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8.12.22

Lingua dei segni per abbattere il silenzio Una giornata a scuola e un cortometraggio dedicato alla Lis L’esperta: «È importante favorire tutte le forme di comunicazione»

Le storie e i racconti di persone sorde e sordo mute La riflessione sui pregiudizi verso l’insegnamento a scuola

Di Giorgia meloni [ da non confondere con l'omonima ministra ] frequenta il Liceo De Sanctis Deledda a Cagliari

Una giornata dedicata alla Lis, la Lingua italiana dei segni. È stata organizzata presso l'Istituto secondario della scuola di via Meilogu e le classi del Liceo linguistico De Sanctis Deledda hanno potuto incontrare dei docenti: l’obiettivo era quello di sensibilizzare lo studio di questo mezzo di comunicazione per chi è sordo o sordo muto. In seguito a quest'incontro, 20 alunni selezionati tra 7 classi del Linguistico avranno la possibilità di fare alternanza scuola lavoro (Pcto) per avvicinarsi a questo mondo. La prima parte della giornata formativa e informativa è stata caratterizzata dalla proiezione del cortometraggio “Con la S maiuscola - Lingua cultura e identità sorda" introdotto dal



docente di lingua francese Pio Bruno. Il corto presentava storie e testimonianze di persone sorde che comunicano per mezzo della Lis da anni. Molti hanno raccontato le battaglie e difficoltà quotidiane che deve affrontare una persona sorda. Dopo la visione del cortometraggio, tutti gli studenti presenti hanno potuto avere la possibilità di parlare con la docente di Lis Alessandra Mura, una donna sorda che ha partecipato alla realizzazione del cortometraggio e che ha risposto alle domande dei ragazzi con l’ausilio dell’interprete dell'associazione Inmedizione Maria Paola Casula, che traduceva ciò che dicevamo in Lis. Al termine dell’incontro, ho avuto la possibilità di scambiare qualche parola con la professoressa Alessandra Mura, farle delle domande sulla sua esperienza e approfondire il suo pensiero sull’atteggiamento generale verso la Lis. Professoressa Mura, a che età ha imparato la lingua dei «L’ho imparata dopo i diciotto anni perché io stessa ho ricevuto un’educazione oralista ma non per scelta dei miei genitori. Mia madre e mio padre furono convinti dai medici a non usare la lingua dei segni». Ritiene che già da piccoli sia necessario imparare la Lis? «Non sempre, dipende molto dalla famiglia. Sono i genitori i primi a scegliere che cosa insegnare al bambino, se l'italiano oppure la lingua dei segni oppure entrambe: questa è la scelta migliore, permettere al bambino di imparare sia l’italiano parlato e scritto sia la lingua dei segni. Spesso però la Lis è poco conosciuta e molti hanno pregiudizi per motivi storici, per cui sono molto ostili verso la lingua dei segni. Adesso le cose stanno cambiando e cambieranno ancora». Che cosa si sente di dire a chi reputa il linguaggio dei segni poco importante? «Non capisco l’ostilità verso la lingua dei segni. Io penso che tutte le lingue siano belle e vadano conservate, per quello in questo periodo si parla molto anche di salvaguardare le lingue minoritarie e la lingua dei segni è una di quelle. Per le persone sorde la lingua dei segni è fondamentale, si tratta di un canale per loro funzionale e che favorisce la comunicazione e dunque l’integrazione». Quest’ultimo concetto lo condivido in pieno, la lingua dei segni come qualunque altra va rispettata perché favorisce la comprensione tra le persone e rompe l’isolamento delle persone che soffrono di disabilità uditive. Alcune scuole italiane, dopo il riconoscimento ufficiale della Lis da parte del Parlamento, hanno deciso di introdurre l’insegnamento alle Medie.

