblica che deve rimuovere certi ostacoli e non il Vaticano!»


7) Tu sei catanese e mi chiedevo se nella tua città riscontri molti episodi di omofobia?


«Come nel resto d’Italia. Qualche mese fa si è verificato un attacco vile di stampo omofobo che ha turbato giustamente il quieto vivere. Fortunatamente il presidente di Arcigay Catania, Armando Caravini, si è mosso con tempestività nel denunciare alle autorità competenti e ai media l’accaduto. Grazie a lui e all’Arcigay il faro rimane sempre acceso. Tieni però presente che la statistica si forma su denunce presentate alle forze dell’ordine ma esistono molte aggressioni non dichiarate perché non esiste una legge contro l’omobilesbotransfobia. L’affossamento del DDl Zan è stato un colpo al cuore per tutta la comunità». 



8) Nei tuoi libri ti sei occupato spesso di musica e mi chiedevo quali sono gli artisti italiani più coraggiosi che raccontano nelle loro canzoni amori omosex?


«In Italia le cose stanno cambiando. Penso ad esempio a Michele Bravi, Mahmood o Madame ma i nostri cantautori temono ancora di perdere consensi fra gli etero. Non abbiamo in Italia un Troye Sivan, artista eccellente che nei testi e nei videoclip esplicita l’oggetto del proprio desiderio o l’intelligenza sopraffina di Guitarricadelafuente. 

Nella fase adolescenziale, soprattutto quando sorgono i primi innamoramenti, ascoltare canzoni inclusive ti permettono di sentirti meno solo e più compreso. È bello potersi riconoscere nei versi di una certa canzone senza dover ogni volta cambiare mentalmente il soggetto. C’è ancora troppo asservimento all’eteronormatività imperante».


9) Emerge spesso nei tuoi scritti l’utilizzo del termine orientamento sentimentale rispetto a orientamento sessuale. Mi spieghi perché?


«Per me le parole sono importanti e di conseguenza evito di ripetere un termine che a mio avviso non racchiude il vero significato della cosa descritta. Siamo individui sessocentrici con la smania di catalogare tutto in base alle pulsioni sessuali. I sentimenti, invece, sono stati messi da parte. Eppure sono proprio i sentimenti che ci guidano nella nostra vita e ci aiutano nel rapporto con gli altri. Come Daniel Goleman sostengo che le emozioni sono il perno della nostra esistenza e non l’appendice. Dobbiamo forse riscoprire il valore reale dei sentimenti».


10) Tu in “Altro e altrove” definisci fantomatiche le teorie gender. A questo punto la domanda sorge spontanea: il gender  esiste  o  no?


«Il termine gender deriva dalla lingua inglese e significa genere. Possiamo parlare di gender gap,  di studi di genere etc., ma non certamente di una ideologia insegnata a scuola per influenzare i bambini. Agitare lo spauracchio di una ideologia inesistente serve a confondere l’opinione pubblica sui motivi reali che si celano dietro il sorgere di certi inquietanti movimenti neofascisti. Chi parla di teorie gender con tono apocalittico solitamente appartiene a dei gruppi fondamentalisti di matrice cattolica o a partiti politici di estrema destra. L’interesse di costoro è proprio quello di delegittimare il riconoscimento dei diritti civili e contrastare la nostra piena integrazione nella società odierna. Purtroppo anche il papa ha generato confusione sulla questione con la sua dichiarazione pubblica dell’aprile 2015. Questa è una battaglia che la Chiesa porta avanti senza affrontarla nel merito. Esistono persone confuse e disinformate che alimentano il mercato delle fake news ».


3.7.22

i pride non sono solo esibizione -ostentazione o pagliacciate

 "I diritti non dovrebbero dividere politicamente", spiega Alessandro Zan ai microfoni di fanpage prima di unirsi


al corteo arcobaleno di Milano, che ritiene "una medicina contro l'invisibilizzazione".⁣