8.4.22

Sordi, non sordomuti la storia di di Gloria Antognozzi figlia udente di genitori sordi segnanti.

 non si finisce mai   d'imparare  e di rimettere   in discussione ciò che hai imparato . Infatti   anch'io   cadevo nell'errore  di  cui  si parla   nella lettera    sull'ultimo n  de settimanale oggi   che      ho trovato  ed  riporto sotto  insieme  alla  vicenda    di Gloria Antognozzi  (  foto  a sinistra )  figlia udente di genitori sordi segnanti. Studia alla facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione presso l’Università di Roma 3.
 Lavora come Assistente alla Comunicazione, Interprete LIS ed è socia fondatrice nonché Presidentessa dell’Associazione  CODA Italia ( https://www.codaitalia.org/ per  maggiori  informazioni    su  tale  mondo   su  cui esistono  pesanti  pregiudizi   e  sui cui m'identifico  pure  io  visti i  forti problemi di sordità  ).

Gentile direttore,
gli Oscar alla pellicola I segni del cuore – Coda rappresentano per la comunità dei sordi una soddisfacente vittoria a ben 35 anni dall‘ultimo film Figli di un Dio minore, ma in articoli e titoli si utilizzano termini molto obsoleti, come “sordomuto”, “linguaggio” dei segni, “linguaggio mimico-gestuale”, “non udente”. Grazie alla Legge 95/2006 art.1 la persona è definita sorda a tutti i sensi di legge e decade il termine “sordomuto”, inappropriato, dal momento che il sordo può imparare a parlare, in quanto l’apparato fonatorio è integro. I sordi preferiscono il termine “sordo”, invece di “non udente” perché è la negazione di un qualcosa che non esiste. Inoltre i sordi non usano un linguaggio ma la Lingua dei Segni Italiana (LIS – senza i puntini fra una lettera e l’altra), una lingua che ha una propria struttura, regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali come una qualsiasi lingua parlata. Non esiste la lingua dei segni universale, così come non tutto il mondo parla l’esperanto. Infine, non è neanche corretto dire o scrivere “Linguaggio mimico-gestuale”. I sordi usano segni che non vanno confusi con la comune gestualità utilizzata dagli udenti per enfatizzare un discorso e rispettano regole sintattiche ben precise.


                                            Vanessa Migliosi, presidente Movimento Lis subito



La casa coi lampeggianti quando suona il telefono, l’infanzia passata a far da interprete fra i genitori e il mondo. Come Ruby, la protagonista di Coda - I segni del cuore, il filmdell’Oscar, Gloria Antognozzi vive sospesa tra due realtà. E in una, c’è solo il silenzio

La prima volta che Gloria Antognozzi ha cantato in pubblico, in una chiesa gremita, suo padre si è addormentato e sua madre ha dovuto tirargli una gomitata. «La gente aveva le lacrime agli occhi e i miei si guardavano attorno straniti: ma che avranno da piangere, tutti? E quand’è che tocca applaudire?».

Romana di Portonaccio, 29 anni, qualche giorno fa Gloria è andata a vedere CODA – I segni del cuore, miglior film agli Oscar. E ha pianto, «perché parevo io». Anche Gloria, come Ruby, la protagonista, è la figlia udente di genitori non udenti. Anche lei è cresciuta tra due mondi, uno che sente e l’altro che parla con le mani. Anche lei ama i suoi genitori ma ha sentito la fatica di dover fare da tramite, «semplicemente perché senza di te tua mamma non può neanche comprare un’Aspirina». Oggi, il suo essere “diversa figlia di diversi” Gloria lo vive come una ricchezza: interprete Lis, la lingua italiana dei segni, lavora con alunni non udenti, gira documentari, ha tradotto le canzoni di Emma e Irene Grandi a Sanremo. Ma per lei, trovare una sintesi tra la vita in casa e quella fuori, tra quel continuo “noi” e “loro”, non è stato facile.

Lei cantava, ma ha smesso. Perché?

«Mi sembrava di fare un torto ai miei genitori. Quando mi hanno ammessa all’Accademia di Santa Cecilia non sapevo che dire: come glielo spiego che ho una bella voce? Per loro esiste solo il silenzio».

Come si è innamorata del canto?

«A casa nostra, ovvio, la musica non c’era. Finché un giorno mio padre arrivò con uno stereo per me e mia sorella Susanna, udente anche lei. Guardavo questo coso come fosse un alieno, ricordo che passai una giornata ad ascoltare I migliori anni della nostra vita, a nastro. Mi addormentai abbracciata alle casse».

Quando ha capito di vivere in una famiglia diversa dalle altre?

«Subito. Gli altri bambini chiamavano la mamma e lei arrivava, io, se mamma era girata di là, dovevo andare a tirarle la maglietta. Ho imparato a chiedere l’acqua prima con le mani che con la voce, a casa nostra esisteva un lampeggiante per il telefono e uno per il campanello. E poi c’erano le domande dei compagni, a scuola».

Cosa le chiedevano?

«Di tutto. Perché i miei genitori avessero una voce strana, se potevano guidare, perfino se sapevano leggere. Per alcuni era una curiosità bella, un’amica che veniva spesso a giocare a casa nostra aveva imparato a segnare: “buongiorno!”, “posso avere un succo di frutta?”. Qualcuno ci invidiava pure un po’, perché io e Susanna potevamo par

lare in codice e nessuno ci capiva. Nel quartiere, però, mi hanno chiamata a lungo “la figlia della muta”. Che poi, mia mamma è tutt’altro che muta: quando alle superiori mi bocciarono e la preside le rivelò che avevo saltato un sacco di lezioni, la sentii gridare fin giù dalle scale. Lì cominciò la stagione dei colloqui alternati coi professori».

Alternati?

«Sì, perché mamma aveva capito benissimo che mia sorella e io traducevamo la metà di quello che le dicevano gli insegnanti. “Sua figlia ha fatto un compito da schifo” diventava “S’impegna molto ma potrebbe migliorare ancora”. Era furiosa: “Ma mi pigliate per scema?”. Finì che agli incontri sulle pagelle di Susanna mamma portava me e ai miei faceva tradurre lei».

Quanto le è pesato, questo continuo fare da ponte?

«A12 anni stavo in banca a contrattare il mutuo per i miei, e chi lo sa come si segna “tasso d’interesse”? Mia sorella e io abbiamo dovuto crescere in fretta, più in fretta di quanto fosse giusto. Ma la colpa non è dei miei genitori, che ci hanno sempre fatto vivere la nostra diversità come una ricchezza. La colpa è di una società che non si organizza per sostenere chi non sente, che non provvede agli interpreti, che non informa. L’anno scorso, quando mia mamma ha chiesto a una commessa la cortesia di abbassarsi la mascherina per poterle leggere le labbra e capire cosa dicesse, quella si è messa a urlare e l’ha allontanata. La pandemia è stata un disastro».

Nel film c’è una scena in cui Ruby chiede a sua madre: «Avresti preferito che fossi come te?». È una domanda che ha fatto anche lei?

«Come no. Mamma mi ha sorriso e ha risposto che sì, quando siamo nate ci avrebbe voluto sorde, ma poi s’è detta “pazienza, impareranno questo e quello”. Le dirò di più: ci sono stati momenti in cui io stessa avrei voluto essere uguale a mamma, a papà, ai loro amici con cui passavamo ogni vacanza, in cui mi sono chiesta a che mondo appartenessi. È difficile trovare un confine».

Se un giorno fosse lei, la mamma?

«So cosa intende, la sordità è ereditaria. Esiste un test genetico per capire se sei portatore, ma io ho deciso di non farlo. Se avessi un figlio, lo amerei e basta».

Lo psicolinguista americano Harlan Lane diceva che la sordità non è un handicap, ma una cultura.

«È verissimo. I sordi hanno una loro storia, i loro poeti, il loro modo di raccontare il mondo, un loro sense of humour e ne vanno orgogliosi. Infatti si dice “sordo”, “non udente” è una formula offensiva, non identitaria. E l’identità sorda per loro conta moltissimo, perfino quella regionale. Il segno di “daje”, per dire, ce l’abbiamo solo a Roma, a Torino mica lo conoscono».

E la bella voce di Gloria? Dove trova spazio, in tutto questo?

«Sto lavorando su me stessa per capirlo. Oggi canto solo quando vado in motorino, per strada. Certo, un palco tutto mio... Ora so che mamma non può sentirmi, ma gli altri sì. E forse è venuto il momento di farci la pace».