🗣
"La notizia della morte di Cloe Bianco, isolata ed emarginata, è il caso emblematico che dimostra quanto sia necessaria una legge contro i crimini d'odio. Una legge non ha solo effetti penali, crea cultura in un Paese. Noi siamo riusciti – nonostante il fermo del ddl Zan – a istituire dei fondi per i centri anti discriminazione e le case rifugio grazie al cosiddetto "decreto Agosto". Ci sono già tantissimi centri in diverse città italiane che proteggono le vittime di violenza e forniscono assistenza psicologica, fiscale, sociale a chi subisce discriminazioni.Si tratta di una rete importante di sostegno, ma bisogna assolutamente lavorare nelle scuole : la scuola forma i cittadini di domani, quella è la base da cui partire. Dando ai bambini la consapevolezza che la differenza è un valore contribuiamo a contrastare l'odio nella società"⁣
Alcuni diranno che Combattere x i propri diritti non significa fare pagliacciate, si possono pretendere anche manifestando in modo sobrio . Ma finche c'è rispetto si può fare come suggerisce Lina Nappi : << certo che è possibile, ma noi preferiamo combattere con allegria>>perchè fin quando non insulta l'altro ognuno ha diritto di esprimersi come vuole,se a te sembra una pagliacciata il problema é tuo.

15.6.19

cosi va il mondo sorridere sempre ed accettare che non puoi cambiare la gente


L'immagine può contenere: 1 persona, con sorriso

Chissà perché le persone fortunate si lamentano sempre e quelle in difficoltà inventano sorrisi meravigliosi.(M. Larabino) . Infatti  

Giovanni Figoni Si lamenta chi non sa conoscere il valore.
Sorride chi sa dar valore.
Ad ogni cosa..


Nessuna descrizione della foto disponibile.






Avellino Pride, nonna col cartello:
«Mio nipote ama un uomo»





«Mio nipote ama un altro uomo. À vui che ve ne fotte? L'amore si fa cò o core». Nonna Eleonora ha deciso manifestare a tutti il proprio amore, ma soprattutto orgoglio, per il nipote omosessuale e lo ha fatto in occasione del suo compleanno di 40 anni, facendosi fotografare munita di cartello con su scritto «sono una nonna orgogliosa di suo nipote che ama un uomo. À vui che ve ne fotte? L'amore si fa cò core». Lo scatto arriva da Avellino e a postare la foto su facebook ci ha pensato proprio Antonio De Padova Battista, vicepresidente di Apple Pie, tra gli organizzatori di «Abellinum Pride - People Have The Power!», la marcia contro la omotransfobia che si terrà domani alle 16, ad Atripalda, provincia di Avellino e avrà come madrine Eva Grimaldi e Imma Battaglia. Questa mattina, Antonio De Padova ha fatto coming out con la nonna, 85enne, come spiega sui social, e lei ha affidato la sua risposta a un cartello e una foto, invitando tutti al Pride di domani. «Ho una nonna meravigliosa e piena di vita! Invita tutte le nonne, nonni, zii, nipoti, ad unirsi per fare una rivoluzione d'amore!», scrive Antonio De Padova.

Novara, donarono il pranzo di nozze ai senzatetto: al matrimonio gli auguri del Papa

Cerimonia al convento di San Nazzaro con i volontari e gli ospiti della mensa dei poveri
Federica in abito bianco sul sagrato accolta dai City Angels e dagli amici della mensa dei poveri

Pubblicato il 09/06/2019
Ultima modifica il 10/06/2019 alle ore 09:45
ROBERTO LODIGIANI
NOVARA



Nel giorno del matrimonio della solidarietà, l’abbraccio più forte per Federica e Alberto è arrivato dagli abituali frequentatori della mensa dei poveri del convento di San Nazzaro alla costa di Novara. Ma anche da papa Francesco, che dal Vaticano ha inviato un telegramma di vicinanza.


Federica e Alberto ieri pomeriggio - sabato 8 giugno - sono stati accolti sul sagrato della chiesa al colle della Vittoria di Novara da una delegazione di senzatetto: sorreggendo uno striscione sponsorizzato dai City Angels, la delegazione che rappresentava i novaresi più fragili ha voluto ringraziare per il pranzo di nozze che i due giovani avevano condiviso con loro a gennaio in una pizzeria di Novara. Celebrato da frate Valentino Crugnoli, dal parroco di Robbio Lomellina don Gianni Fagnola e da monsignor Luigi Cacciabue, ex vicario della diocesi di Vigevano, il matrimonio ha avuto un inatteso saluto, il telegramma di Papa Francesco: «Invio a Novara i migliori voti augurali affinché Alberto e Federica possano vivere il momento di profonda condivisione cristiana con la massima serenità. Invoco abbondanti grazie celesti».