22.12.18

La favola di Pio, portiere che non sente campione nel silenzio

coraggio Pio , anche se non sono completamente non udente come te , capisco benissimo la tua lotta , in quanto anch'io ho fortissimi problemi d'udito .



La favola di Pio, portiere che non sente campione nel silenzio
Calcio e inclusione. Il ragazzo di 17 anni, non udente dalla nascita, gioca coi “normodotati” dell’Atletico Vitalica di Sarno

di  PASQUALE RAICALDO

In fondo ha dovuto semplicemente fare quello che ama più di tutto: parare. Però era emozionato, Pio Grimaldi, classe 2001, quando domenica 9 dicembre ha esordito tra i pali dell'Under 19 dell'Atletico Vitalica, una squadra di calcio a 5 di Sarno, nel Salernitano, il cui nome che è già un inno alla gioia di vivere. Per lui è stata una prima volta importante: mai aveva giocato tra i cosiddetti "normodotati", lui che è non udente dalla...  continua  nella  versione a pagamento di    https://rep.repubblica.it/

ma  curioso  cme sono   ho cercato altri siti free    ecco cosa  ho trovato   cercando con google  
  

da  https://www.lacittadisalerno.it/


Salerno Calcio a 5

La favola di Pio, diciassettenne portiere senza parola ed udito

Ha esordito con la maglia del Vitalica Sarno contro la Nocerina
Sergio Macellaro
Pubblicato: martedì 11.12.2018 alle 12:10
SALERNO – Una storia d’amore per lo sport che supera tutta le barriere. Lui non può parlare né sentire come gli altri, lo fa con gli occhi e con il cuore. Il diciassettenne Pio Grimaldi ha esordito nel campionato Under 19 regionale di calcio a 5 come portiere dell’Atletico Vitalica, nonostante sia un non udente. «Noi il nostro campionato lo abbiamo già vinto», sottolinea Nello Gaito, presidente del club sarnese.I calciatori del Vitalica a fine gara hanno festeggiato la vittoria 4-2 con i pari età della Nocerina, ma più di tutto hanno voluto rivivere insieme l’esordio del loro compagno che con gli occhi sprizzava felicità. «Si sta davvero impegnando a fondo e meritava senza ombra di dubbio l’esordio – le parole dell’allenatore Francesco Manco -. Quando gli ho detto di prepararsi ci siamo guardati negli occhi, entrambi ci siamo emozionati. Una volta in campo ha dato una bella dimostrazione di gioco e gli ho spiegato che pian piano avrà sempre più spazio.Un grazie va anche a Daniele Mazzuolo, altro nostro portiere, che gli sta dando una grande mano. Francamente il risultato è passato davvero in secondo piano, vedere la gioia di quel ragazzo ci ha reso tutti più felici. Lo sport può veramente dare tanto a tutti noi».


26.7.18

essere sordi dalla nascita o sordomuti un italia non è bello ma non sempre significa emarginazione le storie di Sara Giada Gerini e di Davide Santacolomba

Prima  d'iniziarew  mi scuso per  il predicozzo   . Ma non riesco  a  stare  indifferente     davanti :  a  tali storie  .,    alle prese  in giro   ed accuse  (/n anche  familiari  )    perchè faccio errori  di  battuta e  di  ortografia  \  punteggiatura ed  grammatica  .  a  chi pur seguendomi  da quasi  14  anni ( se  non da  prima  )   da quando  c'è ul blog      e 8  anni che  sono  su  facebook e  su twitter  ed due  su istangram ,  mi  chiedono    ancora   nonostante le faq perchè racconti storie  non tue  , ecc .

perchè  sono parzialmente   sordo ( non nato   sordo , ma   con difficoltà uditive  a  cure  , al'epoca non riusciva  a capirlo   bene   o era  solo  a costi esorbitanti   da privati  ,  come curare in maiera  definitiva le otiti da  colesteatoma  e  il  canale  naso \orecchio stretto  )., perchèanchio  nei  film in dvd  o quando i programmi  tv  sono   ( raramente   sono disponibili i programmi del televideo  pag  777  )   sottotitolati  . Ma  sopratutto perchè  