Il ceranese Sergio Massara, assiduo collaboratore delle associazioni novaresi che assistono gli emarginati, ha intonato «La Novia», la canzone di Joaquin Prieto: «Parole che mi sono sgorgate dal cuore - racconta - . R ingrazio Alberto e Federica per il pranzo che hanno condiviso con tutti noi. Lo zaino colmo di oggetti utili per la quotidianità dei senzatetto è stato un regalo molto apprezzato. Nessuno aveva mai avuto questa sensibilità nei confronti di chi si trova in stato di necessità, festeggiando con loro un momento così felice. Speriamo che altri seguano l’esempio». Erano presenti anche i volontari della «Ronda della carità Novara» che il sabato e la domenica distribuiscono la colazione a chi trova rifugio alla stazione di Novara: «Cerchiamo volontari - dice il coordinatore Amedeo Arnoldi -. Gesti solidali come questo sono un ottimo catalizzatore per scuotere le coscienze e motivare la partecipazione».

26.4.17

Scialpi, la verità di quei tweet sul Pride In un’esclusiva a Pride Online il cantante lancia una riflessione su come emancipare la più importante manifestazione di orgoglio omosessuale


Scialpi, la verità di quei tweet sul Pride
Alcuni tweet dei giorni scorsi, a firma del cantante Scialpi, che invitavano a moderare alcuni atteggiamenti provocatori durante i Pride, hanno da un lato scatenato il risentimento da parte  degli attivisti organizzatori e di molti partecipanti, dall’altro  hanno invece aperto un serio dibattito sull’argomento.  La decisione dell’artista è scaturita da un episodio omofobico di cui è stato recentemente vittima a Roma,  il 28 marzo scorso. «Un ragazzo camminando per strada mi ha riconosciuto e ha detto “frocio” – racconta l’artista – sputandomi addosso».
I tweet di Scialpi sul Gay Pride
Combattere i nostri diritti senza culi al vento ma seri nelle sedi opportune #gaypride per fare un passo avanti
Credo che la gente si faccia meno pippe di quante ce ne facciamo noi (#gay) #gaypride
Fallo vedere alle coppie LGBT che vogliono dare il cognome ai propri figli e ancora non possono.
E’ arrivata l’ora di essere più moderati per ottenere più diritti.
Addio viva il #gaypride e viva il #culoalvento

Pride Online ha voluto approfondire la vicenda ascoltando dalla viva voce del cantante e del suo compagno, il manager Roberto Blasi, con cui è unito in matrimonio dal 2015, le ragioni di questi tweet, destinati sicuramente a dividere la comunità Lgbti sull’argomento, tra sostenitori di chi vuole un Pride più morigerato e oppositori che rivendicato a tutti gli effetti la libertà di espressione.
Ma prima facciamo un passo indietro, ripercorrendo le tappe dell’impegno pubblico del cantante sul tema dell’omosessualità. Il loro matrimonio, celebrato negli Usa – in Italia all’epoca non era ancora consentito – destò molto scalpore e l’evento guadagnò la copertina del settimanale Chi: «Non siamo più una coppia di fidanzati, siamo una famiglia . È importante per una persona poterlo dire, con fierezza e con amore e trovare così il proprio posto nel mondo. È una battaglia che abbiamo combattuto e, ufficializzando la nostra unione, abbiamo vinto, almeno lo spero. Abbiamo superato i pregiudizi e ci siamo esposti dal punto di vista mediatico»,  raccontò Scialpi in quel numero della rivista diretta da Alfonso Signorini. Negli Usa, grattacieli alle spalle, il cantante scriveva: «Non confuso ma felice!». Il 31 agosto di quell’anno con l’hashtag  #viaggiodinozze. scattò  un selfie  in aeroporto a New York con la didascalia che recitava: «Oggi torniamo da marito e marito».
Come abbiamo detto, nel 2015 il ddl Cirinnà era ancora in discussione in Parlamento: «Il nostro atteggiamento è stato ancora più forte perché ha anticipato l’approvazione della legge in Italia. Abbiamo osato dunque sfidare tutti quei politici italiani proprio perché volevamo che la legge entrasse in discussione alla Camera».
Al rientro in Italia la coppia partecipò al reality “Pechino Express“, l’adventure show di Raidue che li vide protagonisti lungo le strade del Sudamerica.
«L’orgoglio di essere gay per contrapporsi alla polizia che picchiava. Occorre riprendere il vero spirito del Pride quando andarono in scena le prime parate dell’orgoglio omosessuale che si sono poi svolte in molte città del mondo per rivendicare rispetto e diritti. Ricordando, soprattutto ai più giovani, quel 1969 a New York, con i moti dello Stonewall Inn e quel codice penale dello stato di New York, che puniva i gestori di locali che servivano persone gay visto come favoreggiamento dell’omosessualità, descritta come un crimine contro la natura. Le retate della polizia erano frequenti e i gestori finivano spesso al commissariato di polizia per violazione delle leggi dello Stato.
Dire che occorre essere più moderati al Gay Pride non significa attaccare la manifestazione, che resta assolutamente importante perché il senso è proprio quello di rievocare e onorare quel 28 giugno 1969, quando i frequentatori dei locali, le drag queen e i giovani della zona reagirono con la forza all’ennesimo raid della polizia e segnarono l’inizio della mobilitazione politica per il riconoscimento dei diritti dei gay. Significa dire che occorre alzare l’asticella qualitativa sul Gay Pride, in termini di comunicazione.
Non mi sembra di  affermare una eresia né tantomeno voler sminuire il significato di questa parata così importante per i motivi che ho ricordato. Credo che  combattere per i diritti con i culi al vento, prima ancora di averli conquistati questi diritti, possa rappresentare  un autogol. Prima raggiungiamo gli obiettivi concreti,  poi lasciamo spazio alle provocazioni, culi al vento compresi. Questa dei diritti è una partita troppo importante e, usando ancora una metafora calcistica, dovremmo essere più astuti usando una tattica diversa per le nostre rivendicazioni.
Sono sicuro che ormai  quelli con i cosiddetti culi al vento sono una minoranza, perché al corteo sfilano associazioni impegnate quotidianamente sul territorio contro discriminazioni e violenze o le famiglie arcobaleno che sostengono i figli omosessuali e i genitori nel percorso di accettazione, ma quella minoranza è presa di mira dai media che fanno a gara a pubblicare foto e immagini destinate poi a incidere negativamente sulla credibilità della manifestazione e ad essere strumentalizzate dai poteri forti con le classiche didascalie e commenti alla foto di uno che ha una bandiera rainbow  nel proprio culo: “Ma voi dareste vostro figlio in mano a uno così?”.
L’immagine della shampista, per rendere l’idea, che quando stacca dal lavoro corre al Gay Pride per indossare abiti provocatori,   è ormai obsoleta e ha rotto, scusate il termine, le palle a tanti gay che vogliono costruire il proprio percorso di vita rivendicando i diritti in altro modo. Il Pride in Italia deve un po’ emanciparsi e non essere solo radicato al concetto di esprimere la propria libertà sessuale,  ma orientato a raggiungere dei risultati importantissimi nella società civile che ancora sono lontani, dalla legge contro l’omofobia e quella delle adozioni”.
Vi faccio un esempio pratico: la manifestazione Svegliati Italia, dove io e Roberto abbiamo partecipato con grande entusiasmo e il nostro bacio immortalato dai giornali, è stato un bel messaggio alla società per non discriminare l’amore, è stata una mobilitazione esemplare dove tante persone si sono ritrovate nella piazza testimoniando con grande civiltà la propria identità sessuale per avere il giusto riconoscimento e il posto che merita in questa società. Queste sono le manifestazioni intelligenti che servono a dare forza, credibilità e rispetto a tutta la comunità Lgbti.
Credo difficile che restiamo credibili se restiamo ancorati alle vecchie modalità se vogliamo essere ascoltati e accolti. Poi ognuno agisca di propria coscienza e vada al Pride come meglio crede, ma mostrare al mondo l’omosessualità nel massimo della volgarità, con una bandiera conficcata nel culo, non mi pare un aiuto concreto a chi sta facendo un percorso di accettazione, famiglie comprese di figli omosessuali, con il rischio di rovinare il certosino lavoro di associazioni che ogni giorno si battono per i diritti di tutti. Non è la bandiera nel culo il simbolo della battaglia del movimento Lgbti nel contrasto alle discriminazioni e del riconoscimento pieno dei diritti».
Questa è l’opinione di uno come Scialpi che, per rivendicare con orgoglio il diritto all’amore e all’unione same-sex, ha messo a repentaglio anche la propria carriera: «Non ci ho rimesso solamente il lavoro, ma soprattutto ci ho messo la faccia, cosa che non ci ha messo mai nessuno in Italia rispetto a chi dice che ci sta vicino “con il cuore”».

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...