La Storia siamo noi
Nessuno si senta offeso
Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo
La Storia siamo noi 
Attenzione
Nessuno si senta escluso
La Storia siamo noi
Siamo noi queste onde nel mare
Questo rumore che rompe il silenzio
Questo silenzio così dura da raccontare
[...] 
 continua    qui 

La prima   è di Sara Giada  Gerini   sorda   dalla  nascista    che  si batte  d'anni  perchè i programmi  tv   siano sottotitolati  24 su 24  edi recente  ha  medsso  la sua  storia  in un libro 








L'immagine può contenere: una o più persone e persone in piedi

  dal suo facebook  

"Non sentire è una condizione seria, ma dipende da noi trasformare una mancanza in qualcosa che ti indentifica e insieme ti stimola a compensare questa carenza, e a valorizzare aspetti di te che forse nemmeno sapevi di avere. La cosa importante è avere la forza di pretendere dagli altri il rispetto della nostra identità. La perfezione è statica, l'imperfezione ti costringe a cercare la tua unica "perfezione"."
S.G.Gerini😊
Una pagina del mio libro #FacciamociSentire

La seconda  è   quella  di Davide  Santacolomba   un ragazzo  nato sordo ma  intorno agli 8 anni si accorsero che era veramente sordo.Infatti , esperienza  personale  e diretta  , negli anni 80/90 non sempre   si  capiva  se il bambino è sordo.



Le sue dita volteggiano sulla tastiera come ballerine sulle punte. Il pubblico guarda quelle mani che piroettano sui tasti bianchi e neri e non immagina che dietro ciascuna di queste note terse come un cielo di montagna c' è molto più del talento straordinario del giovane pianista.
C' è un ragazzo che ha cambiato verso al suo destino. Davide Santacolomba è sordo. Lui non sente tutta la sua musica: percepisce solo alcuni suoni, gli altri li ascolta con quello che chiama «l' orecchio della mente», gli vibrano nel cuore che fa le capriole davanti al piano e gli rimbalzano negli occhi che si strizzano come finestre sulla tastiera. Intervistarlo è ascoltare una favola, sentirlo suonare è assistere a un miracolo. Davide ha 28 anni e sta facendo un prestigioso master a Lugano, al Conservatorio della Svizzera Italiana sotto la guida della famosa pianista Anna Kravtchenko.

Complimenti al ragazzo e alla voglia di creare arte nonostante il silenzio. Questo modo di concepire la cultura, l'arte o anche soltanto le proprie passioni dovrebbe essere lo stimolo che permette ai sordi o parzialmente sordi ( è il mio caso ) di uscire dall'isolamento in cui si rifugiano, spesso accontentandosi di partecipare solo ad eventi goliardici e privi di valori per la crescita. Lo sport va bene... Ma spero tanto in futuro di vedere spazi culturali sempre più inclusivi e accessibili per non udenti, sordo-ciechi... c'è bisogno di qualità. La cultura permette di elevare lo spirito. Speriamo ci siano sempre più progetti in questo senso. Facile chiedere una serata di cene e balli o giochi... più difficile trovare adesioni per festival letterari e salotti di confronti culturali, di proposte sociali... spero molto nelle nuove generazioni che non perdano in ogni caso la storia dell'evoluzione di un deficit (quello uditivo) che nel loro piccolo uomini e donne in diverse circostanze nel passato hanno affrontato con LIS, studi labiali, logopedia mirata... sono cose che servono alla consapevolezza per dare sempre più valore, non alla tecnologia ma alle personalità che hanno combattuto per avere i giusti diritti. Scusate lo sfogo :D ma mi viene un po' un tufo al cupre \ tristezza , malinconia nel vedere i sordomuti o chi ha un deficit uditivo sia emarginato da eventi culturali e non solo Spero tanto che i noi normali ed le istituzioni , vedere la battaglia di sara (n stroia sopra ) che lotta perchè i programmi tv sia sottotilati 24 su 24 non solo occassionalmente collaborassimo di più con sordi, labiali, impiantati, segnanti e udenti.... Lasciando perdere le singole convenienze ma perseguendo sempre la soddisfazione di vincere sfide difficili, spesso più con noi stessi e i nostri egoismi ed indifferenze

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...